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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

DdL Senato A.S. n. 3176
approvato dalla Camera dei deputati il 26 ottobre 2004, in un testo risultante dall’unificazione dei disegni di legge
d’iniziativa dei deputati STEFANI (26); VOLONTÈ (385); SINISCALCHI, BONITO e FINOCCHIARO (539); COLA (588); ANEDDA, SELVA, COLA, STERPA e LISI (1177); PISAPIA (1243); PECORELLA (2084); PISAPIA (2764); GIULIETTI e SINISCALCHI (3021); PISAPIA (4355)
(V. Stampati Camera nn. 26, 385, 539, 588, 1177, 1243, 2084, 2764, 3021 e 4355)
Trasmesso dal Presidente della Camera dei deputati alla Presidenza il 27 ottobre 2004

Norme in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante

Art. 1.
(Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47)

1. All’articolo 1 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, ai siti INTERNET aventi natura editoriale».

2. All’ articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, dopo le parole: «sono pubblicate,» sono inserite le seguenti: «senza commento,»;
b) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
«Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 agosto 1990, n. 223. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono»;
c) dopo il quarto comma è inserito il seguente:
«Per la stampa non periodica l’autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all’articolo 57-bis del codice penale, provvedono, su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a propria cura e spese su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari a verità, purchè le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale. La pubblicazione in rettifica deve essere effettuata entro sette giorni dalla richiesta con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l’ha determinata»;
d) al quinto comma, le parole: «trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma» sono sostituite dalle seguenti: «trascorso il termine di cui al secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, e sesto comma» e le parole: «in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo e quarto comma» sono sostituite dalle seguenti: «in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, quinto e sesto comma»;
e) dopo il quinto comma è inserito il seguente:
«Della stessa procedura può avvalersi l’autore dell’offesa, qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile della trasmissione radiofonica, televisiva o delle trasmissioni informatiche o telematiche non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta».

3. Dopo l’articolo 11 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è inserito il seguente:
«Art. 11-bis. - (Risarcimento del danno). – 1. Nella determinazione del danno derivante dalla pubblicazione ritenuta lesiva della reputazione o contraria a verità, il giudice tiene conto dell’effetto riparatorio della pubblicazione della rettifica, se richiesta dalla persona offesa.
2. Quando il giudice procede alla liquidazione del danno in via equitativa, l’entità del danno non patrimoniale non può comunque eccedere la somma di euro 30.000. Il giudice non è vincolato al limite predetto nel caso in cui l’imputato sia già stato condannato, in sede civile o penale, con sentenza definitiva, al risarcimento del danno in favore della medesima parte offesa.
3. Nei casi previsti dalla presente legge, l’azione civile per il risarcimento del danno alla reputazione si prescrive in un anno dalla pubblicazione».

4. L’articolo 12 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è abrogato.

5. L’articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è sostituito dal seguente:
«Art. 13. - (Pene per la diffamazione). – 1. Nel caso di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della multa da euro 5.000 a euro 10.000.
2. Alla condanna per il delitto di cui al comma 1 consegue la pena accessoria della pubblicazione della sentenza nei modi stabiliti dall’articolo 36 del codice penale e, nelle ipotesi di cui all’articolo 99, secondo comma, del codice penale, la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da un mese a sei mesi.
3. L’autore dell’offesa non è punibile se provvede, ai sensi dell’articolo 8, alla pubblicazione di dichiarazioni o rettifiche.
4. Nel dichiarare la non punibilità, il giudice valuta la rispondenza della rettifica ai requisiti di legge.
5. Con la sentenza di condanna il giudice dispone la trasmissione degli atti al competente ordine professionale per le determinazioni relative alle sanzioni disciplinari».

Art. 2.
(Modifiche al codice penale)

1. L’articolo 57 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 57. - (Reati commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione). – Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione, e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vicedirettore responsabile del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica, radiofonica o televisiva, risponde dei delitti commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione se il delitto è conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione. La pena è in ogni caso ridotta di un terzo».

2. L’articolo 594 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 594. - (Ingiuria). – Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la multa fino a euro 5.000.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica, telefonica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
Le pene sono aumentate qualora l’offesa consista nell’attribuzione di un fatto determinato, ovvero sia commessa in presenza di più persone».

3. All’articolo 595 del codice penale, i commi primo, secondo e terzo sono sostituiti dai seguenti:
«Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo 594, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.
La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.
Se l’offesa è arrecata con il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, si applica la pena della multa da euro 3.000 a euro 8.000.
Si applicano le disposizioni di cui al comma 3 dell’articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e successive modificazioni, nel caso in cui l’autore dell’offesa pubblichi una completa rettifica del giudizio o del contenuto lesivo dell’altrui reputazione.
Alla condanna consegue la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da un mese a sei mesi, nelle ipotesi di cui all’articolo 99, secondo comma».

Art. 3.
(Modifica all’articolo 427 del codice di procedura penale)

1. Dopo il comma 3 dell’articolo 427 del codice di procedura penale, è inserito il seguente:
«3-bis. Il giudice può altresì condannare il querelante al pagamento di una somma da 1.000 euro a 10.000 euro a favore della cassa delle ammende».

Art. 4.
(Norma transitoria)

1. Nel caso in cui la condanna a pena detentiva per i reati di cui alla presente legge debba essere ancora eseguita prima della data di entrata in vigore della legge stessa, ovvero, a tale data, sia in corso di esecuzione, la pena della reclusione è convertita in pena pecuniaria ai sensi dell’articolo 135 del codice penale.


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