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L’AGGIORNAMENTO SULLA RIFORMA DIVENTERA’ OBBLIGATORIO?

E’ sfuggito a tutti, per quanto mi consta, la novità introdotta con il Decreto 115 del 30 Giugno 2005 “Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità della P.A.” a proposito dell’aggiornamento dei docenti.

L’art. 3 comma 4 così recita testualmente: “La partecipazione obbligatoria ai corsi di formazione in servizio del personale docente nell’ambito delle risorse attualmente disponibili, già prevista dall’art. 1, comma 128, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per le esigenze di formazione derivanti dall’insegnamento della lingua straniera nella scuola primaria, è estesa alle altre esigenze di formazione in servizio del personale docente, derivanti da modifiche di ordinamento (sott. mia)  o da modifiche delle classi di concorso”.

L’obbligatorietà non riguarda più solamente la formazione dei maestri in lingua inglese, ma anche quelle derivanti da “modifiche di ordinamento”. Con la L. 53 e i Decreti derivati siamo in presenza di “modifiche di ordinamento”? Per me non ci sono dubbi, anche se non escludo bizantinismi a tal proposito. Ergo i corsi di formazione sulla Riforma dovrebbero diventare obbligatori.

E’ vero che di corsi di inglese obbligatori finora non se ne è visti e si sa che i sindacati sono già sul piede di guerra (come al solito!); è vero che tutto è legato alle “risorse attualmente disponibili” e, come è noto, di risorse il MIUR non ha grande disponibilità. Ma quello che interessa è il principio, che a me appare sacrosanto, anche se sono sicuro molti non condivideranno la mia posizione. Immaginiamo una qualsiasi azienda pubblica o privata che introducesse nuovi sistemi produttivi e lasciasse ai dipendenti la “libertà” di aggiornarsi o meno; non si è mai vista una cosa del genere. Eppure nella Scuola è possibile; tutti ricordano l’infausta ritirata seguita alla nota dell’aprile 2003 sulla Formazione in servizio per i docenti del primo ciclo. Si disse allora, a ragione,che mancava ancora il primo Decreto attuativo della L. 53; ma l’obiezione di fondo dei Sindacati fu che sulla formazione in servizio decidono gli organi collegiali della Scuola e che non era possibile imporlo con atto amministrativo. A dire il vero ancora oggi le Indicazioni Nazionali sono “provvisorie” e questo dimostra la superficialità dell’Amministrazione che non riesce a sottrarsi alle giuste contestazioni sul piano formale di chi si oppone alla Riforma. Quanto alla disponibilità delle risorse per la formazione esse andrebbero garantite contestualmente all’avvio del processo di riforma, altrimenti tutto diventa aleatorio: da una parte si impone la formazione, dall’altra non si è nelle condizioni di attuarla. Le aziende serie , di cui si parlava prima, si garantiscono innanzitutto la certezza di poter formare i dipendenti, altrimenti non introducono l’innovazione. Ancora una volta il MIUR dimostra la propria incapacità a gestire i processi di cambiamento.

Ma ciò che a me preme ribadire è che le norme contrattuali in tema di formazione in servizio sono per lo meno discutibili. Si parla di diritto-dovere, ma il tutto è lasciato alla “volontà” dei Collegi; in genere i Collegi sono restii a “imporre” a chi non ne ha interesse o voglia dei corsi di formazione autogestiti (con le dovute eccezioni e salvo .. colpi di mano di qualche Dirigente, che decide al di sopra della volontà del Collegio!).

Nel caso del D.L. 115 infine, (ma anche della precedente L. 311/2004), si è certi che l’obbligo stabilito dalle norme legislative abbiano prevalenza sulle norme contrattuali? Il dibattito è ancora in corso: vedi la questione del “tutor”. A me sembra che un Governo serio dovrebbe rivedere tutta la complessa materia che discende dalla L. 29 del 93 sul rapporto di impiego “privatizzato” con tutte le conseguenze che ne sono derivate (vedi ad esempio le assurde norme sulle supplenze).

Prof. Pasquale D’Avolio
D.S. Istituto comprensivo Arta-Paularo (UD)


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