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I docenti non hanno ambizioni?
Dipende da cosa si intende…

“dal Corriere del 18 ottobre 2003:

«Io voglio fare carriera Non andrò mai in cattedra»
Irene Giribaldi, genovese: non è un mestiere per chi ha ambizioni


Irene Giribaldi, 26 anni, di Genova, laureata in Matematica, lavora in una azienda di hardware/software . Con una laurea in Matematica l’insegnamento sembra lo sbocco naturale.
«Per me no. Sono ambiziosa e secondo me chi insegna non lo è».
Perché?
«Innanzitutto perché fanno sempre le stesse cose, e non crescono. Poi lavorano solo mezza giornata e secondo me bisogna darsi da fare molto. Infine guadagnano poco e non hanno prospettive di carriera».
E’ soddisfatta ?
«Sì, molto. Anche se non mi ritengo arrivata. Spero di lavorare in un campo più vicino a quello per cui ho studiato».
Quale è la sua opinione sulla scuola?
«Positiva. Anche perché ho avuto degli insegnanti validi. Sicuramente è un mestiere importante, però possono svolgerlo solo persone non troppo ambiziose».

E.Espo.“

Ebbene sì, i  docenti “veraci” non hanno “certe” ambizioni (pure se lavorano anche di notte e qualcuno non lo sa o non lo vuole sapere!).

Non è una vergogna non avere “certe” ambizioni, è un punto d’orgoglio.

In una epoca in cui tutto è apparenza, trovare qualcuno che non ambisce a essere ciò che l’essere umano (forse) non è, è una meraviglia.

Il docente…la funzione docente é una scalata difficoltosa di ricerca e attesa di qualcosa di indefinito e indefinibile: mentre si cerca, l’obiettivo si sposta in avanti e diviene irraggiungibile e si resta in una condizione di precaria evanescente sicurezza pervasa di incertezza…E tale incertezza è la forza di questa professione di servizio, è il segreto per non sentirsi mai “arrivato”, per non essere mai nella posizione di chi (beato lui o infelice lui!) non conosce il senso di morte, di fine, di precarietà.

Il docente d’eccellenza forse è proprio colui o colei che “non sa dove andare”, che “desidera” l’altro/a per quello che è, per le sfide che ogni giorno questo altro lancia, per la resistenza che pone alla sua persona, alla sua filosofia di vita e alla sua storia culturale.

Il docente d’eccellenza probabilmente è quello che conserva la memoria della propria storia e della storia dell’uomo, ma non le consacra come uniche storie possibili.

E’ un uomo o una donna che si accorge di chi si trova ultimo nella scala sociale e lo “ama” per quello che è per tentare di proiettarlo verso ciò che questi potrebbe diventare.

Il docente- docente è chi sa quanto sia importante la propria vita professionale etica e sociale per la società, colui o colei che non si fa da parte quando vede minacciata la possibilità di incidere sulla qualità della vita dell’altro e appassionatamente vuole difenderne le opportunità di riscatto sociale.

La carriera per chi è docente è un non senso, perché il senso della professione si trova proprio nel rendere meno difficoltosa per gli altri la possibilità di emergere per quello che si è, si sogna e si desidera diventare.

Il docente- docente intimamente vorrebbe essere un trampolino di lancio per l’altro/a, anche se sa con lucidità quanto siano scarse le proprie possibilità di incidere, anche se è consapevole delle condizioni “oppositive” in cui si trova a lavorare.

Il docente- docente forse è una persona che non dà eccessivo valore alla pecunia, all’immagine, all’ ”avere” soltanto per sé e per la propria famiglia, bensì dà valore anche alla famiglia degli altri, ai figli degli altri, nessuno/a escluso/a, e verso quei figli prova sentimenti di solidarietà, di comprensione per i loro momenti difficili nel quotidiano, per il loro cammino nella vita di relazione e nella loro ricerca di senso nella e della realtà, al di là del loro credo religioso o politico.

Il docente- docente può avere risposte personali ai problemi, ma non le idealizza, non le fa diventare le uniche risposte possibili, si pone in ascolto dei mutamenti culturali e, pur non condividendoli, li vuole conoscere e tenta di affrontarli scegliendo strategie sempre diverse per tentare di aiutare chi non ha una condizione ottimale per accedere ad apprendimenti e conoscenze.

Chi vuole appassionatamente insegnare per lasciare un segno di speranza nella propria e nelle altrui giovani vite sa che per “segnare” deve diventare ogni santo giorno più piccolo e invisibile di chi ha di fronte e studiare, senza soluzione di continuità, i modi per farlo: forse questa è l’ambizione più grande del nostro lavoro, forse in questo mestiere c’è un po’ di follia, e la follia gli  restituisce una qualche “sacralità”!

Sì, essere docente è forse da pochi e di pochi, ma è continuo stimolo alla revisione di sé, stimolo ad effettuare un quotidiano tagliando di controllo  ai freni dell’io e del super io.

24 ottobre 2003

Claudia Fanti


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