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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n.215
(in GU 12 agosto 2003, n. 186)

Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista  la  direttiva  2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, sull'attuazione  del  principio  della  parita' di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica;

Visto  l'articolo  29  della  legge  1° marzo  2002,  n.  39, ed in particolare l'allegato B;

Visto  il  testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con   decreto  legislativo  25 luglio  1998,  n.  286,  e  successive modificazioni;

Vista  la  preliminare  deliberazione  del  Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 marzo 2003;

Acquisiti  i  pareri  delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista  la  deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 luglio 2003;

Sulla  proposta  del  Ministro  per  le  politiche comunitarie, del Ministro  del  lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per le pari  opportunita',  di concerto con il Ministro degli affari esteri, con  il  Ministro  della  giustizia e con il Ministro dell'economia e delle finanze;

Emana

il seguente decreto legislativo:

Articolo 1 (Oggetto)

1. Il presente decreto reca le disposizioni relative all'attuazione della  parita'  di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza   e   dall'origine  etnica,  disponendo  le  misure  necessarie affinche'  le differenze di razza o di origine etnica non siano causa di  discriminazione,  anche  in un'ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e  uomini,  nonche'  dell'esistenza  di forme di razzismo a carattere culturale e religioso.

Articolo 2 (Nozione di discriminazione)

1.  Ai  fini  del  presente  decreto,  per  principio di parita' di trattamento si intende l'assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o dell'origine etnica. Tale principio comporta  che  non  sia  praticata  alcuna  discriminazione diretta o indiretta, cosi' come di seguito definite:

a) discriminazione  diretta  quando,  per  la  razza  o l'origine etnica,  una  persona  e' trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in situazione analoga;

b) discriminazione   indiretta   quando   una   disposizione,  un criterio,   una   prassi,  un  atto,  un  patto  o  un  comportamento apparentemente  neutri  possono mettere le persone di una determinata
razza  od  origine  etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.

2.  E'  fatto  salvo il disposto dell'articolo 43, commi 1 e 2, del testo    unico   delle   disposizioni   concernenti   la   disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato con   decreto   legislativo   25 luglio  1998,  n.  286,  di  seguito denominato: «testo unico».

3.  Sono,  altresi', considerate come discriminazioni, ai sensi del comma  1,  anche  le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati, posti  in  essere  per motivi di razza o di origine etnica, aventi lo scopo  o  l'effetto di violare la dignita' di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo.

4.   L'ordine  di  discriminare  persone  a  causa  della  razza  o dell'origine  etnica  e' considerato una discriminazione ai sensi del comma 1.

Articolo 3 (Ambito di applicazione)

1.  Il  principio  di  parita'  di trattamento senza distinzione di razza ed origine etnica si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico  che  privato  ed e' suscettibile di tutela giurisdizionale, secondo  le forme previste dall'articolo 4, con specifico riferimento alle seguenti aree:

a) accesso   all'occupazione   e  al  lavoro,  sia  autonomo  che dipendente,  compresi  i  criteri  di  selezione  e  le condizioni di assunzione;

b) occupazione  e  condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento;

c) accesso  a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale,   perfezionamento  e  riqualificazione  professionale, inclusi i tirocini professionali;

d) affiliazione  e  attivita'  nell'ambito  di  organizzazioni di lavoratori,   di   datori   di   lavoro  o  di  altre  organizzazioni professionali e prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni;

e) protezione sociale, inclusa la sicurezza sociale;f) assistenza sanitaria;

g) prestazioni sociali;

h) istruzione;

i) accesso a beni e servizi, incluso l'alloggio.

2.  Il  presente  decreto legislativo non riguarda le differenze di trattamento   basate   sulla   nazionalita'   e   non  pregiudica  le disposizioni  nazionali  e  le  condizioni  relative all'ingresso, al soggiorno,   all'accesso   all'occupazione,   all'assistenza  e  alla previdenza  dei  cittadini  dei  Paesi  terzi  e  degli  apolidi  nel territorio  dello  Stato, ne' qualsiasi trattamento, adottato in base alla   legge,  derivante  dalla  condizione  giuridica  dei  predetti soggetti.

3.  Nel rispetto dei principi di proporzionalita' e ragionevolezza, nell'ambito del rapporto di lavoro o dell'esercizio dell'attivita' di impresa,   non   costituiscono   atti  di  discriminazione  ai  sensi dell'articolo   2   quelle   differenze   di   trattamento  dovute  a caratteristiche  connesse  alla  razza  o  all'origine  etnica di una persona,  qualora,  per la natura di un'attivita' lavorativa o per il contesto  in  cui  essa viene espletata, si tratti di caratteristiche che  costituiscono  un  requisito  essenziale  e determinante ai fini dello svolgimento dell'attivita' medesima.

4.  Non  costituiscono,  comunque, atti di discriminazione ai sensi dell'articolo  2 quelle differenze di trattamento che, pur risultando indirettamente  discriminatorie, siano giustificate oggettivamente da finalita'   legittime   perseguite  attraverso  mezzi  appropriati  e necessari.

Articolo 4 (Tutela giurisdizionale dei diritti)

1.  La tutela giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti di cui  all'articolo  2 si svolge nelle forme previste dall'articolo 44, commi da 1 a 6, 8 e 11, del testo unico.

2.  Chi  intende  agire  in  giudizio  per  il riconoscimento della sussistenza  di una delle discriminazioni di cui all'articolo 2 e non ritiene  di  avvalersi  delle procedure di conciliazione previste dai contratti  collettivi,  puo' promuovere il tentativo di conciliazione ai  sensi  dell'articolo  410  del  codice  di  procedura  civile  o, nell'ipotesi  di rapporti di lavoro con le amministrazioni pubbliche, ai  sensi  dell'articolo 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, anche tramite le associazioni di cui all'articolo 5, comma 1.

3.  Il  ricorrente,  al  fine  di  dimostrare  la sussistenza di un comportamento  discriminatorio  a  proprio  danno,  puo'  dedurre  in giudizio,  anche sulla base di dati statistici, elementi di fatto, in termini  gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta ai sensi dell'articolo 2729, primo comma, del codice civile.

4. Con il provvedimento che accoglie il ricorso il giudice, oltre a provvedere,  se  richiesto,  al  risarcimento  del  danno  anche  non patrimoniale,  ordina la cessazione del comportamento, della condotta o  dell'atto  discriminatorio,  ove  ancora  sussistente,  nonche' la rimozione  degli  effetti.  Al  fine  di impedirne la ripetizione, il giudice puo' ordinare, entro il termine fissato nel provvedimento, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.

5.  Il giudice tiene conto, ai fini della liquidazione del danno di cui  al  comma  4,  che  l'atto  o  il  comportamento discriminatorio costituiscono  ritorsione  ad una precedente azione giudiziale ovvero
ingiusta reazione ad una precedente attivita' del soggetto leso volta ad ottenere il rispetto del principio della parita' di trattamento.

6.  Il giudice puo' ordinare la pubblicazione della sentenza di cui ai  commi  4  e  5,  a  spese del convenuto, per una sola volta su un quotidiano di tiratura nazionale.

7.  Resta  salva la giurisdizione del giudice amministrativo per il personale  di  cui  all'articolo  3, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Articolo 5 (Legittimazione ad agire)

1.  Sono legittimati ad agire ai sensi dell'articolo 4, in forza di delega, rilasciata, a pena di nullita', per atto pubblico o scrittura privata  autenticata,  in  nome e per conto o a sostegno del soggetto passivo della discriminazione, le associazioni e gli enti inseriti in un  apposito  elenco  approvato con decreto del Ministro del lavoro e delle  politiche  sociali  e del Ministro per le pari opportunita' ed individuati   sulla  base  delle  finalita'  programmatiche  e  della continuita' dell'azione.

2.  Nell'elenco  di  cui  al  comma  1  possono  essere inseriti le associazioni e gli enti iscritti nel registro di cui all'articolo 52, comma  1,  lettera  a),  del  decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto  1999,  n. 394, nonche' le associazioni e gli enti iscritti nel registro di cui all'articolo 6.

3.  Le associazioni e gli enti inseriti nell'elenco di cui al comma 1  sono,  altresi', legittimati ad agire ai sensi dell'articolo 4 nei casi di discriminazione collettiva qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla discriminazione.

Articolo 6 (Registro  delle  associazioni e degli enti che svolgono attivita' nel campo della lotta alle discriminazioni)

1.  Presso  la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per  le pari opportunita' e' istituito il registro delle associazioni e  degli  enti  che  svolgono  attivita'  nel  campo della lotta alle discriminazioni e della promozione della parita' di trattamento.

2.  L'iscrizione  nel  registro  e'  subordinata  al  possesso  dei seguenti requisiti:

a) avvenuta  costituzione,  per  atto  pubblico  o  per scrittura privata  autenticata, da almeno un anno e possesso di uno statuto che sancisca  un  ordinamento  a  base  democratica  e preveda come scopo esclusivo  o preminente il contrasto ai fenomeni di discriminazione e la promozione della parita' di trattamento, senza fine di lucro;

b) tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con l'indicazione  delle  quote versate direttamente all'associazione per gli scopi statutari;

c) elaborazione  di  un  bilancio  annuale  delle entrate e delle uscite  con  indicazione delle quote versate dagli associati e tenuta dei  libri  contabili, conformemente alle norme vigenti in materia di contabilita' delle associazioni non riconosciute;

d) svolgimento di un'attivita' continuativa nell'anno precedente;

e) non avere i suoi rappresentanti legali subito alcuna condanna, passata  in  giudicato,  in relazione all'attivita' dell'associazione medesima,  e  non rivestire i medesimi rappresentanti la qualifica di imprenditori  o  di amministratori di imprese di produzione e servizi in  qualsiasi  forma  costituite, per gli stessi settori in cui opera l'associazione.

3.  La  Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari   opportunita'   provvede   annualmente   all'aggiornamento  del registro.

Articolo 7 (Ufficio per il contrasto delle discriminazioni)

1.  E'  istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento  per  le  pari opportunita' un ufficio per la promozione della  parita'  di  trattamento  e la rimozione delle discriminazioni fondate  sulla razza o sull'origine etnica, con funzioni di controllo e  garanzia  delle  parita'  di trattamento e dell'operativita' degli strumenti  di tutela, avente il compito di svolgere, in modo autonomo e imparziale, attivita' di promozione della parita' e di rimozione di qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla razza o sull'origine etnica, anche in un'ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse  discriminazioni  possono  avere  su  donne  e uomini, nonche' dell'esistenza   di   forme  di  razzismo  a  carattere  culturale  e religioso.

2.  In particolare, i compiti dell'ufficio di cui al comma 1 sono i seguenti:

a) fornire   assistenza,   nei   procedimenti  giurisdizionali  o amministrativi  intrapresi,  alle  persone  che  si ritengono lese da comportamenti   discriminatori,   anche   secondo  le  forme  di  cui all'articolo 425 del codice di procedura civile;

b) svolgere,  nel  rispetto  delle  prerogative  e delle funzioni dell'autorita'   giudiziaria,   inchieste   al   fine  di  verificare l'esistenza di fenomeni discriminatori;

c) promuovere   l'adozione,  da  parte  di  soggetti  pubblici  e privati,  in  particolare da parte delle associazioni e degli enti di cui  all'articolo  6,  di misure specifiche, ivi compresi progetti di azioni  positive,  dirette  a  evitare  o compensare le situazioni di svantaggio connesse alla razza o all'origine etnica;

d) diffondere  la massima conoscenza possibile degli strumenti di tutela   vigenti   anche   mediante   azioni   di   sensibilizzazione dell'opinione  pubblica  sul principio della parita' di trattamento e la realizzazione di campagne di informazione e comunicazione;

e) formulare  raccomandazioni e pareri su questioni connesse alle discriminazioni  per  razza  e  origine  etnica,  nonche' proposte di modifica della normativa vigente;

f) redigere    una    relazione   annuale   per   il   Parlamento sull'effettiva applicazione del principio di parita' di trattamento e sull'efficacia  dei  meccanismi  di  tutela,  nonche'  una  relazione annuale  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri sull'attivita' svolta;

g) promuovere  studi,  ricerche,  corsi di formazione e scambi di esperienze, in collaborazione anche con le associazioni e gli enti di cui  all'articolo  6,  con  le  altre  organizzazioni non governative operanti  nel settore e con gli istituti specializzati di rilevazione statistica,  anche  al  fine  di  elaborare linee guida in materia di lotta alle discriminazioni.

3.  L'ufficio ha facolta' di richiedere ad enti, persone ed imprese che  ne  siano in possesso, di fornire le informazioni e di esibire i documenti utili ai fini dell'espletamento dei compiti di cui al comma 2.

4.  L'ufficio,  diretto  da un responsabile nominato dal Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  o  da  un Ministro da lui delegato, si articola  secondo  le  modalita' organizzative fissate con successivo decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,  con  cui si provvede   ad   apportare  le  opportune  modifiche  al  decreto  del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 23 luglio 2002, recante ordinamento  delle  strutture generali della Presidenza del Consiglio dei   Ministri,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  207  del 4 settembre 2002.

5.   L'ufficio   puo'   avvalersi   anche  di  personale  di  altre amministrazioni  pubbliche,  ivi  compresi  magistrati  e  avvocati e procuratori dello Stato, in posizione di comando, aspettativa o fuori ruolo, nonche' di esperti e consulenti esterni. Si applica l'articolo 17, commi 14 e 17, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

6.  Il  numero dei soggetti di cui al comma 5 e' determinato con il decreto  di  cui al comma 4, secondo quanto previsto dall'articolo 29 della  legge  23 agosto  1988,  n.  400 e dall'articolo 9 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 303.

7.  Gli  esperti  di cui al comma 5 sono scelti tra soggetti, anche estranei   alla   pubblica   amministrazione,   dotati   di   elevata professionalita'  nelle materie giuridiche, nonche' nei settori della lotta  alle  discriminazioni, dell'assistenza materiale e psicologica ai  soggetti  in  condizioni  disagiate,  del  recupero  sociale, dei servizi   di   pubblica   utilita',  della  comunicazione  sociale  e dell'analisi delle politiche pubbliche.

8.  Sono  fatte  salve le competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Articolo 8 (Copertura finanziaria)

1. Agli oneri finanziari derivanti dall'istituzione e funzionamento dell'ufficio  di  cui  all'articolo 7, nel limite massimo di spesa di 2.035.357  euro  annui  a  decorrere  dal  2003, si provvede ai sensi dell'articolo 29, comma 2, della legge 1° marzo 2002, n. 39.

2.  Fatto  salvo  quanto  previo  dal  comma 1, dall'attuazione del presente  decreto non derivano oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 9 luglio 2003

CIAMPI

Berlusconi,      Presidente     del Consiglio dei Ministri
Buttiglione,    Ministro   per   le politiche comunitarie
Maroni, Ministro del lavoro e delle politiche sociali
Prestigiacomo, Ministro per le pari opportunita'
Frattini,   Ministro  degli  affari esteri
Castelli, Ministro della giustizia
Tremonti,  Ministro dell'economia e delle finanze

Visto, il Guardasigilli: Castelli


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