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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

PULCINELLAMENTE

RASSEGNA NAZIONALE DI TEATRO SCUOLA

TEATRO LENDI S.ARPINO

VIII edizione

Mercoledì 4 Maggio

II C.D. "G.Mazzini" di Frattamaggiore (NA)

 

Docente Referente Pina Montesarchio

 

TITOLO

Perché è l'amore che ci fa capire che siamo tutti uguali

Rivisitazione del Dialogo Simposio di Platone

(Alunni di terza elementare)

 

Ambiente scuola: maestra, alunni, banchi, sedie, lavagna. Lezione di filosofare.

 

Maestra: Bambini, lezione di filosofare. Sapete, siamo noi che diamo significato alle parole e il significato dipende dal modo di pensare delle persone. Spesso, infatti, usiamo le stesse parole, ma con significati diversi. Alcuni, per esempio, dicono che per avere la pace bisogna fare la guerra.

 

Arcangelo: (Alza la mano, chiede la parola) Ma la pace è tranquillità!

 

Miriam: E’ non litigare più.

 

Maria: E’ essere bravi e buoni.

 

Vincenzo: E’ amare il prossimo.

 

(Enza e Ilena sono entrambe desiderose di esprimere il proprio punto di vista, infine parla Enza perché Ilena trova difficile tradurre in parole il suo pensiero)

 

Enza: La pace è alleanza tra i popoli.

 

Ilena: E’ volersi bene.

 

Alessia: Perché la guerra porta soltanto la morte.

 

Enza: Fa stragi di innocenti.

 

Vincenzo: Adesso vi spiego a cosa serve la guerra. La guerra serve solo a provocare rimpianti, perché se uno perde una persona cara, per esempio un papà o una mamma oppure un fratello o un amico, poi lo rimpiange per tutta la vita.

 

Ilena: Hai ragione, ma la guerra provoca anche vendette.

 

Antonio: Sapete perché si fanno guerre? Per conquistare popoli.

 

Miriam: E’ uccidere per diventare padroni.

 

Leandro: Però anche quando si combattono bande rivali si arriva alla guerra.

 

Alessia: La violenza provoca odio.

 

Leandro: (Alza la mano, con l’indice e pollice disegna una pistola) Colpisce alla schiena.

 

Vincenzo: La violenza fa male psicologicamente, cioè dentro.

 

Antonio: La pace invece serve a volersi bene.

 

Maria: La pace è quando due bambini hanno litigato e poi fanno pace.

 

Antonio: La pace porta armonia.

 

Maria: (E’ felice la sua espressione) E’ quando tutti sorridono.

 

Miriam: La pace serve ad amarci tutta la vita.

 

Enza: Perché è l’amore che ci fa capire che siamo tutti uguali.

 

Maria: La pace è amore e gioia.

 

Valentina: Come sei arrivata ad affermare questo?

 

Maria: (Si alza, va verso la lavagna e disegna due cerchi grandi uniti da un altro cerchio, nei due grandi scrive da una parte PACE e dall’altra AMORE, in quello che unisce i due scrive GIOIA, poi si rivolge ai compagni e spiega.) La pace e l’amore hanno in comune la gioia.

 

Arcangelo: L’amore è quando due si fidanzano.

 

Maestra: Potremmo esprimere questa idea in un altro modo?

 

Antonio: Prima si devono innamorare sennò poi come si fidanzano?

 

Vincenzo: Ma (E’ perplesso) Come si fa a innamorarsi? Maestra, discutiamo sul significato dell’amore. Io a volte mi chiedo cos’è.

 

Maestra: Trovo interessante la proposta del vostro compagno, La discussione è l'unico modo per chiarire la parola AMORE. Ma sapete, il tema amore è già stato discusso tanti, tanti secoli fa, nell'antica Grecia. Il mediterraneo (E indica sulla cartina) è quel bacino che ha favorito l’incontro di più popoli e civiltà e tradizioni. L’atteggiamento di apertura, il bisogno di ricercare viene da questo incontro-scambio. Qui (indica sulla cartina la Grecia) un gruppo di amici, seduti intorno ad un tavolo, trascorsero un'intera serata a cercare di chiarire il significato dell'amore.

 

 

II ATTO

 

Una tavola allungata, intorno amici seduti che parlano animatamente. Hanno da poco finito di cenare. Festeggiano l'amico Agatone. Una flautista rende il clima più dolce.

 

Erissimaco – Proporrei adesso di congedare la nostra giovane flautista. Per stasera suoni da sola o, se lo desidera, per le donne di casa.. (Con un gesto della mano e uno sguardo di condivisione degli amici, fa capire alla flautista di allontanarsi dalla sala) Noi, invece, passeremo la serata chiacchierando, Di che cosa possiamo parlare? (Segue un attimo di riflessione) Io un’idea ce l’avrei, se volete ve la dico. (Tutti sono d’accordo e chiedono a Erissimaco di avanzare la sua proposta. Intanto entra Aristodemo, alquanto imbarazzato di trovarsi lì, non essendo stato invitato.)

 

Aristodemo – Ero in compagnia di Socrate. Insieme si camminava per venire qui a festeggiare Agatone. E’ stato lui a invitarmi, ma si è fermato per strada a pensare e io mi sono avviato. Lo aspetterò qui insieme a voi. (Gli altri gli danno il benvenuto e stringendosi gli fanno posto intorno al tavolo, poi chiedono a Erissimaco di continuare).

 

Erissimaco – Fedro (Indica l’amico) mi diceva poc’anzi: “Non è strano Erissimaco, che si parli di tutto ma non dell’amore? L’altro giorno mi è capitato di vedere il libro di un sapiente che faceva l'elogio del sale per la sua utilità. (Scrolla le spalle) Oramai si discute di tutto, di tutto si dice qualcosa.” Io credo che su questo Fedro abbia ragione. Ebbene, stasera, vi propongo di fare l'elogio dell'amore. (Aspetta un cenno di consenso dagli altri. Dopo un breve consultarsi a vicenda, si trovano d'accordo sulla scelta e invitano Fedro a parlare per primo. Nella sala entra Socrate: in silenzio si aggiunge agli altri intorno al tavolo. “Finalmente” esclama qualcuno, ma lo sguardo di Socrate è assente, sembra ancora assorto nei suoi pensieri).

 

Agatone – Vieni qui, Socrate, mettiti accanto a me, che io possa apprendere subito, per contatto diretto, i tuoi pensieri.

 

Socrate – (Si siede accanto a Agatone) Sarebbe una buona cosa, Agatone, se i pensieri potessero scivolare da chi ne ha più a chi ne ha meno, per contatto diretto, come l’acqua che passa dalla coppa più piena alla coppa più vuota. (Scuote il capo. Pausa di riflessione) Fedro parla tu, ho sentito che gli altri ti chiedevano di intervenire.

 

Fedro – (Il movimento delle mani s’accompagna alle parole, a sottolineare e a chiarire, oltremodo, i paralleli che va stabilendo nel suo discorso) Se c'è l'acqua vuol dire che c'è la sorgente e se c'è la luce vuol dire che c'è il sole. Se c'è l'amore nel cuore degli uomini vuol dire che c'è un dio amore. Eros è uno degli dei più antichi. L'amore viene prima d'ogni cosa. E' il bene che ci lega, che ci unisce stasera intorno a questo tavolo. E così diventa bello dialogare. Chi di noi non sarebbe disposto a sacrificare se stesso per l'altro? Chi ama non valuta i rischi e i pericoli, è disposto a perdere tutto, perché perdendo tutto, anche la vita, fa sentire a tutto il mondo il proprio amore.

 

Pausania – (Calmo nella sua esposizione) Sono d'accordo con te. Ma hai dimenticato di parlare dell'amore che ama solo il corpo. Accade che, quando la bellezza del corpo si affievolisce, chi ama scappa via e tradisce senza vergogna le tante belle parole e le tante promesse. Invece chi ama il carattere di un uomo gli resta fedele tutta la vita e sempre proverà piacere a parlargli e a stare con lui. Adesso parla tu Aristofane, ti ho visto poco attento ai nostri discorsi, forse è per via del singhiozzo che non ti lascia?

 

Aristofane - (rivolgendosi a Eressimaco) Dimmi un rimedio perché il singhiozzo mi passi, altrimenti parla tu al posto mio.

 

Eressimaco - E va bene, farò l'uno e l'altro. Parlerò al posto tuo e tu parlerai al posto mio quando ti sarà passato il singhiozzo. Mentre parlo, però, trattieni a lungo il respiro, vedrai che il singhiozzo andrà via. Se non se ne va, fai dei gargarismi con l'acqua. E se non se ne va ancora, cerca qualcosa per solleticarti il naso e starnutire. Se lo farai una o due volte, vedrai che di sicuro il singhiozzo passerà.

 

Aristofane - (rivolgendosi a Eressimaco) Tocca a te parlare. Io, intanto, seguirò i tuoi consigli. (Beve piccoli sorsi d'acqua e il singhiozzo va via).

 

Eressimaco - Penso che è l'amore a produrre, con la sua potenza, delle opere buone. L'amore ci procura ogni felicità e ci fa vivere insieme, in amicizia. Questo è il mio elogio dell'Amore. Adesso parla tu, Aristofane, visto che il tuo singhiozzo se n'è andato.

 

Aristofane -Nei tempi andati gli uomini non erano come oggi ma erano un uomo e una donna legati insieme. Formavano una sola persona e avevano una sola anima. Avevano quattro mani, quattro gambe, due volti ai due lati della testa e si muovevano velocemente. Un giorno decisero di salire su in cielo e di combattere gli dei. Zeus, il re degli dei, si arrabbiò tanto, voleva sterminarli tutti, poi pensò di tagliarli a metà per renderli più deboli. “Non possiamo“ disse Zeus rivolto agli altri dei “ucciderli tutti e distruggerne la specie, perché questo significherebbe perdere completamente le loro offerte, ma neppure possiamo tollerare oltre la loro arroganza. Io credo che abbiamo un mezzo per far si che la specie umana sopravviva e, allo stesso tempo, rinunci alla propria arroganza: dobbiamo renderli più deboli. Adesso io taglierò ciascuno di essi in due, così ciascuna delle due parti sarà più debole. Ne avremo anche un altro vantaggio: che il loro numero sarà più grande. Essi si muoveranno diritti su due gambe, ma se si mostreranno ancora arroganti e non vorranno stare tranquilli, ebbene io li taglierò ancora in due, in modo che andranno su una gamba sola”. (Zeus mostra come gli uomini furono tagliati a metà e come, subito dopo, presero a cercarsi con lo sguardo mentre si allontanavano, l’uno dall’altro.)

 

Aristodemo: E così gli uomini andarono per il mondo come naviganti.

 

(Le note di una canzone coinvolgono nel canto il coro dei bambini, “Ai naviganti in ascolto” di E.Bennato)

Ai naviganti

Fuori di ogni porto

Da sempre in alto mare

Sempre in ascolto

Di un sogno o di un segnale

Di un suono un po’ speciale

Che arriva fin laggiù…

Naviganti contro tutte le correnti

Negli oceani trasparenti

Verso nuovi mondi…

 

Eressimaco – (E’ ancora preso dal racconto di Aristofane) Tante sono le cose che sono state dette che mi viene quasi da pensare che ora siamo a corto di argomenti, se non sapessi che Socrate e Agatone sono grandi maestri nel parlare di cose d’amore.

 

Socrate – Dici così Erissimaco, perché sei già intervenuto sull’argomento. Ma, se fossi al posto mio, specialmente nel caso in cui il mio discorso seguirà quello di Agatone –che certamente sarà bellissimo- avresti una gran paura e saresti in imbarazzo, proprio come me in questo momento.

 

Agatone – (Il riferimento di Socrate gli impone di chiarire la sua posizione) E pensi che io non sia altrettanto imbarazzato?

 

Socrate – Agatone, vuoi che mi dimentichi di tutte le volte che ti ho visto sul palco con i tuoi attori, sicuro di te, mentre ti rivolgevi a un gran pubblico? Non eri per niente emozionato, e adesso vorresti farmi credere che lo sei davanti a noi, che siamo così pochi?

 

Agatone – Ma, Socrate, non mi crederai così innamorato del teatro da non capire che poche persone intelligenti sono da temete più di una folla ignorante! (Vorrebbe continuare ma viene interrotto da Fedro).

 

Fedro – Mio caro Agatone, se rispondi ancora a Socrate, la conversazione prenderà tutta un’altra piega.

 

Agatone – Hai proprio ragione Fedro. Niente mi impedisce di rimandare a dopo la risposta, (Con lo sguardo fa capire di avere altri argomenti per confutare la tesi dell’amico) sicuramente avrò ancora occasione di parlare con Socrate. Tutti quelli che hanno già parlato non hanno fatto per nulla, mi sembra, l’elogio del dio. Eros, tra tutti gli dei, è il più felice perché il più bello e il migliore. Fugge la vecchiaia ed è sempre in compagnia della giovinezza. E poi è delicato, infatti non cammina sulla terra, né sulla testa delle persone, che a volte sono più dure della roccia (batte più volte il pugno sul capo), ma si muove nel cuore degli uomini e delle donne. (Solleva l’indice) Non in tutti i cuori, se ne incontra uno che ha un carattere duro, allora fugge via e va ad abitare in quello dove sta la dolcezza.

 

Socrate – (Si mostra ancora infastidito dall’intervento di Aristofane) Ciò che dici non corrisponde al vero. Eros non è né bello né buono anzi, mancando delle cose buone e belle, le desidera proprio perché gli mancano. Ma per capire meglio la natura di Eros, bisogna dire di suo padre e di sua madre così come racconta Diotima. (Il ricordo di Socrate prende forma nella figura e nelle parole di una sacerdotessa: Diotima)

 

Diotima – Narra la leggenda che il giorno in cui nacque Afrodite, dea della bellezza, gli dei si radunarono per una festa in suo onore. Tra loro c'era Poros, dio dell'astuzia e dell'espediente. Dopo il banchetto Penia, dea della povertà, era venuta a mendicare, com'è naturale in un giorno di allegra abbondanza, e stava vicino alla porta perché non le permettevano di entrare. Poros aveva bevuto molto e un po' ubriaco se ne andò nel giardino di Zeus e si addormentò. Allora Penia, meditando se, contro le sue miserie, le riuscisse d’avere un figlio da Poros, gli si sdraiò accanto e rimase incinta di Eros. E così Eros divenne compagno e seguace di Afrodite, perché fu concepito il giorno della sua nascita: di natura è amante del bello, in quanto Afrodite è bella.

 

Socrate – (Continua il suo intervento) Proprio perché figlio di Poros e di Penia, Eros non è affatto delicato e bello come si dice di solito, ma al contrario è rude, va a piedi nudi, è un senza-casa, dorme sempre sulla nuda terra, sotto le stelle, per strada davanti alle porte, perché ha la natura della madre e il bisogno l'accompagna sempre. E' povero, infatti gli manca qualcosa da amare. Come suo padre, invece, cerca sempre ciò che è bello e buono, è virile, risoluto, ardente, è un cacciatore di prim'ordine, sempre pronto a tramare inganni come uno scugnizzo. (Un bambino entra di corsa, ha un berretto con la visiera su un lato, è in maglietta e jeans. lo attraversa il palco, fa un giro e scompiglia con la mano i capelli degli amici intorno al tavolo, e di corsa esce di scena) Per natura non è né immortale né mortale. Nella stessa giornata sboccia rigoglioso alla vita e muore, poi ritorna alla vita grazie alle mille risorse che deve a suo padre. Ma ciò che acquista sempre gli scorre via dalle mani, la sua vera aspirazione non è l’unione con l’amato ma la continua ricerca di una bellezza che non potrà mai possedere.

 

Agatone - (Rivolgendosi a tutti) Ma....ditemi, cosa si prova quando si vuole bene a qualcuno?

 

Alcibiade -(Interviene per primo) Parlerò del mio amico Socrate. Quando lo sento parlare il mio cuore si mette a battere più forte e mi emoziono sino alle lacrime. Sempre critico nei miei confronti, con i suoi discorsi mi obbliga a riconoscere i miei limiti. A volte ho desiderato non udire più la sua voce, tapparmi le orecchie, far finta che lui non esista. Mi fa rabbia. Ci sono momenti in cui non vorrei vederlo mai più, ma se questo accadesse sarei davvero infelice.

 

 

 

III ATTO

 

Di nuovo l'aula con la maestra e gli alunni.

 

Maestra: (Rivolgendosi agli alunni) Cosa vi ha fatto pensare la storia che vi ho raccontato. Mi interessano le vostre riflessioni.

 

Salvatore: (Chiede la parola). Io riflettevo sulla bellezza. (Il suo viso esprime bene la fatica del pensare) Ma la bellezza è interiore o esteriore?

 

Maestra: (si rivolge al gruppo di alunni) Proviamo a dare, insieme, una risposta alla domanda di Salvatore? Prima, però, proviamo a spiegare “che cos’è” la bellezza.

 

Luca: (esita, è evidente la sua difficoltà) Non so rispondere, è difficile. Come si fa a dire cos’è la bellezza? (Si arrende) Io non lo so!

 

Marianna: (Con l’aria mortificata) Nemmeno io lo so.

 

Maestra: (Si rivolge prima a Luca e poi a Marianna) Vuoi dire che non sai distinguere una cosa bella da una brutta? Per esempio, una strada asfaltata, bene illuminata, con una fila di alberi ai lati, ed una strada tutta rotta, non illuminata e che se piove si allaga, quale delle due è bella?

 

Luca: La strada asfaltata e illuminata.

 

Maestra: E’ bella perché?

 

Luca: Perché è sicura, mentre l’altra è pericolosa.

 

Maestra: Allora possiamo dire che la bellezza è sicura mentre la bruttezza è pericolosa?

 

Luca: (sorride) Si, possiamo!

 

Maestra: (Si rivolge a Luca e nel contempo anche agli altri) Quindi tu…voi non sapete dire cos’è la bellezza ma la sapete riconoscere. Provate adesso a riportare altre immagini da cui possiamo ricavare aggettivi che ci dicono cos’è la bellezza.

 

Simone: Un gelato, se è gustoso è bello, se è disgustoso è brutto.

 

Rocco: Un portapastelli, se è bene curato è bello, se è sciupato è brutto.

 

(Intanto che gli alunni riportano esempi, Salvatore ha scritto alla lavagna, su un lato bellezza, sull’altro bruttezza. Alla voce bellezza riferisce, scrivendoli, gli aggettivi SICURO, SAPORITO, CURATO…alla voce bruttezza gli aggettivi PERICOLOSO, DISGUSTOSO, SCIUPATO).

 

Marica: Due che si vogliono bene e due che si picchiano.

 

Maestra:Spiega chiaramente il tuo pensiero.

 

Marica: Due che si vogliono bene è l’amore e riguarda la bellezza, invece se due si picchiano allora c’è violenza è questo è una cosa brutta.

 

Salvatore: E’ vero, la bellezza è amore.

 

Giulia: (rivolgendosi alla maestra, indica l’uscita) Maestra, guarda c’è mamma!

 

(Tutti si girano verso l’uscita. Sorpresa, imbarazzo e gioia si confondono sul viso di Giulia).

 

Salvatore: Guardate gli occhi di Giulia, com’è felice!

 

Alunni in coro: (Guardano lei, poi la sua mamma che l’attende all’uscita) E' l'amore!

 

Maria: Perché l’amore è gioia.

 

Enza: Perché è l’amore che ci fa capire che siamo tutti uguali.

 


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