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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

COLLABORAZIONE

Cos’è la collaborazione?

Collaborazione:

  • Condivisione di idee;

  • Gruppi di discussione;

  • Osservazione tra pari;

  • Programmi di mentoraggio;

  • Comunicazione inter-classi;

  • Collaborazione con altri istituti locali;

  • Collaborazione via Internet (senza mai soppiantare le interazioni faccia a faccia).

Aspetti positivi della collaborazione:

espandere e testare idee, materiali e metodi d’insegnamento;

incoraggiare e sostenere moralmente;

trovare soluzioni qualitativamente migliori;

incrementare il senso di comunità educativa, di appartenenza ad una scuola;

fornire un’assistenza sistematica ai neo-insegnanti.

Aspetti negativi della collaborazione:

la collaborazione, per essere implementata, deve veicolarsi in gruppi di lavoro: purtroppo, nel suo sforzo organizzativo la sopravvivenza del gruppo diventa spesso il fine, e non il mezzo, della collaborazione;

se la scuola è caratterizzata da una cultura negativa diffusa (razzismo, sessismo…), il gruppo potrebbe essere il mezzo migliore per rinforzarla;

il gruppo, a volte, non riesce a chiarire quale sia il suo fine, o è dominato da un individuo, o è pervaso da sfiducia reciproca, o ancora, non sente di avere gli strumenti per mettere in pratica le decisioni raggiunte.

un gruppo può essere meno intelligente della somma dei talenti individuali, e, come gruppo, non funzionare.

Sviluppare una cultura di collaborazione non dovrebbe fermarsi alla creazione di gruppi, ma alla creazione di gruppi focalizzati sulle questioni dell’insegnare e dell’apprendere, e che funzionino.

Creare un buon gruppo di lavoro

Un gruppo non nasce efficiente, lo diventa. In scuole collaborative i gruppi nascono, imparano dalle esperienze passate, diventano, col tempo, più produttivi. Nelle scuole non cooperative lo status quo tende ad essere tutelato, le esperienze di gruppo sono episodiche, e la capacità di migliorare i processi di insegnamento rimane piuttosto statica.

Da dove partire? Ecco due possibilità:

1.    L’ascolto.

2.    L’autovalutazione

L’ascolto

Per un leader novello il punto di partenza potrebbe essere quello dell’ascolto programmatico.

Ascoltare: dedicare 30 minuti di ascolto ad ogni membro dello staff (compresi segreteria, personale ATA …) chiedendo i punti di vista personali (che rimarranno confidenziali) che serviranno per tirare le somme su alcuni temi comuni da sottoporre all’attenzione del gruppo di lavoro. Tre potrebbero essere le domande cruciali da ricondurre al contenuto del progetto del gruppo:

  • Cosa credi che funzioni in questa scuola?

  • Quali credi che siano i problemi più gravi?

  • Hai qualche idea su come migliorare le cose?

Dopo di che si informa il resto del gruppo su ciò che sembra appropriato.

L’autovalutazione

Una buona strategia preliminare alla creazione di gruppi di lavoro è l’autovalutazione.

Collegialmente, i membri di una scuola che siano interessati a farlo, si esaminano e si impegnano al cambiamento.

In questa scuola:

  • Si lavora efficientemente?

  • Si lavora bene?

  • Si lavora in maniera interdipendente?

  • Si è capaci di lavorare in un sistema complesso?

  • Si è capaci di creare gruppi di lavoro?

  • Si è pronti al cambiamento?

Lavorare efficientemente. Gli insegnanti sono sempre molto occupati, c’è sempre tanto da fare. Avere chiari idee e strumenti perché il lavoro sia condotto in maniera efficiente è essenziale. Bisogna essere abili nella gestione dei tempi, nella pianificazione e nella gestione degli incontri, nel prendere le decisioni, nel facilitare lo svolgimento dei compiti e, non ultimo, nella gestione della comunicazione interna ed esterna al gruppo.

Lavorare bene. Significa rispondere a quelle che sono le priorità della scuola. Significa essere congruenti rispetto a valori, finalità ed azioni comuni. Significa, soprattutto, conoscere i propri studenti ed avere una forte aspirazione a mettere la didattica in primo piano.

Solo alla luce della didattica l’analisi dei dati e l’organizzazione del sistema scuola acquista significato e senso.

Lavorare in maniera interdipendente. Insegnanti con ruoli, età, sessi, culture e stili cognitivi diversi rappresentano una varietà di risorse. Lavorare tra pari, nelle diversità, è l’enfasi di questo punto. Si deve apprezzare la diversità per poterla gestire, e sfruttare positivamente.

Essere in grado di riconoscere a se stessi ed agli altri la propria individualità nella condivisione delle intenzioni è la metaconoscenza che consente di lavorare in gruppo sapendo gestire i possibili conflitti interni.

Lavorare in un sistema complesso. Ci sono problemi che sembrano insolubili, il che non significa che non si possano trovare delle soluzioni che diano il massimo beneficio con il minimo sforzo. A volte la rigidità di pensiero (“così non si fa”, “non lo fanno da nessuna altra parte”, “non l’abbiamo mai fatto”…) chiude le porte a soluzioni alternative, impensabili e insperimentabili.

Più un sistema diventa complesso - come la scuola di oggi -, più bisogna sviluppare l’abilità di usare anche la logica non seriale.

Sviluppare l’interdipendenza. Si può essere più bravi collettivamente. Creare una scuola che lavori in gruppi significa sviluppare la cultura del gruppo, della sua efficienza, della sua autogestione e della sua interdipendenza dagli altri gruppi.

Bisogna dedicare l’adeguata attenzione a sviluppare ed a diffondere capacità di leadership.

Adattarsi al cambiamento. Più turbolenta è la scuola, più il gruppo dovrà concentrarsi per liberare le sue energie, per affrontare i conflitti esistenti all’interno di sé e con gli altri gruppi, per lavorare su problemi gestibili, ed ingestibili. In bocca al lupo!

Vd. Christopher-Gordon, The Adaptive School, 1999.


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