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DISCORSO DI APERTURA DEL MINISTRO MORATTI
ROMA, 19 DICEMBRE 2001 - PALAZZO DEI CONGRESSI
Stati generali dell'Istruzione


Cari studenti, cari docenti, cari genitori,

Comincia un'altra tappa del percorso che abbiamo iniziato, tutti assieme, nel luglio scorso e che proseguiremo fino a quando, ancora una volta insieme, non avremo concordato il modo più giusto per migliorare la scuola, per rinnovarla, per modernizzarla, per renderla più forte e più equa.

"Una scuola per crescere" é il titolo che abbiamo voluto dare a questa nostra riunione e credo che l'esserci ritrovati qui a Roma per discutere così appassionatamente e così seriamente, sia un'importante occasione di crescita. Durante tutti questi mesi di lavoro, di ascolto, di raccolta di idee, suggerimenti e proposte ho avvertito il delinearsi di quel modello di scuola che tutti noi faticosamente, tentiamo di progettare. E' un modello che vedo nascere, oggi più nitidamente di prima, attorno a cinque elementi portanti:

1. Una scuola per la persona e per la società.

Noi abbiamo oggi assoluto bisogno di più sapere, di più cultura, di più formazione per assicurare al Paese una concreta prospettiva di crescita e di stabilità economica e sociale. Ma la scuola che credo tutti vogliamo é prima di tutto una scuola che sappia sconfiggere le nuove forme di "povertà" e di disagio della nostra società, che sono la fragile costituzione delle personalità individuali, il silenzio affettivo di molte famiglie disgregate, le paure che i giovani avvertono di fronte al mondo degli adulti.

La scuola che sogno - e che con voi tutti intendo progettare - é una scuola orientata alla crescita individuale e sociale della persona, alla formazione di identità forti; una scuola che aiuti i giovani a realizzarsi pienamente attraverso una vita fatta di valori, responsabilità, relazioni significative con il prossimo. La scuola che sappia dare fiducia nelle proprie capacità e sappia formare le coscienze e non soltanto disseminare le conoscenze.

La scuola che dobbiamo costruire é una scuola votata interamente allo sviluppo della persona umana. Il problema centrale mi sembra infatti essere quello di affrontare con coraggio e determinazione le ragioni profonde di una condizione giovanile contrassegnata da crescenti insicurezze individuali e collettive, dalla grande fatica del cambiamento che si avverte un po' ovunque fra i ragazzi, dal loro disagio per le difficoltà di inserimento nei cicli produttivi della vita, dall'ansia di poter essere esclusi dai processi di formazione e di lavoro, dalle molte estraniazioni ed emarginazioni sociali e culturali. In una parola, dal senso di abbandono che spesso coglie quegli studenti che escono dalla scuola poco consapevoli delle opportunità che possono cogliere e incerti rispetto al modo di poter dar corpo alle proprie vocazioni.

E' un fenomeno che tocca tutti i livelli educativi, dalla scuola materna ai gradi superiori dell'istruzione e della formazione, fino all'università. All'interno di questo lungo percorso i nostri studenti sono troppo spesso soli. Il sistema educativo non li accompagna e non li aiuta, come dovrebbe.

La scuola nuova alla quale dobbiamo lavorare é una scuola che sappia andare ben oltre il proprio compito "professionalizzante" e che contribuisca in modo determinante a formare una cultura e un sapere fondati sui valori della vita umana, sul valore della responsabilità, del rispetto delle diversità, della solidarietà verso le condizioni più disagiate. La scuola non deve fornire solo specializzazioni, competenze tecniche, esperienze mirate, ma formare persone che sappiano condividere valori sociali e alti ideali di vita.

Perciò, penso ad una scuola che valorizzi le specificità delle età evolutive della fanciullezza, dell'adolescenza e della gioventù. Una scuola dotata di capacità pedagogiche radicate e forti. La scuola che dobbiamo far crescere é un luogo nel quale i giovani, nell'attesa del loro definitivo inserimento nella vita, abbiano la possibilità di acquisire i caratteri della maturità individuale, dell'appartenenza sociale e dell'utilità al prossimo.

Questo progetto sociale diviene possibile se fortemente caratterizzato sotto il profilo culturale. Il sapere, la cultura e la formazione di cui abbiamo bisogno sono infatti gli elementi fondanti di una persona che deve essere capace prima di tutto di affrontare con intelligenza la società del rischio nella quale viviamo, la società globale e multietnica, con le sue rapide trasformazioni sociali ed economiche, che richiede di inserirsi in rapporti complessi e mutevoli, la società che sperimenta in questa fase storica l'indebolimento della famiglia e la frammentazione dei processi educativi fra le numerose offerte disponibili di informazione, conoscenza e comunicazione.

E' una scuola dalla quale usciranno giovani dotati di capacità logico-critiche, educati cioè a formare per se stessi opinioni autentiche e sincere e a rispettare le opinioni altrui; giovani adulti bravi innanzitutto nel prendere decisioni, stabilendo corrette relazioni fra gli elementi conoscitivi di cui dispongono. Persone capaci di integrarsi in realtà complesse; persone capaci di lavorare in squadra; persone formate a combinare tecnica e creatività. Persone non soltanto in grado di adattarsi alle complessità ed alle incertezze della vita, ma soprattutto in grado di favorire il cambiamento e di produrre innovazione. La capacità di valutare e la possibilità di scegliere sono elementi indispensabili non solo per la comprensione del mondo, ma per diventare agenti di cambiamento. E queste capacità di scelta sono basate su fattori che sappiano collegare la memoria del passato alla progettazione del futuro.

Questa scuola é la scuola che la società moderna ci chiede di far crescere.

2. Una scuola europea, nazionale, locale.

Una scuola europea nella sua ispirazione, ma radicata in un'identità nazionale solida, consolidata, condivisa. Una scuola europea nella sua visione comunitaria, ma capace di difendere e nutrire le tante identità locali che nel nostro Paese rappresentano un'inesauribile risorsa strategica. La scuola cui pensiamo saprà fondarsi sulla grande cultura umanistica e scientifica europea e raccordarsi con i valori più profondamente legati alle nostre realtà territoriali. Quella che sogno é una scuola che sappia costruire un' identità unica nella molteplicità delle culture, senza negare, anzi esaltando, il valore delle diversità.

L'Unione Europea ci chiede di operare affinché in materia di istruzione siano realizzati cinque obiettivi:

  1. incoraggiare fra i giovani l'acquisizione di nuove conoscenze;

  2. ravvicinare scuola e impresa, accorciando le distanze fra formazione e mercato del lavoro;

  3. lottare contro le esclusioni, di ogni tipo e natura;

  4. diffondere le lingue comunitarie;

  5. trattare sullo stesso piano investimenti materiali e investimenti nella formazione.

Per ciascuno di questi obiettivi l'ultimo "Libro Bianco" della Commissione europea proponeva orientamenti e suggerimenti per intraprendere iniziative a sostegno ed integrazione delle politiche nazionali sull'educazione.

A questi obiettivi faremo riferimento per facilitare la creazione di un sistema moderno, competitivo ed innovativo di educazione e formazione che sia, comunque, soprattutto un sistema democratico, aperto e trasparente; accessibile a tutti, quindi; presente nelle aree deboli del Paese; capace di non abbandonare studenti tentati dall'idea di lasciare prematuramente la scuola; in grado di offrire pari opportunità di successo. Sono questi i principi che stanno alla base della scelta di un federalismo solidale che questo Governo ha assunto anche nel campo dell'istruzione.

Una scuola europea, nazionale e locale é la scuola che il nuovo ordinamento dello Stato ci chiede di progettare.

3. Una scuola per il territorio.

La scuola come fattore unificante del Paese ha svolto un suo ruolo fondamentale che richiede, però, ora nuovi obiettivi. La scuola che pensiamo di far crescere in Italia é elemento unificante nella valorizzazione delle culture e dei saperi locali, un motore della crescita civile e culturale del territorio, uno strumento d'alimentazione dei processi di sviluppo sociale, culturale, scientifico e imprenditoriale.

In questo nuovo sistema educativo, lo Stato abbandonerà progressivamente i propri compiti tradizionali di gestione ed organizzazione per assumere compiti di indirizzo e di governo. Allo Stato spetterà il ruolo di costruire un'architettura di sistema. Lo Stato stabilirà i principi di qualità didattica, di equità sociale e di garanzia del diritto all'istruzione. Lo Stato dovrà assicurare criteri uniformi per la definizione dei piani di studio e stabilirà i requisiti di accreditamento delle offerte educative e formative, e provvederà alla valutazione dei livelli di apprendimento, con l'obiettivo di una crescita della qualità complessiva del sistema. I piani di studio saranno integrati a livello locale e dai singoli istituti scolastici; mezzi e strumenti didattici saranno ideati e definiti sempre più a livello locale; orientamento e formazione saranno modellati localmente per aderire alle esigenze e alle opportunità del lavoro nel tessuto produttivo del territorio. Allo Stato spetteranno funzioni di programmazione, di regolazione e di controllo degli standard organizzativi e di qualità che non siano un freno, piuttosto un supporto, all'autonomia delle scuole, alle loro capacità di sperimentazione didattica, alle opportunità di innovazione. Alle Regioni spetta l'importante ruolo di organizzazione e gestione delle risorse finanziarie, strumentali, nel rispetto del principio di autonomia delle istituzioni scolastiche.

Il modello di scuola per il quale dobbiamo lavorare é una scuola veramente libera, aperta, integrata che si ispira ai principi di sussidiarietà e di pluralismo che sono alla radice dell'intera tradizione liberale della nostra società e che annoverano illustri padri storici, da Antonio Rosmini a Luigi Einaudi, da Gaetano Salvemini a Luigi Sturzo. il quale affermò: "Ogni scuola deve poter dare i suoi diplomi non in nome della Repubblica, ma in nome della propria autorità".

L'idea che ci ha guidato in questi mesi di lavoro e di ascolto é pertanto quella dell'integrazione di un sistema educativo nazionale di istruzione e di formazione. Come metodo di governo, l'integrazione richiede di progettare il nuovo modello di sistema in un'ottica interministeriale e in stretto raccordo tra Stato, Regioni ed enti locali nel rispetto dei reciproci ruoli e competenze.

Il ruolo dello Stato cambia, ma la funzione pubblica dell'istruzione non deve venire meno. L'integrazione e l'unicità del sistema educativo nei suoi aspetti architetturali é uno degli elementi che garantisce il diritto allo studio e una qualità omogenea e che, allo stesso tempo, permette di agire sulla leva della flessibilità organizzativa, della pluralità delle offerte formative, della libertà di scelta tra percorsi educativi. Infatti, ritengo che un sistema educativo nazionale di istruzione e formazione, da costruire nell'attuazione piena dei principi sanciti dalla legge, richieda, per assicurare qualità e pluralità delle offerte didattiche, un confronto regolato sulla base di verifiche trasparenti, ispirate a criteri univoci di qualità. In tal modo, flessibilità e pluralità non comporteranno rischi di discriminazioni ed esclusioni, ma potranno favorire opportunità di arricchimento culturale per l'intero Paese.

4. Una scuola per il lavoro.

L'Italia é il paese nel quale il rapporto tra scuola e lavoro appare più distante, quasi impercettibile. Di fatto, se guardiamo all'integrazione tra formazione e lavoro, questo rapporto sembra essersi del tutto bloccato. Soltanto uno studente italiano su 100, tra i 16 e i 19 anni, fa esperienza di alternanza tra studio e lavoro, contro i 50 su 100 in Danimarca, i 30 nel Canada, i 28 nel Regno Unito e i 19 negli Stati Uniti. Il nostro sistema educativo appare il più delle volte incapace di creare quella positiva "contaminazione" tra scuola e lavoro che é oggi una delle condizioni essenziali per lo sviluppo e la maturazione dei giovani.

Io penso che il percorso formativo debba avere pari dignità con il percorso di istruzione. La scuola che abbiamo cominciato a progettare prevede percorsi formativi in alternanza allo studio per cancellare il triste primato che vede oggi l'Italia ultima tra i paesi industriali per numero di giovani che scelgono la formazione dopo il diploma o l'alternanza scuola-lavoro come metodo di crescita e di maturazione. A partire dai 15 anni, i giovani devono essere messi in condizione di decidere liberamente, senza temere esclusioni o emarginazioni sociali, se desiderano guadagnarsi una qualifica di formazione secondaria e, successivamente, un diploma di livello superiore, potendo utilizzare per questo scopo percorsi a tempo pieno o a tempo parziale.

L'alternanza scuola-lavoro non elimina l'apprendistato, che deve mantenere la sua configurazione di "contratto di lavoro" che coinvolge l'impresa e le parti sociali. L'alternanza scuola-lavoro affianca semmai l'apprendistato come un intervento che lo Stato offre per assicurare a tutti almeno 12 anni di istruzione e formazione, fino all'ottenimento di una qualifica professionale. Il progetto al quale stiamo lavorando con voi prevede che le ore di formazione siano finanziate attraverso borse di studio, tirocini formativi e incentivi di diversa natura per le aziende che accetteranno di sottoporsi agli standard formativi stabiliti a livello nazionale.

La scuola e il mondo produttivo devono ritrovarsi e capire quali potranno essere i vantaggi di questa proposta. Innanzitutto, quello di una maggiore crescita educativa, culturale e professionale dei giovani. E in secondo luogo quello di creare maggiori e più concrete opportunità per l'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.

La grande distanza che si é stabilita tra scuola e lavoro genera un costo sociale che il Paese non può più sostenere. La proposta di un percorso formativo scuola-lavoro mira a fornire ai giovani italiani gli strumenti oggi necessari per saper scegliere il proprio futuro, imparando a conoscere sin dagli ultimi anni della scuola le trasformazioni in atto nel mondo del lavoro che li attende e le opportunità che essi potranno cogliere una volta entrati definitivamente nel ciclo produttivo della loro vita.

5. Una scuola per il capitale umano.

Il capitale umano deve trasformarsi da uno degli elementi di debolezza dell'economia italiana a principale risorsa per uno sviluppo duraturo e stabile del Paese.

La necessità di progettare una scuola capace di formare intelligenze, competenze e conoscenze - e quindi di pensare che la cultura e il sapere degli italiani rappresentano un "capitale" di grande valore per la collettività - nasce dalla constatazione sempre più frequente della rilevanza delle risorse umane nella creazione di ricchezza e benessere. Siamo in forte ritardo rispetto a molti altri paesi in termini di preparazione delle risorse umane, come dimostrano ampiamente i dati che tutti conosciamo sull'alfabetizzazione media del Paese, sulla quota di laureati tra la popolazione attiva, sulla quota di dottorati fra i ricercatori, sull'emigrazione continua di scienziati e ricercatori che preferiscono andare a studiare e lavorare all'estero.

Il Governatore della Banca d'Italia ha recentemente ricordato come negli Stati Uniti il capitale umano rappresenti il 92,5% della ricchezza del Paese, mentre solo il 7,5% é costituito dall'insieme di beni, impianti e scorte. E come in Europa questo rapporto sia ancora oggi molto più basso. Ebbene, l'Italia é tra i paesi europei uno di quelli più svantaggiati e più poveri di capitale umano, inteso in senso strettamente economico. Lo provano le molte aree del Paese che da anni faticano a crescere e svilupparsi in linea con i ritmo di sviluppo di altre regioni europee; lo prova la progressiva emarginazione dell'Italia dai flussi degli investimenti internazionale; lo prova, infine, la bassa innovazione che contraddistingue l'economia italiana in generale per numero di brevetti, per contenuto tecnologico, per fattori scoperte scientifiche.

La scuola che tutti conosciamo é una scuola che sappia interpretare il proprio insostituibile ruolo di creazione di ricchezza attraverso la formazione del più importante bene immateriale di cui disponiamo: la persona con il suo patrimonio di cultura, sapere e conoscenza. Il nostro progetto deve avere una chiara connotazione trasversale, in quanto non riguarda solo gli ambiti dell'istruzione, ma presuppone anche l'analisi di problematiche legate all'opportunità di sviluppo del mercato del lavoro, alle politiche industriali, alle infrastrutture, operando in una logica di "sistema-Paese" .


Cari studenti, cari docenti, cari genitori,

Questa é la scuola che ho nel cuore e alla quale intendo dare tutte le mie energie. I suoi valori, i suoi ideali, i suoi principi vanno ora tradotti in un progetto del quale siete e sarete voi protagonisti. Il contributo che voi avete offerto in questi mesi al paziente lavoro che abbiamo intrapreso per ideare, progettare e modellare la scuola del futuro é stato fondamentale per arrivare fin qui. Non voglio, quindi, trarre conclusioni, stilare bilanci, indicare ricette, formule, obiettivi. Roma non é una tappa conclusiva, ma solo un passaggio. Credo, comunque, che il lungo percorso di ascolto reciproco che abbiamo fatto e che proseguirà in futuro ci ha già arricchiti non soltanto di nozioni e di informazioni sullo stato del nostro sistema educativo, ma, fatto più rilevante, di idee, di passioni, di speranze. Per questo, mi sento di dire che una vera riforma é ora finalmente in cammino. Una riforma non certo mia e dei miei collaboratori più stretti, ma una riforma di tutti e per tutti.


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