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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Nota 20 febbraio 2002

Prot. n.74/Ris

Oggetto: Comparto Scuola. Diritto di assemblea RSU

Con le decisioni emesse dal giudice del lavoro di Civitavecchia del 31/5/2001 e del 28/01/2002, dal giudice del lavoro di Pinerolo in data 29/11/2001, viene sanzionato come antisindacale il comportamento di alcuni dirigenti scolastici che hanno respinto le richieste di assemblea sindacale presentate da singoli membri delle RSU, motivando il diniego sulla circostanza che la richiesta proveniva da una sola componente dell'organo collegiale. Il presupposto di diritto da cui muovono tali decisioni è l'affermazione dell'assimilazione dei dirigenti dalle RSU ai dirigenti RSA, sulla base delle disposizioni contenute nella L. 300/70 e dell'accordo interconfederale del dicembre del 1993.

A tal fine si richiama l'attenzione su quanto disposto, in contrario avviso dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 110691/98 R.G. Disp. n. 16451 del 4/11/99 e dalla sentenza del Tribunale di Lucca n. 1151/2001 del 13/7/2001, che proprio in considerazione del mutato quadro legislativo, dichiara la perfetta rispondenza alla legge delle clausole contrattuali che attribuiscono natura collegiale alle decisioni delle RSU e che pertanto non legittimano la possibilità di richiedere l'assemblea da parte dei singoli componenti.

Su incarico dell'Amministrazione, l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino ha presentato in data 22/12/01 ricorso in opposizione al decreto del Tribunale di Pinerolo sopra citato, sostenendo l'inammissibilità della questione in termini di condotta antisindacale e quindi di ricorso all'art. 28 della L. 300/70.

Preliminarmente si evidenzia come la predetta assimilazione delle RSU alle RSA appare discutibile alla luce delle considerazioni di seguito esposte. Le RSU vengono istituite dall'art. 42 del d. lgs. 29/93 sostitutivo dell'art. 6 del d. lgs. 396/97 che, dopo aver individuato nelle organizzazioni sindacali rappresentative e non, soggetti legittimati a promuoverne la costituzione, individua al comma 4 i requisiti minimi a garanzia della democraticità di tale organismo (voto segreto, metodo proporzionale, certezza del periodico rinnovo) e demanda ad appositi accordi tra l'Aran, Confederazioni ed Organizzazioni Sindacali, la definizione della disciplina delle elezioni, la composizione e le modalità di funzionamento.

La regolamentazione pattizia introdotta dal CCNQ sottoscritto il 7 agosto 1998 prevede all'art. 8 che "le decisioni relative all'attività della RSU sono assunte a maggioranza dei componenti", configurando la RSU come un organismo unitario e quindi come un collegio, con la conseguenza che non può che avere rilevanza esterna la volontà del collegio, determinata a maggioranza, distinta dalla volontà dei singoli componenti.

Diversamente opinando, si verificherebbe un effetto distorsivo che riconoscerebbe ai rappresentanti delle organizzazioni non rappresentative, solo perché eletti in ambito RSU, il godimento di particolari diritti sindacali, quali: partecipazione alle trattative, affissioni, indizione delle assemblee, disponibilità di locali nell'ambito delle strutture delle amministrazioni, fruizione di permessi e distacchi, che l'ordinamento, invece, riserva ai soli rappresentanti delle organizzazioni rappresentative (art. 42, d. lgs. 165/2001).

In tale contesto logico ogni riferimento alle RSA - le quali in virtù di quanto stabilito dal richiamato art. 19 della legge 300/70 sono costituite da ogni singola organizzazione rappresentativa, con la conseguenza che i rispettivi rappresentanti sono destinatari degli stessi diritti dell'organizzazione di appartenenza - risulta superato dalla disciplina successivamente intervenuta. In particolare si osserva che:

- le organizzazioni promotrici delle elezioni delle RSU, sia rappresentative che non, si impegnano a non costituire RSA nelle pubbliche amministrazioni, così come si evince dall' art. 10, comma 1, del CCNQ 7/8/98 sulle RSU;
- l'art. 42 del d. lgs. 165/2001 al comma 1 stabilisce che "Fino a quando non vengano emanate norme di carattere generale sulla rappresentatività sindacale che sostituiscano o modifichino tali disposizioni (la legge 300/1970), le pubbliche amministrazioni ... osservano le disposizioni seguenti in materia di rappresentatività sindacali ai fini dell'attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e dell'esercizio della contrattazione collettiva";
- l'art. 37 della predetta legge 300/70 statuisce che "Le previsioni della presente legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei dipendenti dagli altri enti pubblici, salvo che la materia sia diversamente regolata da norme speciali"; - l'art. 1, comma 3, del CCNQ 7 agosto 1998, sulle modalità di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi sindacali, prevede che "...ove il presente contratto o i contratti collettivi nazionali di comparto non dispongano una specifica disciplina nelle materie relative alle libertà e dignità del lavoratore ed alle libertà ed attività sindacali, si intendono richiamate le norme di minima previste dalla legge 300/1970".

Si rappresenta inoltre che la disciplina del diritto di assemblea è dettata dalle disposizioni contenute nel CCNQ del 7/8/98, dal CCNQ del 9/8/2000 e nel CCNL del comparto scuola del 15/3/2001 che regolano l'esercizio di tale diritto in modo uniforme sul territorio nazionale e che prescrivono inequivocabilmente che le assemblee possono essere indette da una o più organizzazioni sindacali rappresentative nel comparto e dalla RSU nel suo complesso e non dai singoli componenti. Tali disposizioni hanno carattere cogente, anche alla luce delle Direttive impartite dall'ARAN al riguardo (circolari del 30/2/2001 e del 22/5/2001). Inoltre l'oggetto del giudizio non appare sindacabile con l'azionabilità dell'art. 28, in quanto la normativa vigente di natura pattizia può essere modificata solo da ulteriori contrattazioni o disapplicata da pronunce giurisdizionali a cui l'Amministrazione non potrebbe che conformarsi.

La normativa pattizia, della cui legittimità si discute, non è materia disponibile direttamente da parte della pubblica amministrazione, non essendo regolabile con un provvedimento amministrativo. L'azionabilità del diritto di assemblea e le sue modalità di esercizio potranno essere oggetto di future contrattazioni o di interventi interpretativi tra le parti in sede ARAN.

Allo stato sembra pertanto opinabile che la questione si ponga in termini di "repressione di condotta antisindacale", in quanto le disposizioni del CCNL possono essere impugnate nella sede competente anche in via cautelare. Si rappresenta, infine, che in considerazione della rilevanza generale della questione è stata interessata la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica. Ciò premesso si rileva l'opportunità di proporre contro decisioni analoghe a quelle del tribunale di Civitavecchia e di Pinerolo di cui alla premessa, tempestivo ricorso in opposizione o appello e di segnalare alla scrivente Direzione le iniziative intraprese, al fine di avere un quadro complessivo sul territorio nazionale e consentire un'adeguata difesa ai dirigenti scolastici accusati di comportamento antisindacale per aver applicato disposizioni contrattuali vigenti.


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