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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

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01 - 25 luglio Parlamento

 

Camera

 

Aula 25 L'Aula approva una risoluzione della maggioranza a sostegno del Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2003-2006
Aula 24 La Camera approva il DdL AC 3030, Conversione in Legge del Decreto-legge n. 107, recante disposizioni in materia di accesso alle professioni
Aula 16 Il 16 luglio 2002 l'Aula approva il DdL AC 388/A, Disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo
Aula 11 L'11 luglio 2002 l'Aula approva in via definitiva la Legge costituzionale per la cessazione degli effetti dei commi primo e secondo della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione (voti a favore 347, contrari 69, astenuti 44)
Aula 1, 2 DdL AC 2556/A, Ratifica ed esecuzione della Convenzione sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all'insegnamento superiore nella Regione europea, fatta a Lisbona l'11 aprile 1997, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno (Approvato dal Senato)
Commissioni
7a 17, 18 Il 18 luglio 2002 la Commissione, in sede referente, approva il DdL AS 1490, Conversione in Legge del Decreto-legge n. 107, recante disposizioni in materia di accesso alle professioni
7a 16, 17 Il 17 luglio 2002 la Commissione, in sede consultiva, esprime parere favorevole alla V Commissione su:
- Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2003-2006 
- Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per il 2001 (C. 2922 Governo)
- Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2002 (C. 2923 Governo):
Tabella 2: stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (limitatamente alle parti di competenza)
Tabella 7: stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca
Tabella 14: stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali

(16.07.02) Fabio GARAGNANI (FI), relatore, illustra il Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2003-2006, che è stato trasmesso alle Camere il 9 luglio scorso, sul quale la VII Commissione è chiamata ad esprimere un parere alla Commissione bilancio, sulle parti di propria competenza, entro la giornata di domani.
Accanto a quelle in campo economico, sottolinea che il Governo intende promuovere riforme altrettanto significative in campo sociale e istituzionale: in quest'ambito, assumono un ruolo di rilievo le riforme della scuola, dell'università e dei beni culturali, richiamate nelle premesse ed oggetto di specifica trattazione in alcuni dei paragrafi centrali del DPEF.
Entrando nel merito dei settori della scuola, dell'università e della ricerca, osserva che il Governo si propone di assicurare la modernizzazione e il potenziamento del sistema educativo nazionale, per migliorarne i livelli generali ed individuali di apprendimento.
Per quanto riguarda specificamente la scuola e la formazione professionale, precisa che il DPEF fa principalmente affidamento sull'attuazione delle misure previste dal disegno di legge di riforma della scuola, attualmente all'esame del Senato (atto Senato n.1306, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale). Precisa, inoltre, che, a tale proposito, il DPEF richiama in particolare l'esigenza che il cambiamento sia sostenuto da un piano pluriennale di misure finanziarie (da verificare nella loro compatibilità con i conti pubblici), finalizzate a realizzare alcuni obiettivi specifici: la riforma degli ordinamenti e la sua attuazione; lo sviluppo delle tecnologie multimediali; l'istituzione del sistema nazionale di valutazione; la valorizzazione professionale del personale. Ricorda che, come espressamente previsto dal disegno di legge di riforma della scuola (articolo 3, comma 1), le risorse necessarie al finanziamento di tali interventi dovranno essere quantificate annualmente dalla legge finanziaria. Sottolinea che tali interventi appaiono particolarmente necessari per rendere concretamente possibile un'efficace riqualificazione della spesa pubblica italiana per l'istruzione, che continua ad essere quasi interamente «assorbita» dai compensi per il personale (secondo i dati di bilancio relativi agli ultimi anni, la spesa corrente del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è pari a circa il 96 per cento del totale, mentre quella specificamente destinata ai compensi al personale è pari a circa l'89 per cento). Osserva che, a partire da questa riqualificazione, si potrà affrontare anche la questione di un aumento complessivo della spesa pubblica italiana per l'istruzione, che continua purtroppo ad attestarsi ai livelli più bassi tra i paesi occidentali (secondo i dati ISTAT del 1998-1999, il rapporto tra il totale delle spese, compresa l'istruzione universitaria, e il PIL in Italia è pari al 5,0 per cento, a fronte del 5,7 della Germania, al 6,2 della Francia, al 5,3 della Spagna e al 6,5 degli Stati Uniti).
Ricorda, peraltro, che alcuni importanti interventi nella direzione delineata dal DPEF sono già stati assunti nel corso dell'ultimo anno: in particolare, l'articolo 16, comma 3, della legge finanziaria per il 2002, ha previsto significativi incrementi del Fondo per la valorizzazione della funzione docente (di cui all'articolo 50, comma 3, della legge n. 388 del 2000) (108,46 milioni di euro a decorrere dal 2002, nonché 381,35 milioni di euro per l'anno 2003 e di 726,75 milioni di euro a decorrere dal 2004, subordinati al conseguimento di specifiche economie derivanti da razionalizzazioni nell'utilizzo del personale docente).
Per quanto riguarda la scuola, occorre altresì ricordare il disegno di legge costituzionale di modifica dell'articolo 117 della Costituzione, espressamente richiamato dal DPEF nel paragrafo dedicato alla devoluzione.
Entrando nel merito della questione dell'istruzione post-scolastica, evidenzia che il DPEF richiama innanzitutto l'impegno del Governo per l'attuazione della riforma dell'alta formazione artistica e musicale, nel quadro di una complessiva razionalizzazione amministrativa, gestionale e finanziaria. Al proposito, vanno ricordati, oltre che lo schema di regolamento sull'autonomia di Accademie e Conservatori, recentemente esaminato dalla VII Commissione, due disegni di legge da ultimo presentati alle Camere dal Governo (atto Camera n. 2899, assegnato nella seduta di ieri, e atto Camera n.2988, non ancora assegnato).
Per quanto concerne l'università precisa che, nel quadro di un incremento delle risorse finanziarie destinate al settore, il DPEF individua tre obiettivi specifici, consistenti nell'aumento del numero dei laureati, nella riduzione dei tempi effettivi per il conseguimento dei titoli e nella garanzia di maggiori sbocchi professionali. Precisa, inoltre, che funzionali a ciò sono, in particolare, il finanziamento della riforma degli ordinamenti didattici, il potenziamento delle attività di orientamento e tutorato, gli investimenti per migliorare le strutture didattiche, un più deciso sostegno economico agli studenti capaci e meritevoli delle università legalmente riconosciute. Per quanto concerne tale ultimo punto, ritiene che il DPEF sembra fare riferimento alle misure contenute nel già citato disegno di legge governativo atto Camera 2988, che prevede lo stanziamento di 10 milioni di euro, a decorrere dal 2002, da destinare alle università e agli istituti universitari legalmente riconosciuti, al fine di assicurare l'uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari.
Per quanto concerne la ricerca, sottolinea che il DPEF richiama gli assi strategici individuati dal documento «Linee guida per la politica scientifica e tecnologica del Governo», approvate dal CIPE il 19 aprile 2002.
Rileva che un'apposita sezione del DPEF è dedicata al comparto dei beni e delle attività culturali. Osserva che il documento sottolinea la necessità di una ridefinizione della spesa, volta ad un adeguamento a percentuali di livello europeo rispetto al PIL, nonché al riequilibrio tra spese correnti e spese di investimento, nella prospettiva di un significativo ampliamento di queste ultime e all'incremento delle risorse provenienti dal privato (attraverso strumenti quali donazioni, sponsorizzazioni, fondi etici).
Sottolinea, inoltre, che nel DPEF è contenuta la seguente precisazione: «il trasferimento di beni pubblici a Patrimonio dello Stato SpA non inciderà in alcun modo sui diversi vincoli che ne tutelano il carattere storico, artistico e paesaggistico», cosicché i beni demaniali eventualmente trasferiti continueranno ad essere inalienabili. Sottolinea che questa è una preoccupazione particolarmente avvertita dall'opinione pubblica, sulla quale sarà necessario soffermarsi.
In conclusione, sottolinea la rilevanza che il DPEF accorda alla politica culturale in ambito internazionale. Al proposito, da una parte, si sottolinea la necessità di provvedere al finanziamento delle iniziative normative per la promozione della cultura, della lingua e della scienza italiana all'estero, ivi compresi grandi eventi culturali; dall'altra, nell'ambito delle misure volte a realizzare una reale politica in favore degli italiani nel mondo, si richiama l'esigenza di predisporre specifici interventi anche nel settore scolastico e culturale.

7a 16, 17 Il 17 luglio 2002 la Commissione esprime parere favorevole alla proposta di nomina della professoressa Maria Cristina Pedicchio a Presidente del Consorzio per l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste
7a 17 Il 17 luglio 2002 la Commissione esprime parere favorevole alla risoluzione n. 8-00023 sugli Insegnanti di Sostegno
7a 9, 11 L'11 luglio la Commissione esprime parere favorevole sulla proposta di nomina del professor Renato D'Angiò a presidente dell'Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM)
7a 8, 9 in sede referente, DdL AC 1773, Regolarizzazione delle iscrizioni a diplomi universitari e di laurea per l'anno accademico 2000-2001

Il termine per la presentazione di emendamenti è fissato a lunedì 8 luglio 2002, alle ore 18

7a 4 Interrogazioni a risposta immediata
7a 3 in sede referente, A C 2238, Disposizioni concernenti la scuola, l'università e la ricerca scientifica (già approvato dal Senato)
7a 2, 3 Il 3 luglio 2002 la Commissione esprime parere favorevole sul Nuovo schema di regolamento in materia di autonomia delle Accademie e dei Conservatori, ai sensi della legge 21 dicembre 1999, n. 508
7a 2 in sede referente, DdL AC 495, 736, 965 e 2113, Diritto allo studio e Parità scolastica

(02.07.02) Antonio PALMIERI (FI), relatore, avverte preliminarmente che la relazione che si accinge a svolgere sarà articolata in tre parti. La prima consisterà in una introduzione cultural-politica per inquadrare correttamente la questione e la linea di pensiero nella quale essa si inserisce nonché per tentare di cogliere gli elementi di fondo unificanti delle quattro proposte di legge all'attenzione della Commissione. Ciò non soltanto per una forma di rispetto nei confronti dei deputati che hanno promosso l'iniziativa legislativa in materia ma anche al fine di rendere più agevole il confronto tra la maggioranza e le varie componenti dell'opposizione, con l'obiettivo di pervenire ad un auspicabile punto di incontro. Nella seconda parte della relazione affronterà invece, nel merito, l'illustrazione delle proposte di legge, giungendo quindi ad un passaggio finale di carattere metodologico, collegato ad un auspicio.
Rileva innanzitutto che il dibattito in corso verte su una fondamentale libertà: la libertà di educazione, ossia un concetto - o, meglio, un diritto-dovere - che poggia su due cardini. Il primo, culturale, basato sul ribadire con chiarezza il concetto di servizio pubblico, con tutte le conseguenze che ne derivano; il secondo, costituzionale, fondato sulle garanzie, sui compiti e sui doveri che la Costituzione attribuisce alle famiglie ed allo Stato in merito all'istruzione dei figli.
Con riferimento al cardine culturale sotteso alla questione in esame, rileva che pubblico non è uguale a statale. Pubblico è il servizio erogato: non lo deve essere necessariamente anche il soggetto erogatore. Ancora oggi, in alcune forze politiche e, purtroppo, anche nella mentalità di troppi cittadini, il concetto di pubblico coincide con quello di statale. Frutto di culture, di ideologie e di politiche stataliste attuate per decenni nel nostro paese, l'equazione pubblico uguale statale ha determinato una gestione monopolista e statalista della cosa pubblica, che ha prodotto inefficienza nei servizi e spreco di denaro pubblico ma, soprattutto, ha determinato lo scollamento tra cittadini ed istituzioni, la deresponsabilizzazione dei singoli e dei gruppi sociali, il disimpegno nei confronti dei beni collettivi che, essendo di tutti, finiscono per non essere di nessuno.
Nell'ambito della scuola, il superamento di questa errata concezione di servizio pubblico è stato enunciato nella legge n. 62 del 2000 (»Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione»). Qui finalmente una legge dello Stato sancisce la funzione pubblica delle scuole non statali, riconoscendo che «il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e dagli enti locali». Peraltro il riconoscimento della funzione pubblica delle scuole non statali è già contemplato dalla Costituzione, che assicura la piena libertà alle scuole non statali, ne riconosce la piena dignità ed il valore legale del titolo di studio da esse rilasciato.
La legge n. 62 del 2000 riconosce la parità giuridica ma non la parità economica. Infatti, alla dichiarazione di principio contenuta nella parte iniziale della legge non è seguita nei fatti l'indicazione su come realizzare la parità economica, unica misura in grado di dare la parità scolastica, garantendo la libertà di educazione, cioè di scelta per le famiglie, a prescindere dalle loro condizioni di reddito. L'unico intervento di tipo economico compreso nella legge n. 62 del 2000 è quello previsto dalla norma in materia di «interventi economici realizzati prioritariamente in favore delle famiglie in condizioni svantaggiate». Si tratta di un intervento che non sancisce la parità scolastica per tutte le famiglie e che, per di più, prefigura ancora una volta una politica familiare di tipo prettamente assistenziale e non di promozione di tutti i nuclei familiari.
In questo contesto, il buono-scuola viene proposto come strumento per attuare la parità e portare a compimento il dettato della legge n. 62 del 2000. Esso è stato definito una «Carta di liberazione per le famiglie meno abbienti», perché consente alle famiglie di scegliere liberamente la scuola alla quale iscrivere i propri figli, senza limitazioni dovute al reddito. Idea avanzata inizialmente dal premio Nobel per l'economia Milton Friedman, successivamente ripresa da un altro premio Nobel, Friedrich von Hayek, e che ha trovato in Italia adesioni da parte di intellettuali liberali, quali Antonio Martino, Antiseri, Adornato, Infantino ed altri, il buono-scuola è innanzitutto una proposta che favorisce la libertà delle famiglie nella scelta di quella che reputano la migliore educazione per i propri figli e che consente di attuare compiutamente quanto previsto dalla legge sulla parità approvata dal precedente Governo.
Onestà intellettuale e correttezza politica impongono tuttavia di precisare che il buono-scuola è uno dei possibili strumenti per attuare la libertà di educazione: nel dibattito in corso da alcuni anni su questa materia ne sono stati indicati altri, quale, ad esempio, il credito d'imposta, che mirano allo stesso obiettivo: rendere concreta per tutte le famiglie la possibilità di scelta in campo scolastico.
La realizzazione della parità scolastica attraverso lo strumento del buono-scuola contribuisce a realizzare un nuovo sistema di Welfare, fondato su di un diverso rapporto tra Stato e società civile, rapporto fondato su quel formidabile principio di libertà (e di responsabilità) che è il principio di sussidiarietà.
Oggi il campo della scuola è uno dei settori della società italiana nei quali più acuto comincia a farsi sentire il contrasto tra i bisogni dei cittadini e le prestazioni dello Stato. Anche in questa circostanza il principio di sussidiarietà «orizzontale» - non faccia lo Stato ciò che i privati possono fare da soli e le istituzioni pubbliche intervengano solo laddove singoli e corpi sociali sono in situazione di difficoltà e per il tempo strettamente necessario a renderli nuovamente protagonisti - costituisce la più solida difesa della libertà e responsabilità dei singoli e dell'autonomia dei corpi intermedi nei confronti delle pretese dello statalismo e la più adeguata e moderna risposta alla crisi del vecchio sistema del Welfare State, in crisi per motivi economici e per un deficit di qualità delle sue prestazioni.
Nell'orizzonte culturale determinato dal principio di sussidiarietà, la proposta del buono-scuola va nella direzione della costruzione di un nuovo tipo di Welfare, che sappia garantire il carattere universale della tutela sociale e, nel contempo, aumentare qualità ed efficienza dei servizi. Alcuni studiosi definiscono questa nuova proposta Welfare society o Welfare community, altri «società della libertà scelta». Comunque lo si voglia chiamare, questo nuovo sistema consiste nel fare entrare concretamente a pieno titolo nel sistema pubblico oltre all'offerta statale di servizi anche un offerta privata (entrambe regolate dalle autorità governative), sulla quale chiamare ad intervenire imprese, cooperative, mondo nel no-profit, per dare ai cittadini la possibilità di scegliere liberamente la qualità della propria formazione.
Il pieno coinvolgimento dei corpi sociali nella gestione dei servizi accresce la libertà di scelta dei cittadini e, insieme, la responsabilità di tutti verso il «bene comune», sentimento che non può emergere finchè prevale il sentore di essere sudditi di uno Stato-padrone nei confronti del quale ci si limita a lamentarsi, mai assumendo l'onere di un'azione positiva. Viceversa, si ritiene che lo Stato non sia padrone del bene comune, ma debba porsi al suo servizio promuovendo, stimolando ed armonizzando tutte le energie che, all'interno della società, sono disposte a mettersi in gioco.
In definitiva è questo l'orizzonte entro cui si colloca la proposta del buono-scuola: un'offerta pubblica (statale o privata) all'interno della quale cittadini e famiglie possano scegliere l'offerta che preferiscono. Inoltre, l'estensione a tutte le famiglie - in base a criteri che tengano nel dovuto conto le differenze di reddito - si configura come un atto di politica familiare non assistenziale ma rivolto alla promozione di tutte le famiglie e non soltanto di quelle che sono in condizione di indigenza.
Sottolinea quindi con chiarezza che chi è per il buono-scuola non è contro la scuola statale bensì contro il monopolio statale dell'educazione: la scuola di Stato è un grande patrimonio che abbiamo ereditato e che deve essere rinvigorito ed adoperato al meglio. Il fatto è che storicamente le comunità umane non hanno trovato altro strumento per far crescere la qualità di qualsiasi sistema che fa ricorso alla gara, alla concorrenza, all'emulazione. Per questo motivo, il miglioramento della scuola di Stato passa attraverso l'introduzione di linee di regolata competizione con l'offerta privata. In un unico sistema pubblico articolato, regolato da norme certe e valide per tutti, sia l'offerta statale che quella privata sarebbero costrette a gareggiare tra loro in qualità ed efficienza, migliorando entrambe continuamente le proprie prestazioni per rispondere alla domanda dell'utente, il quale potrà liberamente scegliere dove rivolgersi utilizzando il proprio buono-scuola. In questo modo, peraltro, la tutela non cessa affatto di essere universale: anzi lo diventa ancor di più, perché mentre oggi chi è più ricco può scegliere liberamente, per sé e per i propri figli, scuole di eccellente qualità, anche all'estero, chi è più povero, al contrario, è costretto a non poter scegliere.
Con il buono-scuola, in realtà, anche i ceti più deboli potranno scegliere le scuole che reputano migliori ed il servizio offerto dalle scuole statali, lungi dallo scomparire, sarà obbligato a cambiare rotta, a rimodellarsi.
In definitiva, il buono-scuola, introducendo linee di competizione all'interno del nostro sistema scolastico, è una misura tesa a migliorare sia le scuole statali sia quelle non statali. Gaetano Salvemini diceva che «dalla concorrenza delle scuole private libere, le scuole pubbliche hanno tutto da guadagnare e non da perdere».
La nostra Costituzione parla chiaro in tema di libertà di educazione. Ne fanno fede gli articoli 3, 30, 31, 33 e 34. L'articolo 30 prescrive che «È dovere e diritto dei genitori, mantenere, istruire ed educare i figli». L'articolo 31 afferma che la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose e protegge la maternità e l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
L'articolo 33 sancisce che la Repubblica detta le norme generali sulla istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
L'articolo 34 afferma che la scuola è aperta a tutti; l'istruzione inferiore, impartita per almeno otto nani, è obbligatoria e gratuita. i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi; la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
È necessario favorire l'attuazione del dettato costituzionale dell'articolo 33, quarto comma, che recita: «La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà, ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali». Equipollenza di trattamento scolastico si intende su tutti gli aspetti della vita scolastica, compresi quelli economici, proprio perché la Costituzione non ne esclude nessuno. Il «senza oneri per lo Stato», di cui all'articolo 33, terzo comma, in relazione alla istituzione di scuole da parte di «enti e privati», va letto alla luce dei contenuti di cui al quarto comma del citato articolo 33 nei riguardi degli alunni di scuole paritarie. «Onere», significa che nessuno può obbligare lo Stato a erigere scuole non statali; nel contempo Stato e regioni, possono decidere di sostenere le scuole esistenti, o agevolare i genitori nel compito costituzionale e civile di educare i propri figli.
Vi è, invece, l'obbligo statale di garantire almeno una scuola dell'obbligo gratuita per tutti i cittadini in base all'articolo 34 della Costituzione. Non vi è riscontro che la scuola dell'obbligo debba essere assicurata solo a chi frequenta le scuole statali. Anzi. La Costituzione si basa sul principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini e sul dovere dello Stato di rimuovere le cause che la impediscono. Tocca allo Stato, quindi, garantire non solo l'insegnamento e l'apprendimento, ma anche l'effettivo esercizio di tali libertà a parità di condizioni.
Entrando in Europa, è venuta ulteriormente a maturare non solo l'esigenza di riformare lo Stato, ma anche di rivedere alcune impostazioni e concezioni che miravano a limitare la libertà di educazione. Nell'Unione siamo, con la Grecia, le uniche due Nazioni a non avere compiutamente legiferato in merito alla parità scolastica. Ricorda a tal proposito la risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 1984, la quale dopo aver chiamato in causa l'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo approvata il 10 dicembre 1948 e l'articolo 2 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, conferma i seguenti princìpi: il diritto alla libera scelta della scuola per i figli da parte dei genitori; il compito dello Stato di consentire la presenza di scuole pubbliche e private allo scopo necessarie ed equiparabili; l'obbligo per gli Stati membri di rendere possibile il diritto alla libertà di insegnamento anche sotto il profilo finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli istituti statali corrispondenti. Infatti la risoluzione ricordava agli Stati aderenti che «il diritto alla libertà di insegnamento implica, per sua natura, l'obbligo per gli Stati membri di rendere l'esercizio di tale diritto anche sotto il profilo finanziario».
Conseguentemente, anche in virtù dell'articolo 149 del Trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla legge 16 gennaio 1998, n. 209, appare indispensabile che il Parlamento italiano affronti la questione della parità scolastica al fine di determinare i criteri che vanno adottati per garantire condizioni di parità a tutti i cittadini eliminando le condizioni di discriminazione in cui versano.
Tutte e quattro le proposte di legge in esame possono essere considerate delle «variazioni sul tema» della libertà di educazione e sui modi con cui garantire la libertà di scelta di famiglie e studenti.
Una importante distinzione sta nel fatto che la proposta di Garagnani è l'unica che si muove nel solco della normativa vigente e intende armonizzare le discipline regionali «al fine di rendere omogeneo il quadro normativo in materia di diritto allo studio e di parità scolastica così come delineato dalle varie leggi emanate dalle regioni, che si presentano particolarmente differenziate», come si legge nella relazione d'accompagnamento.
Le altre proposte di legge - con varie sfumature - riscrivono di fatto il sistema scolastico italiano sempre con riferimento alla effettiva realizzazione della libertà di educazione. E tutte e quattro sono accomunate dalla indicazione del buono-scuola come strumento per realizzare l'obiettivo. Nella pdl Garagnani il buono è prerogativa delle regioni, nelle altre è invece lo Stato centrale che eroga il buono.
Ricorda, in particolare, che la proposta di legge Bono configura una vera e propria «rifondazione» del sistema scolastico italiano e prevede il buono-scuola come strumento più idoneo a finanziare il nuovo sistema. La proposta di legge di iniziativa del deputato Angela Napoli riformula la legge n. 62 del 2000, di cui riprende parte dei contenuti. Si prevede un'erogazione del buono-scuola a vantaggio degli istituti scolastici, in ragione del numero di alunni. Oltre al buono-scuola, è previsto un intervento di diritto allo studio e le spese sostenute costituiscono crediti d'imposta. Infine, la proposta di legge Bianchi Clerici è essenzialmente dedicata alla scuola dell'obbligo: il buono-scuola è erogato alle famiglie, che lo «girano» alla scuola stessa, statale o privata che sia.
In conclusione, rileva che oggi si avvia un cammino che non sarà breve né facile. Propone quindi di dividere i lavori in due fasi. Una prima fase, di approfondimento, potrebbe essere finalizzata alla discussione sulla relazione, per capire gli orientamenti dei colleghi e delle forze politiche, nonché allo svolgimento di audizioni sul funzionamento della legge n. 62 del 2000 e sul funzionamento delle leggi sul buono-scuola regionali, così come auspicato da alcuni gruppi. Sarebbe anche opportuno acquisire una panoramica su come funziona effettivamente tutta la questione del diritto allo studio e su come, nei Paesi dell'Unione e non solo viene risolto il tema della libertà di educazione, valutando altresì la posizione del Governo. Ricorda infatti che le quattro proposte di legge sono tutte di iniziativa parlamentare, su di un tema ineludibile per le forze di maggioranza, sul quale queste ultime hanno chiesto la fiducia agli elettori. È ovviamente importante sapere quale intendimento intende assumere il Governo rispetto alla tematica in esame.
La seconda fase, di decisione, terminato l'ampio e doveroso approfondimento, dovrà vedere la commissione decidere su come procedere (nomina di un comitato ristretto, adozione di un testo base, ulteriori modalità di prosecuzione dell'esame).
Esprime infine un auspicio. Oggi si inizia un percorso lungo e faticoso. Si augura che esso possa essere un momento serio di confronto tra concezioni culturali e politiche diverse e anche opposte tra loro, senza cedere alla tentazione di fare della scuola un campo di battaglia politica in funzione antigovernativa.

7a 25 in sede referente, DdL AC 1191, 1988, 1989, 1990, Insegnamento delle materie relative all'educazione civica, ambientale e sanitaria
11a 3, 22, 23, 24 DdL Insegnanti di religione cattolica (DdL AC 561, 580, 737, 909, 1433, 1487, 1493, 1908/L, 1972, 2480)

Il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato alle ore 10 di lunedì 22 luglio 2002

 

Senato

 

Aula 24 L'Aula approva una risoluzione della maggioranza a sostegno del Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2003-2006
Aula 16 Il 16 luglio 2002 l'Aula approva il DdL AS 1490, Conversione in Legge del Decreto-legge n. 107, recante disposizioni in materia di accesso alle professioni
Commissioni
5a 3, 9, 10, 11 parere alla 7a Commissione, DdL A.S. 1306, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

L'11 luglio la Commissione esprime il suo parere sugli emendamenti al DdL A.S. 1306

Il 10 luglio 2002 la Commissione approva a maggioranza il seguente parere sul testo del DdL A.S. 1306:

La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, per quanto di propria competenza, osserva che, con riferimento all'impianto generale del provvedimento, ad eccezione delle norme riguardanti gli anticipi per l'iscrizione alla scuola materna ed elementare, il ricorso, come meccanismo di copertura, ai finanziamenti iscritti annualmente nella legge finanziaria può considerarsi ragionevole in quanto i vari tipi di intervento disciplinati presentano sufficienti margini di flessibilità e graduabilità, essendo inseriti in un piano programmatico, e sono pertanto realizzabili nel limite delle risorse che, anche in misura variabile, di anno in anno saranno destinate allo scopo; in particolare, anche i principi definiti negli articoli 4 e 5 possono considerarsi attuabili facendo ricorso alla discrezionalità dell'azione amministrativa, in quanto trattasi di misure modulabili attraverso la fissazione della platea degli aventi diritto. La Commissione fa peraltro presente che l'ambito di intervento della legge finanziaria è confinato alla modulazione degli aspetti innovativi della riforma, senza ovviamente inerire alla componente consolidata del sistema, a livello sia di istituti che di relative conseguenze sui bilanci a legislazione vigente.
Esprime, quindi, parere di nulla osta, a condizione che, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, le disposizioni di seguito riportate vengano modificate nel senso indicato:
1) all'articolo 4, comma 1, alinea, sostituire le parole: "con le modalità di cui all'articolo 1, comma 2", con le altre: "ai sensi dell'articolo 1, commi 2 e 3";
2) all'articolo 7, comma 4, primo periodo, sostituire le parole: "Dall'anno scolastico 2002-2003", con le altre: "Per gli anni scolastici 2002-2003, 2003-2004 e 2004-2005" e aggiungere, in fine, le seguenti parole: ", ovvero entro date ulteriormente anticipate, fino alla data del 30 aprile di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e)"; al secondo periodo premettere le parole: "Per l'anno scolastico 2002-2003" e aggiungere, dopo le parole: "possono iscriversi", le altre: "nei limiti delle risorse finanziarie di cui al successivo comma 5"; sopprimere, infine, il terzo periodo;
3) all'articolo 7, comma 5, inserire, dopo la parola: "limitatamente", le altre: "alla scuola materna statale e"; sostituire le parole: "valutati in", con le altre: "determinati entro il limite massimo di"; aggiungere, infine, il seguente periodo: "Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede a modulare le anticipazioni, anche fino alla data del 30 aprile di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f), garantendo comunque il rispetto del predetto limite di spesa";
4) all'articolo 7, comma 7, sostituire la parola: "coerentemente" con le altre: "nell'ambito dei";
5) all'articolo 7, comma 8, primo periodo, sostituire le parole: "degli oneri effettivamente sostenuti", con le altre: "delle occorrenze finanziarie".

(03.07.02) Riferisce sul provvedimento in titolo il senatore TAROLLI, il quale, richiamandosi anche al contenuto della apposita Nota del Servizio del bilancio, rileva che l'articolo 1, comma 1, delega il Governo ad adottare decreti legislativi nelle materie dell'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni riguardanti l'istruzione e la formazione professionale. Il comma 3 prevede la predisposizione e la successiva approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, di un piano programmatico di interventi finanziari a sostegno del complessivo disegno riformatore oggetto del provvedimento. Il comma 6 dell'articolo 7 stabilisce invece che all'attuazione di tale piano si provvede mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria, in coerenza con quanto previsto nel Documento di programmazione economico-finanziaria. Il comma 7 del medesimo articolo fa presente che i decreti legislativi onerosi hanno attuazione coerentemente con i finanziamenti di cui al precedente comma 6. L'articolo 2, comma 1, lettera c), ribadisce un vincolo all'attuazione del diritto-dovere all'istruzione rimesso all'emanazione di decreti legislativi, nel senso che la sua gradualità è correlata agli interventi del piano programmatico e deve essere coerente con la copertura disposta dal citato comma 6 dell'articolo 7. Sul meccanismo generale di copertura, relativamente alla parte del provvedimento che si riferisce alle deleghe di cui all'articolo 1 (e agli articoli che vi si richiamano: 2, 3 e 5) e la cui regolazione finanziaria avverrà con gli strumenti della sessione (articolo 7, commi 6 e 7), la questione della esaustività di un tale rinvio al fine di garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione è stata già affrontata in sede parlamentare. Ricorda che il precedente più recente è quello del parere espresso dalla Commissione bilancio del Senato in relazione ad alcuni emendamenti riferiti al disegno di legge n. 848, in materia di delega sul mercato del lavoro, secondo cui una risposta affermativa può essere fornita ove si tratti di un onere privo di elementi di rigidità, cui non si contrappongano diritti soggettivi e per il quale, in definitiva, la legge finanziaria possa individuare le relative risorse esprimendo un significativo grado di discrezionalità, tenuto conto dei vincoli generali di copertura e di compensazione cui essa sottostà. Sulla base di tale principio il provvedimento dovrebbe essere quindi analizzato dall'angolazione del grado di flessibilità dei criteri e dei principi direttivi previsti, con riferimento anche all'arco temporale entro il quale gli stessi possono essere attuati. Da questo punto di vista, premesso che non appare chiaro il rapporto tra il piano di cui all'articolo 1, comma 3, e i decreti legislativi attuativi della delega in riferimento ai citati articoli 1, 2, 3 e 5 e tenendo comunque fermo il principio per cui la novazione dell'ordinamento giuridico consegue, in caso di delega, all'entrata in vigore dei decreti legislativi, rileva l'opportunità di avere chiarimenti sulla esatta successione temporale delle varie fasi attuative e soprattutto sulla necessità che all'emanazione dei decreti legislativi si proceda solo quando sarà stato definito il quadro finanziario e nei limiti di detto quadro, che pertanto non potrebbe che fungere da tetto di spesa: la norma interessata da questo punto di vista è l'articolo 7, comma 7. Quanto poi alle norme che trovano immediata applicazione con l'entrata in vigore della legge, rileva che esse riguardano quelle relative alla scuola primaria (non considerate nella relazione tecnica) e quelle concernenti la scuola elementare, considerate invece dalla relazione tecnica (entrambe disciplinate dall'articolo 7, comma 4). Vi sono poi altre norme di delega, come l'articolo 4, che non richiamano l'operatività del meccanismo generale prima indicato (rinvio alla legge finanziaria) e che producono però oneri non quantificati e non coperti. Sempre per gli aspetti generali di copertura, menziona, in particolare, il comma 8 dell'articolo 7, in base al quale, con periodicità annuale, il Ministero dell'istruzione procede alla verifica degli oneri effettivamente sostenuti a fronte delle somme stanziate annualmente in bilancio, nell'intesa che le eventuali maggiori spese dovranno trovare copertura con il meccanismo di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468 del 1978. Ricorda, al riguardo, che le somme stanziate in bilancio rappresentano un limite ai fini degli impegni e dei pagamenti. In linea generale, comunque, pur considerando che si tratta di oneri solo eventuali, in ordine al meccanismo in questione, sottolinea quanto da ultimo sostenuto in relazione al disegno di legge n. 4336-B ("Misure in materia fiscale") della XIII legislatura, ossia che si può non trattare di una forma di copertura autonoma, in quanto sulla base del comma richiamato della legge n. 468 è previsto solo che il Ministro competente, in caso di scostamento tra le previsioni di oneri e coperture, ne dia notizia tempestivamente al Ministro del tesoro, che riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative legislative. Si tratta di un tipo di procedura che non casualmente è stato concretamente attivato in casi estremamente rari.
L'articolo 2, comma 1, lettera e), prevede che possano essere iscritti alla scuola materna i bambini che compiono tre anni di età entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento. Anche per la scuola materna, come per la scuola elementare, è prevista una disciplina transitoria per l'anno scolastico 2002-2003. L'articolo 7, comma 4, primo periodo, consente infatti la possibilità di iscrizione al primo anno della scuola dell'infanzia, già per quanto riguarda l'anno scolastico 2002-2003, dei bambini che compiono i tre anni di età entro il 28 febbraio 2003; ciò deve avvenire compatibilmente con la disponibilità dei posti e con le risorse finanziarie dei comuni, secondo gli obblighi conferiti dall'ordinamento e nel rispetto dei limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità. La relazione tecnica non analizza tale anticipo, mentre affronta l'analoga disposizione prevista per la scuola elementare (articolo 7, comma 4, secondo periodo), disponendone la copertura degli oneri, nonché conseguenzialmente l'onere a regime. Neanche per quanto concerne la disciplina organica dell'anticipo per la scuola materna (lettera e), comma 1, articolo 2) la relazione tecnica riporta indicazioni, facendo presumere che si dovrebbe applicare il meccanismo generale del rinvio alle leggi finanziarie: su tale circostanza ritiene necessario un chiarimento da parte del Governo. Infatti, in tale ipotesi, mentre la facoltà dell'anticipo al prossimo anno scolastico è subordinata alle condizioni della finanza comunale, a regime la normativa dipenderebbe dalle manovre di finanza pubblica, anche sotto il profilo della possibilità di anticipare il compimento dell'età entro il 30 aprile (anziché al 28 febbraio come per il primo anno di applicazione), secondo quanto previsto all'ultimo periodo del comma 4 dell'articolo 7 (per la parte in cui si richiama la lettera e) del comma 1 dell'articolo 2). Una spiegazione della mancata considerazione nella relazione tecnica della parte della norma immediatamente dispositiva forse consiste nel fatto che il Governo attribuisce una forte valenza giuridica e operativa ai due citati limiti della disponibilità dei posti e delle risorse in essere dei comuni. Al riguardo, andrebbe anzitutto chiarito il motivo per cui la disposizione transitoria relativa all'anno scolastico 2002-2003 (articolo 7, comma 4, primo periodo) faccia riferimento alle sole risorse finanziarie dei comuni, atteso che le scuole materne sono anche statali, con le conseguenze finanziarie che ciò implica. Osserva poi che va valutato se gli oneri siano collegati non solo all'incremento numerico delle frequenze alla scuola materna, ma anche all'eventuale cambiamento del tipo di mansioni richieste al personale insegnante, che potrebbe rendersi necessario in conseguenza dell'anticipo dell'età di ingresso. Occorrerebbe, inoltre, riflettere sulla ragionevolezza del richiamo al limite delle risorse finanziarie riguardo ad un tipo di facoltà che, seppur formalmente condizionabile sulla base della norma, nei fatti sembra difficilmente limitabile, trattandosi del diritto del genitore all'accesso anticipato del bambino alla scuola materna. La lettera f) del medesimo comma 1 dell'articolo 2 prevede che alla prima classe della scuola elementare possano iscriversi i bambini che compiono sei anni entro il 30 aprile dell'anno scolastico di riferimento. Tale disposizione a regime viene anticipata dall'articolo 7, comma 4, secondo periodo, all'anno scolastico 2002-2003. La relazione tecnica analizza le conseguenze in termini di maggiorazione degli oneri della disposizione, assumendo come base di calcolo la consistenza degli iscritti alle sezioni di scuola materna negli ultimi tre anni scolastici (dal 1999-2000 al 2001-2002) per le fasce di età riferite ai 4 e 5 anni di età. Nella relazione tecnica si osserva che il numero di bambini iscritti alla prima classe della scuola elementare negli anni scolastici presi in considerazione non risulta correlato al numero di quelli iscritti all'età di quattro anni alla scuola materna; inoltre, il numero di iscritti di cinque anni di età alla scuola materna è molto inferiore a quelli iscritti alla medesima scuola all'età di quattro anni. Ciò premesso, nella relazione tecnica si assume il dato degli iscritti alla scuola materna all'età di cinque anni per ipotizzare il numero dei bambini che potrebbero avvalersi dell'anticipo dell'iscrizione alla prima classe della scuola elementare (266.062 unità). L'oratore rileva inoltre che la relazione tecnica ipotizza che un terzo dei bambini di cinque anni iscritti alla scuola materna (89.000) possa essere interessato all'anticipo dell'iscrizione alle elementari. Tenuto conto che l'anticipo non è un obbligo, bensì una facoltà, nella relazione tecnica si ipotizza poi che il 97 per cento possa iscriversi anticipatamente alla prima classe elementare (86.600). La quantificazione degli oneri prosegue valutando in 53.000 il numero dei bambini ridistribuibili nelle 26.326 classi di prima elementare attualmente esistenti e in 34.000 quelli per i quali dovrebbe essere incrementato il numero delle classi. Tale incremento dovrebbe ammontare ad un massimo di 1.700 classi, con un conseguente aumento nel numero di docenti pari a 2.550 unità. Con un onere annuo lordo per ognuno pari a 25.959 euro, il complessivo onere annuo ammonterebbe ad oltre 66 milioni di euro. Al riguardo, il relatore rileva anzitutto l'opportunità di esplicitare i presupposti dei vari passaggi della relazione tecnica, soprattutto in riferimento alle relative percentuali. Osserva poi che il metodo di valutazione dell'onere si basa su un collegamento tra numero di iscritti di cinque anni alla scuola materna e iscritti alla prima classe elementare, che, nello scontare una diminuzione degli iscritti di cinque anni rispetto a quelli di quattro, forse presuppone in tale periodo un esodo verso la scuola privata e una scelta che potrebbe permanere anche per la scuola elementare. Se questa è l'ipotesi di partenza, occorrono chiarimenti sulla sua fondatezza da parte del Governo, anche per la rilevanza di tale assunto ai fini del calcolo nella relazione tecnica dell'onere collegato alle anticipazioni delle iscrizioni. Rimanendo comunque nella logica della relazione tecnica di assumere come riferimento il dato delle iscrizioni all'ultimo anno della scuola materna, andrebbe chiarito, non essendovi indicazioni nella relazione tecnica al riguardo, se tale dato si riferisce solo a quello relativo alle scuole pubbliche (statali e comunali) o anche a quello delle scuole private e se è stato considerato inoltre il dato dei bambini che non frequentano la scuola materna. Il totale delle tre categorie infatti costituisce il dato dei bambini iscrivibili al primo anno della scuola elementare che sembrano indirizzarsi per la quasi totalità alla scuola elementare pubblica. Sulla base di dati desunti dall'Annuario ISTAT (1998), la percentuale dei bambini che si iscrivono alla scuola elementare pubblica si attesta infatti intorno al 90% per diversi anni. Tale complesso di considerazioni induce a ritenere che una quantificazione più realistica dell'onere connesso con il possibile incremento di iscrizioni anticipate alla prima elementare avrebbe dovuto basarsi sul dato della popolazione con cinque anni di età che, secondo le statistiche demografiche dell'ISTAT relative alla popolazione residente nell'anno 2000, ammonta a 539.149 unità, naturalmente, depurato della quota di bambini che si iscrivono alle scuole elementari private. Sarebbe pertanto utile approfondire le implicazioni di tale diverso metodo di calcolo. Un'ulteriore osservazione concerne le ripercussioni che l'incremento degli ingressi in prima elementare potrebbe comportare sulle strutture scolastiche, in termini di necessità sia di approntarne di nuove, sia di ampliare gli spazi. Su tale complesso di questioni sarebbe opportuno quindi che il Governo fornisse chiarimenti, data la correlazione tra le ipotesi assunte e i diversi effetti in termini di oneri. Fa, inoltre, presente che l'ultimo periodo del comma 4 dell'articolo 7 non sembra comportare problemi, in quanto la normativa a regime - a parte i problemi di quantificazione già illustrati - già tiene conto del limite del 30 aprile per il compimento degli anni.
Il relatore passa poi ad illustrare il contenuto dell'articolo 3 che, nel fissare i principi e criteri direttivi per la disciplina della valutazione del sistema scolastico, richiama espressamente i decreti legislativi di cui all'articolo 1 e, con ciò, indirettamente, il meccanismo generale di copertura ivi descritto. Ricorda che nell'articolo si affidano nuovi compiti all'Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione, prevedendone, a tal fine, la rideterminazione di funzioni e struttura. A tale riguardo, osserva che valgono le considerazioni generali svolte sugli articoli 1 e 7, commi 6 e 7. L'articolo 4 prevede l'emanazione di un apposito decreto legislativo per consentire lo svolgimento dell'intera formazione dai 15 ai 18 anni attraverso l'alternanza di periodi di studio e di lavoro, sulla base di convenzioni con le imprese o con enti pubblici e privati disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di tirocinio. Lo stesso decreto legislativo dovrà fornire indicazioni generali per il reperimento e l'assegnazione di risorse finanziarie necessarie, compresi gli incentivi per le imprese e l'assistenza tutoriale. Il relatore ricorda che la disposizione non è considerata nella relazione tecnica. Tuttavia, poiché, almeno per la lettera b), vi potrebbero essere oneri, sia pure in via generale e comunque senza quantificazione, ritiene che rimanga non affrontato il problema della regolazione delle relative conseguenze finanziarie, problema che notoriamente non può essere rimesso ai decreti legislativi, sempre che non si intenda assoggettare anche l'articolo in esame al meccanismo di copertura individuato negli articoli 1 e 7, commi 6 e 7: tale ipotesi andrebbe però esplicitata in norma. L'articolo 5, comma 1, lettera e), prevede che coloro che abbiano conseguito la laurea specialistica per l'insegnamento, svolgano attività di tirocinio previa stipula di contratti di formazione lavoro. A tal fine e per le gestioni dei corsi di laurea specialistica, un'ulteriore disposizione fa carico alle università dell'organizzazione di apposite strutture di ateneo cui spetta anche il compito, secondo quanto previsto dalla successiva lettera f), della formazione degli insegnanti in servizio interessati ad assumere specifiche funzioni indicate nella disposizione medesima. I rapporti fra tali strutture e le istituzioni scolastiche sono demandati, dalla citata lettera e), ad apposite convenzioni. Il relatore rileva che nella relazione tecnica non si fornisce alcun elemento per valutare l'impatto finanziario di tali disposizioni, nonostante la presenza di elementi innovativi (come le convenzioni fra università e istituzioni scolastiche, il tirocinio con contratti di formazione lavoro, la creazione di strutture apposite per la formazione specialistica dei docenti), per i quali è difficile escludere un impatto finanziario certo, ancorché flessibile nell'importo. Per i profili di copertura ritiene che possano valere le considerazioni generali svolte in merito all'articolo 1 (e all'articolo 7, commi 6 e 7), ai cui decreti l'articolo 5 fa esplicitamente rinvio.

7a 2, 3, 4, 9, 16, 17, 18, 23, 24, 25, 26, 29, 30, 31 DdL A.S. 1306, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

DdL A.S. 1251, Legge-quadro in materia di riordino dei cicli dell'istruzione

Dibattito

(09.07.02) Riprende l'esame congiunto, sospeso nella seduta antimeridiana del 4 luglio scorso, nel corso della quale – ricorda il presidente relatore ASCIUTTI – è proseguita la votazione degli emendamenti all'articolo 1, pubblicati in allegato al resoconto della seduta notturna di martedì 2 luglio scorso. Egli rammenta peraltro che, nella seduta pomeridiana di mercoledì, 3 luglio, l'opposizione aveva richiesto con vigore la presenza in Commissione del Ministro dell'economia, ovvero di un Sottosegretario da lui delegato, al fine di chiarire il quadro finanziario entro cui si articola la riforma scolastica.
Al riguardo, informa di aver tempestivamente richiesto per iscritto al ministro Tremonti la sua presenza in Commissione, ma di non aver tuttora avuto alcuna risposta.
Egli dà inoltre conto di una lettera con cui il Presidente della Commissione bilancio Azzollini gli ha a sua volta comunicato che, nel corso dell'esame in sede consultiva del disegno di legge governativo recante la riforma scolastica, è emersa l'esigenza di procedere ad un attento approfondimento dei profili finanziari connessi con la nuova normativa e che in tale prospettiva decisiva importanza avrebbe assunto la posizione del Governo in risposta alle osservazioni problematiche evidenziate. Conseguentemente, il presidente Azzollini ha rappresentato l'esigenza che l'andamento dei lavori della Commissione istruzione sia graduato in modo da tener conto dei possibili riflessi procedurali del parere che la Commissione bilancio dovrà comunque esprimere sul testo, evitando votazioni che possano risultare contraddittorie con il parere reso.
Poiché la Commissione bilancio si accinge a rendere il proprio parere nella giornata di oggi, il Presidente relatore propone pertanto di sospendere i lavori in attesa di valutare il suddetto parere, eventualmente sconvocando la seduta notturna già convocata per oggi, alle ore 20,30 e quella antimeridiana di domani.

7a 16, 17 Il 17 luglio 2002 la Commissione esprime il seguente parere in sede consultiva alla V Commissione, Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2003-2006:

"La Commissione, esaminato il Documento di programmazione economico-finanziaria, esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni:
al paragrafo IV.2.2 (la riforma della scuola, dell'università e della ricerca):
a) nel capoverso relativo alla scuola e alla formazione professionale:
1. sia assicurato un impegno finanziario complessivo, per il periodo 2003-2007, per risorse da 7.746 a 10.283 milioni di euro, a sostegno degli obiettivi indicati nel medesimo capoverso, da integrare tuttavia con gli ulteriori obiettivi dello sviluppo dell'autonomia e delle iniziative di formazione iniziale e continua del personale, conformemente al contenuto dell'ordine del giorno accolto dal Governo in sede di esame, da parte della 7a Commissione del Senato, del disegno di legge n. 1306;
2. sia reso più incisivo il riferimento, contenuto nell'obiettivo (5) di cui al medesimo capoverso relativo alle esigenze di adeguamento delle strutture di edilizia scolastica;
3. sia inserito un esplicito richiamo all'impegno volto ad assicurare l'attuazione della parità scolastica sulla base dei principi di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, conformemente agli impegni assunti;
4. siano individuate modalità idonee a risolvere le problematiche del personale precario della scuola;
5. sia affrontata l'esigenza di una razionalizzazione del rapporto fra insegnanti e alunni;
6. sia espresso l'intendimento di avviare la riforma del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di accentuarne la funzione di indirizzo e di controllo in luogo di quella di gestione diretta del sistema scolastico;
b) nel capoverso relativo al sistema universitario, sia inserito un espresso riferimento alla questione dello stato giuridico dei docenti universitari;
al paragrafo IV.2.3 (beni culturali): sia previsto un apposito capoverso relativo al problema del personale precario del Ministero per i beni e le attività culturali, in cui venga assicurato l'impegno del Governo a definire le modalità di inquadramento in ruolo del personale interessato."

(16.07.02) Riferisce alla Commissione il presidente relatore ASCIUTTI, il quale rileva che il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) indica gli obiettivi di finanza pubblica e le linee di intervento di politica economica per gli anni 2003-2006 ed enuclea tanto le principali riforme economiche che le principali riforme sociali e istituzionali che il Governo si propone di conseguire nel periodo considerato. In relazione al secondo gruppo, il Documento contempla la voce "scuola, università, beni culturali". Più indiretto è invece il coinvolgimento dei settori di competenza della Commissione per quanto concerne la riforma della pubblica amministrazione e l'attuazione della devoluzione.
Nel merito del Documento, è il paragrafo IV.2.2 che attiene alla riforma della scuola, dell'università e della ricerca, e che individua nella modernizzazione e nel potenziamento del sistema educativo nazionale le finalità da perseguire in tali settori, allo scopo di migliorare i livelli generali e individuali di apprendimento e di diminuire gli elevati tassi di abbandono.
In particolare, in merito al sistema d'istruzione e formazione professionale, il suddetto paragrafo fa esplicito riferimento al progetto riformatore del Governo (Atto Senato n. 1306) attualmente all'esame della Commissione. Vengono in tal senso richiamati gli obiettivi di cui al comma 3 dell'articolo 1 del predetto disegno di legge e, nell'ottica di un Documento economico-finanziario, quale è il DPEF, si afferma che tali obiettivi verranno sostenuti da un piano pluriennale di misure finanziarie da verificare nella loro compatibilità con i conti pubblici.
Sarebbe tuttavia opportuno, ad avviso del Presidente relatore, che il Documento recasse indicazione della strategia che il Governo intende seguire al fine di risolvere definitivamente il grave problema del precariato. A fronte, infatti, di graduatorie già ora in grado di soddisfare il fabbisogno di docenti del sistema scolastico, sarebbe improprio continuare ad abilitare personale docente che in questo momento finirebbe semplicemente per aumentare il numero dei precari.
Al tempo stesso occorre registrare l'assenza di un espresso riferimento alla questione della parità scolastica, che viceversa richiederebbe che nel DPEF venissero tracciate le linee guida per la piena attuazione della riforma avviata con la legge n. 62 del 2000.
Passando all'alta formazione artistica e musicale, egli ricorda che la Commissione si è da poco pronunciata su questo tema in relazione allo schema di regolamento in materia di autonomia statutaria e regolamentare delle istituzioni disciplinate dalla legge n. 508 del 1999 (Atto n. 106) e rende noto che in proposito il DPEF sottolinea come la riorganizzazione amministrativa e gestionale di tali istituzioni favorirà la razionalizzazione delle risorse.
Il medesimo Documento, inoltre, riguardo al comparto universitario, pone in evidenza che i traguardi da raggiungere concernono l'aumento del numero dei laureati, la riduzione dei tempi effettivi per il conseguimento dei titoli universitari e la garanzia di maggiori sbocchi professionali. Si prevede pertanto per i prossimi quattro anni – sempre compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica – un incremento delle risorse finanziarie destinate all'università e se ne enumerano puntualmente le finalizzazioni, che afferiscono al finanziamento della riforma degli ordinamenti didattici e al potenziamento delle attività di orientamento, di tutorato e di internalizzazione.
(...) il presidente relatore ASCIUTTI fa presente che le altre finalizzazioni degli stanziamenti destinati al comparto universitario riguardano la realizzazione sostanziale del diritto allo studio per mezzo di interventi diretti e indiretti a favore degli studenti quali la copertura delle tasse versate alle università legalmente riconosciute per garantire agli studenti capaci ma privi di mezzi il diritto di scelta, gli investimenti strutturali al fine di fornire agli studenti un ambiente idoneo alle funzioni didattiche e infine il potenziamento della ricerca scientifica attraverso l'utilizzo di incentivi per le istituzioni che più proficuamente utilizzano i fondi per la ricerca.
Rimane irrisolto invece il nodo dello stato giuridico dei docenti universitari, che il Documento in esame non menziona e che pure richiederebbe una chiara presa di posizione da parte del Governo.
Ancor più manifesto è poi l'impegno ad aumentare i finanziamenti per il sistema pubblico della ricerca, per il quale si dichiara di voler passare dall'attuale 0,6 per cento verso l'1 per cento del PIL. Il Governo peraltro prevede che l'incremento complessivo delle risorse destinate al settore dovrebbe essere maggiore del predetto impegno pubblico, in considerazione degli investimenti in ricerca effettuati dal sistema industriale italiano e dei meccanismi di cofinanziamento pubblico-privato. Il Paese appare quindi in linea con gli impegni assunti in sede di Unione europea, ove è stato previsto che gli investimenti per la ricerca dovranno approssimarsi al 3 per cento del PIL entro il 2010.
Al riguardo, il DPEF rinvia del resto alle "Linee guida per la politica scientifica e tecnologica del Governo", predisposte dall'Esecutivo sulla base degli articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 204 del 1998. Se ne evince che ci si propone di favorire l'impatto economico, occupazionale e sociale degli investimenti in ricerca e sviluppo e il posizionamento internazionale del sistema italiano, con particolare attenzione agli effetti sull'attività di innovazione dei prodotti, dei processi e dei servizi offerti e all'aumento della competitività nelle produzioni ad alta tecnologia. Inoltre, l'azione del Governo si incentrerà sul sostegno e la ricerca di base, sul supporto alla ricerca relativa a tecnologie chiave a carattere multisettoriale, sul potenziamento delle attività di ricerca industriale al fine di aumentare la capacità del sistema industriale italiano a trasformare le nuove conoscenze in maggior valore aggiunto, sulla promozione delle capacità di innovazione nei processi e nei prodotti da parte di piccole e medie imprese valorizzando sinergie a livello territoriale e infine sulla promozione del sistema di rete delle grandi infrastrutture e dei processi di internazionalizzazione dell'attività di ricerca.
Quanto al settore dei beni culturali, la ridefinizione della spesa prevista dal DPEF riguarderà in primo luogo un mutamento di carattere qualitativo, con il passaggio degli stanziamenti destinati a questo comparto dalla tradizionale inclusione fra le spese correnti al ricollocamento fra le spese in conto capitale, dal momento che il settore viene ritenuto di importanza strategica per lo sviluppo di altri rilevanti segmenti del sistema economico nazionale. La spesa, inoltre, andrà rimodulata sotto il profilo quantitativo, impegnandosi anche qui il Governo a garantire un consistente e progressivo adeguamento dello sforzo finanziario al fine di pervenire a percentuali di livello europeo rispetto al PIL. Tale risultato potrà essere conseguito sia attraverso incrementi annuali della spesa pubblica di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali – che siano ovviamente compatibili con lo stato generale della finanza pubblica – sia attraverso l'accresciuto apporto dei privati da coinvolgere nella gestione dei beni culturali anche grazie all'adozione di opportune misure incentivanti (incremento delle donazioni e delle varie forme di sponsorizzazione, creazione di fondi etici).
Anche per questo comparto, d'altra parte, il DPEF precisa quali saranno gli assi strategici sui quali si fonderà l'azione del Governo. Essi riguardano innanzi tutto il processo di privatizzazione del settore, da attuarsi sia attraverso la partecipazione del Ministero competente a fondazioni e società, sia mediante l'affidamento in concessione a privati della gestione di servizi finalizzati al miglioramento della fruizione pubblica dei beni culturali. Una più razionale ed economica utilizzazione delle risorse dovrà poi essere ottenuta grazie alla riorganizzazione del settore e alla revisione delle procedure amministrative e dei meccanismi di incentivazione. Inoltre, dovranno essere predisposte forme di raccordo più attive tra i diversi livelli di governo (Stato, regioni, ed enti locali) e dovranno essere altresì realizzate nuove forme di connessione tra le politiche culturali e dello sport e quelle concernenti altri ambiti dell'azione politico-amministrativa del Governo (trasporti, turismo, attività produttive, ambiente). In definitiva, osserva il Presidente relatore, tali linee strategiche appaiono sostanzialmente conformi ai principi e ai criteri cui dovrà informarsi l'attività legislativa delegata del Governo alla stregua dell'articolo 10 della legge n. 137 del 2002, recante delega per il riassetto e la codificazione in materia di beni culturali e ambientali, spettacolo, sport, proprietà letteraria e diritto d'autore.
Come per il settore della scuola, peraltro, nulla si dice in relazione alla sistemazione dei precari del Ministero per i beni e le attività culturali; questione su cui la Commissione è da tempo in procinto di esprimersi, ma sulla quale grava ancora il problema della totale copertura finanziaria. Nel delineare le linee della politica economica governativa, il presidente relatore ritiene pertanto utile fornire indicazioni chiare per la soluzione definitiva delle situazioni di precariato.
Da ultimo, con riferimento alla devoluzione, egli osserva che la piena attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione e l'ulteriore sviluppo dell'assetto regionalistico e autonomistico non potranno non riguardare anche i settori dei beni culturali e dell'istruzione, il secondo dei quali è già pienamente interessato al processo di riordino. In proposito, il DPEF ribadisce i principi che si intendono affermare con la proposta riforma costituzionale (Atto Senato n. 1187), sottolineando nel contempo che il trasferimento di nuove competenze legislative e amministrative alle regioni, anche nei campi dell'organizzazione scolastica, della gestione degli istituti scolastici e di formazione e della definizione di parte dei programmi scolastici e formativi, non potrà che accompagnarsi al trasferimento delle occorrenti risorse finanziarie, con contestuale riduzione delle corrispondenti voci di costo a carico del bilancio dello Stato, anche al fine di evitare duplicazioni di strutture e di competenze.
Propone conclusivamente l'espressione di un parere favorevole con le osservazioni sopra richiamate.

7a 9 La Commissione esprime parere favorevole alla proposta di nomina del professor Renato D'Angiò a presidente dell'Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM)
7a 2, 4 parere alla 1a Commissione, DdL Costituzionale AS 1187, Modifiche dell'articolo 117 della Costituzione
7a 3 Il 3 luglio 2002 la Commissione esprime parere favorevole con osservazioni sul Nuovo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di autonomia statutaria e regolamentare delle istituzioni di cui alla legge 21 dicembre 1999, n. 508

05 - 25 luglio Governo

25 Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 10,05 a Palazzo Chigi

(...)
Il Consiglio ha quindi approvato i seguenti provvedimenti: (...)
su proposta del Presidente Berlusconi e del Ministro per gli Affari Regionali, La Loggia:
- un decreto legislativo che trasferisce alla Regione Friuli-Venezia Giulia le funzioni statali per la tutela della lingua e della cultura delle minoranze linguistiche storiche presenti nel territorio, con particolare riferimento all’insegnamento delle stesse nelle scuole, nonché all’uso negli uffici pubblici.
Ha partecipato il Presidente della Regione, Tondo; (...)
- un decreto legislativo per l’attuazione della direttiva 1999/42/CE che integra e completa la disciplina per il riconoscimento delle qualifiche professionali, al fine di consentire ai cittadini dell’Unione europea l’esercizio del diritto di stabilimento o di libera prestazione di servizi;
su proposta del Ministro delle Comunicazioni, Gasparri:
- un regolamento che eleva a venti anni la durata delle licenze individuali nel settore delle telecomunicazioni (con estensione anche a quelle già rilasciate), al fine di assicurare a tutti gli operatori un più ampio arco temporale di attività in considerazione della continua crescita del mercato dei servizi mobili e del conseguente elevato tasso di competitività; (...)
Previa relazione del Ministro Urbani, il Consiglio ha avviato l’esame del disegno di legge sulle società e associazioni sportive dilettantistiche, che sarà concluso nella prossima riunione in cui sarà affrontata anche la problematica del CONI. E’ stato poi rinviato il provvedimento relativo alla nuova articolazione territoriale dei Vigili del fuoco per approfondimenti tecnici.
Il Consiglio ha poi adottato le seguenti deliberazioni: (...)
su proposta del Ministro Moratti:
- nomina della prof.ssa Maria Cristina PEDICCHIO a Presidente del Consorzio obbligatorio per l’impianto, la gestione e lo sviluppo dell’Area per la ricerca scientifica e tecnologica nella provincia di Trieste; (...)
La seduta ha avuto termine alle ore 13,20.

19 Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 10,25 a Palazzo Chigi

All’inizio dei lavori, il Consiglio ha manifestato profonda riprovazione per l’episodio ignobile verificatosi ieri a Roma, ove il settore ebraico del cimitero del Verano è stato profanato ad opera di ignoti. Il Consiglio, nel rinnovare la propria solidarietà alla Comunità ebraica romana, ha assicurato che verrà intrapresa ogni iniziativa possibile per consegnare alla giustizia i responsabili dell’esecrabile episodio. (...)
Il Consiglio ha preso in esame la questione della normativa sulle società sportive dilettantistiche, che è stata stralciata dal decreto-legge all’esame della Camera per reperire i mezzi finanziari necessari per gli interventi a favore delle zone colpite dalla crisi idrica. Tenuto conto della rilevanza sociale che il Governo riconosce alle predette società sportive, è stato deciso che nella prossima riunione sarà varato un apposito disegno di legge, per il quale alla ripresa dei lavori parlamentari sarà richiesta una corsia preferenziale.
Previa relazione del Presidente del Consiglio e Ministro ad interim degli Affari esteri, è stato deciso di avviare le procedure per la restituzione all’Etiopia dell’obelisco di Axum.
Il Consiglio ha quindi approvato i seguenti provvedimenti:(...)
su proposta del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Moratti:
- uno schema di regolamento che provvede a definire l’assetto organizzativo del Ministero, a seguito dell’accorpamento operato dal decreto legislativo n.300 del 1999 sulla riforma dei Ministeri. Il Dicastero si articola, a livello centrale, in tre Dipartimenti e, a livello periferico, in Uffici scolastici regionali che avranno il compito di assicurare il supporto necessario alla realizzazione dell’autonomia scolastica. Sul provvedimento saranno acquisiti i prescritti pareri; (...)
Il Consiglio ha inoltre adottato le seguenti ulteriori deliberazioni: (...)
su proposta del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca:
- nomina del prof. Renato D’ANGIO’ a Presidente dell’Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM). (...)
La seduta ha avuto termine alle ore 12,35.

11 Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 10,30 a Palazzo Chigi

Il Consiglio ha approvato i seguenti provvedimenti:
su proposta dei Ministri Maroni, Marzano, Castelli, Buttiglione e Pisanu:
- un disegno di legge recante delega al Governo per la definizione di una disciplina unitaria dell’impresa sociale, costruita sulla base di alcuni elementi fondanti ed in particolare:
- l’operatività esclusiva in ambiti di particolare rilievo sociale;
- il divieto di redistribuzione di utili sotto qualsiasi forma, anche indiretta;
- il contestuale obbligo di reinvestire gli eventuali proventi nello svolgimento dell’attività istituzionale;
- l’impossibilità che soggetti pubblici o imprese private con finalità lucrative possano detenerne il controllo, anche attraverso la facoltà di nomina maggioritaria degli organi di amministrazione.
Il provvedimento prevede, inoltre, l’attivazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di funzioni e servizi permanenti di monitoraggio e ricerca, allo scopo di verificare la qualità delle prestazioni rese dalle imprese sociali; (...)
La seduta ha avuto termine alle ore 11,30.

5 Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 17,40 a Palazzo Chigi

- Il Consiglio, su proposta del Ministro dell’Economia e Finanze, Tremonti, ha approvato il Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF) per gli anni 2003-2006, illustrato dal Vice Ministro Baldassarri. Nel Documento il Governo disegna una politica economica di legislatura per la Stabilità, lo Sviluppo e le Riforme. Tale politica è rivolta ad elevare al 3 per cento la crescita economica per l’intera legislatura, ad abbattere la disoccupazione al 6,8 per cento, ad aumentare il tasso di attività al 60 per cento. In virtù della riforma fiscale, la pressione fiscale scenderà dal 42,3 al 39,8 per cento nel 2006. La manovra di finanza pubblica assicurerà il rispetto del Patto di stabilità europeo; in particolare, per il 2002 il Dpef indica un significativo miglioramento dell’indebitamento netto delle Pubbliche amministrazioni che scende all’1,1 per cento del PIL. Nel 2003 sarà assicurato un saldo strutturale di bilancio prossimo al pareggio (0,5 per cento del PIL) ed un indebitamento netto delle Pubbliche amministrazioni dello 0,8 per cento. L’equilibrio di bilancio verrà raggiunto con un contenimento strutturale della spesa corrente che libererà le risorse in grado di finanziare sia la riforma fiscale, sia le maggiori spese per investimenti. L’inflazione programmata viene fissata per il 2003 all’1,4 per cento; tale obiettivo verrà raggiunto anche grazie agli interventi strutturali delineati nel Patto per l’Italia, all’interno del quale assume un ruolo strategico il progetto Mezzogiorno.
Previa relazione del Ministro Tremonti, il Consiglio ha altresì approvato un decreto-legge concernente interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell’economia nelle aree svantaggiate.
Le disposizioni di maggior rilievo si pongono l'obiettivo di:
- prorogare alcuni termini di agevolazioni fiscali in materia di accise sui prodotti derivati dal petrolio;
- introdurre misure di incentivazione al ricambio del parco autovetture non conforme alle disposizioni comunitarie in materia di inquinamento, attraverso l'esonero dal pagamento di I.P.T, imposta di bollo e tasse automobilistiche, per un periodo massimo di tre anni, a condizione che all'atto di acquisto venga rottamato un veicolo non catalitico;
- razionalizzare il sistema di riscossione dei tributi, attraverso il potenziamento dell'attività di riscossione e il conseguente adeguamento del sistema di remunerazione dei concessionari;
- costituire l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato concessionaria del CONI per la gestione del settore di attività inerente le scommesse e i concorsi pronostici sulle competizioni sportive, ferma peraltro la titolarità delle relative competenze in capo al CONI;
- costituire una società strumentale del CONI (la CONI Servizi spa, nel quale confluiscono le risorse umane e strumentali dell'ente pubblico) per l'espletamento delle funzioni serventi dello stesso CONI;
- agevolare ed incentivare la pratica sportiva, attraverso la ridefinizione del settore delle società ed associazioni sportive dilettantistiche, che rappresentano la base dell'intero movimento sportivo nazionale; sono a questo scopo previste misure tributarie coerenti e coordinate con il nuovo assetto dei soggetti interessati;
- monitorare i flussi di spesa attivati dalla fruizione dei crediti d'imposta;
- privatizzare l’ANAS, che da ente pubblico economico diventa così societa per azioni, al fine sia di ottenere una migliore gestione della Società, che di raggiungere un maggiore coordinamento con il Governo nella realizzazione dei propri obiettivi, in particolare sul fronte della dotazione e della gestione delle opere infrastrutturali;
- contenere l'espansione della spesa farmaceutica a carico del Servizio sanitario nazionale, attraverso la revisione dell'elenco dei farmaci rimborsabili ed il meccanismo stesso dei rimborsi;
- concedere contributi finalizzati all'incentivazione di nuovi investimenti da parte di imprese private nelle aree particolarmente svantaggiate del Paese. (...)
La seduta ha avuto termine alle ore 20,25.

 



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