Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
DIREZIONE GENERALE PER L’IMPIEGO
Divisione III

Circolare 10 luglio 2001, n. 66

Prot. n. 1151/M13

Oggetto: Assunzioni obbligatorie. Indicazioni operative in materia di accertamenti sanitari e di assegno di incollocabilità

Ad un anno dall’entrata in vigore della legge n.68 del 1999, emerge l’esigenza di fornire un costruttivo apporto nel dibattito scaturito in esito al nuovo sistema di accertamento della disabilità, previsto dalla legge di riforma, le cui linee procedurali sono state precisate con il d.P.C.M. 13 gennaio 2000. Occorre, in particolare, definire un orientamento univoco sulle problematiche più urgenti, segnalate dai servizi per il collocamento e dagli operatori sanitari, evitando che anomalie riscontrabili nelle singole fasi possano viziare l’intero sistema, pregiudicandone il pieno ed efficace funzionamento.
E’ anzitutto necessario fornire omogenei parametri di riferimento per quanto attiene alle modalità di effettuazione dell’accertamento sanitario, basato, com’è noto, sulla formulazione di una diagnosi funzionale della persona disabile, volta ad individuarne la capacità globale, alla definizione della quale contribuiscono il profilo storico – lavorativo del soggetto nonché il percorso educativo - formativo e l’insieme delle notizie utili sull’ambiente di vita e sull’inserimento sociale.
Al riguardo, l’articolo 1, commi 4, 5 e 6 della legge n.68 del 1999 distingue in tre grandi gruppi (invalidi civili, invalidi del lavoro e invalidi di guerra e per servizio) la categoria dei lavoratori disabili, prevedendo espressamente l’applicazione della nuova disciplina di accertamento delineata con il D.P.C.M. 13 gennaio 2000, ai soli invalidi civili.

Con riferimento agli invalidi del lavoro, la specifica previsione della legge n.68 circoscrive in realtà tale distinzione al momento dell'accertamento della disabilità, da effettuarsi secondo i criteri adottati nel testo unico in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, lasciando intatta la validità delle procedure conseguenti, definite dalla normativa di riforma e finalizzate alla realizzazione del collocamento mirato. In base a tale considerazione e nell’intento di allontanare rischi di disparità di trattamento tra gli iscritti negli elenchi del collocamento obbligatorio, le amministrazioni interessate hanno convenuto sull’opportunità che l’INAIL, in possesso di idonei strumenti tecnici e operativi e dotato delle necessarie professionalità, svolga l’accertamento dello stato invalidante ed il controllo sulla permanenza di tale stato con criteri e modalità aderenti a quanto delineato nel citato D.P.C.M., articolando le relative scansioni procedurali, in quanto compatibili, sul modello così costruito. L’Istituto utilizzerà pertanto, per l’individuazione della capacità globale del disabile, una scheda per la definizione delle capacità in linea con il predetto provvedimento, curando la formulazione della diagnosi funzionale e la redazione della relazione conclusiva che contiene "suggerimenti in ordine ad eventuali forme di sostegno e strumenti tecnici necessari per l’inserimento o il mantenimento al lavoro della persona disabile", in aderenza agli indirizzi programmatici di cui all’articolo 24 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n.28. L’esito dell’accertamento costituirà oggetto di informativa ai Comitati tecnici preposti alla definizione del percorso di inserimento al lavoro, ai sensi della legge n.68.
Per ciò che attiene agli invalidi di guerra e per servizio, il dettato normativo appare più stringente e tale da non consentire, allo stato attuale, operazioni di adeguamento in via amministrativa. E’ tuttavia auspicabile, ferma restando la modalità di accertamento dello stato di disabilità, che i servizi preposti al collocamento si adoperino anche in questo caso per assicurare, nei limiti di quanto consentito dalla differenziazione dell’accertamento stesso, forme di collocamento mirato compatibili con i percorsi indicati dalla legge.

Con l’occasione si chiarisce, in merito alle predette visite di controllo, che l’abrogazione della vecchia disciplina in materia di collocamento obbligatorio ha rimosso, in coerenza con il moderno impianto volto a garantire una conoscenza più approfondita delle innumerevoli componenti che concorrono alla definizione della condizione sanitaria del soggetto, l’obbligo di richiedere la visita di controllo avente ad oggetto la permanenza dello stato invalidante al momento dell’avviamento. In base al combinato disposto dell’articolo 6, comma 2, lettera b), della legge n.68 e dell’articolo 8 del d.P.C.M 13.1.2000, tale iniziativa è ora rimessa alla discrezionalità del Comitato tecnico, sulla base degli indicatori forniti dalle commissioni di accertamento all’atto della formulazione della diagnosi funzionale, ovvero azionata su richiesta del disabile o del legale rappresentante dell’azienda o dell’ente qualora insorgano difficoltà che possano pregiudicare l’integrazione del lavoratore disabile nell’ambiente di lavoro.

Una specifica precisazione appare necessaria in ordine alla possibilità di includere nel computo, ai fini dell’osservanza dell’obbligo di copertura delle quote, i lavoratori già invalidi prima della costituzione del rapporto di lavoro, pur se assunti al di fuori delle procedure che regolano il collocamento obbligatorio. Il datore di lavoro, con il consenso del lavoratore interessato, potrà infatti chiedere la visita di accertamento dello stato invalidante, in costanza di rapporto di lavoro, per la verifica della compatibilità delle mansioni cui il lavoratore è adibito; si ritiene che, in analogia con la disciplina di cui all’articolo 4, comma 4, della legge n.68 (che poggia sulla medesima ratio pur se riferita ai lavoratori divenuti invalidi durante il rapporto di lavoro), la predetta visita di accertamento debba riscontrare, ai fini dell’inserimento nelle quote di riserva, un grado di invalidità almeno pari al sessanta per cento.

E’ opportuno, in questa sede, svolgere talune considerazioni in ordine alla fattispecie della incollocabilità, istituto del quale la legge n.68 non fa menzione, mentre rimangono in vigore le precedenti norme concernenti le modalità di erogazione del connesso assegno (spettante ai lavoratori che in conseguenza di infortuni sul lavoro o malattia professionale non possano più svolgere attività lavorativa) nonché quelle che disciplinano il collocamento del coniuge e dei figli dei soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di lavoro, ai quali è consentita l’iscrizione negli elenchi del collocamento obbligatorio solo in via sostitutiva dell’avente diritto a titolo principale.
Si osserva, sul punto, che nonostante la legge di riforma non abbia ritenuto di riproporre in via automatica lo schema superato della abrogata legge n.482, tuttavia la stessa legge n.68 fa salvo, all’articolo 4, comma 6, il finanziamento del predetto assegno, da cui si desume che l’istituto, nella sua connotazione sostanziale, non sia stato implicitamente abrogato. A parte tale considerazione, comunque determinante sul piano formale, non sembra che siano venute meno le ragioni sostanziali poste a fondamento dell’erogazione dell’assegno; in effetti, anche nel quadro legislativo riformato, deve comunque riconoscersi l’esistenza di situazioni limite per le quali, all’esito della visita di accertamento della capacità globale, si manifesti una chiara situazione di impossibilità o inopportunità di effettuare il collocamento stesso.

Ciò premesso, tenuto conto della difficoltà manifestate da parte dei sanitari delle Aziende U.S.L. (cui la normativa attribuiva tale competenza) a rilasciare le predette certificazioni, anche per le considerazioni sopra svolte, si ritiene coerente che lo stesso INAIL, già titolare della funzione di erogazione dell’assegno, provveda, nell’espletamento dell’attività di accertamento della disabilità, al rilascio della certificazione apposita, nella quale si specifichi, a norma dell’articolo 2 del decreto n.137 del 1987, che l’interessato non può fruire del collocamento obbligatorio, attivando conseguentemente le procedure per l’erogazione dell’assegno. Resta comunque ferma la necessità di modificare l’intero assetto normativo, anche in riferimento alle diverse tipologie per le quali l’assegno può essere corrisposto o ripristinato, avviando tuttavia immediatamente, al fine di non interrompere il servizio, la suddetta procedura semplificata.

Ad ulteriore chiarimento, sempre per quanto concerne la percezione dell’assegno di incollocabilità, deve affermarsi il ripristino di tale diritto nei confronti di coloro che ne erano decaduti al compimento del 55° anno di età, in linea con i criteri adottati per gli invalidi civili beneficiari di assegno mensile di invalidità fin da quando il Consiglio di Stato, nell’adunanza del 15 marzo 1999, ha dichiarato la valenza generale delle disposizioni concernenti l’abbattimento dei limiti di età nel pubblico impiego, ritenendole applicabili anche alla disciplina speciale del collocamento obbligatorio.