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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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DdL A.S. 1306, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

DdL A.S. 1251, Legge-quadro in materia di riordino dei cicli dell'istruzione

DIBATTITO RIFORMA (Senato, aprile - maggio 2002)

DIBATTITO SENATO
17 - 18 settembre 2002

 

(17.09.02) Il ministro Letizia MORATTI, nell'illustrare le caratteristiche della sperimentazione scolastica che il Governo si accinge ad avviare, ricorda che i settori interessati sono rispettivamente la scuola dell'infanzia e il primo anno della scuola elementare e che tale sperimentazione si svilupperà da un lato lungo la direttrice didattica, pedagogica ed organizzativa e dall'altro sotto il profilo dell'anticipo delle iscrizioni. Da questo punto di vista, il Governo si propone di assicurarsi l'apporto di un significativo circuito di scuole, al fine di verificare la validità dei contenuti del proprio progetto riformatore e accompagnare nel contempo il delicato processo legislativo ancora in corso presso le Aule parlamentari. Auspica inoltre che, attraverso la sperimentazione, possano essere superati i nodi critici segnalati in particolare dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI) e possano emergere i fabbisogni in termini di strutture, personale, finanziamenti e formazione che si rendono necessari per la riorganizzazione complessiva del sistema scolastico.
Il Ministro ritiene peraltro che il dibattito parlamentare sul disegno di legge delega rappresenti un importante quadro di riferimento culturale e un'utile occasione per acquisire elementi conoscitivi sulle linee ispiratrici del disegno riformatore. Del resto, il metodo della condivisione e del coinvolgimento, sia sul piano politico-parlamentare che su quello dei soggetti protagonisti della riforma, ha lo scopo di evitare il rischio di un processo di cambiamento calato dall'alto, che ignori le importanti esperienze già vissute e compiutamente maturate dalle scuole e dagli insegnanti con il contributo essenziale anche dei genitori, delle loro associazioni e degli enti locali interessati.
Ella illustra quindi le proposte emerse sia nel parere del CNPI che in quella della commissione scuola dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), soffermandosi in particolare sulle preoccupazioni in ordine alla ristrettezza dei tempi per l'attuazione della sperimentazione. In merito, osserva che l'esigenza di non rinviare l'avvio dell'iniziativa in oggetto si fonda proprio sulla necessità di verificare in itinere la validità dei diversi aspetti del processo di riforma. Assicura peraltro che non vi saranno conseguenze sull'ordinato svolgimento dell'anno scolastico e che la brevità dei termini non ha condizionato la scelta delle scuole in cui dovrà essere attuata la sperimentazione. Quanto ai criteri con i quali è stata operata tale scelta, il Ministro dà conto della rigorosa procedura che il Governo ha inteso seguire a fronte della richiesta di adesione alla sperimentazione di circa un migliaio di istituti. In proposito, ricorda che inizialmente la richiesta era stata avanzata dai dirigenti scolastici competenti, ma è stata poi confermata nella gran parte dei casi dagli organi collegiali interessati. Precisa quindi che i criteri per l'individuazione degli istituti scolastici in cui avviare la sperimentazione rispondono sostanzialmente a quelli concordati con l'ANCI.
Il Ministro avverte poi che la sperimentazione potrà partire entro la seconda decade di settembre, dunque in tempo utile per rispettare la validità dell'anno scolastico, e fa presente che sono già state programmate conferenze di servizi con i dirigenti scolastici responsabili del progetto, che opereranno in stretto rapporto con una struttura centrale specificatamente preposta alle azioni di interrelazione con il territorio. Comunica inoltre che verrà rispettata una delle principali condizioni necessarie per l'attivazione della sperimentazione, nel senso che essa non comporterà la riapertura dei termini di iscrizione per i bambini che compiono l'età richiesta (rispettivamente tre e sei anni entro il 28 febbraio 2003). A tal fine, la scelta è ricaduta su scuole dell'infanzia ed elementari aventi sede nel medesimo circolo didattico o istituto comprensivo e, per quanto concerne la scuola dell'infanzia, nello stesso territorio in cui opera un asilo nido. In ogni caso, l'anticipo delle iscrizioni nella scuola dell'infanzia è consentito solo nell'ipotesi che non vi siano in lista d'attesa bambini che compiono i tre anni entro il 31 dicembre 2002, mentre, per quanto riguarda la scuola elementare, laddove non vi sia una scuola dell'infanzia nello stesso circolo, la scelta dei bambini sarà rimessa all'autonoma valutazione delle scuole e alle compatibilità presenti nel territorio, da verificare in collaborazione con gli enti locali interessati, senza comunque incidere sulla determinazione degli organici del circolo didattico o dell'istituto comprensivo coinvolto.
Un'altra condizione da rispettare per l'avvio della sperimentazione attiene alla mancanza di classi o sezioni che siano al completo. E' infatti previsto che l'incremento del numero di iscrizioni per l'anticipo sarà riassorbito attraverso una distribuzione dei bambini sui posti disponibili in ciascuna sezione o classe, fermo restando il tetto massimo di alunni appunto per ciascuna sezione o classe. Per la scuola dell'infanzia inoltre il numero dei bambini che anticipano l'iscrizione determinerà per ciascuna sezione la riduzione proporzionale del numero massimo di iscrizioni consentite, garantendosi nel contempo una stretta interrelazione con il personale degli asili nido al fine di soddisfare le esigenze connesse alla presenza di bambini al di sotto dei tre anni.
Il Ministro fornisce quindi indicazioni sulla diversa organizzazione didattica, che prevede la figura del cosiddetto insegnante tutor, che rappresenta uno degli elementi caratterizzanti la sperimentazione sotto il versante della metodologia e della didattica e che comunque non altera il principio della pari dignità dei docenti attualmente impegnati nei moduli. Richiama peraltro il ruolo significativo assegnato agli organi collegiali delle istituzioni scolastiche non solo nella elaborazione dei criteri di scelta dell'insegnante tutor, ma anche dal punto di vista dell'accertamento della presenza di docenti in grado di impartire l'insegnamento della lingua inglese e della prima alfabetizzazione informatica. Sotto questo profilo la sperimentazione non comprime il principio dell'autonomia scolastica, ma anzi responsabilizza gli istituti nell'elaborazione dei loro progetti specifici, pur nel rispetto del sistema nazionale di istruzione.
Ella si sofferma poi sul cosiddetto portfolio delle competenze, strumento attraverso il quale è possibile rilevare e annotare i percorsi seguiti e i risultati raggiunti e che non costituisce una incombenza esclusiva dell'insegnante tutor, quanto invece il prodotto di una condivisione di tutti coloro che sono coinvolti nel processo educativo.
Relativamente inoltre alle risorse finanziarie che si rendono necessarie, il Ministro sottolinea che sono stati previsti specifici stanziamenti a sostegno del processo di sperimentazione sia nei provvedimenti attuativi della legge n. 440 del 1997, che nella direttiva sulla formazione e, dopo aver ricordato che la sperimentazione non comporta costi rilevanti, fa presente che in ogni caso sarà possibile fare fronte ad eventuali richieste di maggiore finanziamento ricorrendo al fondo allocato presso le direzioni regionali e destinato alle innovazioni e al potenziamento dell'offerta formativa.
Passando poi alla questione del monitoraggio e della verifica della sperimentazione, ella precisa che sarà sostenuta dagli osservatori nazionale e regionali, che si avvarranno soprattutto di docenti della scuola militante e di docenti universitari esperti del settore.
Quanto alla formazione e all'aggiornamento del personale docente e dirigente delle scuole coinvolte nel progetto, il Ministro pone in evidenza l'impegno dell'Amministrazione sotto questo aspetto e specifica che sono stati rispettivamente elaborati un piano di formazione per le 200 scuole impegnate nella sperimentazione e un piano di formazione aperto alla partecipazione di tutti gli insegnanti interessati, prevedendosi inoltre l'attivazione – presso l'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa (INDIRE) – di un ambiente di formazione on line. Quest'ultimo sarà in primo luogo riferito al quadro di sistema, in cui rientrerà un percorso formativo della durata dell'intero anno scolastico e che assicurerà la presenza di un tutor per ogni scuola. Gli altri aspetti che l'ambiente di formazione on line contemplerà saranno rappresentati dall'insegnamento della lingua inglese, tramite l'offerta di un apposito percorso formativo che si concluderà con una full immersion di due settimane in una università estera, e dall'aggiornamento sull'informatica, caratterizzato anch'esso da un percorso di formazione specifico fondato sull'applicazione didattica delle nuove tecnologie. In ogni caso, tutte le scuole interessate potranno decidere di aderire a corsi specifici sulla riforma e in base alle richieste saranno organizzati dal prossimo gennaio corsi di formazione, per i quali si utilizzeranno i tutor che si sono già formati sul campo e che comunque riceveranno, entro dicembre, una formazione specifica per svolgere al meglio questa funzione.
Infine, nella consapevolezza del ruolo fondamentale che spetta ai genitori per la riuscita della riforma e per l'efficacia del lavoro dei docenti, saranno previsti percorsi e occasioni di formazione che li mettano in grado di seguire e collaborare allo sviluppo delle capacità e alla crescita dei figli. Alle 200 scuole coinvolte nel processo sperimentale è assegnato inoltre un ruolo specifico per la documentazione di merito sulla formazione, in modo da costituire un polo di riferimento ai fini della costruzione di una rete di scuole.
Da ultimo, ella riferisce che il decreto ministeriale attinente la sperimentazione scolastica, che verrà presumibilmente firmato nella giornata di domani, ha tratto ispirazione dal dibattito parlamentare, dall'esperienza dell'Amministrazione in fatto di sperimentazioni maturata fin dagli anni Settanta, dalle proposte e dalle osservazioni del CNPI, nonché dal contributo propositivo dell'ANCI. Il Governo si aspetta infine che dall'iniziativa sperimentale provengano informazioni e risposte alle domande inevitabilmente connesse al complesso processo di trasformazione del sistema scolastico.

Si apre il dibattito.

La senatrice SOLIANI esprime soddisfazione per la partecipazione del Ministro ai lavori della Commissione, che auspica avvenga più frequentemente d'ora in avanti, al fine di ripristinare il circuito virtuoso che dovrebbe caratterizzare i rapporti fra Governo e Parlamento, consentendo così un confronto autentico con i rappresentanti sia della maggioranza che dell'opposizione. Del resto, è proprio nella sede parlamentare che agiscono i rappresentanti del Paese nelle sue diverse componenti.
Ciò premesso, ella rileva che il rappresentante del Governo si è di fatto limitato a dare lettura di una sorta di nota ministeriale. Ritiene invece che coloro che svolgono compiti legislativi ed esecutivi dovrebbero commisurare la propria azione con la realtà della società che li circonda, per cui una esposizione concernente la sperimentazione scolastica avrebbe dovuto essere contestualizzata sotto il profilo politico, culturale e sociale. Viceversa, l'accentuazione da parte del Ministro di alcuni specifici aspetti della sperimentazione non ha fatto emergere la complessità della riforma che il Governo intende perseguire e le difficoltà che essa sta incontrando.
In particolare, non è chiaro come l'iniziativa sperimentale si rapporti con la domanda di istruzione e formazione che proviene dal Paese, da cui dipende la crescita delle nuove generazioni e lo sviluppo della società tutta. Non sembra infatti che da questo punto di vista la sperimentazione risponda alle esigenze nazionali.
Denuncia inoltre come l'intervento governativo incida proprio sui due segmenti di eccellenza del sistema di istruzione italiano – la scuola dell'infanzia e quella elementare – modificandoli strutturalmente e culturalmente. La sperimentazione appare allora uno strumento utile ad attuare il disegno più complessivo del Governo, che intende affermare un principio economicista e funzionalista anche nell'ambito del sistema scolastico. Ella si chiede pertanto se la scuola sia al centro degli interessi del Governo, che non è stato in grado di formulare una politica complessiva per questo comparto, limitandosi alla sperimentazione di cui ora si sta dibattendo. Soprattutto si chiede quale sia l'orientamento del Ministero dell'economia e delle finanze alla vigilia della predisposizione della prossima legge finanziaria e in presenza di un costante impoverimento dell'offerta formativa. Ricorda fra l'altro che in queste stesse ore è in discussione presso il Senato il provvedimento sulla cosiddetta devolution, che reca un vulnus all'autonomia dei singoli istituti scolastici. Per tali ragioni il Ministro non può limitarsi a una esposizione di profilo amministrativo sulla iniziativa di sperimentazione, altrimenti le domande politiche più significative rimangono inevase.
Rileva inoltre che il rappresentante del Governo non ha reso pienamente il carattere dei pareri espressi dal CNPI e dall'ANCI, che avevano sconsigliato l'avvio della sperimentazione. Nell'esprimere poi il proprio compiacimento per la condizione posta per consentire l'anticipo delle iscrizione nella scuola dell'infanzia relativamente alla mancanza di bambini in lista di attesa, sottolinea come proprio la presenza di liste di attesa già per coloro che compiono i tre anni entro il 31 dicembre 2002 dimostri quali siano le reali urgenze del sistema scolastico italiano. Anche per l'insegnamento della lingua inglese sin dalla prima elementare, del resto, sarebbe stato sufficiente attuare quanto previsto dalla legge n. 30 del 2000, prevedendo a tal fine un adeguato stanziamento di risorse.
La senatrice chiede quindi quali siano esattamente i compiti di vigilanza assegnati al sottosegretario Letta nell'ambito della sperimentazione scolastica ed esprime preoccupazione per l'impostazione centralistica impartita alla iniziativa in oggetto, che ha visto il coinvolgimento dei capi degli istituti scolastici interessati senza seguire la via maestra della partecipazione e del coinvolgimento degli organi collegiali. In proposito, auspica che la tradizione culturale della scuola italiana possa sostenere l'urto impresso dal Governo e difendere il carattere democratico e partecipativo delle istituzioni scolastiche.
Quanto alle prerogative del Parlamento, ella nutre la sensazione che sia mancata la necessaria condivisione di intenti persino con gli esponenti della maggioranza. Il tempo dimostrerà chi avrà esercitato al meglio il proprio ruolo per la difesa e il rilancio del sistema di istruzione, ma intanto l'azione del Governo sembra sconfessare quel richiamo ai concetti di scrupolo e di rigore presente nelle dichiarazioni del Ministro. La concezione che viceversa il Governo mostra di avere delle istituzioni è strumentale e finalizzata agli scopi che esso intende perseguire.
Nel riconoscere che la maggioranza ha sicuramente i numeri per approvare la riforma, ella osserva che un più corretto percorso avrebbe dovuto prevedere in primo luogo l'avvio di una sperimentazione fondata su criteri condivisi e non calata dall'alto e solo in seguito la predisposizione di un disegno di legge. L'adesione di un certo numero di istituti scolastici del resto può essere fatta risalire a motivi diversi e non solamente alla condivisione del progetto. Le stesse osservazioni del CNPI andavano lette secondo un differente spessore politico-istituzionale, in una visione più ampia dell'evoluzione della scuola italiana, che negli ultimi anni è andata rafforzando determinate caratteristiche di sperimentazione e partecipazione. Si sarebbe dovuta porre in evidenza la critica del medesimo CNPI alla concezione del maestro prevalente quale elemento di rigidità del sistema e ricordare nel contempo che l'insegnante di riferimento è già presente nella prassi affermatasi grazie all'autonomia scolastica.
Ritiene infine che il Paese faccia fatica a riconoscersi nell'azione di un Governo che mira a indebolire e privatizzare il sistema, estraniandolo dalla sua tradizione culturale. Nel chiedersi poi se il disegno riformatore governativo rispetti i diritti costituzionali a tutela dell'individuo e dell'autonomia dell'insegnamento, fa presente che questa rappresenta solo la prima di un elenco di domande elaborate dai Gruppi dell'opposizione e che ella si riserva di consegnare al Ministro.

La senatrice ACCIARINI osserva che l'esposizione del Ministro rappresenta in gran parte una mera dichiarazione di intenti, a cui ancora non corrisponde la realtà, e denuncia che il processo di sperimentazione sta prendendo avvio ad anno scolastico già iniziato. Sottolinea peraltro che la ricerca da parte del Governo delle adesioni degli istituti scolastici all'iniziativa sperimentale è stata effettuata nel mese di agosto, ad istituti chiusi, e che quindi le richieste di partecipazione sono state formulate dai singoli dirigenti scolastici senza che gli organi collegiali abbiano potuto esprimersi in merito.
Ritiene inoltre significativo che il Ministro abbia definito il dibattito in Parlamento una "utile occasione". Al riguardo, ricorda infatti che il Parlamento non è un organo consultivo o un mero luogo di dibattito e confronto, bensì è la sede preposta alla formazione e all'approvazione delle leggi, che poi tutti dovranno rispettare, compreso il Ministro. Anche il testo della riforma scolastica, del resto, dovrà essere licenziato nelle Aule parlamentari e molto probabilmente sarà, come spesso accade, diverso dal provvedimento originariamente elaborato dal Governo. Si tratta di un principio che appare lontano dalla mentalità del Ministro, che risulta abbia già indetto una gara di appalto per divulgare i contenuti della riforma e che del resto aveva già diffuso un opuscolo che illustrava le linee del progetto governativo. In merito a ciò, ella ritiene che il riconoscimento delle prerogative parlamentari dovrebbe indurre l'Esecutivo a pubblicizzare e difendere i contenuti delle proprie riforme solo una volta che esse siano state effettivamente approvate; così come, sempre con riferimento ai tempi, prima avrebbe dovuto essere avviata la sperimentazione e in seguito predisposto il provvedimento di riforma del sistema di istruzione. Dalla sperimentazione infatti potrebbero derivare indicazioni tali da richiedere ulteriori modifiche del sistema scolastico, secondo peraltro una consolidata tradizione italiana che ha sempre riconosciuto l'importanza delle fasi sperimentali, ma non le ha mai considerate uno strumento per introdurre aspetti innovativi che non si è riusciti ad approvare secondo le normali procedure legislative. Del resto, se il Ministro fosse stato animato da autentica volontà riformatrice, avrebbe potuto utilizzare lo strumento offerto dalla legge n. 30 del 2000, introducendo in fase di attuazione i correttivi che avesse ritenuto necessari.
Ricorda inoltre che sia il CNPI che l'ANCI hanno avanzato pesanti riserve non sulla sperimentazione in sé, quanto sulle modalità prescelte dal Governo e, nel richiedere come condizione per le iscrizioni anticipate che non vi siano negli istituti interessati liste di attesa, la stessa ANCI ha inteso limitare i danni che il Governo si accinge ad arrecare al sistema piuttosto che condividerne il progetto. D'altra parte se la sperimentazione venisse intesa nel senso più opportuno, allora l'esame parlamentare del disegno di legge di riforma dovrebbe essere sospeso in attesa delle risultanze provenienti dal medesimo processo sperimentale. Viceversa, emerge una preoccupante concezione sia dell'esercizio della funzione legislativa da parte del Governo in rapporto ai principi costituzionali, sia delle relazioni fra l'Esecutivo e il Parlamento. In particolare, ella esprime preoccupazione per il mancato rispetto del principio costituzionale dell'obbligo scolastico. Nel considerare infatti corretto che il Governo si proponga di modificare l'ordinamento legislativo in essere, ritiene al contrario inaudito che un Ministro si spinga a richiedere la violazione di norme vigenti, quali quelle poste dalla legge n. 9 del 1999 in materia di obbligo scolastico e formativo, per le quali peraltro non sono richiesti atti applicativi, così venendo meno la giustificazione che ha indotto il Governo a lasciare inattuata la legge n. 30 del 2000.
Si tratta in sostanza di una questione di regole, più che di contenuti. Ma il sistema maggioritario, che ella dichiara di condividere, richiede fondamentalmente il rispetto delle regole. Il cambio della maggioranza politica infatti non può comportare il mancato rispetto delle leggi vigenti.
Ella stigmatizza inoltre la mancanza di risorse finanziarie a sostegno della riforma, ricordando come l'articolo 7 del disegno di legge n. 1306 rinvii per questo aspetto alla manovra finanziaria per il 2003 e come invece il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) per lo stesso anno nulla specifichi al riguardo. La carenza di risorse in particolare graverà sulla realizzazione del cosiddetto "doppio canale" nella scuola secondaria superiore. In proposito, le forze dell'Ulivo si sono dichiarate contrarie, ma anche laddove il progetto governativo dovesse risultare valido, praticabile e socialmente non discriminante, esso funzionerebbe solo a fronte di massicci finanziamenti, altrimenti lo stesso anno integrativo del secondo canale per l'accesso all'università rischia di rimanere sulla carta o di abbassare pericolosamente il livello culturale degli studenti che accederanno all'istruzione superiore.
Ella riconosce infine che l'attuale sistema scolastico non risponde certamente alle richieste culturali e formative del Paese, ma ritiene che le risposte che l'attuale Governo si appresta a fornire facciano compiere alla scuola un ulteriore passo indietro.

La senatrice MANIERI prende atto con rammarico della grande incertezza e della forte tensione con cui ha avvio l'anno scolastico, a testimonianza dell'incapacità dell'attuale Governo a mantenere fede agli impegni assunti sulla scuola in campagna elettorale. Non solo infatti non sono disponibili graduatorie certe per l'affidamento delle cattedre, sono stati effettuati consistenti tagli agli organici ed è lievitata la spesa scolastica, ma si diffonde soprattutto un forte scetticismo ed una profonda sfiducia nei confronti della riforma scolastica, sì da far venire addirittura meno la speranza stessa di modernizzare il sistema scolastico del Paese.
L'autonomia scolastica registra inoltre un progressivo svuotamento, a favore di un regionalismo che eredita tutti i vizi del centralismo sfociando in una sostanziale disarticolazione del sistema nazionale d'istruzione.
A fronte di questo scenario preoccupante, è inconcepibile che il Governo si mostri totalmente chiuso al dialogo ed insofferente ai tempi fisiologici del dibattito parlamentare. Né esso pare assicurare alla riforma la necessaria dose di convinzione e sostegno. Un diffuso scetticismo pervade infatti i diversi schieramenti politici, anche di maggioranza, e la riforma appare prima di qualunque copertura finanziaria.
La senatrice Manieri si sofferma quindi sugli errori di metodo e di merito che a suo giudizio hanno caratterizzato la gestione della riforma.
Anzitutto, ella ritiene che non fosse necessario sospendere l'applicazione della legge Berlinguer, che già prevedeva le innovazioni di cui ora il ministro Moratti si fa vanto (fra cui l'insegnamento dell'inglese a partire dal ciclo primario, nonché un'educazione ispirata a principi morali e civici), bensì fosse sufficiente correggerne eventualmente i punti di maggiore criticità.
Inoltre, la legge Berlinguer rappresentava un delicato punto di equilibrio sulla questione dell'obbligo scolastico, che il progetto Moratti disconosce invece in aperta violazione della legge n. 9 del 1999.
Nel criticare infine l'intenzione di garantire un più alto livello culturale delle nuove generazioni senza prevedere alcun investimento aggiuntivo, ella conclude riconoscendo che la responsabilità non è tutta del ministro Moratti, troppo spesso condizionata da altre componenti del Governo. Non può tuttavia non rilevare come la scuola stia progressivamente perdendo quella centralità che aveva faticosamente conquistato negli anni di governo del Centro-sinistra.

Il senatore FAVARO esprime anzitutto apprezzamento per la presenza del Ministro in Commissione, che ha consentito di chiarire le caratteristiche della sperimentazione, limitata peraltro ad un numero ristretto di istituti. Osserva poi che i dubbi espressi sulla legittimità o costituzionalità della procedura non possono considerarsi fondati, essendo essa pienamente conforme all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999. Nell'ottica di una riforma, la sperimentazione non è infatti solo lecita ma addirittura opportuna e utile soprattutto al fine di mantenere aperto il dibattito fra gli utenti e verificarne i contenuti.
Egli conferma poi che la riforma è ampiamente condivisa dalla maggioranza, come testimoniato dall'ordine del giorno presentato in sede di articolo 2 e volto ad impegnare il Governo ad avviare appunto il processo di sperimentazione.
Nell'esprimere indi condivisione sui criteri per l'individuazione delle scuole concordati con l'ANCI, ritiene che l'intervenuta delibera dei rispettivi organi collegali in favore della sperimentazione rappresenti sufficiente garanzia del rispetto dell'autonomia scolastica e che l'intervento del Ministro abbia fugato le perplessità manifestate in ordine alla consistenza dei finanziamenti.
Conclude manifestando quindi pieno consenso alla sperimentazione, auspicando nel contempo una sollecita approvazione della riforma nel suo complesso.

Il senatore VALDITARA registra anzitutto il grosso successo della sperimentazione, testimoniato dall'adesione di oltre 1000 istituti scolastici, nonché l'ampio consenso trasversale ottenuto.
Quanto poi alle critiche sollevate dal Centro-Sinistra nei confronti della scelta del Governo di disapplicare la legge n. 30, osserva che sarebbe stato contrario al buon senso applicare una legge che il Parlamento si accinge ad abrogare. Né ritiene fondate le critiche relative ad una presunta incostituzionalità della sperimentazione, che giudica addirittura superfluo contestare.
Osserva altresì che i riconoscimenti ora tributati dal Centro-sinistra alla scuola dell'infanzia e a quella elementare appaiono in contrasto con lo spirito della legge Berliguer, che si proponeva di intervenire pesantemente su entrambi i settori.
Le sperimentazioni sono del resto una costante dell'ordinamento scolastico, a partire dagli anni Settanta, sicché un'elevata percentuale della popolazione scolastica studia attualmente in regime di sperimentazione. Né può dirsi che la procedura avviata dal ministro Moratti non sia pienamente conforme all'ordinamento vigente, atteso che essa si colloca nell'alveo dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999.
Analogamente, egli registra che il CNPI non si espresso in senso così negativo alla sperimentazione come si era in un primo tempo voluto far credere.
Evidentemente, prosegue, la sperimentazione non può certo intendersi sostitutiva della riforma. Essa deve dunque avere carattere assolutamente temporaneo ed in tal senso egli assicura l'impegno del Gruppo Alleanza Nazionale.
Non condivide invece, neanche a titolo provocatorio, la proposta della senatrice Acciarini di sospendere l'iter della riforma in attesa di verificare i risultati della sperimentazione: la riforma si configura infatti come una delega al Governo e vi sarà dunque tutto il tempo di fare tesoro della sperimentazione all'atto della elaborazione dei decreti legislativi delegati.
Si rallegra infine per la conferma che la sperimentazione non inciderà sugli organici, coinvolgendo solo istituti con disponibilità di strutture e risorse, che fuga pertanto i dubbi sulla insufficienza dei fondi a disposizione.

Il senatore BRIGNONE conviene sul rilievo assunto dalla sperimentazione nel sistema scolastico italiano. Quanto peraltro alla presunta scarsa rappresentatività dei 200 istituti coinvolti dalla sperimentazione in questione, osserva che i progetti assistiti avviati nel 1983-84 interessavano inizialmente appena 6 istituti su tutto il territorio nazionale, indi passati a 20; solo successivamente tali progetti dilagarono al punto di essere trasformati in ordinamento.
Nel ringraziare dunque il Ministro per i chiarimenti resi, esprime apprezzamento per la scelta in favore del docente tutor, già prefigurata in passato ma mai sufficientemente valorizzata.
Rileva inoltre che la popolazione scolastica è in tale contrazione che gli edifici scolastici sono spesso sottoutilizzati e quindi pienamente idonei ad accogliere un rinforzo di utenza. Il rapporto fra insegnanti e alunni è del resto al di sotto della media europea e in molte classi si registrano solo poche unità di alunni.
Né va dimenticato, prosegue il senatore Brignone, che la sperimentazione che il Ministro si accinge a varare non privilegia alcuna area geografica del Paese, ponendosi in linea con l'obiettivo di armonizzare il sistema formativo sul territorio nazionale. Da tempo si avvertiva ad esempio l'esigenza di un sistema nazionale di valutazione, ma solo ora esso è concretamente prefigurato con tempi di attuazione certi.
Nel registrare poi positivamente il coinvolgimento degli IRRE nel processo di sperimentazione, che vedrà i 200 istituti-campione divenire i punti di riferimento della riforma, egli osserva infine che la sperimentazione rappresenta una valorizzazione dell'autonomia, come testimoniato dal favore espresso da oltre il 70 per cento dei collegi dei docenti, nonostante la gravosità dell'impegno richiesto.

Il senatore GABURRO annette grande rilievo alla sperimentazione avanzata dal Ministro, che opportunamente favorisce a suo giudizio la discussione nel mondo della scuola su problemi di merito. Per la prima volta, l'attenzione è posta non sulle classi ma sulle singole persone ed in tal senso è apprezzabile la scelta in favore del maestro tutor, che si distingue sia dal docente prevalente che dal maestro unico.
La sperimentazione si pone dunque tre sfide importanti: anzitutto, provare se il modello di riforma funziona, assicurando una valorizzazione dell'autonomia che non sfoci in anarchia ed evitando degenerazioni attraverso la definizione di livelli essenziali di prestazione; in secondo luogo, porre la scuola al servizio degli allievi e non dei docenti predisponendo piani di studio personalizzati, anche in un rapporto di negoziazione diretta con le famiglie; infine, operare un'inversione del paradigma culturale attraverso un recupero della professione docente ed un impegno nuovo in favore dei giovani.
In tal senso il Gruppo Unione democristiana e di Centro si dichiara pienamente favorevole alla riforma proposta dal Ministro.

Il senatore BETTA ritiene che la riforma scolastica avrebbe dovuto avere tempi diversi, più articolati e più rispettosi dei ritmi della scuola. La maggioranza ha infatti tutto il diritto di riformare l'ordinamento scolastico, se lo ritiene necessario, ma non quello di porre in essere punti essenziali della riforma prima che essi siano approvati dal Parlamento. Analogamente, contesta la scelta del Governo di promuovere l'informazione su un progetto di riforma in itinere, ancora suscettibile di modifiche.
Egli ringrazia poi il Ministro per la sua presenza in Commissione, auspicando tuttavia che non si tratti di un evento eccezionale bensì destinato a ripetersi con costanza.
Quanto al tema centrale delle risorse, egli prende atto che di fronte ad una situazione economica difficile le priorità del Governo siano altre. Occorre tuttavia chiarire se il Governo nel suo complesso sia disposto, anche nell'attuale congiuntura, ad assicurare i fondi necessari alla riforma scolastica.
Egli si sofferma infine sul decreto-legge n. 194 dello scorso 6 settembre, recante misure urgenti per il controllo, la trasparenza e il contenimento della spesa pubblica, auspicando che non si tratti di un ulteriore tentativo per rastrellare maggiori risorse e che comunque esso non interferisca con il percorso della riforma scolastica.

Il senatore BOCO ritiene che il Parlamento avesse il diritto-dovere di discutere del progetto di sperimentazione in tempi più congrui rispetto alla rilevanza dell'argomento, certamente non a ridosso delle ferie estive e non in concomitanza con l'esame dei disegni di legge di riforma. Si associa pertanto alla proposta della senatrice Acciarini di sospendere quanto meno l'iter dei relativi disegni di legge in attesa di verificare i risultati della sperimentazione.
Egli ritiene peraltro che la riforma non nasca da esigenze insopprimibili del Paese e non rappresenti un adeguamento della società politica ad una società civile in più veloce mutamento. Al contrario, essa rappresenta a suo giudizio il tentativo di comprimere la realtà in un disegno ideologico ed astratto, peraltro non omogeneo.
Osserva poi che il Governo non sembra mantenere l'impegno assunto di assicurare almeno 19.000 miliardi delle vecchie lire alla riforma, né di garantire le priorità proclamate in campagna elettorale in favore della scuola (fra cui, ricorda, figuravano l'insegnamento della lingua inglese e dell'informatica). Dall'insediamento del nuovo Governo ad oggi si sono infatti solo registrati tagli con riferimento sia al progetto Lingue 2000, che agli organici, all'edilizia scolastica, all'integrazione, all'autonomia. Né, a fronte di tali tagli, alcun capitolo di bilancio relativo all'istruzione appare aumentato. Addirittura, il Governo ha ritenuto di procedere ad una revisione dell'esame di maturità in termini prettamente economici, nell'ambito dell'ultima legge finanziaria. Analogamente, nuovi tagli al bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono stati disposti per finanziare le associazioni sportive dilettantistiche. In questo modo, il Ministero si avvia a diventare di "serie B", terreno di caccia per predatori di risorse.
Non vi sono dunque a suo avviso le premesse politiche ed economiche per una riforma. Anzi, rischia di risultare dannoso, se non fuorviante, avviare una riforma in assenza di un quadro di riferimento definito e certo.
Il senatore Boco ricorda poi che, a differenza dei suoi predecessori, il ministro Moratti non proviene dal mondo della scuola nè da quello universitario. Si sarebbe pertanto atteso che ella non prendesse decisioni affrettate, come invece è avvenuto con la disapplicazione della legge Berlinguer, la riforma degli esami di maturità nell'ambito di una legge finanziaria e la presentazione di un testo di riforma scolastica approssimativo e disorganico.
Egli riferisce indi che 73 membri del CNPI su 74 si sono espressi in senso contrario alla sperimentazione e che, pressocchè nessuna organizzazione di settore si è manifestata concorde. Rammenta altresì che, all'esito degli Stati generali sulla scuola, il Ministro aveva promesso di procedere ad una riforma partecipata e condivisa, ma il successivo iter sembra disattendere tale impegno.
Rileva inoltre che la scelta di anticipare l'età scolastica sembra corrispondere, più che ad esigenze di carattere pedagogico, alla necessità di assicurare il conseguimento del diploma al diciottesimo anno di età, in linea con i paesi europei. Ciò, a seguito del fallimento dell'originaria proposta – peraltro a suo avviso altrettanto scellerata - di ridurre a quattro anni la durata del percorso liceale.
Lamenta altresì la scomparsa della quota dei piani di studio riservata all'autonomia scolastica, a suo giudizio inopportunamente trasformata in quota regionale per corrispondere alle pressioni di una componente di Governo.
A differenza del disegno di legge n. 1251, dei senatori Cortiana ed altri, volto a costruire cittadini del mondo, il progetto di riforma governativo appare inoltre ispirato ad una cultura produttivistica, gravemente subalterna alle esigenze delle imprese. Tale subalternità finisce peraltro per ritorcesi contro l'interesse stesso delle imprese, atteso che un obbligo di istruzione più elevato consente la formazione di lavoratori più flessibili e quindi più utili anche alle esigenze delle imprese. La canalizzazione precoce determina invece un impoverimento della formazione di base dei lavoratori, in contrasto con la crescente esigenza di flessibilità del mondo del lavoro. Né appare realistica la possibilità di effettivo passaggio fra sistema liceale e quello di istruzione e formazione professionale, stante la diversità dei percorsi culturali.
Annuncia pertanto una convinta battaglia contro il progetto di riforma governativo, auspicando nel contempo che il Ministro voglia assicurare con costanza la sua presenza in Parlamento ai fini di un dialogo aperto e costruttivo.

(18.09.02) Interviene quindi in replica il ministro Letizia MORATTI, la quale osserva come la discussione abbia messo in evidenza alcuni aspetti che richiedono opportuni chiarimenti.
In primo luogo, ella sottolinea il fatto che nessuna obiezione o critica sia stata rivolta ai fondamentali valori ispiratori del progetto governativo, di cui all'articolo 1 del disegno di legge n. 1306, che in parte riprendono principi già affermati in sede di esame e approvazione della legge n. 30 del 2000. Ciò dimostra che su determinati criteri di fondo vi è una condivisione delle diverse parti politiche che va al di là delle differenze di opinione su singoli aspetti, così costituendo un terreno comune su cui è possibile sviluppare un confronto sereno e democratico, che abbia il suo centro nel Parlamento, istituzione per eccellenza rappresentativa del Paese, come giustamente ricordato dalla senatrice Acciarini. Ella ritiene peraltro di aver mantenuto, durante l'esame del disegno di legge delega, un costante atteggiamento di disponibilità e di apertura, come le è stato del resto riconosciuto nel corso del dibattito.
Entrando poi nel merito dei rilievi avanzati nell'ambito della discussione e in relazione specialmente alle riflessioni svolte attorno alla compatibilità del progetto riformatore con i principi costituzionali, il Ministro evidenzia che le modifiche apportate al Titolo V della Costituzione avevano reso inattuabile la citata legge n. 30 del 2000, mentre il disegno di legge governativo recepisce in modo completo le innovazioni costituzionali, come riconosciuto anche dalla Conferenza Stato-regioni, che ha espresso parere positivo sul provvedimento in esame.
Ella svolge quindi alcune argomentazioni a sostegno della scelta di introdurre il concetto di diritto all'istruzione e alla formazione per almeno dodici anni, che rappresenta una forma più evoluta e moderna del tradizionale obbligo scolastico, in sintonia con lo sviluppo delle società contemporanee. La positività di tale principio del resto sta anche nella sua capacità di coinvolgere appieno tutti i soggetti interessati al mondo della scuola, superando così il limite maggiore del vecchio concetto di obbligo che, privo di verifiche finali, comportava come conseguenza la deresponsabilizzazione del sistema nel suo insieme. In tal senso, il Governo si propone di porre rimedio al grave fenomeno della dispersione scolastica, che vede tradizionalmente un elevato numero di giovani abbandonare la scuola senza però seguire alcun percorso alternativo di formazione.
Il Ministro dà inoltre conto dei protocolli conclusi con le regioni e fornisce assicurazioni circa l'intendimento del Governo di garantire la massima interazione fra scuola e formazione professionale, mantenendo tuttavia al comparto dell'istruzione il compito di verificare i crediti formativi acquisiti dagli studenti. In proposito, non ritiene che l'azione governativa costituisca in alcun modo una violazione della disciplina introdotta dalla legge n. 9 del 1999, volendosi al contrario affermare un ruolo più incisivo delle regioni. Del resto, è nella norma di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 che va individuato lo strumento per promuovere progetti innovativi a livello regionale e verificarne gli obiettivi effettivamente conseguiti. La finalità che ci si propone di conseguire sta dunque nella valorizzazione e nella qualificazione della formazione professionale, che deve essere caratterizzata da pari dignità rispetto agli altri percorsi formativi e risultare in grado di impartire una formazione culturale di base elevata, rispondente agli standard fissati a livello nazionale.
Ella assicura poi che il Governo non intende cancellare l'organizzazione collegiale della scuola italiana e che semmai l'individuazione di un insegnante specifico con compiti di coordinamento tende a esaltare il ruolo di ciascun docente nell'ambito dell'offerta formativa. La figura del tutor, infatti, costituisce un punto di riferimento responsabile ed efficace nei confronti dei genitori, destinato peraltro a svolgere un fondamentale compito di orientamento a vantaggio degli alunni. D'altra parte, la riforma della scuola elementare introdotta all'inizio degli anni Novanta ha ampiamente dimostrato tutti i suoi limiti, se è vero che anche analisi condotte a livello internazionale hanno registrato un significativo calo di rendimento degli allievi, che ha comportato una classificazione al di sotto della media di questo segmento del sistema scolastico nazionale in precedenza considerato eccellente.
Quanto alla volontà di introdurre l'insegnamento della lingua inglese e dei primi elementi di informatica sin dalla prima classe della scuola elementare, essa non deve essere intesa come una scelta polemica nei confronti di antecedenti progetti riformatori che già si muovevano in questa direzione, ma piuttosto come una sorta di sistematizzazione di quelle prospettive che erano state delineate negli anni precedenti. Del resto, l'autonomia scolastica deve pure potersi esercitare attorno a un punto di riferimento unitario, in modo da evitare l'eccessiva dispersione dei progetti.
In relazione poi all'impegno finanziario che il riordino dei cicli scolastici comporta, il Ministro replica che i necessari stanziamenti verranno previsti nelle diverse leggi finanziarie annuali che accompagneranno il procedere della riforma via via che verranno emanati i decreti legislativi delegati. Per quanto concerne inoltre le risorse richieste dalla sperimentazione, ribadisce quanto già affermato nella seduta di ieri circa la dislocazione di fondi ad hoc a valere sulla legge n. 440 del 1997 e assicura che non verranno modificati gli attuali organici. Al riguardo, ritiene che la vera sfida dal punto di vista delle risorse umane sia rappresentata dalla valorizzazione del corpo docente e dalla promozione di una più elevata qualità di tutto il personale della scuola. Ricorda altresì lo straordinario impegno anche finanziario, richiamato del resto in alcuni interventi, tradottosi nel piano di formazione elaborato dall'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa (INDIRE) e già avviato lo scorso anno.
Ella rileva poi come alcuni oratori, fra cui il senatore Brignone, abbiano opportunamente ricordato le precedenti esperienze di sperimentazione nel sistema scolastico italiano, nessuna delle quali è stata condotta con il rigore e lo spirito partecipativo volto a coinvolgere tutti i soggetti interessati che caratterizzano l'attuale. Fra l'altro, per la prima volta, una sperimentazione nel settore scolastico verrà sottoposta a un rigoroso meccanismo di verifica sotto il profilo dell'efficienza e dell'efficacia.
Al senatore Boco, il Ministro replica invece che i pareri resi dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI) e dall'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) non possono essere intesi, né dal punto di vista formale, né da quello sostanziale, come negativi, essendosi anzi rivelati utili a migliorare il testo dell'emanando decreto ministeriale sulla sperimentazione, come è stato riconosciuto anche dai sindacati più rappresentativi del mondo della scuola.
Ella assicura infine tutti i membri della Commissione in merito alla ferma volontà del Governo di assumere qualsiasi decisione concernente la riforma del sistema di istruzione con il metodo finora seguito, vale a dire tramite un ampio coinvolgimento di tutti i soggetti protagonisti del mondo della scuola, al fine di acquisire oggettivi elementi di conoscenza che contribuiscano positivamente al processo riformatore e consentano di correggerlo in itinere. Ancora una volta, lo strumento normativo efficace e coerente per garantire un corretto sviluppo dell'azione riformatrice è costituito dall'articolo 11 del già citato decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, come opportunamente ricordato dal senatore Valditara.


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