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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

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METE SOCIO/POLITICHE, FINALITA’ FORMATIVE,  MODELLI EDUCATIVI E IDENTITA’  PEDAGOGICHE
della scuola elementare e della scuola dell’infanzia di oggi nel contesto evolutivo delle loro attuali prospettive di ordinamento giuridico/istituzionale

 (saggio indirizzato,in particolare,all’attenzione del Prof.Giuseppe Bertagna; con lo spirito tutoriale che anche a me indirizzò fecondamente, nella cornice di Passo della Mendola, il compianto padre “personalista” della Pedagogia della Speranza e della Creatività: il caro Prof. Mario Mencarelli)

di Gianfranco Purpi

 

1:1:   Cercheremo  di riconfigurare e ricomporre i significati fondamentali delle “carte giuridiche” di Programma della scuola elementare e della scuola materna dalle  cui normative si possono ricavare i lineamenti di filosofia dell’educazione,di politica scolastica ,di pedagogia istituzionale,di assetto giuridico/normativo e di organizzazione didattica di tali scuole;e,quindi, un profilo delle correlate finalità formative e degli obiettivi educativi fondamentali.

     Prenderemo in esame,dunque, i lineamenti giuridico/ordinamentali,le finalità formative,i principi pedagogici,i profili di  funzione docente, le strategie generative di razionalizzazione curricolare, i modelli d’insegnamento/apprendimento  e le prospettive di gestione  didattica delle odierne scuola elementare e scuola materna dell’autonomia così come si possono  rinvenire negli Orientamenti di scuola materna del  91;nei Programmi di scuola elementare dell’85; nella L.n.30/2000 (ancorché nel correlato Decreto Interministeriale 21 maggio 2001 intitolato:””” Regolamento, recante norme in materia di curricoli della scuola di base, ai sensi dell’articolo 8 del Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n.275”””) ; e nel Programma quinquennale di attuazione della Riforma dei cicli approvato dalla Camera e dal  Senato nel dicembre duemila   (Legge,Programma E Regolamento,questi ultimi,che,seppur non promananti effetti giuridici a partire dall’a.s.2001/2002 ; e nemmeno in atto in vigore ed esecutivi; restano pur sempre normativa vigente non esecutiva e non foriera di effetti giuridici in attesa di “integrazioni e correzioni”,secondo le ultime disposizioni ministeriali di questo luglio 2001; e,comunque, si pongono quali significative autorevoli fonti normative e di cultura pedagogica grazie a cui  poter ipotizzare gli scenari di riforma della scuola che andranno a connotare,nel prossimo futuro,la fisionomia della scuola dell’infanzia e della scuola elementare di domani).

 

 

1:2:    Cercheremo innanzitutto di tracciare il profilo ordinamentale di scuola dell’autonomia ed i conseguenti scenari di razionalizzazione e di regolamentazione gestionale che la Legge 10 febbraio 2000, n. 30  (Legge Quadro in materia di Riordino dei Cicli dell'Istruzione)  ed  il correlato Decreto Interministeriale di regolamentazione 21 maggio 2001,sono venuti a  tracciare ed a preporre a base strutturale generativa di qualsiasi futura legislazione autonomistica e di riforma del  nostro “domani” più vicino    (legislazione,quest’ultima, che il Ministro attuale ha già preannunciato,in questo luglio 2001, successiva ad una riflessione coinvolgente gli “stati generali dell’educazione” e che,comunque,dovrebbe porsi di eventuale integrazione e correzione alla stessa previgente  normativa in materia ; non già,comunque,ad abrogazione di essa).

 

   In questo senso,verremo a ricomporre qui di seguito quei prospetti normativi in questione risultanti,a nostro avviso,maggiormente pregnanti  che oggettivamente si pongono quali punti fermi istituzionali in raffronto alle eventuali ipotizzabili “discontinuità” di politica scolastica futura in tema di autonomia scolastica;  e che,quindi, risulteranno di sostanziale verosimile riproposizione governativa  (pur nel contesto di una prevedibile globale integrazione/correzione/modifica/revisione  delle attuali normative sulla Riforma della scuola e dei  Cicli emanate nel corso della precedente legislatura).

  

-§:    Ricordiamo,innanzitutto, che l’art.8 del Regolamento dell’autonomia (D.P.R.n.275/99),sempre vigente ed esecutivo,viene così testualmente a recitare:

“””…(…)…1. Il Ministro della Pubblica Istruzione, previo parere delle competenti commissioni parlamentari sulle linee e sugli indirizzi generali, definisce a norma dell'articolo 205 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sentito il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, per i diversi tipi e indirizzi di studio:

a) gli obiettivi generali del processo formativo;
b) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni;
c) le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale;
d) l'orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche;
e) i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attività della quota nazionale del curricolo;
f) gli standard relativi alla qualità del servizio;
g) gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi;
h) i criteri generali per l'organizzazione dei percorsi formativi finalizzati all'educazione permanente degli adulti, anche a distanza, da attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-città ed autonomie locali. …(…)…”””.

   Risulta,dunque,evidente che nel presente periodo:

a)      “””Gli obiettivi generali del processo formativo”””    continuano ad essere  definiti ed indirizzati alle istituzioni scolastiche ed alle competenze della funzione docente in ragione del dettato dei Programmi Scolastici Elementari (D.P.R.n.105/85)  -comunque sempre in vigore nella loro integralità-;   nonché sempre alla luce dell’articolato vigente ed applicabile del  D.L.vo n.297/94 (Testo Unico delle Leggi della scuola); dunque anche in riferimento al dettato della L.n.148/90 e della successiva normativa che è venuta ad integrare e modificare quest’ultima Legge di Riforma; nonché in ragione dei Programmi Scolastici per la scuola media del 1979; e degli Nuovi Orientamenti  del 1991 per quanto riguarda la scuola materna.

   Ciò, atteso che il suddetto “ritiro”  del  Decreto Interministeriale 7 maggio 2001 recante norme in materia di curricoli della scuola di base, ai sensi dell'articolo 8 del Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n.275,è venuto a determinare   -nello stesso tempo e per lo stesso motivo-   anche la predetta sospensione dell’attuazione della L.n.30/2000 (la legge della Riforma dei Cicli).

   Purnondimeno,crediamo che gli obiettivi educativi fondamentali e generali individuati e formulati da quest’ultima Legge e dallo stesso Decreto Interministeriale 7 maggio 2001,continuino a porsi,anche se non già istituzionalmente vigenti,quali autorevoli ed imprescindibili traguardi finalistici strutturali dell’offerta formativa e della teleologia istituzionale di fondo della scuola dell’autonomia (che,per questo,abbiamo ragione di ipotizzare quali prospetti normativi che risulteranno riproposti anche nelle successive modifiche di legislazione).

   Per questo,riteniamo fondamentale considerare che,stanti alla L.30/2000 (oltrechè alle norme strutturali di regolamentazione dello stesso  Decreto Interministeriale ultimo citato), i principi di sistema, i fini istituzionali,le finalità formative e gli obiettivi educativi generali dovrebbero continuare a risultare quelli riconducibili alle seguenti proposizioni di cultura pedagogica e di premessa giuridica istituzionale/ordinamentale:

-§:PROPOSIZIONI RICAVABILI DAL TESTO DELLA L.N.30/2000:        

 

a)    “””Il sistema educativo di istruzione e di formazione è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e dell'identità di ciascuno, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in coerenza con le disposizioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. La Repubblica assicura a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le conoscenze, le capacità e le competenze, generali e di settore, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro anche con riguardo alle specifiche realtà territoriali.

b)      “”” Il sistema educativo di istruzione si articola nella scuola dell'infanzia, nel ciclo primario, che assume la denominazione di scuola di base, e nel ciclo secondario, che assume la denominazione di scuola secondaria”””,

c)      “””Il sistema educativo di formazione si realizza secondo le modalità previste dalla legge 24 giugno 1997 n. 196 e dalla legge 17 maggio 1999 n.144”””.

d)     “”” L'obbligo scolastico inizia al sesto anno e termina al quindicesimo anno di età”””.

e)     “”” L'obbligo di frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età si realizza secondo le disposizioni di cui all'articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144”””.

f)       “”” Nel sistema educativo di istruzione e di formazione si realizza l'integrazione delle persone in situazione di handicap a norma della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni”””.

g)     “”” La scuola dell'infanzia, di durata triennale, concorre alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e delle bambine di età compresa tra i tre e i sei anni, promuovendone le potenzialità di autonomia, creatività, apprendimento e operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative nel rispetto dell'orientamento educativo dei genitori, concorre alla formazione integrale dei bambini e delle bambine”””.

h)     “”” La Repubblica assicura la generalizzazione dell'offerta formativa …(…)…e garantisce a tutti i bambini e le bambine, in età compresa tra i tre e i sei anni, la possibilità di frequentare la scuola dell'infanzia”””.

i)        “”” La scuola dell'infanzia nella sua autonomia e unitarietà didattica e pedagogica realizza i necessari collegamenti da un lato con il complesso dei servizi all'infanzia, dall'altro con la scuola di base”””.

j)        “””  La scuola di base …(…)…è caratterizzata da un percorso educativo unitario e articolato in rapporto alle esigenze di sviluppo degli alunni; si raccorda da un lato alla scuola dell'infanzia e dall'altro alla scuola secondaria””” ; a prescindere della sua durata complessiva e dal fatto che sia composta da un unico grado (come veniva a legiferare la stesura originaria della L.n.30/2000 in questione)  di istruzione;  ovvero risulti articolata da due differenti gradi scolastici (la scuola elementare e la scuola media rapportate da un nesso di continuità/distintizione ordinamentale).

k)      “”” La scuola di base, attraverso un progressivo sviluppo del curricolo mediante il graduale passaggio dagli ambiti disciplinari alle singole discipline, persegue le seguenti finalità   …(ovvero,obiettivi educativi generali,che dir si voglia,come previsto nella definizione testuale dell’art.8 del D.P.R. sull’autonomia n.275/99)…:

-acquisizione e sviluppo delle conoscenze e delle abilità di base;
- apprendimento di nuovi mezzi espressivi;
- potenziamento delle capacità relazionali e di orientamento nello spazio e nel tempo;
- educazione ai princìpi fondamentali della convivenza civile;
- consolidamento dei saperi di base, anche in relazione alla evoluzione sociale, culturale e scientifica della realtà contemporanea;
- sviluppo delle competenze e delle capacità di scelta individuali atte a consentire scelte fondate sulla pari dignità delle opzioni culturali successive.

l)        “””Le articolazioni interne dalla scuola di base sono definite a norma del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n.275”””.

m)  “”” La scuola di base si conclude con un esame di Stato dal quale deve emergere anche una indicazione orientativa non vincolante per la successiva scelta dell'area e dell'indirizzo”””.

n)     La   “”” La scuola secondaria ha la durata di cinque anni e si articola nelle aree : aree classico-umanistica, scientifica, tecnica e tecnologica, artistica e musicale. Essa ha la finalità di consolidare, riorganizzare ed accrescere le capacità e le competenze acquisite nel ciclo primario, di sostenere e incoraggiare le attitudini e le vocazioni degli studenti, di arricchire la formazione culturale, umana e civile degli studenti, sostenendoli nella progressiva assunzione di responsabilità e di offrire loro conoscenze e capacità adeguate all'accesso all'istruzione superiore universitaria e non universitaria ovvero all'inserimento nel mondo del lavoro.
Ciascuna area è ripartita in indirizzi, anche mediante riordino e riduzione del numero di quelli esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge”””.

o)     “””La scuola  secondaria si realizza negli attuali istituti di istruzione secondaria di secondo grado che assumono la denominazione di "licei"   “””.


 -§:PROPOSIZIONI RICAVABILI DAL TESTO DEL D.I. 21/05/2001   (E DAGLI ANNESSI INDIRIZZI DI CURRICOLO):

 

 a)    “””La riforma del sistema scolastico italiano è volta a migliorare l’offerta di formazione e a innalzare il livello culturale del Paese. Essa si correla al dettato della Costituzione. Obbedisce quindi anzitutto alle norme più specificamente dedicate alla scuola: l’obbligo di dettare leggi generali sull’istruzione e di istituire scuole dello Stato, ammettendo scuole non di

Stato e, tra queste, quelle che, in base alla legge 62 del 2000, chiedano e ottengano la parità ed entrino così nel sistema pubblico (art.33); la gratuità dell’istruzione obbligatoria; la promozione del diritto a studiare e apprendere (art.34)”””.

 

b)   “””La riforma si ispira anche ai “principi fondamentali” della Costituzione: valorizza, e ciò era evidente già nella legge 30/2000, il lavoro e l’operosità (art.1), la solidarietà e il senso dei doveri inderogabili che la solidarietà comporta (art.2), il pieno sviluppo della persona umana e il superamento degli ostacoli che lo limitano (art.3), il diritto e il dovere e,dunque, la capacità del lavoro (art.4), l’autonomia delle singole istituzioni scolastiche e il loro stretto rapporto con le autonomie locali (art.5), la tutela delle lingue minoritarie (art.6), il rispetto di quanto comportano i Patti lateranensi (art.7), la libertà e presenza di tutte le confessioni religiose (art.8),

la promozione dello sviluppo della cultura tecnica e scientifica e del rapporto con l’ambiente e con il patrimonio storico e artistico della Nazione (art.9),l’accoglienza degli stranieri (art.10), l’educazione alla pace tra i popoli (art.11)”””.

 

c)   “””Ispirarsi deliberatamente, consapevolmente, perfino puntigliosamente nel far vivere nelle scuole i “principi fondamentali” della Costituzione repubblicana, significa per le scuole tutte assumere come obiettivo ultimo,come “sovrascopo” di ogni apprendimento e insegnamento, la formazione di personalità mature, responsabili, solidali, informate, critiche. La formazione alla cittadinanza non è un’aggiunta posticcia: è il cuore del sistema educativo.

   Non solo in Italia, ma in tutti i Paesi europei e in molti Paesi occidentali assume una crescente rilevanza quella che viene definita “educazione alla cittadinanza”, vale a dire una educazione che consenta di acquisire gli

strumenti relativi all’assunzione di responsabilità nella vita sociale e civica.

   Questa attenzione continua e sviluppa le indicazioni didattiche già presenti negli Orientamenti per la scuola dell’infanzia, e in particolare nel campo di esperienza “Il sé e l’altro”, nel paragrafo “Educazione alla convivenza democratica” dei Programmi didattici per la scuola primaria del 1985, e nel paragrafo “Scuola della formazione dell’uomo e del cittadino” dei Programmi della scuola media del 1979.

   È, quindi, compito della scuola, per educare alla cittadinanza, almeno a un primo livello di consapevolezza e di consenso libero, porre le basi di conoscenza, di abilità , di atteggiamento e di capacità operativa necessarie alla progressiva acquisizione di competenze sociali nell’orizzonte della libertà , della criticità , della partecipazione democratica, della responsabilità civico-sociale e della solidarietà a tutti i livelli della vita organizzata  (locale,nazionale, europea, mondiale) nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile.

   Si tratta di un aiuto educativo che abiliti ad atteggiamenti e a comportamenti democratici, a partire da quelli interni alla scuola; che

favorisca l’apprendimento di idee, valori, strumenti interpretativi, tecniche conoscitive e di ricerca, modelli di comportamento per una formazione culturale congruente; che promuova lo sviluppo di una mentalità e di una prima consapevolezza critica congiunta alla scoperta di orizzonti di valori e di prospettive di partecipazione e impegno solidale.

   Questa prospettiva va considerata in primo luogo secondo ciò che la psicopedagogia chiama una logica implicita e contestuale.

 Il modo stesso di proporsi e di organizzarsi della scuola conduce gli alunni a saper vivere insieme nella diversità della classe e dei gruppi di apprendimento; a maturare progressivamente abitudini di rispetto reciproco e di partecipazione alla vita e all’apprendimento scolastico, secondo le potenzialità , le attitudini e le propensioni di ciascuno; a operare insieme per l’attuazione di obiettivi e di

finalità condivisi e progettati insieme e a saper discutere di comportamenti, di idee, di bisogni, di diritti e di valori, a mano a mano che emergono nel corso della vita e dell’apprendimento scolastico.

   In secondo luogo, in termini di progettazione esplicita e intenzionale,spetta alle scuole promuovere in alunne e alunni la conquista stabile di alcuni specifici obiettivi formativi che, al termine del ciclo di base, possono così definirsi:

§ essere sensibili alle esigenze della vita sociale comunitaria, così come sono sancite dalla Costituzione, che potrà utilmente leggersi

già entro il termine del ciclo;

§ acquisire la consapevolezza della pari dignità sociale e della eguaglianza di tutti i cittadini;

§ iniziarsi a comportamenti mentali e pratici di autonomia di giudizio, di responsabilità e di decisione;

§ acquisire consapevolezza e competenza pratica nel campo della solidarietà;

§ affinare la sensibilità alle diversità e alle differenze;

§ acquisire e consolidare atteggiamenti di confronto costruttivo con persone, popoli e altre culture;

§ essere sensibili ai problemi della salute, della prevenzione,dell’igiene personale, del rispetto dell’ambiente naturale, del corretto

atteggiamento verso gli esseri viventi, della conservazione di strutture e servizi di pubblica utilità.

 

   Questi obiettivi raggiunti all’uscita del ciclo di base si integreranno poi al termine della scuola secondaria con altri obiettivi: un più ampio orizzonte culturale e sociale per essere capaci di introdursi nella realtà culturale e sociale più vasta in uno spirito di comprensione e di cooperazione internazionale, in particolare nell’ambito dell’Europa e dell’incontro con altre culture; la comprensione critica del contributo delle religioni, e anzitutto di quella più tradizionalmente presente nel Paese, e delle visioni della vita ai fini dello sviluppo di valori personali e dell’allargamento degli orizzonti culturali individuali e sociali.

 

   Dunque le scuole dovranno:

- inserire specifici obiettivi di apprendimento rivolti allo sviluppo del senso della cittadinanza nei diversi curricoli;

- indicare, tra gli obiettivi trasversali relativi alle articolazioni curricolari,quelli relativi ai saperi e ai comportamenti di cittadinanza;

- prevedere nell’ambito dei loro Piani dell’offerta formativa una quota oraria annuale, esplicitamente rivolta alla realizzazione di percorsi -interdisciplinari di formazione alla cittadinanza”””.

 

d)   “””Per tradurre in realtà questa ispirazione, le leggi di riforma hanno posto in essere un nuovo e integrato sistema sia di istruzione sia di formazione alle professioni e al lavoro. Tale sistema è pubblico, cioè sia statale sia paritario.Attraverso esso si snodano i percorsi di studio e formazione dall’infanzia ai 18 anni. I percorsi si prolungano poi sia nell’università sia nei nuovi corsi di formazione tecnica superiore e nei centri territoriali di educazione degli adulti, dove possano realizzarsi ulteriori apprendimenti durante l’intera vita. Di

tale sistema è stata disegnata l’architettura di insieme, a partire dalle tradizioni e strutture già esistenti, opportunamente integrate. A un ciclo di base, che muove dalla scuola dell’infanzia in via di generalizzarsi …(e che,dopo gli anni della scuola dell’infanzia,è ancora da ridefinirsi in quanto a durata; ed in quanto ad articolazione di unitario grado scolastico ovvero,diversamente,in quanto a sussistenza della scuola elementare distinta dalla scuola media:n.d.r.)… succede un quinquennio secondario con alcune nuove caratteristiche. I primi due anni sono obbligatori e con essi ha termine l’obbligo scolastico. A questo succede l’obbligo formativo: esso si assolve

nei tre anni successivi o nel ciclo scolastico secondario fino all’esame di Stato conclusivo o nel sistema della formazione professionale regionale o nell’esercizio dell’apprendistato.

    I percorsi scolastici quinquennali (i primi due anni obbligatori e i tre seguenti) sono raggruppati in quattro grandi aree:

classico-umanistica, scientifica, tecnica e tecnologica, artistica e musicale.   Un adeguato sistema di certificazione delle conoscenze e competenze acquisite consente ai giovani passaggi e ritorni da un’area a un’altra o dai percorsi scolastici ai percorsi di formazione professionale e apprendistato”””.

 

e)   “””In accordo con soluzioni legislative e normative anche non recenti (scuola media unificata e obbligatoria dal 1962, norme per l’inserimento dei portatori di handicap del 1977, Programmi della scuola media del 1979,Programmi per la scuola elementare del 1985, circolare Mattarella sull’accoglienza di extracomunitari, Orientamenti per la scuola dell’infanzia del 1991, eliminazione degli esami di riparazione nel 1994, istituzione degli “istituti comprensivi” del 1994, riordino dell’esame di Stato conclusivo del 1997), la riforma ha raccolto e portato a norma i risultati migliori delle esperienze e delle sperimentazioni attuate in questi ultimi anni e per più

aspetti addirittura negli ultimi decenni”””.

 

f)   “””Tutto il sistema educativo di istruzione e formazione è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona che entra nelle scuole, cresce e apprende, dalla scuola dell’infanzia al ciclo secondario.   Il principio educativo della scuola è, dunque, la centralità del soggetto che apprende, con la sua individualità e con la rete di relazioni che lo legano alla famiglia e ai diversi ambienti sociali, regionali ed etnici. E’ la persona che apprende, la persona nella sua identità , con i suoi ritmi e le sue peculiarità , ciò cui la scuola deve sempre guardare per farsi capace di portarla il più vicino possibile alla acquisizione piena delle competenze di uscita dal ciclo di base e dal ciclo secondario. Occorre garantire l’acquisizione di cognizioni e far comprendere la loro importanza. Le cognizioni sono esse stesse durevoli e durevoli ne sono gli effetti in quanto siano proposte in modo che chi apprende ne sia coinvolto, ne percepisca la rilevanza per i successivi studi e per le scelte successive, per costruire il suo progetto di esistenza e,insomma, per poter tornare ad esse e riutilizzarle durante tutta la vita. Sono dunque importanti in quanto sappiano essere strumentali rispetto all’imparare

durevolmente ad apprendere, alla maturazione della identità personale,all’educazione a diventare liberi cittadini e cittadine di una Nazione antica e rinnovata quale è l’Italia della Repubblica, il nostro Paese.   È un compito complesso, di alta e specifica professionalità quello cui la riforma chiama le scuole. È un compito cui una società efficiente e democratica non può rinunziare. Esso chiede anche a studentesse e studenti una rinnovata responsabilità e investe aspetti di comportamento e condotta. Opportunamente lo Statuto delle studentesse e degli studenti vigente dal 1998 non solo definisce diritti e doveri di chi studia, ma affida ai docenti e alle singole scuole il compito di dare a se stesse e a chi vi studia un Regolamento che definisca i comportamenti e che sanzioni quelli non

accettabili”””.

 

g)   “””Perché il diritto ad apprendere si realizzi effettivamente, durante il cammino dei discenti e al termine dei cicli le competenze e il loro raggiungimento devono essere accertabili e accertate analiticamente e debbono sostenere le valutazioni dei docenti e delle scuole”””.

 

h)  “””Come già si è detto, il percorso che la scuola deve far compiere alla persona che apprende parte dalla scuola dell’infanzia, si snoda senza fratture nella scuola di base …(che potrà sussistere in quanto scuola di grado unitario; ovvero in quanto articolarsi di scuola elementare e media di distinto grado scolastico,anche se raccordate sul piano della continuità pedagogica e didattico/organizzativa/curricolare:n.d.r.)…, si completa obbligatoriamente nella scuola secondaria (primi due anni) e prosegue o nei tre anni della scuola secondaria o nel sistema di formazione professionale o nell’apprendistato (tre anni) fino a 18 anni.

   A ogni passo del percorso, obiettivo prioritario è quello di offrire strumenti di conoscenza e occasioni di esperienza anche applicativa, pratica,operativa che consentano a ciascuno di apprendere e continuare ad apprendere, a scuola e oltre la scuola, e a interagire e a operare nella società e nel mondo produttivo. È dunque e perciò centrale garantire nella scuola la maturazione di competenze durature che consentano sia la prosecuzione negli studi superiori universitari e tecnici superiori sia rientri formativi per

l’apprendimento durante tutta la vita.   Gli strumenti di conoscenza e le occasioni di esperienza devono consentire a chi si viene formando la possibilità di orientarsi nelle scelte successive: le scelte dei quindici anni, relative ai diversi percorsi dopo

l’obbligo scolastico, e le scelte dei diciotto anni, relative alla immediata prosecuzione degli studi o all’ingresso nel mondo del lavoro e delle professioni”””.

 

i)   “”” L’orientamento non è un momento giustapposto collocato solo al termine di un ciclo di studi, ma costituisce una dimensione dell’intera azione didattica e assume pertanto un ruolo centrale nel nuovo sistema di istruzione e formazione. L’orientamento è infatti decisivo sia per le sorti individuali sia per la migliore utilizzazione sociale di tutte le giovani energie di cui disponiamo. Anche in funzione dell’orientamento le scuole devono sapersi coordinare all’ambiente esterno alla scuola, alle realtà sociali e produttive locali. E anche in vista di ciò è importante che a ogni livello di età il discente sperimenti occasioni strutturate, laboratoriali, di verifica e

autoverifica di ciò che sta apprendendo sì da maturare al meglio i propri personali orientamenti. La nuova scuola punta a costruire il successo formativo di tutte le alunne e di tutti gli alunni tenendo conto delle differenze antiche e nuove che li caratterizzano. Per gli insegnanti è, come già detto, un compito di alta e specifica professionalità , che viene affiancato dall’attività degli Istituti regionali

di ricerca educativa, gli IRRSAE, dalla messa in rete delle risorse documentali dell’Istituto nazionale di ricerca educativa (la ex BDP) e dal sostegno dei servizi predisposti dalle Direzioni generali regionali, d’intesa con le autonomie regionali e locali. Il compito richiede agli insegnanti e ai dirigenti una professionalità capace di cogliere e interpretare le diverse situazioni individuali e ambientali e di utilizzare flessibilmente le risorse disponibili e le presenti indicazioni curricolari per definire percorsi educativi, anche individualizzati (ci dice la legge ormai vigente), e attività capaci di accendere interesse e passione in ogni bambina e bambino, in ogni giovane persona

che apprende e si forma. È decisivo perciò che, come già detto nel Programma quinquennale approvato dal Parlamento, l’insegnante sappia dare a ogni singolo discente il senso di quanto sono importanti, di quanto sono serie per la sua vita le tappe di studio che viene a mano a mano raggiungendo”””.

 

l) Riguardo il curricolo,si consideri che:

 

-“””Il curricolo è elaborato dai docenti e non centralmente dal ministero; non è unico dappertutto e per sempre, ma è commisurato dai docenti alle realtà degli allievi e delle singole realtà scolastiche e ambientali; è composto di una quota oraria nazionale, che assume le indicazioni curricolari specificate in questi Indirizzi, e di una quota obbligatoria del 20 %  …(o altra percentuale di quota,come potrebbe essere ridefinita a seguito della revisione ministeriale della normativa che ci si attende nel prossimo futuro:n.d.r.)…circa,riservata alle scuole che rafforza e/o integra la quota nazionale.   L’elaborazione del curricolo è dunque il terreno su cui si misurano più specificamente la capacità progettuale e la nuova professionalità dei docenti e dei dirigenti delle singole istituzioni scolastiche.   Il curricolo si attua nella concretezza di un clima sociale in cui variamente si esplicitano i nodi del vivere e del conoscere. È l’azione didattica che risolve il curricolo in un processo di insegnamento/apprendimento teso a una formazione non solo solidamente compiuta, ma anche umanamente coinvolgente. In tal senso, esso è al centro della nuova scuola: ne interpreta le finalità e le traduce nei contesti delle pratiche educative.Il curricolo rende riconosciuta e riconoscibile - nei suoi termini culturali,sociali e istituzionali - l’identità della singola scuola. Nel sistema delle autonomie l’istituzione scolastica diviene allora il campo in cui tutte le implicazioni del curricolo si riassumono e si integrano, sollecitando al tempo stesso la crescita della professionalità dei docenti attraverso una costante pratica di riflessione e di approfondimento.

   È evidente la differenza tra il programma e il curricolo. Il programma indica un insieme di contenuti definiti centralmente: a essi il docente doveva riferirsi per il suo insegnamento. In tale contesto sono state senz’altro chiare le tappe e le scansioni del processo di insegnamento; meno chiari sono stati, invece, gli esiti effettivi dell’apprendimento. E, come sappiamo, i tradizionali giudizi o voti, preziosi nell’interazione didattica immediata, non bastano a dare certezza sugli effettivi livelli raggiunti in aree e zone diverse,

in istituti scolastici diversi, con insegnanti diversi.   Il curricolo parte anch’esso naturalmente dai contenuti, ma delinea

l’articolato e complesso processo delle tappe e delle scansioni dell’apprendimento. I contenuti stessi divengono così non tanto la guida

dell’insegnante, quanto la via per far conseguire alle allieve e agli allievi conoscenze solidamente assimilate e durature nel tempo. È qui che la professionalità del docente trova tutto il suo spazio poiché può esplicarsi nel nuovo quadro di libertà culturale e progettuale, di flessibilità organizzativa e didattica garantito dall’autonomia”””.

 

-”””Il rinnovato progetto di istruzione pubblica vuole promuovere un articolato diritto all’apprendimento che consolidi il già affermato diritto allo studio. L’obiettivo è quello di favorire un reale successo formativo che consenta a ciascuno - secondo le sue vocazioni e le sue possibilità effettive - di conseguire non solo e non tanto un titolo di studio, quanto e soprattutto un’adeguata capacità di padroneggiare i contenuti dell ’apprendimento.

   A tal fine è indispensabile che le conoscenze trasmesse dalla scuola siano compiutamente assimilate, si risolvano cioè in una loro acquisizione e in un loro uso criticamente strutturati e in una duttile disponibilità a trasferirle in ambiti, tempi e contesti diversi.

   Il concetto di competenza sembra appunto poter riassumere in se stesso tutte queste istanze.

   Le competenze vanno dunque intese come la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite dalla persona che sta apprendendo. Esse sono le tappe e i traguardi di un itinerario di istruzione che ha quale propria finalità istituzionale il successo formativo di ciascun allieva e allievo”””.

 

-”””Un curricolo articolato attraverso “obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”    …(come previsti dall’art.8 del Regolamento dell’autonomia D.P.R.n.275/99:n.d.r.)…appare in grado di favorire sia un processo di insegnamento/apprendimento motivato, consapevole e caratterizzato dalla reciproca responsabilità di chi insegna e di chi impara, sia una valutazione fondata su un equilibrato rapporto tra le articolate dinamiche del processo formativo e l’accertamento dei suoi esiti.

   L’effettiva accertata e accertabile acquisizione di conoscenze e competenze si riflette su tutto il curricolo, che deve essere esso stesso formulato in modo da risultare accertabile in tutte le fasi del percorso.

    Al tempo stesso il curricolo, così inteso, supera sia la tradizionale separatezza tra gli studi orientati al “sapere” e quelli orientati al “saper fare”, sia l’idea che di competenza si possa parlare solo a proposito di una dimensione strettamente operativa e/o professionale.

   Gli obiettivi del curricolo sono contraddistinti dai caratteri di essenzialità e di progressività.   Se tali non fossero, sarebbe necessario un adeguamento continuo e una conseguente dilatazione dei contenuti e degli insegnamenti per tenere il passo con l’evoluzione qualitativa e quantitativa dei saperi e delle tecnologie.

   Un curricolo essenziale (ed essenziale non significa certo minimale) si basa sulla convinzione che quell’adeguamento si possa invece perseguire attraverso percorsi scolastici caratterizzati non dallo studio estensivo di molti contenuti, ma da quello intensivo e criticamente approfondito.

   Un curricolo essenziale deve selezionare i contenuti individuando gli elementa, i nuclei costitutivi delle discipline su cui innestare approfondimenti e sviluppi, tesi a consolidare negli allievi un patrimonio di conoscenze/competenze stabile nel tempo e dunque tale da permettere sempre ulteriori approfondimenti e sviluppi.

   Il curricolo prefigura un percorso di apprendimento che, definendo le tappe relative allo sviluppo formativo, accompagna l’allievo dalla scuola dell’infanzia alla conclusione dell’intero ciclo scolastico evitando ripetizioni o ridondanze non funzionali.

   Beninteso, i diversi aspetti (oggetto, linguaggio, metodologia di ricerca) da cui viene caratterizzato lo statuto di una disciplina sono in realtà già tutti presenti fin dalle prime fasi del percorso formativo e presenti devono restare sempre. La matematica è la matematica, la lingua italiana è la lingua italiana sia quando vi si accosti un giovane liceale sia quando vi si accosti una bambina di tre anni.

   Lo statuto di una disciplina non cambia perché mutano, con l’età degli allievi, tappe e scansioni del processo di apprendimento. Se lo statuto disciplinare resta fermo, assai diversa invece è la distanza del soggetto che impara dall’oggetto da imparare: da un legame forte con la contestualità della esperienza diretta degli allievi nella scuola dell’infanzia si passa via via a forme più pronunciate di decontestualizzazione e di astrazione.   E tuttavia -con modalità diverse e dosaggi adeguati-  contestualità e astrazione rimangono esigenze da rispettare durante tutto il percorso di istruzione.

 La contestualità è più fortemente accentuata all’inizio e sempre più criticamente e conoscitivamente mediata col trascorrere degli anni.     L’astrazione  (la capacità di astrazione e decontestualizzazione)  costituisce anch’essa una dimensione permanente e irrinunciabile dell’intero processo di apprendimento e dello sviluppo della mente: dal suo primo apparire fino al suo sempre più pieno dispiegarsi negli apprendimenti disciplinari più complessi.

   Un curricolo progressivo prefigura insomma un percorso di istruzione che, definendo le tappe relative allo sviluppo formativo, accompagni l’allievo dalla scuola dell’infanzia alla conclusione dell’intero ciclo scolastico”””.

 

- “””Il curricolo si costruisce a partire dalle indicazioni per la quota nazionale, che questo testo offre, e dall’analisi dei bisogni degli alunni e delle specifiche esigenze del territorio e dell’ambiente. In tal senso il curricolo si presenta come l’integrazione tra la quota oraria obbligatoria di discipline e attività stabilite nazionalmente e la quota ugualmente obbligatoria di discipline e attività scelte dalle singole istituzioni scolastiche.

   Le varie forme di flessibilità organizzativa e didattica e la libertà progettuale di ogni scuola facilitano un’azione formativa più efficace e più rispondente alle esigenze del territorio e delle singole classi.

   Il docente nel costruire il curricolo deve tenere presenti:  

           1. i soggetti dell’apprendimento: le loro motivazioni, i loro atteggiamenti, la

loro affettività , le fasi del loro sviluppo, le abilità e conoscenze che hanno già acquisito nelle precedenti esperienze scolastiche, nella vita familiare e sociale;

3.     gli obiettivi generali e le indicazioni curricolari nazionali …(gli indirizzi in questione:n.d.r.)…per l’individuazione e la definizione dei traguardi previsti per un certo ciclo o una fase intermedia di un certo ciclo;

4.      la scansione dei percorsi di istruzione tale da permettere, in relazione alla situazione di partenza degli alunni e in un tempo definito, l’acquisizione delle competenze conclusive;

5.      i contenuti relativi alla quota nazionale obbligatoria e i contenuti, da determinare in base alle esigenze degli alunni e dell’ambiente, relativi alla quota riservata alle scuole, parimenti obbligatoria; 5. le verifiche intermedie e finali in vista della valutazione degli esiti.

  

Tali operazioni, che richiamano le fasi principali della programmazione già patrimonio professionale acquisito dalla scuola, non esauriscono l’attività progettuale in dimensione curricolare. Occorre altresì definire quali situazioni formative, quali attività, quali approcci metodologici e quali risorse strumentali e professionali possono essere utili tra quelle disponibili nella scuola e nell’extrascuola.

   La costruzione del curricolo è quindi un processo complesso: esso richiede un’attività di ricerca che fa leva sulla professionalità dei docenti, ma anche sulla collaborazione attiva delle famiglie. La partecipazione dei genitori e dell’extrascuola nella definizione dei percorsi e delle opportunità formative fa del curricolo lo strumento più significativo dell’azione educativa finalizzata

alla crescita e alla valorizzazione della persona in tutte le sue dimensioni:   attraverso il curricolo si realizza concretamente il contratto formativo in tutta la sua valenza pedagogica e sociale”””.

 

m)   “””Ogni bambino e bambina viene a scuola con una propria cultura che è fatta da intrecci affettivi, emotivi e cognitivi di esperienze, di storie e di relazioni. Entra in un nuovo contesto in cui incontra nuovi compagni e nuovi adulti con i quali intesse una rete sempre più ampia di scambi. Riconosce parte di sé negli altri e sperimenta concretamente la presenza delle diversità di genere, anzitutto, di temperamento, di carattere e, alle volte, anche di provenienza da culture caratteristiche sia di altre regioni del nostro Paese sia

di altri Paesi. La classe è una comunità "colorata". E ciò vale naturalmente e per taluni aspetti anche di più nel seguito del percorso formativo, per i ragazzi e le ragazze più grandi. Questo dato deve diventare progetto di ricerca, di scoperta di differenti culture, di conoscenza e reciproca comprensione, di positivo e arricchente incontro.   Nella categoria delle diversità e delle differenze è da collocare anche la situazione di handicap nella quale si trovano alcuni alunni e alunne.    In maniera del tutto speciale, in questo caso, la scuola è chiamata ad attivare relazioni di aiuto che esigono specifiche competenze professionali in una logica di interazione fra scuola e servizi del territorio.    In questo modo la scuola diventa anche risorsa formativa del territorio per far crescere la cultura dell'inclusione.    Ma occorre anche cogliere e affinare le peculiari doti che i disabili, partendo dalla loro condizione, sanno sviluppare: la sensibilità tattile, uditiva e musicale di chi non vede; l’ambidestrismo dei dislessici; la acuta discriminazione visiva dei moti altrui e propri di chi non sente, fino all’acquisizione e allo sviluppo delle complesse grammatiche del linguaggio dei segni; la generosa capacità collaborativa dei bambini e ragazzi down ecc. .

    L’integrazione esige qualità , e non il contrario: l’integrazione è in difficoltà quando il livello di qualità si abbassa. Vi è chi pensa che la facilità sia un elemento indispensabile per una scuola inclusiva, oppure che gli apprendimenti a forte connotazione concettuale siano un ostacolo agli handicappati, che avrebbero bisogno di percorsi realizzabili con operazioni concrete.    Ma la qualità della scuola, in relazione all’integrazione di soggetti in situazione di handicap, ha poco a che vedere con questi criteri, che segnalano caso mai pregiudizi, forse anche dettati da generosità , ma anche da scarsa conoscenza, proprio nei confronti di questi soggetti.    È facile, quando si tratta delle situazioni di handicap, che ciascuno riduca la pluralità dei soggetti ad uno stereotipo.

   Invece è proprio una pluralità .                                    È evidente che la cecità è altra cosa rispetto all’insufficienza mentale.

    Ma esistono stereotipi riferiti anche alle varie tipologie. La pluralità dei soggetti è ben più di questo. Significa non accontentarsi di dire “insufficienza mentale”: in questa categoria, in realtà , le differenze individuali si aprono a ventaglio e in chi insegna e osserva producono continue sorprese. E anche un presunto ordine di quantità (minore o maggiore insufficienza mentale) nella realtà ha

poco senso. Gli individui presentano differenze caratteriali, anamnestiche,socio-culturali, di genere e così via, tali da rendere impossibile la loro sintonizzazione in base alla tipologia. A volte un soggetto in situazione di handicap è in maggior sintonia con un soggetto normodotato che con uno in situazione analoga.    Ma la grande esperienza nazionale dell’inserimento scolastico dei disabili, se ha liberato questi, ha giovato forse ancor più ai “normodotati” che traggono non poco vantaggio dalla individuazione e valorizzazione di loro specifiche capacità.

   È vero che l’integrazione in una scuola inclusiva è un processo irreversibile, ma non meccanico.    Implica delle volontà che si rinnovino, ed è tutt’altro che realizzata una volta per tutte. Una buona parte delle azioni che la compongono hanno caratteristiche di ricorsività; bisogna tornare a farle. La scuola, in generale, è composta da una parte consistente di azioni ricorsive;   tutti i giorni è necessario fare certi gesti, realizzare certi rituali, rispettare certi aspetti organizzativi. E questo è tanto più evidente nel processo di

integrazione.   L’insegnamento e l’apprendimento sono l’intreccio di una linea progressiva, costituita dallo sviluppo degli apprendimenti; e di attività ricorsive, costituite dalle cure dei materiali (strumenti, libri, quaderni, e così via), da quelle dell’ambiente,dall’organizzazione del ritmo quotidiano,settimanale, stagionale.   Le attività ricorsive sono spesso ritenute implicite e, quindi, poco considerate nel progetto scolastico.    A volte, poi, sono confuse con la ripetitività , che provoca noia, disinteresse.    Tuttavia, la disattenzione o la sottovautazione della dimensione ricorsiva è alla base della scarsa capacità di organizzazione della memoria, di strutturazione del tempo, di sopportazione della fatica e dei ritmi.    Essa conseguentemente determina la presenza di disordine, scarso controllo, incapacità di organizzare il proprio tempo. Tutte queste caratteristiche, quando vengono scoperte in ragazze e ragazzi, sono a volte riassunte in formule del tipo “non sa studiare”, magari ritenendo che i giovani siano profondamente cambiati rispetto al passato

anche recente.   Sicuramente c’è del vero: i giovani sono cambiati e cambieranno ancora, come (è ovvio, ma non sempre ricordato) cambiano e cambieranno gli adulti. Ma è anche bene prendere in considerazione il fatto che le attività ricorsive sono date per scontate, e quindi di fatto trascurate un po’ da tutti,educatori, familiari e insegnanti. La conseguenza ricade su quelle abitudini quotidiane che si assumono con le attività ricorsive.   Nelle situazioni di handicap, le difficoltà di un soggetto nell’organizzare le proprie autonomie possono essere prese in considerazione affidando magari le attività ricorsive a un insegnante che chiamiamo “di sostegno”. Il

rischio che corre la scuola è quello di dividere i percorsi (la linea progressiva e le attività ricorsive), immaginando che l’attenzione alle persone handicappate debba concentrarsi su quelle che abbiamo chiamato attività ricorsive: l’ordine della persona, la sua igiene, la conquista di piccole autonomie, ecc., mentre gli altri bambini e le altre bambine debbono seguire dei percorsi progressivi. La nuova scuola deve fare uno sforzo per integrare queste due dimensioni. Lo può fare meglio, perché la possibilità di una scansione di ciclo diversa dal passato contiene elementi che possono essere interpretati in questo senso. L’organizzazione del tempo e dello spazio, con una maggiore possibilità data da programmazioni di maggiore respiro permette proprio questo.   Non a caso nella scuola riformata si parla di curricoli e non di programmi . E la diversità non è solo terminologica: i curricoli non sono tracce su cui mettere i nostri stessi passi, percorsi che riproducono quanto è stato stabilito o già fatto da altri.    I curricoli devono realizzare le indicazioni relative

agli obiettivi da raggiungere, tenendo conto dei diversi contesti e delle concrete possibilità in maniera del tutto originale.  

   Il suggerimento che ne esce è proprio quello di intrecciare la dimensione progressiva e quella ricorsiva per tutti gli allievi. Di allievi

disordinati, e non certo da oggi, ce ne sono molti, incapaci di avere e darsi una propria organizzazione, una propria disciplina. È quindi evidente che il bisogno formativo sulla dimensione ricorsiva non è circoscritto a una certa categoria, quella dei disabili, ma si estende a tutti coloro che crescono e che hanno bisogno di organizzare il proprio apprendimento. L’organizzazione materiale dell’apprendimento è altrettanto importante di quella mentale: tra queste due dimensioni esiste una forte correlazione.

Nella scuola della cittadinanza e dell’inclusione una parola importante,una parola chiave è responsabilità. La riorganizzazione dei cicli si collega all’autonomia: autonomia di scuole, di docenti, dirigenti e personale, di studentesse e studenti. Anche in relazione all’autonomia dell’individuo, in particolare l’individuo con bisogni speciali, l’autonomia non è equivalente di autarchia. Non è bastare a se stesso, ma è saper rivolgersi agli altri intelligentemente, saggiamente, sapientemente, fare riferimento alle competenze che altri hanno e che il soggetto potrebbe non avere. Per certi versi l’autonomia più alta è quella di colui o di colei che, avendo scoperto e conosciuto le proprie debolezze e i propri limiti, si avvale in maniera consapevole delle competenze degli altri. L’autonomia esige una collaborazione e una capacità di offrire anche le proprie competenze, in un rapporto che non è di scambio commerciale ma di intreccio sociale: è la

dimensione sociale dell’apprendimento. Questo aspetto dell’autonomia si trasporta dall’individuo a un gruppo, a un’istituzione. La scuola dell’autonomia offre e cerca competenze. Quindi, deve avere anche delle proprie competenze e, soprattutto, deve assumersi delle responsabilità . La responsabilità deve diventare una linea di coerenza che percorre tutta l’organizzazione scolastica, quindi coinvolge anche bambini e bambine,ragazzi e ragazze.   Ciascuno dei protagonisti o co-protagonisti della scuola può assumere delle proprie responsabilità in rapporto agli altri. La responsabilità può svolgersi non solo per l’apprendimento lineare progressivo ma anche per le

attività ricorsive: l’organizzazione dell’ambiente e dei tempi, dei ritmi. Ed è importante proporsi come traguardo dello sviluppo della nuova scuola la possibilità che i progetti di integrazione siano condivisi dalle responsabilità che ciascuno può assumersi, ciascuno al suo livello, naturalmente, quindi anche bambini e bambine. Ma, per farlo, bisogna conoscere i progetti, quindi bisogna imparare a parlare delle persone handicappate in loro presenza e dei bisogni che le persone handicappate hanno, in modo tale che gli stessi

protagonisti, cioè le persone handicappate, siano capaci di misurare i propri limiti ma anche misurare le proprie possibilità.

   La scuola italiana, fin dagli anni settanta, ha mostrato di sapere raccogliere questa alta e difficile sfida. Poi, dagli anni ottanta, ha imparato ad attrezzarsi sempre meglio dinanzi ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze che venivano da altri mondi culturali. Le scuole dell’autonomia hanno i necessari strumenti aggiuntivi per conseguire vittoriosamente l’obiettivo etico, religioso, civile di non perdere nessuno lungo il percorso, di non dimenticarsi di nessuno”””.

 

n)    “””La valutazione ha pieno senso se gli elementi informativi raccolti sono utilizzati per apportare alle attività didattiche e al sistema le modifiche necessarie a compensare le difficoltà incontrate da chi apprende nel suo percorso. In altre parole, la valutazione assume rilevanza didattica se persegue l’intento di incrementare la qualità dell’istruzione. In funzione di tale intento debbono essere considerati i diversi livelli in cui si articola l’attività valutativa: quella del singolo docente, quella di classe e di scuola, quella territoriale, nazionale e, infine e ormai, quella internazionale.

Un curricolo che nelle scuole autonome sia articolato in “obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni” implica un nuovo modo di considerare la valutazione. Essa ha un duplice aspetto: c’è la valutazione didattica, affidata ai docenti e agli abituali modi di giudizi e voti, e c’è la valutazione di sistema, che va affidata insieme alle scuole e all’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione (ex CEDE).

   Alle scuole, autonome per ciò che riguarda le scelte organizzative,culturali e didattiche, compete la determinazione delle pratiche valutative più direttamente e immediatamente collegate al processo di apprendimento.   Queste sono le valutazioni dette “formative” e “sommative”, che devono naturalmente tener conto del progredire degli apprendimenti di tutti gli alunni e le alunne; la valutazione deve tenere in debito conto anche gli elementi di conoscenze e competenze più specificamente proposte per gli alunni disabili.

   E’ interesse di tutti che tutte le valutazioni si realizzino col massimo di snellezza possibile, col minimo di apparati burocratici.   Attualmente, le valutazioni previste sono, nella maggior parte dei casi,due per anno scolastico, delle quali soltanto la prima può giovare in corso d’anno alla riflessione sulle scelte effettuate e sulle soluzioni che potrebbero essere adottate per superare i limiti riscontrati. Una scansione delle attività valutative funzionale alle fasi di attuazione del curricolo, decisa in autonomia dalle singole scuole, potrebbe favorire sia gli effetti di autoregolazione, sia il coinvolgimento delle famiglie nell’attività scolastica dei figli. Le valutazioni,non solo prodotte ma anche espresse nella forma più snella, e dunque nella forma più immediatamente comprensibile, sono utili e riguardino sia lo stato ossia il livello effettivamente raggiunto in un certo momento da ciascun allievo in un’area determinata d’apprendimento, sia la tendenza che l’allievo mostra in relazione alla medesima area. Per quanto riguarda l’impostazione dell’attività valutativa interna alle scuole, è opportuno che le scuole valutino positivamente la possibilità di incrementarne progressivamente la frequenza.   Superare la meccanica e rigida associazione tra espressione formale dei giudizi e conseguenze sul percorso scolastico restituisce credibilità agli

accertamenti e alla valutazione e consente di impostare nel seguito dello studio e dell’apprendimento le opportune e specifiche attività di recupero individualizzate. Ne deriva la possibilità di un uso più flessibile del tempo scolastico ed insieme un migliore sviluppo dei percorsi formativi degli allievi.   Spetterà alle scuole stabilire quale sia lo stato degli alunni in relazione agli intenti perseguiti, in generale e per i singoli tratti (non necessariamente corrispondenti all’anno scolastico), in cui le scuole stesse hanno deciso di articolare il percorso. Ciò non vuol dire assicurare a tutti un avanzamento indifferenziato nel percorso di studi. Se un allievo consegue una valutazione negativa (che può intervenire in vari momenti dell’anno) in riferimento a un determinato segmento di una disciplina, la compensazione del ritardo dovrà avvenire prima di affrontare il segmento successivo. Solo quando i ritardi da compensare sono eccessivi e investono molti ambiti o discipline potrà esservi la necessità, entro il termine del ciclo, di un prolungamento del tempo

scolastico”””.

 

o)   “””Nell’attuazione della riforma dei cicli, oltre a risolvere gradualmente i problemi posti dal rinnovamento dell’architettura del sistema scolastico, si devono progressivamente trovare soluzioni capaci di contenere le differenze dei risultati formativi entro una variabilità tollerabile. In altre parole, è astratto porre un obiettivo di completa uniformità dei risultati per tutti gli allievi;  epperò,rispetto alla attuale situazione di forti difformità , ci si propone di tendere verso una certa omogeneità della distribuzione dei risultati tra aree geografiche e

verso una differenziazione contenuta anche all’interno delle singole aree.   L’esigenza di omogeneità nei risultati di apprendimento è spesso confusa col perseguimento di intenti livellatori, che impedirebbero alle differenze individuali di manifestarsi.   È vero esattamente il contrario: si può avere un’effettiva e accertata manifestazione delle capacità di ciascuno se alcune condizioni di base sono generalmente possedute o se alcune competenze sono sviluppate e valorizzate più di altre, e ciò vale più in particolare nel caso di alunne o alunni disabili. Le diverse competenze emergono e si valorizzano nella loro specificità anche individuale tanto più

quanto meglio sono individuati e misurati i diversi livelli”””.

 

p)    “””Ai fini della valutazione di sistema occorre considerare il quadro socioeconomico da cui muovono gli allievi e in cui le scuole operano, le condizioni strutturali e organizzative interne, la disponibilità e la capacità d’uso delle risorse umane e finanziarie e ogni altro aspetto che possa esercitare una funzione propulsiva o frenante nel raggiungimento degli intenti educativi.   In altre parole, la valutazione di sistema deve investire l’intero comparto dell’educazione scolastica e non limitarsi a coglierne alcuni aspetti, per

quanto significativi.   Naturalmente anche nella valutazione di sistema la responsabilità valutativa compete in primo luogo alle scuole, ma tale valutazione non può essere svolta correttamente senza il sostegno di repertori informativi relativi al quadro territoriale e a quello nazionale.    Né è più possibile ormai ignorare le tendenze e i fenomeni che caratterizzano la scuola a livello internazionale,

per le interazioni sempre più estese che collegano le varie realtà nazionali: in Italia occorre prestare attenzione in primo luogo a quanto avviene nell’Unione Europea, ma occorre anche cogliere i segni di trasformazioni più vaste, che interessano sia i paesi industrializzati, sia quelli in via di sviluppo.   È compito dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione fornire tali repertori informativi.

Occorre delineare e porre in essere una strategia per la rilevazione dei dati sulle attività e per l’apprezzamento dei risultati che sia coerente da un lato con le nuove condizioni di autonomia delle scuole, dall’altro con l’esigenza del pubblico di essere garantito circa la qualità complessiva del servizio.   L’impianto centralistico tradizionale della scuola italiana rispondeva all’esigenza di assicurare l’uniformità del servizio sul territorio nazionale.   Ed è indubbio che tale intento sia stato in parte conseguito per quelle minoranze

delle leve giovani che arrivavano alla licenza elementare e ancora meglio per le minoranze ancor più esigue che conquistavano i titoli ulteriori.   Il sistema ha retto fin quando i tassi di scolarizzazione della popolazione (soprattutto al livello secondario) sono rimasti contenuti. Si ricorderà che ancora nel 1951 il 60% della popolazione risultava espulso dalle elementari prima di arrivare

alla licenza e che ancora vent’anni dopo metà delle leve giovani veniva espulso dalla scuola di base prima di arrivare alla licenza media inferiore.

   Oggi il problema si presenta rovesciato. Rilevazioni campionarie di istituti di ricerca, dello stesso Ministero e, a partire dal 1999, dello stesso CEDE rendono evidente che il sistema centralistico, in condizione di scolarizzazione ampia, non appare in grado di garantire una qualità sufficientemente omogenea dell’educazione scolastica. L’autonomia è sorta come risposta a tale constatazione e la risposta però vale a condizione che le diverse scelte locali avvengano nella consapevolezza della consistenza che i singoli fenomeni hanno a livelli territoriali più estesi, fino a quello nazionale.   Occorre anche prestare attenzione alle comparazioni internazionali, per le implicazioni che possono assumere dal punto di vista economico. E’ il caso delle comparazioni effettuate dall’Organizzazione per

la Cooperazione e lo Sviluppo Economico Ocse, cui l’Italia ora partecipa attivamente.   Per quanto concerne la valutazione della qualità del sistema occorre limitare ad alcune variabili fondamentali l’accertamento, prendendo come riferimento gli aspetti sui quali è maggiore l’attenzione delle organizzazioni internazionali per la valutazione comparativa dei sistemi scolastici dei diversi

paesi. Tra le variabili fondamentali devono rientrare, ad ogni livello del percorso scolastico, quelle relative alle competenze linguistiche e

matematiche, che, secondo anche una valutazione dell’Unione Europea,rappresentano indicatori della qualità complessiva del sistema di istruzione.   La valutazione, naturalmente, non si esaurisce con l’esame di queste due variabili. Altri indicatori potranno essere individuati in relazione alle età degli allievi e alle esigenze specifiche del sistema.   Anche la valutazione di sistema coinvolgerà le scuole. Esse la svolgeranno giovandosi, per le variabili già dette, di un repertorio di strumenti definito a livello nazionale. Le scuole, ormai tutte in rete, faranno affluire all’Istituto nazionale della valutazione i dati che poi, debitamente elaborati,ritorneranno alle scuole”””.

 

p)   “””Il riordino dei cicli, in quanto realizzazione di una nuova qualità della scuola basata sui principi dell’autonomia e del curricolo formativo, porta con sé una radicale revisione di vecchie contrapposizioni negative.

   Una prima considerazione: sul piano istituzionale generale, le indicazioni curricolari nazionali non vanno intese come imposizioni autoritarie.   Non sono e non vogliono essere tali, ma, al contrario, intendono valorizzare la dimensione e le attribuzioni della elaborazione dei diversi curricoli delle singole scuole. Esse vogliono sostenere e, per dir così, autenticare le scelte e le proposte nascenti dalle scuole. Le indicazioni curricolari nazionali danno forza alle scelte autonome delle scuole anzitutto dinanzi alla cultura

nazionale, che avverte un bisogno di identità e di eliminazione dei rischi di frantumazione, ma anche nei confronti dell’opinione pubblica, che vuole hiarezza nei comuni traguardi e impegni delle scuole.    fatto che le scuole assumano nei loro curricoli le indicazioni nazionali rassicura anche gli studenti, le famiglie, lo stesso personale della scuola, che ne percepisce la fattibilità e ne trae nuovo impulso allo sviluppo professionale.   In questo senso, esse rappresentano la garanzia di una visione equilibrata delle scelte

autonome delle scuole.   All’interazione centro-periferia si associa, poi, il rapporto fra la scuola come sistema formale e i mondi non scolastici della formazione, dalle agenzie non scolastiche intenzionalmente educative alle offerte educativo-formative provenienti dalla cultura diffusa.   La nuova scuola dell’autonomia e dei curricoli valorizza in modo istituzionale gli apporti delle altre agenzie e

della cultura diffusa e li colloca in una visione unitaria integrata.   È poi importante ricordare il nesso che si viene a stabilire, per quanto

attiene al diritto allo studio e alla qualità dell’istruzione, fra i momenti del pre –obbligo (scuola dell’infanzia), dell’obbligo (scuola di base e primi due anni della secondaria) e del post-obbligo (ultimi tre anni della scuola secondaria).

   L’introduzione di cicli scolastici lunghi e non frammentati, infatti, consente ad allievi e insegnanti di lavorare su percorsi temporalmente distesi, che sono una condizione irrinunciabile per una formazione di elevata qualità.   Appare inoltre come un retaggio del passato la contrapposizione tra fautori dell’”istruzione” e fautori dell’“educazione”. Già la legge stessa, ormai,

parla di un sistema educativo pubblico dell’istruzione e della formazione e stabilisce quindi un nesso tra educazione e istruzione.

    E, d'altronde, appare ormai pienamente acquisita la consapevolezza che l’effetto formativo unitario e complessivo che risulta dall’esperienza di scuola nasce dal contemperare in modo coerente l’istruzione e l’educazione, il “curricolo evidente” o esplicito

degli ambiti e delle discipline e il “curricolo nascosto” o implicito, dato dai contesti e dagli stili di vita e di studio.

La riforma concilia il contrasto fra insegnamento ed apprendimento.   In passato hanno prevalso due tendenze. Una prima assimila l’apprendimento all’insegnamento: non ci sarebbe nessuna possibilità di apprendimento fuori di un contenitore strutturato di insegnamento.   Una seconda tendenza ritiene che insegnamento e apprendimento siano due modalità di esperienza

reciprocamente incompatibili.   Di fronte a queste ricorrenti e diffuse alterazioni di prospettiva, nella scuola autonoma e riformata insegnamento ed apprendimento si propongono come un unico processo, nel quale alle condizioni di forza culturale ed efficacia didattica che rendono l’insegnamento valido devono corrispondere quel coinvolgimento personale,anche emotivo e affettivo, e quella ricchezza delle occasioni che fanno dell’apprendimento un cammino di cui la persona che apprende possa sperimentare quotidianamente l’utilità ed il piacere.   L’impianto nuovo consente di superare anche il contrasto tra competenze e conoscenze.

    Il curricolo permette di prevedere le trasformazioni del soggetto che apprende sia nel progredire delle conoscenze sia nell’ampliarsi della capacità di applicare le conoscenze a contesti diversi. Col progredire delle conoscenze, il soggetto acquisisce la padronanza metodologica e operativa che lo trasforma in soggetto “competente” in quanto in grado di mettere a frutto la conoscenza e di

spenderla per sé e per gli altri (nello studio, nel lavoro, nella vita di relazione e sociale). Gli allievi acquisiscono i contenuti delle discipline e i loro linguaggi attraverso l’uso sociale delle conoscenze, costruiscono una propria forma mentis riflettendo su di essi e stabiliscono interrelazioni tra i saperi.   Inoltre, attraverso la pratica delle diverse strategie metodologiche e delle procedure proprie delle varie discipline, essi acquisiscono la capacità di controllo di conoscenze, di procedure e di metodi differenti imparando a servirsene nei diversi contesti.   Acquisizione di conoscenze e maturazione di competenze si integrano.   Strettamente connesso a questo è il tema del rapporto tra aspetti disciplinari e interdisciplinari nel curricolo. La trasversalità formativa (ciò che si è chiamato anche approccio ecosistemico all’istruzione) non è certo antagonistica alla specificità cognitiva e strutturale dei singoli settori di conoscenza.         L’edificio interdisciplinare e trasversale del curricolo deve necessariamente essere costruito con i mattoni delle singole discipline. E

però queste, perché siano disponibili all’interazione costruttiva, non vanno trasmesse e consegnate come mere e rigide sequenze di contenuti e procedure. Occorre che chi insegna insegni anche a sperimentarle e apprenderle non come gabbie separate ma come terreni da cui osservare,capire ed interpretare la cultura, come dispositivi di ricerca e di metodo e come fonti della capacità di mettere in discussione, reimpostare e perfino trasgredire gli abituali corredi teorici e metodologici.   Va infine ricordato che la scuola, nei suoi versanti della didattica così come in quelli della organizzazione e gestione, è comunque un impianto funzionale complesso.

   Sul versante della didattica, essa valorizza simultaneamente la classe e il laboratorio come luoghi in cui si promuovono i processi di alfabetizzazione e di socializzazione.   Entrambi costituiscono, infatti, luoghi formativi della relazione e della conoscenza, da collocare in un quadro di scuola aperta sia verso l’esterno, attraverso le interazioni e l’ integrazione con l’ambiente, sia al proprio interno,attraverso la flessibile alternanza delle attività e dell’impiego degli spazi.   Nella gestione e organizzazione, tanto più con l’introduzione dell’autonomia, la scuola, in quanto comunità organizzata per la comunicazione culturale formativa, partecipa tanto di elementi di tipo comunitario quanto di quelli di tipo organizzativo: essa va vista e gestita come luogo di lavoro (organizzazione) e insieme come luogo di relazioni umane (comunità ), cioè come realtà la cui efficienza funzionale e la cui efficacia operativa sono la condizione basilare per la circolazione dei contenuti e dei significati della cultura e dell’educazione.  Così anche questa contrapposizione tra comunità e organizzazione si dissolve alla luce della scuola dell’autonomia e del curricolo”””.

 

 

 

-§:     Correlatamente a quanto presupposto sopra,sembra peraltro il caso di ricordare nell’economia di quadro della nostra disamina che         “””gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”””   si debbono continuare a ricavare,nelle loro formulazioni strutturali,dai Programmi,dagli Orientamenti e dalla contestuale legislazione ordinamentale di cui al precedente punto a)-;  pur sempre vigenti e precedenti all’emanazione della Legge sulla riforma dei cicli (L.n.30/2000).

   Ovviamente,tali stessi   “””obiettivi specifici di apprendimento”””,nelle loro articolazioni curricolari di “breve termine” e di unità didattica d’insegnamento/apprendimento, continuano ad essere enunciati e formulati in ragione del contesto territoriale,socio/culturale d’ambiente e delle diverse variabili inerenti i bisogni formativi degli alunni; attraverso la definizione delle diverse progettazioni e programmazioni didattiche di competenza dei singoli “gruppi docenti” modulari e che risultano intrinseche al Piano dell’Offerta Formativa.

   Ciò,che viene legittimato,tra l’altro,dal succitato art.13 del Regolamento dell’autonomia che,come si diceva,prevede che    “””…(…)…fino alla definizione dei curricoli di cui all'articolo 8 si applicano gli attuali ordinamenti degli studi e relative sperimentazioni, nel cui ambito le istituzioni scolastiche possono contribuire a definire gli obiettivi specifici di apprendimento di cui all'articolo 8 riorganizzando i propri percorsi didattici secondo modalità fondate su obiettivi formativi e competenze…(…)…””” (Art. 13-D.P.R.n.275/99).

Inoltre,si consideri che       “””le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale””” ;     “””l'orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche”””;  e   “”” i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attività della quota nazionale del curricolo”””;   continuano sostanzialmente a ricalcare le relative enunciazioni e formulazioni normative evincibili dai  vigenti ordinamenti scolastici così come configuratisi precedentemente l’emanazione della Legge sulla Riforma dei Cicli (L.n.30/2000).

   Ciò, fermi restando gli spazi ed i poteri di gestione autonomistica e didattico/organizzativa già predefiniti prospetticamente dal più volte citato (sempre in vigore,dal 1° settembre 2000) Regolamento dell’autonomia (D.P.R.n.275/99); così come compendiato,integrato e  declinato,in materia di definizione dei curricoli,dalle normative di regolamentazione del sempre vigente D.I. 26 giugno 2000, n. 234   (Decreto di regolamentazione che doveva integrare il Regolamento dell’autonomia soltanto per l’anno scolastico 2001/2000; ma che il Ministro Moratti  ha riesumato in vigore fintantoché non saranno ridefiniti i contenuti ordinamentali e curricolari della nuova Riforma dei cicli “in cantiere” ;…sulle ceneri della Riforma che era stata legiferata dalla L.n.30/2000 e che era stata regolamentata dai successivi correlati provvedimenti ministeriali ritirati dallo stesso Ministro;come preannunciato in detta nota ministeriale del 5 luglio 2001).

   In questo senso,si ricorda che quest’ultima nota ministeriale è venuta ,tra l’altro,a far presente che “””…(…)…in conseguenza di quanto sopra …(…)… i provvedimenti menzionati…(cioè, tra l’altro,i regolamenti ministeriali sopra riportati e correlati alla  L.n.30/2000:n.d.r.)…, in quanto privi del requisito dell'efficacia in mancanza di registrazione , non possono produrre effetti, restando in materia confermata la normativa vigente , ed in particolare, per ciò che attiene gli aspetti curricolari, le disposizioni contenute nel D.I. 26 giugno 2000, n. 234…(…)…”””.

      Anche   riguardo “””gli standard relativi alla qualità del servizio”””;    riguardo   “””gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi”””; e riguardo    “”” i criteri generali per l'organizzazione dei percorsi formativi finalizzati all'educazione permanente degli adulti, anche a distanza, da attuare nel sistema integrato di istruzione, formazione, lavoro, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni-città ed autonomie locali”””;        valgano le normative di riferimento sussistenti applicabili ed eventualmente “adeguabili”  (e,comunque, “evincibili” dai vigenti ordinamenti scolastici così come configuratisi precedentemente l’emanazione della Legge sulla Riforma dei Cicli n.30/2000).

 

 

   Le differenze tra i "vecchi" Programmi didattici di scuola materna,elementare e media, ed i Nuovi Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo) non sono  rilevanti ; e sostanzialmente ricalcano lo stesso itinerario  epistemologico di ricerca pedagogica e di razionalizzazione curricolare.

   Molti  hanno sempre evidenziato la fondamentale  attualità e l’apprezzabile stesura didattico/pedagogica degli Orientamenti 91 (di scuola materna), dei Programmi dell’85 (di scuola elementare) e dei Programmi del  79 (di scuola media); i quali ultimi peraltro venivano riproposti anche dal testo dei Nuovi Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo integrati al    “””Decreto Interministeriale 7 maggio 2001, recante norme in materia di curricoli della scuola di base, ai sensi dell'articolo 8 del Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n.275”””).

   Ora come ieri, i docenti debbono esplicare le cifre e le dimensioni della loro professionalità attraverso un approccio di “individuazione”,“formulazione”,”enunciazone”  e “traduzione“   degli “””obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni”””   dal testo dei Programmi Scolastici e degli Orientamenti anzidetti;  ovviamente non ignorando il testo dei Nuovi Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo) ultimi citati che,seppur “ritirati” dal Ministro in quanto testo normativo giuridico e quindi  non entrati in vigore, si pongono pur sempre quale fonte di cultura pedagogica da tesoreggiare  (peraltro quale fonte  di cultura pedagogica che rivela la fisionomia di una tra le più attuali ricerche  in materia di razionalizzazione curricolare e di discorso didattico/pedagogico da poter riferire agli istituti scolari della nostra stagione storica).

        Alla luce di quanto sopra premesso,ribadiamo dunque che,nel presente,l’autonomia scolastica introdotta dalla L.n.59/97 viene regolamentata fondamentalmente dal D.P.R.n.275 dell’8 marzo 1999 e dal correlato integrativo D.P.R. n.234 del 26 giugno 2000; fermo restando che continua a fondare la sua fisionomia,altresì,sui presupposti ordinamentali  sempre vigenti del D.L.vo n.297/94  e sulle affermazioni di principio dei Contratti di lavoro in atto applicabili.

 

 

 

 

 

 

 

 

1:3:     Cerchiamo,ora,di prospettare in modo organico i lineamenti di politica scolastica e di pedagogia istituzionale (che crediamo abbiano a risultare,comunque sia,presupposto generativo e funzionale per la scuola dell’infanzia e la scuola elementare di oggi e del prossimo futuro) così come è possibile ricavarli  dal “””Programma quinquennale di attuazione della Riforma  dei cicli”””  approvato dalla Camera e dal  Senato nel dicembre duemila.

    Questi lineamenti si pongono quali proposizioni prospettiche   di un “programma”  non  esecutivo  ed  in atto “deprivato” di effetti giuridici; ma che  crediamo possano validamente porsi anche nel presente quale significativa fonte di progettualità normativa e di cultura pedagogica grazie a cui  ipotizzare gli scenari di riforma della scuola che andranno a connotare,nel prossimo futuro,la fisionomia della scuola dell’infanzia e della scuola elementare di domani.

   Procediamo nella disamina attraverso i seguenti punti di analisi descrittiva:

 

 

 

 

I - Le finalità, le ragioni, le condizioni e i soggetti dell’ istituzione scolastica che si proiettano nella prospettiva pedagogica della nuova scuola dell’autonomia prefigurata dalla riforma dei cicli:

 

Le finalità:

    ogni scuola considera preliminarmente,a presupposto delle sue attività didattiche ed educative,che   “””la Costituzione stabilisce che la Repubblica è tenuta a garantire “il pieno sviluppo della persona umana” e a “rimuovere gli ostacoli” che impediscano la partecipazione alla vita del Paese; che tutti i cittadini hanno “pari dignità sociale” e che “la scuola è aperta a tutti”.

 La scuola deve considerare che  l’attuale momento storico richiede soluzioni capaci di coinvolgere le nuove generazioni in scelte personali e collettive che filtrino la complessità della domanda sociale e rispondano ai bisogni reali. Aiutare le giovani e i giovani a collocarsi in un mondo in rapida trasformazione, rendendoli consapevoli dei processi oggettivi e soggettivi già avvenuti e fornendoli degli strumenti per governare quelli aperti: sarà questo il compito della nuova scuola. È un compito che richiederà, almeno all’inizio di ogni ciclo e di ogni anno, e, naturalmente, in corso d’opera, l’accurata e approfondita conoscenza di ciò che ogni singolo alunno e ogni singola alunna sa, e ha appreso, nonché l’attenzione ai suoi ritmi peculiari, delle sue inclinazioni, perché sia possibile ai docenti costruire e seguire le metodologie più adatte alla  crescita umana e intellettuale di ciascuna persona che studia. Fra i generali processi sociali che più incidono sulla esperienza esistenziale, sui comportamenti e sulle scelte di vita, sulla qualità dell’etica civile, c’è una nuova consapevolezza dei ruoli sessuali e delle identità di genere. In questo contesto e con queste finalità la riforma del sistema di istruzione e di formazione, venendo a misurarsi con inediti problemi educativi, contribuisce a realizzare i diritti fondamentali della persona.

L’offerta di formazione va coordinata alle nuove esigenze del mondo contemporaneo e, anche in funzione di queste, occorre garantire che i risultati raggiunti non si disperdano una volta conclusi i vari percorsi di apprendimento. Si tratta, cioè, di rinnovare l’identità delle istituzioni scolastiche, le quali - nel contesto della moltiplicazione tendenziale delle occasioni e delle opportunità formative - sono tanto più chiamate ad affermare la specificità del proprio ruolo sul piano della sistemazione critica dei saperi e della qualità dell’insegnamento.

Il corpus delle conoscenze, infatti, cresce e si modifica con ritmo incalzante, mentre i fenomeni sociali ed economici sono caratterizzati da una variabilità sino a oggi sconosciuta. Inoltre, lo straordinario sviluppo tecnologico segna ormai le condizioni della vita nei suoi molteplici aspetti individuali e collettivi.

Al tempo medesimo il rinsaldarsi e l’intensificarsi dei nostri legami con le nazioni dell’Unione Europea rendono sempre più necessario assicurare agli studenti e alle studentesse della scuola italiana la possibilità di sostenere adeguatamente il confronto internazionale. Nella società del Duemila i beni avranno sempre di più i caratteri della cultura e dell’informazione e proprio tali beni costituiranno un momento rilevante della complessiva attività civile di ogni paese. Se la prospettiva è questa, la formazione dei giovani diventa allora un obiettivo imprescindibile, che non ha più solo un connotato intellettuale, etico e sociale, ma ha anche un’evidente valenza nazionale con forti riflessi sul terreno politico ed economico.

Ai fini di una piena democrazia e di una pacifica articolazione delle relazioni tra i popoli non è quindi indifferente che cultura e capacità di controllo critico dell’informazione siano, come avveniva in passato, il privilegio di poche élites tecnocratiche ovvero siano la dote della grande maggioranza dei cittadini. Certamente una società europea, in cui cultura e informazione siano patrimonio comune, non potrà prescindere dall’antica eredità di tante e illustri peculiarità nazionali. L’identità dell’Europa potrà trovare il suo compimento proprio attraverso la felice contaminazione non solo di consuetudini, di costumi e di tradizioni, ma anche di un patrimonio artistico e letterario, scientifico e tecnico, etico e giuridico, che, specialmente in Italia, affonda le sue radici nel mondo della classicità e nella secolare stratificazione, evidente nell’ambiente stesso, di peculiari esperienze storiche delle popolazioni. Sarà proprio questa dialettica a costituire la caratteristica di un’entità sovranazionale dotata di un privilegio del tutto singolare: quello, appunto, di potersi oggi affacciare in modo inedito sulla scena mondiale, ma recando con sé lo straordinario portato di una storia ricchissima e articolata di popoli tra loro così differenti eppure così vicini.

Si tratta di un’eredità che la scuola è chiamata a trasmettere e a cui la scuola non può non dar voce, specie se, come è comune convinzione ed è già pratica corrente, le scuole si aprono conoscitivamente al loro ambiente circostante, così ricco in Italia, come si è detto, di sedimentazioni della storia e delle tradizioni. Proprio grazie a tale eredità la scuola di domani potrà continuare a essere il luogo elettivo in cui la prassi del confronto spassionato e la libera apertura verso la diversità dovranno essere in grado di fondersi sia con un senso forte della memoria, sia con il coerente impegno verso la ricerca e la diffusione di grandi valori condivisi, sia infine con gli obiettivi di una formazione umanamente ricca, ancorata alla storia peculiare di un paese come il nostro. Una formazione, cioè, disinteressata nella sua fondamentale struttura cognitiva, ma non per questo avulsa da quelli che sono il destino e l’aspirazione di ogni giovane: maturare criticamente la propria giovinezza per inserirsi poi a pieno titolo nel mondo degli adulti, nella multiforme realtà delle professioni e dei lavori. Solo così, del resto, è immaginabile un rapporto tra la scuola e la società che non sia né strumentalmente conformistico, né ideologicamente impositivo, ma realmente fruttuoso per entrambe.

 

 

 

Le ragioni:

Se comune appare a livello internazionale l’urgenza dell’adeguamento dei sistemi formativi, ciascun paese e quindi anche la  scuola tuttavia non possono non muovere nel proprio sforzo di innovazione dalla peculiarità della propria storia e quindi anche dalla specificità della propria organizzazione scolastica.

Il sistema formativo italiano, proprio quando negli anni ‘60 ha cominciato a mettere concretamente in discussione la sua tradizionale vocazione elitaria, ha finito per smarrire quella che pure era la sua sostanziale coerenza. Ha finito, cioè, per diventare un impianto caratterizzato da una evidente discontinuità, sicché oggi le scuole materna, elementare, media e superiore non sono collegate tra di loro; gli indirizzi della scuola superiore rimangono profondamente divaricati; il sistema dell’istruzione nel suo complesso non si raccorda compiutamente all’università, alla formazione professionale e al mondo del lavoro.

Tale situazione si è in un certo senso accentuata anche a seguito degli interventi parziali e non coordinati con i quali, nell’ultimo mezzo secolo, si è cercato di adeguare la scuola ai valori e alle istanze della Costituzione repubblicana e ai processi di trasformazione della società italiana. Tutto ciò non significa evidentemente negare il fatto che, proprio grazie alla scuola, l’Italia abbia potuto negli ultimi decenni correggere via via la sua eredità storica di bassa scolarità, né misconoscere il valore di alcune riforme e gli esiti anche positivi da esse determinate in questo o quel segmento formativo.

E tuttavia è altrettanto difficile non riconoscere - come ad esempio segnala il rapporto OCSE 1998 - che il quadro complessivo del nostro sistema resta ancora segnato “da un accumulo straordinario di questioni e problemi rimasti senza risposta”. La discontinuità tra le diverse parti del sistema di istruzione e la parzialità degli interventi di riforma si sono infatti combinate con la difficoltà nell’affrontare i nodi dell’insuccesso scolastico e della dispersione, con i ritardi sul terreno dell’obbligo formativo, con le carenze delle strutture, con le modalità del reclutamento, della formazione e della condizione professionale dei docenti.

Inoltre, le rigidità di un modello centralizzato e autoreferenziale di gestione della scuola, caratterizzato più da funzioni di regolamentazione che da funzioni di indirizzo e di valutazione, a loro volta non hanno contribuito a innalzare la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento.

Tutto ciò ha concorso non poco a determinare carenze nei livelli formativi delle giovani generazioni, specie al termine delle scuole superiori, sia rispetto alla crescita complessiva dell’Italia, sia rispetto alla sua collocazione nel contesto europeo e mondiale. È una debolezza al tempo stesso quantitativa e qualitativa: essa si misura non solo nei tassi tuttora inaccettabili - rispetto ai paesi europei ed extraeuropei - di ripetenze e di abbandoni, ma si rivela anche nel tipo di istruzione che la scuola è riuscita a dare negli ultimi decenni. Di là dei titoli di studio conseguiti, questa istruzione si va rivelando via via sempre meno adeguata: quote significative della popolazione adulta, pur scolarizzata, tendono a essere sospinte ai margini della fruizione culturale indispensabile per vivere e lavorare in una società complessa.

Ogni strategia di funzionamento di una data istituzione scolastica è consapevole del fatto che rispondere a problemi di tale natura implica avviare un’impegnativa azione di riordinamento del sistema di istruzione e di formazione, a partire da un accertato e accertabile innalzamento qualitativo del livello degli studi. È un compito tanto più difficile e delicato perché oggi ci si trova a riformare scuola e università in un contesto generale in cui, mentre non si dispone di un modello riconosciuto di società, occorre affrontare anche le emergenze legate ai processi di crescente immigrazione, di nuove marginalità e, conseguentemente, alla necessità di nuova alfabetizzazione. E tuttavia è questo il compito irrinunciabile che costituisce la motivazione profonda dei processi di riforma sia del sistema scolastico nazionale che,conseguentemente,di ogni  istituzione scolastica.

 

 

 

Le condizioni:

La scuola intende appunto ricomporre unitariamente tutte le esigenze di ordine educativo e sociale che postulano una formazione in grado di realizzare pienamente la persona umana e di preparare con un più alto spessore culturale e critico il futuro cittadino e il futuro lavoratore: un nesso inscindibile secondo i Principi Fondamentali della Costituzione. Per soddisfare tali esigenze occorre però rispettare alcune condizioni fondamentali:

-riconoscere valore e dignità alle diverse tradizioni di cultura - si pensi solo alle grandi eredità della classicità e del cristianesimo - che si intrecciano e compongono il tessuto peculiare della nazione italiana. Ma si pensi anche alla eccezionale presenza del patrimonio artistico e archeologico (due terzi del patrimonio mondiale) e alla altrettanto straordinaria e variegata presenza di beni culturali immateriali, dai dialetti ancora in uso alle lingue di minoranza, al patrimonio folklorico, etnomusicologico e religioso;

 -affermare a ogni livello della scuola la centralità delle persone che apprendono e riconoscere e tenere quindi in conto, in ogni momento della vita scolastica, come le persone siano diverse per genere, età, ritmi e modalità di sviluppo, classi sociali, religioni, culture, paesi d’origine ed esperienze di vita. L’apprendimento è un processo dinamico e relazionale in cui - anche per consentire il ritrovamento di un significato personale nel comune progetto educativo - va favorita la partecipazione consapevole alle varie esperienze formative e l’atteggiamento di ricerca attiva nella acquisizione della conoscenza;

 -sostenere la rinnovata professionalità dei docenti quali professionisti promotori delle dinamiche di apprendimento e valutatori dei loro esiti. In questo quadro, è importante che i docenti, a tutti i livelli di scolarità, aiutino gli alunni e le alunne a farsi consapevoli del significato vitale, decisivo per il loro esistere, di ciò che imparano;

 -garantire un nuovo rapporto con il mondo del lavoro sia attraverso raccordi al tempo stesso istituzionali e flessibili tra sistema dell’istruzione e canali della formazione e dell’apprendistato, sia attraverso il riconoscimento - all’interno di tutti i curricoli - delle dimensioni della operatività e della cultura del lavoro;   ciò,ovviamente,attraverso spessori e strategie dimensionali d’intervento e di funzione docente che si pongano peculiari della scuola di base e che,quindi,si configurino sul piano dei prerequisiti alle funzioni di orientamento da indirizzare in modo compiuto nella scuola dell’adolescenza.

-potenziare la capacità di autonoma gestione di  ogni scuola (così come per ogni altra scuola)  nel concorrere alla realizzazione delle finalità del sistema educativo pubblico (statale e paritario) di istruzione e formazione, anche in rapporto al costituirsi dei centri territoriali di educazione degli adulti.

 

I soggetti:

I soggetti istituzionali chiamati in causa per realizzare la nuova scuola di base riformata dell’autonomia sono in primo luogo i docenti, i dirigenti scolastici, gli studenti e i genitori. Una istituzione scolastica autenticamente pedagogica ed efficace non può non riconoscere la diversità dei loro rispettivi ruoli e, nello stesso tempo, la loro complementarità.

La scuola italiana ha ormai trovato, al di là delle differenze ideali e culturali, un comune denominatore nella affermazione dell’importanza dell’apprendimento e dunque della centralità degli alunni e delle alunne.

 Lo “Statuto delle studentesse e degli studenti” (D.P.R. del 26. 6.1998, n. 249) è stato un passo significativo nella direzione del riconoscimento di tale centralità.  Ogni va oggi ribadita con forza. Proprio essa, anzitutto, esige una rinnovata qualità dell’insegnamento e, dunque, un ruolo peculiare dei docenti e dei dirigenti scolastici, per i quali vanno previsti il potenziamento della formazione e la corrispondente valorizzazione sociale ed economica.

L’art. 1 della Legge di Riordino dei cicli introduce altresì, nel definire i rapporti tra la scuola e i genitori, il termine pregnante di "cooperazione", legandone il concreto dispiegamento alle nuove opportunità offerte dal decollo dell’autonomia delle istituzioni scolastiche. In questo quadro va ulteriormente rafforzata la funzione delle famiglie e delle loro forme associative.

Un ruolo altrettanto importante è quello che tocca alle autonomie locali.

 A legislazione vigente, esse risultano sempre di più coinvolte nell’assolvimento di funzioni decisive per la vita delle istituzioni scolastiche. Proprio per questo  sarà necessario favorire lo sviluppo di un equilibrato rapporto tra autonomia delle singole istituzioni scolastiche, poteri di indirizzo e di controllo dell’amministrazione centrale e competenze attribuite a regioni e enti locali. In sostanza, l’attuazione della riforma di  ogni scuola,dovrà garantire il carattere unitario del sistema di istruzione e valorizzare insieme il pluralismo culturale e territoriale.

Da una parte, ciò farà naturalmente crescere la consapevolezza che  ogni istituzione scolastica, nella sua specifica autonomia funzionale, è chiamata a rispondere prioritariamente alle esigenze formative di quanti vivono nel territorio. Dall’altra, gli enti locali saranno sollecitati ad andare oltre il ruolo tradizionale di meri erogatori di beni per assumere quello di una cura delle scuole che favorisca la crescente qualità del loro servizio.

 

 

 

 

 

II –  La scuola nella prospettiva del riordino dei cicli e nel quadro complessivo delle riforme approvate:

 

L’iniziativa riformatrice dei governi della precedente  legislatura ha delineato, con l’autonomia, un modello teso a ridurre le cause strutturali dell’insuccesso scolastico e aperto all’innovazione didattica e organizzativa. Tale modello si dispiegherà pienamente nella misura in cui si giungerà a mettere a punto un sistema integrato tra istruzione, formazione e lavoro in grado di ridefinire la funzione stessa della scuola di fronte alle nuove esigenze dello sviluppo.

In questo senso la legge 30/2000,anche se in attesa di essere integrata e corretta (a seguito delle ultime determinazioni ministeriali di politica scolastica di questo luglio 2001), ha rappresentato l’ultimo tassello in ordine di tempo di una complessiva politica riformatrice. Essa si è collegata alle politiche di bilancio, alla riforma della P.A., alle innovazioni introdotte nell’ordinamento istituzionale, alle politiche sociali e del territorio.

L’impulso del Governo e l’iniziativa riformatrice delle Camere hanno fatto sì che oggi ci si trovi in presenza di un organico complesso di norme: l’autonomia, il nuovo esame di Stato, l’elevamento dell’obbligo scolastico, l’obbligo formativo, la parità, l’istruzione e la formazione tecnica superiore e infine il riordino dei cicli. Nel corso della presente legislatura tale corpus potrà e dovrà essere riordinato fino a giungere all’ormai imprescindibile modifica delle disposizioni contenute nel Testo Unico del 1994.

Non può sfuggire la connessione fra i diversi aspetti dell’iniziativa di riforma. L’intervento si è indirizzato a garantire ed estendere il diritto all’istruzione e, contemporaneamente, a creare le condizioni perché esso sia finalizzato al successo negli studi. L’incremento graduale ma consistente, anche in questi ultimi anni, del numero dei giovani diplomati in rapporto alle corrispondenti leve anagrafiche è un risultato certamente soddisfacente e significativo,anche se limitato in raffronto a certe medie più elevate di molti  stati europei.    Accanto a ciò, con il riconoscimento, anche in questo caso graduale, dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, si è voluto dare alle scuole, e alla loro capacità di definire un rapporto positivo con il territorio, gli strumenti istituzionali e la giusta sollecitazione culturale e politica per costruire percorsi autonomi, di valore formativo adeguato, incentrati sulle esigenze degli alunni e delle alunne e quanto più possibile legati anche alle esigenze del territorio. Si è voluto in tal modo attuare un concreto principio di sussidiarietà. Lo stretto rapporto che si stabilisce tra le scuole autonome e le altre autonomie previste dal nostro ordinamento è difatti finalizzato a garantire nel territorio - in un rapporto di mutua sussidiarietà e nel contesto di un diffuso pluralismo culturale - l’effettivo diritto all’istruzione e alla formazione.

Oltre ai grandi obiettivi che si sono realizzati nelle leggi che hanno elevato l’obbligo scolastico, istituito l’obbligo formativo, riordinati i cicli di istruzione, riformato l’esame di stato e introdotta l’autonomia delle scuole, la passata legislatura ha dato vita con la legge 62/2000 a un unico sistema nazionale di istruzione comprensivo di scuole statali e paritarie che, definendo criteri e indirizzi a cui tutte le istituzioni scolastiche devono uniformarsi, assicura quell’equipollenza di trattamento per tutti gli alunni prevista dal 4° comma dell’art. 33 della Costituzione.

Tali riforme hanno rappresentato un intervento specifico nell’ambito delle politiche dell’istruzione, ma si è posta, contemporaneamente, l’esigenza di una integrazione con le politiche della formazione e del lavoro.

Questa esigenza, che si è concretizzata soprattutto nella legge 144/99, deriva dall’analisi dei fattori di cambiamento che si sono venuti a determinare nella realtà mondiale ed europea in particolare. Nell’organizzazione della produzione e del lavoro si sono determinate trasformazioni che hanno fatto sì che il fattore umano sia venuto ad assumere progressivamente un ruolo ed un peso sempre più importanti nel meccanismo produttivo. Ciò comporta l’esigenza di una maggiore formazione complessiva anche a scapito della specifica formazione tecnica e tecnologica che può essere sempre perfezionata in seguito.

Serve più cultura intesa in senso generale, serve una padronanza più alta dell’insieme dei processi. La conoscenza rappresenta, oggi, la risorsa fondamentale per lo sviluppo civile, democratico ed economico ed è, nel contempo, la principale garanzia e il principale strumento per ottenere e riconquistare il lavoro   (oltre a rappresentare sempre il presupposto fondante per la formazione al pensiero critico ed alla ragione etica indirizzati alla ricerca dei valori,delle culturi  e delle cittadinanze il più possibile  condivisi   -universalizzanti “erga omnes”).

Il compito di oggi della  scuola  è quello di misurarsi in positivo sulle scelte strategiche che possano favorire sia l’innovazione di sistema, sia la predisposizione di reali opportunità e risorse educative per gli alunni.

 Lo strumento principale, individuato per realizzare un tale raccordo, è stato l’integrazione fra istruzione, formazione e lavoro che, appunto, si trova al centro di tutti gli accordi stipulati tra Governo e parti sociali in questi anni. Tale integrazione trova anche una sanzione formale nell’art. 88 del D.Lvo. 300/99 che disciplina la riforma dei Ministeri.

Lo stretto rapporto fra le diverse istituzioni eleva la qualità globale del territorio ed è quindi, non a caso, uno dei punti di maggior rilievo della riforma. Attuarla presuppone allora l’esigenza di individuare preliminarmente le coerenti azioni di progettazione strategica e il contesto cui ciascuna di esse deve essere riferita.

Questo comporta il passaggio da una concezione della funzionalità che riflette il punto di vista del centro a una visione in cui emergano come prioritari i bisogni dei singoli sistemi territoriali.

L’obiettivo è in ultima analisi quello di realizzare un modello nel quale le offerte educative e le attività pedagogiche (e,dunque,le politiche scolastiche e le attività socio/formative di società civile e politica)  si integrino in modo strutturato e complementare per evitare di disperdere e sprecare le competenze, le capacità e le conoscenze accumulate nel corpo sociale.

 

 

 

 

 

III - criteri generali per la riorganizzazione dei curricoli della scuola dell’infanzia e della scuola elementare,nella prospettiva delle esigenze e connotazioni della futura nuova scuola di base prevista dalla riforma dei cicli :

 

I riferimenti normativi:

Ogni scuola,nella definizioni delle diverse programmazioni e progettazioni d’istituto,viene a riferirsi al principio pedagogico/teleologico  riportato all’art. 1 della L.30/2000,laddove viene affermato che    “Il sistema educativo di istruzione e di formazione è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e delle identità di ciascuno, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori”.

 Questa indicazione implica una rinnovata attenzione alla centralità delle persone che apprendono e si colloca all’interno di una precisa finalità indicata nel periodo successivo: “La Repubblica assicura a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le conoscenze, le capacità e le competenze, generali e di settore, coerenti con le attitudini e le scelte personali”.

I contenuti della legge e il richiamo esplicito al regolamento dell’autonomia consentono di individuare importanti criteri per definire i curricoli delle diverse progettazioni e le conseguenti programmazioni didattico/organizzative,didattico/gestionali,didattico/educative e di aggiornamento/formazione.

 Gli interventi mirati allo sviluppo della persona umana, per essere finalizzati al successo formativo e al miglioramento della qualità della funzione docente (dunque,del contestuale sistema di istruzione), devono essere “adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti” e devono essere coerenti “con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione” (cfr. art. 1, comma 2 del Regolamento sull’autonomia).

Dalle indicazioni richiamate e dai contributi della più recente normativa giuridica e della odierna ricerca pedagogica sulla didattica della scuola, emerge la necessità  di un curricolo definito in modo diverso da quanto finora avvenuto.

 Esso non è più un dato a priori a cui ciascun docente ed ogni realtà scolastica di plesso sono tenuti ad uniformarsi, ma il risultato della capacità progettuale diversificata/differenziata e complessa/articolata di tutto il contesto di funzione docente di ogni istituzione scolastica; e,per ciò stesso,sintesi unitaria di esigenze diverse.

In questo senso,i curricoli d’insegnamento/apprendimento definiti e realizzati nelle istituzioni delle scuole elementare e materna debbono (in coerenza con l’ art. 8, commi 3 e 4 del Regolamento dell’autonomia):

-garantire il carattere unitario del sistema di istruzione nazionale  e valorizzare il pluralismo culturale e territoriale;

-tenere conto dei bisogni formativi degli alunni, concretamente rilevati, delle esigenze e delle attese dalle famiglie;

-tenere conto delle domande e delle attese espresse dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economici del territorio.

 

 

 

I  caratteri essenziali ed i criteri generativi dei curricoli:

Il passaggio da un sistema di istruzione centralistico alla scuola dell’autonomia, l’articolazione dei percorsi di apprendimento all’interno di cicli più lunghi e unitari, nonché le finalità generali più volte richiamate, richiedono che si individuino e si cerchino di indirizzare alle progettualità ed alle  programmazioni didattico/educative e gestionali/organizzative di ogni istituzione scolastica , già nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, dei criteri generali di riorganizzazione dei curricoli coerenti con tali prospettive finalistiche.

Ogni istituzione scolastica deve tener  conto del fatto che già nel documento del marzo 1998, elaborato dalla Commissione dei cosiddetti saggi, si sottolinea come la scuola non possa più “inseguire l’accumulazione delle conoscenze” e come occorra “predisporsi a un diverso modo di articolare i programmi che parta da argomenti essenziali intorno ai quali costruire i curricoli”.

 In continuità con queste affermazioni cercheremo,dunque,di individuare e formulare  tali fondamentali criteri per la riorganizzazione dei curricoli dei progetti e delle programmazioni di scuola elementare e materna.

Tra questi criteri vanno innanzitutto rinvenuti  l’essenzialità, la storicità e la problematicità dei diversi contenuti esperenziali,di campo cognitivo,di ambito disciplinare e di specifica materia da introdurre nella enunciazione e nella processualità curricolare delle unità d’insegnamento/apprendimento.

 Ciò comporta una forte attenzione alla prospettiva critica e alla dimensione problematica dei percorsi della ricerca che hanno portato alla sistemazione attuale delle conoscenze.

In questo senso,i criteri di costruzione dei curricoli devono fare riferimento a quelle finalità del sistema che, a partire dall’attenzione alla crescita e alla valorizzazione della persona umana, si propongono di formare menti aperte e critiche, in grado di leggere e interpretare la realtà, di comprenderne i cambiamenti, di orientarsi in essa secondo ragione. Dovranno essere allora criteri congrui con le finalità generali del sistema, significativi nelle scelte di contenuto, eticamente connotati dalla esigenza di intrecciare sapere e valori condivisi.

Questi primi criteri richiamano quelli della progressività e della gradualità del curricolo, indispensabili per evitare il ripetersi e il sovrapporsi, senza organico collegamento, degli stessi contenuti a scapito della motivazione all’apprendimento e quindi dello stesso esito formativo.

La progressività e la gradualità del curricolo possono, invece, assicurare l’unitarietà della formazione dai tre ai diciotto anni, pur nelle distinzioni richieste dai ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e delle identità di ogni alunno,rafforzando peraltro la valenza orientativa dell’apprendimento.

Questa va infatti intesa come consolidamento della capacità di ogni soggetto di sviluppare il senso di sé e, per questa via, una propria autonoma capacità di scelta. L’attenzione al soggetto, con i suoi tempi personali e differenziati di apprendimento, con le sue diversità di storia, identità e cultura, suggerisce inoltre di costruire curricoli flessibili, che possano essere ampliati o articolati, ma anche rivisti e modificati nel tempo.

I curricoli così organizzati mirano a raggiungere, durante e a conclusione di ogni ciclo e di ogni grado scolastico, la durevole acquisizione di competenze  intese  quali  capacità di padroneggiare  e di utilizzare le conoscenze in un contesto dato.

 Sarà perciò necessario che i curricoli di ogni istituzione scolastica,abbiano una organicità di impianto, vale a dire una corrispondenza tra obiettivi generali, obiettivi specifici, discipline e attività d’insegnamento/apprendimento,e  che siano effettivamente perseguibili e realizzabili da parte di docenti e discenti   (ancorché,ovviamente, comprensibili anche per utenza ed ogni altro soggetto storico che partecipa o si relaziona con i diversi settori istituzionali della vita scolastica).

La definizione dei curricoli andrà, poi, opportunamente sostenuta da un’attenta riflessione sulla mappa dei saperi contemporanei, sugli statuti epistemologici e formativi delle discipline, sull’importanza della dimensione operativa delle stesse. Indicazioni fondamentali e strutturali si rinvengono,in questo senso,nei Programmi  scolastici del 79 e dell’85; e negli Orientamenti del 91.

 

   Come si è visto,la legge 30/2000 colloca comunque la scuola di base come snodo all’interno del sistema,a prescindere che la stessa legge (dopo l’attesa sua revisione/integrazione e correzione governativa preannunciata dal Ministro Moratti in questo luglio 2001)  articoli la stessa scuola di base in distinte scuola elementare e scuola media,ovvero se la configuri sul piano ordinamentale in ragione di un’unica scuola di grado unitario.

    Lo "stare in mezzo" di un "ciclo lungo" tra la scuola dell’infanzia e quella secondaria diviene una scelta strategica che trova le sue linee orientanti nell’idea guida di un curricolo progressivo e da formulare sempre all’insegna della continuità di tutti gli itinerari d’insegnamento/apprendimento e di organizzazione strategica delle pianificazioni didattiche della funzione docente   (comunque sia,nell’idea guida di un curricolo non più conclusivo dell’obbligo scolastico).

   Tale curricolo si caratterizza per la padronanza di competenze di base che si aprono a un successivo sviluppo.  In tale contesto occorre allora costruire comunque una virtuosa continuità con la memoria e il patrimonio delle due attuali scuole - elementare e media - per ridefinire una nuova identità.

L’unitarietà e la continuità della scuola elementare con la scuola media (che,comunque,si pongono in quanto scuole correlate da un rapporto di nesso/distinzione e che rinvengono nel concetto di scuola di base il comune denominatore delle loro cifre istituzionali e pedagogico/didattiche) deve porsi quale fondamentale criterio dell’articolazione dei curricoli di studio e delle aggregazioni dinamiche/sistemiche tra ambiti e discipline. Il passaggio dagli ambiti più generali del sapere e dell’esperienza alle discipline più formalizzate e definite è un passaggio necessario e  -proprio perché sia recepito da ciascuno in modo significativo e valoriale- non può essere lineare o meccanico. Tale passaggio si costruisce infatti non per accumulo successivo quanto piuttosto per successive specificazioni e si declina all’interno di una unità della cultura capace di favorire l’integrale formazione della persona.

   Nell’intero curricolo della scuola elementare (in quanto,comunque sia,grado scolastico in rapporto sistemico con la scuola media) vengono a intrecciarsi l’esperienza personale dei discenti con l’utilizzazione graduale dei saperi formalizzati: le discipline scolastiche divengono allora per gli alunni e le alunne strumenti conoscitivi con cui interpretare, in modo ricco di senso, i vari campi del reale. La continuità con la scuola dell’infanzia, in termini curricolari, si esprime nel proseguire una riflessione che muove da un legame forte con le esperienze, passando via via a forme più pronunciate di astrazione; la continuità con la scuola secondaria si realizza mediante la ulteriore formalizzazione dei saperi in campi disciplinari saldandosi con il completamento dell’obbligo scolastico collocato nel ciclo secondario.

    Articolazione di scuola elementare e media in rapporto di nesso/distinzione e,comunque sia, di pervasivo raccordo didattico/pedagogico ed gestionale/organizzativo di continuità istituzionale,quindi, non può significare frammentazione, ma piuttosto individuazione di snodi, né unitarietà può essere tradotta in appiattita uniformità.

  Gli approcci didattico/educativi e didattico/organizzativi della continuità,oggi, della scuola elementare  con la scuola media,debbono anche esplorare tutte le ipotesi che assicurino e garantiscano queste prerogative di fondo.

 

 

 

 

La valutazione:

Nella scuola elementare inquadrata già nell’ottica strategica e pedagogica della scuola di base, la valutazione acquista una rilevanza particolare, anche considerando che la legge di riordino dei cicli n.30/2000 prevede,per il futuro, a conclusione del ciclo un esame di Stato con esplicita valenza orientativa per l’ingresso nella scuola secondaria.

 Una chiara definizione dei profili di uscita, costruiti secondo la logica di progressività di scuola elementare e scuola media, diviene allora la condizione di una corretta prassi valutativa.

 

 

 

 

 

 

Le comparazioni internazionali:

L’elemento innovativo di fondo determinato dalle strategie riformatrici in corso (destinato a cambiare profondamente il concetto di sistema educativo e di scuola)  consiste nel fatto che la necessità di formazione per tutto l’arco della vita riformula e riprospetta anche più funzionali termini del rapporto tra istruzione e formazione extrascolastica,parascolastica e postscolastica.

Nell’ottica della educazione permanente e ricorrente, i curricoli della scuola elementare e materna, pur tenendo conto della specificità delle fasi del processo evolutivo, dovranno mirare alla permanenza, nella persona dell’educando, di alcuni repertori di competenze necessari per ogni successivo apprendimento.

Perciò, si dovrà rivolgere particolare attenzione nel costruire i curricoli alle competenze essenziali di base per una cittadinanza consapevole.

 Tra queste spiccano certamente quelle linguistiche e matematiche.

Il controllo degli strumenti linguistici, della lingua nazionale e degli strumenti matematici è la chiave d’accesso a ogni sapere posseduto in modo sistematico e critico.

 In questo senso, i modelli internazionali forniscono indicazioni importanti, anche se tali indicazioni devono essere naturalmente interpretate ed accolte valorizzando la tradizione culturale italiana.

 

 

 

 

La valorizzazione dello studio delle lingue e l’impiego delle tecnologie didattiche:

   Deve rinvenirsi negli obiettivi a lungo termine di politica scolastica e nelle prospettive pedagogiche essenziali di ogni  istituzione scolastica,il voler formare alunni che,in quanto cittadini della società del futuro,siano in grado di acquisire sempre più il possesso di competenze linguistiche e informatiche che consentano di estendere e ampliare le conoscenze già in possesso di ciascuno.

 La legge di riordino dei cicli e la nuova prospettiva didattica della scuola dell’autonomia, richiedono che ogni data istituzione scolastica, nel costruire i suoi curricoli, ponga particolare attenzione a questi ambiti, soprattutto in considerazione del fatto che tali competenze costituiscono validi strumenti per migliorare l’apprendimento in ogni campo del sapere.

   In questo senso,si è ben consapevoli che occorre perciò porsi in primo luogo anche il problema di costruire i curricoli di queste discipline (le lingue, l’informatica).

  Occorre purnondimeno evitare di dare alle stesse mero carattere strumentale e quindi viene a  necessitare il  mantenere sempre l’equilibrio necessario tra valenza conoscitiva e dimensione operativa strumentale degli impegni apprenditivi/formativi  e  delle conseguente  competenze  acquisite.

Nel costruire  i  curricoli delle progettazioni e delle programmazioni didattiche,  occorre creare occasioni concrete e continue di rapporto significativo ed umanisticamente funzionale tra l’apprendimento della lingua straniera e dell’informatica e quello delle altre discipline.

 Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e la capacità d’uso di una  lingua straniera devono diventare strumenti essenziali per la maturazione di tutte le competenze e per l’introduzione di nuovi modelli di apprendimento e di organizzazione della didattica.

 

 

 

 

 

 

La dimensione temporale dei curricoli:

L’articolo 8 del regolamento dell’autonomia prevede che il Ministro della pubblica istruzione, rispettando precise procedure, definisca per i diversi tipi e indirizzi di studio, oltre agli obiettivi generali del processo formativo e agli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni, anche:

§:le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale;

§:l'orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche;

§:i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attività della quota nazionale del curricolo.

Per coerenza con le indicazioni della legge e del regolamento sull’autonomia, nella quota obbligatoria di competenza delle scuole, si dovranno considerare le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale; della programmazione territoriale dell’offerta formativa; della domanda delle famiglie e delle caratteristiche storico/personali dei soggetti coinvolti.

In particolare la personalizzazione dei percorsi formativi dovrà essere razionalizzata  proprio sulla base delle esigenze degli alunni, dei loro interessi e dei loro ritmi di apprendimento.

 Il rispetto di questa istanza porta a dire che non necessariamente tutta la quota di competenza delle scuole debba essere riservata a discipline o attività tradizionalmente intese: una parte potrà essere destinata ai percorsi individualizzati (di accoglienza, di orientamento, di riorientamento, di recupero, di approfondimento, di valorizzazione dei livelli di eccellenza) non sempre riconducibili ad attività e insegnamenti disciplinari (cfr. art. 4 del regolamento sull’autonomia).

Per quanto concerne invece "i limiti di flessibilità temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attività della quota nazionale del curricolo" previsti dall’art. 8 del regolamento dell’autonomia, sembra ovvio  ritenere  che il ricorso a questa forma di flessibilità debba in ogni caso rispettare la peculiare fisionomia della quota nazionale dei diversi curricoli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1:4:           NATURA E FINALITA’  DELLA SCUOLA MATERNA:   CARATTERIZZAZIONI PEDAGOGICO/ISTITUZIONALI,STRATEGICO/GESTIONALI, DIDATTICO/ORGANIZZATIVE E  DIDATTICO/EDUCATIVE  :

 

 

 

 

I° -   Premessa :   La scuola materna di ogni istituzione ha finalità d’educazione,di sviluppo della personalità e di preparazione alla scuola di base dell’obbligo integrando l’opera della famiglia.

I principali fattori che configurano la scuola materna statale in quanto istituzione,sono i seguenti:

-alunni: accolti dai tre ai sei anni;

-sezioni: dieci di cui quattro a turno normale e sei a turno ridotto;

-orario giornaliero di attività educative:-cinque ore giornaliere (da lunedì a venerdì,escluso il sabato),per quanto riguarda le sezioni a turno ridotto; e  -otto ore giornaliere (da lunedì al venerdì,escluso il sabato),per quanto riguarda le sezioni a turno normale;

 

-docenti;

-organi collegiali;

-POF,progetti,programmi (i vigenti Orientamenti 91) e programmazioni;

-calendario scolastico;

-edilizia,arredi,sussidi e materiale didattico;

-servizi assistenziali di supporto richiesto all’Ente Locale.

L’autonomia istituzionale comporta il libero esercizio della professionalità e della progettualità,nell’ambito di una didattica condivisa e razionalizzata,nonché l’esigenza di tenere conto anche dell’esperienza dei bambini.

   L’autonomia didattica,organizzativa ed educativa devono risultare sinergici ed in continuità con gli altri segmenti del sistema scolastico di base.

   Ogni istituzione,partendo dalla consapevolezza che il bambino è un soggetto di diritti tutelati dalla Costituzione e dai Documenti Internazionali sui diritti dell’infanzia,deve ribadire lo spessore sociale e pedagogico che la scuola materna assume nella società odierna,individuando la funzione fondamentale di quest’ultima nel suo porsi quale scuola di grado preparatorio e nel suo connotarsi come istituzione che deve operare mantenendo una visione unitaria dell’alunno,dell’ambiente che lo circonda e delle relazioni che lo qualificano.

   Così,ogni attività didattico/progettuale e didattico/educativa della scuola materna deve considerare preliminarmente l’esperienza vissuta da ogni bambino,i condizionamenti socio/culturali e familiari che ne derivano, e le diverse caratteristiche psico/evolutive dell’infanzia scolarizzata.

    Il progetto di  scuola materna delle  sezioni si costruisce attorno ai seguenti significativi aspetti strutturali:

   -Le finalità educative assegnate alla scuola materna,che si fondano sulla centralità del bambino che,così,viene rappresentato nella sua diversità e come soggetto attivo,impegnato in una continua interazione con la famiglia,i pari,gli adulti,l’ambiente,le diverse fonti di cultura,i mass/media e le strumentazioni informatiche;

   -le dimensioni e le fasi dello sviluppo psicofisico del bambino; anche in relazione al vissuto ed alle diversità del bambino;

   -il riferimento ai sistemi simbolico/culturali; che coinvolgono il bambino in un continuum pervasivo di interazioni e di relazioni umane,interpersonali e comunicazionali; e che si configurano quale tessuto strutturale di ogni forma di educazione,acculturazione e socializzazione dell’infanzia;

   -le specifiche prospettive pedagogico/istituzionali e le peculiari connotazioni didattico/metodologiche della funzione docente; da pianificare,organizzare e gestire progettualmente e curricolarmente in stretto raccordo di continuità con la scuola di base;

   -il riferimento alla multiculturalità,che si pone quale fondamento della convivenza democratica e della valorizzazione del potenziale umano/educativo di ciascuno; del rispetto della dignità della persona, e della valorizzazione,quindi, della diversità e delle differenze individuali;

   -la valorizzazione del gioco,attraverso il quale il bambino vive,realizza ogni sua esperienza e svolge tutte le sue dimensioni relazionali emotivo/affettive ed etico/intellettivo/cognitive;

   -la valorizzazione dell’esplorazione e della ricerca,attraverso cui il bambino può acquisire ogni risorsa/opportunità per confrontare situazioni,porre problemi,costruire ipotesi e,quindi,esercitare i diversi suoi approcci intellettivo/cognitivi rivolti alle prime forme di concettualizzazione e di rappresentazione simbolica di vissuti ed esperienze,di realtà d’ambiente e di stati emotivo/affettivi,di sentimenti socio/etici e di percezione motoria;

   -la pedagogica osservazione e considerazione valutativa delle diverse dimensioni e dei diversi aspetti costitutivi della personalità del bambino;

   -gli approcci progettuali e di programmazione che connotano la razionalizzazione didattica delle diverse esperienze educative e che si configurano in ragione di pianificazioni curricolari delle sequenze formative d’insegnamento/apprendimento; ciò,realizzandosi questo impianto didattico/strategico e progettuale/curricolare attraverso la definizione sempre dinamica di “campi d’esperienza” (campi d’esperienza che,evitando nozionismi e precocismi,si configurano quali percorsi metodologici strutturati in modo tale da consentire una programmazione didattico/educativa il più possibile scientifica e,nello stesso tempo, correlata con i bisogni formativi e con le condizioni dell’apprendimento del bambino);

   -la necessità di poter contare su docenti la cui preparazione culturale e la cui formazione professionale si pongano quale valido presupposto di un profilo di competenze e padronanze di ruolo degli stessi insegnanti congruo per  le aspettative di funzione docente della scuola materna d’oggi.

 

 

 

 

II:   FINALITA’ FORMATIVE :

La scuola materna concorre,nell’ambito del sistema scolastico,a promuovere la formazione integrale della personalità dei bambini dai tre ai sei anni di età,nella prospettiva della formazione di soggetti liberi,responsabili ed attivamente partecipi  alla vita della comunità locale,nazionale ed internazionale.

   Essa persegue sia l’acquisizione di capacità e di competenze di tipo comunicativo,espressivo,logico ed operativo,sia un’equilibrata maturazione ed organizzazione delle componenti cognitive,affettive,sociali e morali della personalità apportando con questo il suo specifico contributo alla realizzazione dell’uguaglianza delle opportunità educative.

   La determinazione delle finalità della scuola dell’infanzia deriva dalla visione del bambino come soggetto attivo,impegnato in un processo di continua interazione con i pari,con gli adulti,l’ambiente e la cultura.

   In questo quadro,la scuola materna deve consentire ai bambini ed alle bambine che la frequentano di raggiungere avvertibili traguardi di sviluppo in ordine all’identità,all’autonomia ed alla competenza.

a)   Le finalità formative della scuola materna di ogni istituzione,si fondano sui seguenti presupposti:

   -§:I bambini è un soggetto portatore di diritti inviolabili riconosciuti dalla Costituzione e dalle Dichiarazioni internazionali;

   -§:Al modello di scuola materna come luogo di vita è subentrato quello di scuola come agenzia di educazione pedagogica il cui specifico è la progettazione e la realizzazione di processi d’insegnamento/apprendimento e di formazione metaculturali e metanaturali,in ragione di una visione unitaria del bambino ed in riferimento alla formazione integrale della sua personalità;

   -§:Profonde e complesse trasformazioni in rapide evoluzioni dei contesti socio/culturali,politico/economici e geografico/paesaggistiche; ciò,dunque,in riferimento ai seguenti fenomeni:il diffondersi di una pluralità di modelli antropologici e di comportamento;le nuove forme d’informazione;la proliferazione di luoghi di produzione e di consumo;l’insicurezza sui valori educativi ed umani;-il diffondersi dei linguaggi multimediali;-l’irruzione dei mezzi telematici ed informatici;-l’espandersi di situazioni umane scolastiche e sociali di multiculturalità e di gruppi etnici plurimi;-l’intolleranza ed il razzismo.

-§:La scuola dell’infanzia deve favorire lo sviluppo armonico ed integrale della personalità ed il riconoscimento di esigenze di ordine materiale e non materiale in un intenso clima di affettività positiva e di ludico atteggiamento relazionale.

-§:la scuola dell’infanzia deve favorire l’acquisizione di capacità e di competenze di tipo comunicativo,espressivo,logico ed operativo; nonché una integrale armonica maturazione ed organizzazione delle componenti cognitivo/intellettive,emotivo/affettive,etico/sociali ed empatico/relazionali, concorrendo in questo modo alla realizzazione della uguaglianza delle opportunità educative.

 

  b)La scuola dell’infanzia si prefigge di raggiungere le seguenti finalità formative di fondo:-maturazione dell’identità; -conquista dell’autonomia e –sviluppo delle competenze.

        Le mete educative di queste finalità sono le seguenti:

§:Per la maturazione dell’identità:

-Rafforzare l’identità sotto il profilo corporeo,intellettuale e psicodinamico,facendo acquisire atteggiamenti di sicurezza,stima di sé,fiducia nelle proprie capacità,motivazione alla curiosità;

-fare riconoscere ed apprezzare l’identità connessa alla differenza dei sessi;

-fare cogliere la propria identità culturale ed i valori specifici della comunità di appartenenza non in forma etnocentrica,ma in vista della comprensione di comunità e culture diverse dalla propria;

§:Per la conquista dell’autonomia:

-Sviluppare le capacità di orientarsi e di compiere scelte autonome;

-fare scoprire,interiorizzare e rispettare nella prassi di ogni linguaggio/comportamento     i  valori universalmente condivisibili di persona e di bene comune;di libertà e di rispetto di sé,degli altri e dell’ambiente;di solidarietà  e  giustizia ;   di impegno ad agire per il bene comune;

§:Per lo sviluppo della competenza:

-consolidare le abilità sensoriali/motorie e le capacità percettivo/rappresentative; le competenze cognitivo/intellettive e linguistico/comportamentali; le padronanze emotivo/affettive e le relazionalità socio/etiche conviviali gradualmente affrancate dall’egocentrismo genetico;

-avviare alla riorganizzazione dell’esperienza in termini di rappresentazione percettiva e di astrazione concettuale sia pur legate alla rigidità dell’universo fenomenico e di ogni vissuto esperenziale;   

- avviare conseguentemente alla esplorazione ed alla ricostruzione della realtà di tali vissuti esperenziali e del contestuale universo di relazioni dirette ed indirette;vale a dire promuovere la ristrutturazione delle valenze,delle variabili e degli elementi/dati storico/fenomenologici dell’ambiente percettivo e rappresentativo;

-stimolare e sollecitare alla produzione ed interpretazione di messaggi e testi,mediante l’utilizzazione di vari strumenti linguistici,di codici di comunicazione,di alfabeti concettuali generativi dei diversi sistemi simbolico/culturali; e,dunque,delle nozioni strutturali che sottende ciascun campo d’esperienza;

-valorizzare l’intuizione,l’intelligenza cognitiva,socio/etica ed estetico/espressiva; ed i diversi linguaggi di relazione interpersonale verbale e di comunicazione grafico/pittorica/simbolica;

-promuovere,conseguentemente,la comprensione,la rielaborazione e la comunicazione di conoscenze relative ad ogni specifico campo d’esperienza;

-sollecitare l’intuizione correlata all’intelligenza creativa del pensiero divergente; e la capacità di procedere alle prime elementari forme di pensiero logico/concreto per ipotesi,induzioni e deduzioni che avviino alle genetiche connotazioni della reversibilità cognitiva e dell’invarianza delle nozioni intellettive organizzatrici/strutturali.

 

 

 

 

 

   III: Considerazione delle diverse dimensioni dello sviluppo,degli apprendimenti formativi e delle aree maturazionali della personalità del bambino:

 

   La scuola materna di ogni istituzione deve progettare ogni attività educativa ed ogni programmazione didattica in ragione delle seguenti necessità pedagogico/educative richiamate dalle diverse dimensioni di sviluppo di ciascun “diverso” bambino:

-   Considerazione di ogni alunno in ragione della sua storia personale e del complesso patrimonio di atteggiamenti,capacità ed orientamenti che ha acquisito nell’ambiente familiare e socio/culturale di provenienza; nonché sulla base del suo corredo genetico;

-   Considerazione che nel profilo psico/sociale e storico/esistenziale di ogni alunno sussiste,comunque sia,un soggetto attivo,curioso,interessato a conoscere ed a capire,capace di interagire con gli altri e di servirsi della loro mediazione per conoscere e modificare la realtà;

-Considerazione che lo sviluppo delle competenze e dei diversi aspetti maturazionali della personalità di ogni bambino,viene a riguardare cambiamenti considerevoli che interessano sia lo sviluppo percettivo/motorio,comunicativo,logico e relazionale,sia le dinamiche affettivo/emotive,sia la costruzione dei rapporti e l’acquisizione delle norme sociali;

 -Considerazione che lo sviluppo cognitivo,partendo da una base percettiva,motoria e manipolativa,si articola progressivamente in direzioni sempre più simbolico/concettuali;

-Considerazione che l’interazione affettiva rimane il principale contesto entro il quale il bambino costruisce e sviluppa le sue relazioni sociali ed i suoi schemi conoscitivi,servendosi della mediazione interpersonale per strutturare i significati e per interpretare la realtà;

-Considerazione che la concettualizzazione si sviluppa a partire da una rappresentazione globale degli eventi abituali propri del vissuto familiare e sociale,caratterizzati da uno scopo e  definiti da sequenze spazio temporali in cui oggetti ed attori hanno una parte e sono casualmente connessi;

-Considerazione che la ricostruzione di eventi complessi e l’ordinamento di concetti avvengono attraverso relazioni di significato che rimandano innanzitutto al vissuto individuale e soltanto successivamente pervengono a connessioni di carattere generale;

 -Considerazione che,ferma restando l’importanza del gioco in tutte le sue forme ed espressioni,il gioco di finzione,di immaginazione e di identificazione rappresenta l’ambito privilegiato in cui si sviluppa la capacità di trasformazione simbolica;

-Considerazione che l’evoluzione maturazionale e lo sviluppo della personalità viene a riguardare,altresì,la capacità e la competenza del bambino ad elaborare ed a trascendere sul piano della consapevolezza cognitiva e della graduale sempre più condivisa razionalizzazione socio/etica, i diversi sentimenti,emozioni,bisogni,desideri,stati empatici,approcci transferiali di finzione/immaginazione/identificazione,nonché  motivazioni intrinseche/estrinseche; e,così,anche le norme/regole etiche e la loro progressiva interiorizzazione/transferialità oltre il piano strettamente cognitivo/intellettivo,fino ad espandersi nel contesto di ogni diverso vissuto esperenziale/interpersonale, sulla base dei sentimenti di empatia che tali norme/regole  presuppongono relazionalmente   (con ciò,sollecitandosi una sempre più matura formazione emotivo/affettiva ed etico/sociale);

-Considerazione che lo sviluppo non va visto come un fatto esclusivamente funzionale,ma va interpretato sempre in relazione ai contesti di socializzazione e di educazione nei quali si svolge;

-Considerazione che ogni approccio valutativo delle diverse dimensioni di sviluppo e delle aree di formazione della personalità del bambino,deve privilegiare le rappresentazioni e le osservazioni che inquadrino i contesti dei linguaggi/comportamenti più dei criteri quantistici  indirizzati a rigide classificazioni di griglia/misurazione;

-Considerazione che questa prospettiva didattico/pedagogica  e di analisi delle dimensioni dello sviluppo del bambino,richiede il continuo olistico riconoscimento delle difficoltà cognitive,delle esigenze emotive e delle richieste affettive di ciascuno; nonché la precisa consapevolezza che il modo in cui ogni bambino percepisce se stesso nella sua situazione sociale ed educativa costituisce una condizione essenziale per la sua ulteriore crescita personale;

 

 

 

 

IV:        Sui rapporti tra sistemi simbolico/culturali di ambiente e di vissuto esperenziale extrascolastico; di funzione docente della scuola materna; e di relazionalità fenomenologica nel vivo del rapporto con i pari e le figure parentali:

 

      L’attività educativa della scuola materna di ogni istituzione scolastica,viene a sollecitare,a promuovere ed a rappresentare sul piano didattico/pedagogico dei  rapporti tra sistemi simbolico/culturali e soggettività dei bambini che si possono  riassumere attraverso i seguenti costrutti di sintesi:

-le basi della simbolizzazione  si sviluppano nell’età della scuola materna fino alla capacità e competenza del bambino di avvalersi ,sia in termini di fruizione che di produzione,di sistemi di rappresentazione riferibili a diversi tipi di codice;

 -i sistemi simbolico/culturali che entrano nell’universo di relazione e di interazione con ciascun bambino,raccolgono ed ordinano complessi di significati culturalmente e storicamente determinati che trasmettono informazioni diverse in funzione dei soggetti comunicanti,dei mezzi di comunicazione e di espressione loro proprie,e permettono di costruire rappresentazioni e descrizioni in grado di restituire all’acquisizione simbolico/rappresentativa dell’alunno fruitore degli aspetti significativi della realtà storico/naturale/esistenziale e di ogni vissuto di relazione interpersonale/intrapersonale;

-i sistemi simbolico/culturale consentono di mediare il rapporto con il mondo attraverso un attivo scambio di significati e di transazioni fra le diverse prospettive personali,grazie all’impiego dei linguaggi verbali e non verbali nelle forme e nei codici/alfabeti definiti dalla cultura d’origine/appartenenza  ed alla possibilità concessa a ciascun soggetto di poter strutturare ed esternare il proprio individuale modo di pensare,di sapere/conoscere,di comunicare,di saper fare e di saper essere;

 -i sistemi simbolico/culturali si pongono quali forme di organizzazione della conoscenza,del sapere e della cultura degli adulti, ed,in particolare,dei professionisti della funzione docente scolare (oltrechè delle agenzie extrascolastiche);

-i sistemi simbolico/culturali si pongono quali fonti culturali di conoscenza e di alfabetizzazione concettuale attraverso cui predisporre e rappresentare i diversi significati ed i quadri di competenza/abilità/padronanza sulla cui base comunicazionale avviare ad attività didattico/educativa ed  ad impegno apprenditivo gli alunni;

-i sistemi simbolico/culturali offrono al bambino gli strumenti cognitivo/intellettivi  per raggiungere sempre più elevate forme di sviluppo,di maturazione e di apprendimento, in ragione di una pluralità di forme di intelligenza e di una integralità di funzioni della personalità;

-i sistemi simbolico/culturali si configurano sempre,pur nella loro diversità,entro una continua connessione esistente tra il conoscere,il sapere,il saper fare,il saper essere,il capire,l’intuire,il comprendere,il sentire,l’agire ed il fare; in raffronto alla pluralità di intelligenze costitutive del dinamismo e del dispositivo strutturale delle funzioni cognitivo/intellettive.

   

 

 

 

 

    Sulla continuità educativa tra scuola materna e le altre scuole; e tra l’ambiente scolastico e le agenzie di formazione/socializzazione extrascolastiche   (sui significati di continuità orizzontale e di continuità verticale nella prospettiva dell’offerta formativa scolarizzata):

 

   L’attività didattica ed educativa della scuola materna deve perseguire,progettare e realizzare itinerari di continuità didattico/educativa e pedagogico/istituzionale,”verticale” ed “orizzontale” riassumibili nei seguenti prospetti descrittivi:

-l’identità culturale del bambino,da cui l’attività didattico/educativa della scuola dell’infanzia ed ogni progettualità prendono le mosse,si pone quale sintesi e struttura di relazioni tra variabili storiche,esistenziali ed ambientali che costituiscono un intreccio di influenze psicosociali sulla formazione del bambino;

 -la continuità tra l’attività didattico/educativa e progettuale della scuola materne con le altre scuole,realizza quella compensazione di interventi psicopedagogici in raffronto a talune forme di non corrispondenza funzionale tra età anagrafica dell’alunno e grado di scuola frequentata;

-ogni attività didattico/educativa ed ogni momento/aspetto di scolarizzazione  debbono sempre porsi in continuità e complementarietà/integrazione con le esperienze storiche,esistenziali,fenomenologiche ed extrascolastiche del bambino,attraverso una continua mediazione pedagogica verso comuni finalità di sviluppo educativo dei suoi vissuti di relazione interpersonale; e di ogni influenza formativa descolarizzata che esercitano sullo stesso educando l’ambiente,i mass/media,le figure parentali,i pari ed ogni altra figura di socializzazione/acculturazione;

-la scuola materna deve essere titolare e promotrice di un sistema di rapporti interattivi,policentrici ed interfunzionali con le altre agenzie educative del territorio (famiglia compresa);in cui la stessa scuola materna  si configuri quale contesto educativo e di apprendimento raccordato/integrato con tutte le risorse,le opportunità,le esperienze e le influenze formative del bambino risultanti collaterali,parallele,precedenti o susseguenti alla sua azione istituzionale; dunque,risorse/opportunità del territorio,dell’ente locale,della famiglia,di ogni altra agenzia di socializzazione e di educazione extrascolastica;e peraltro provenienti dall’universo dei mass/media e dell’informazione computerizzata;

-la continuità si pone anche verticale,attraverso pianificazioni curricolari,progettazioni didattico/educative e programmazioni istituzionali dell’attività didattico/organizzativa,didattico/educativa  e dei processi d’insegnamento/apprendimento,che raccordino ogni esperienza pedagogica ed ogni risultato di valutazione in prospettive istituzionali di gradualità di funzione docente e di funzione discente,in riferimento ai diversi gradi/livelli di scolarizzazione degli alunni;

-la continuità verticale ed orizzontale sarà,così,perseguita attraverso apposite programmazioni didattiche ed educative,e quindi attraverso progettazioni e pianificazioni curricolari, che realizzino in concreti itinerari operativi le prospettive d’intervento sopra profilate.

-risultano condizioni essenziali (per assicurare la suddette forme di continuità didattico/educativa e pedagogico/progettuale) l’attenzione da riservare,in collaborazione con le famiglie di provenienza, all’accoglienza dei bambini,all’osservazione sistematica del comportamento,all’equilibrata formazione delle sezioni,alla flessibilità dei tempi,alla predisposizione degli spazi ed alla scansione delle attività;

-la continuità viene a prevedere momenti e fasi d’interazione con gli operatori scolastici degli asili nido finalizzati a predisporre occasioni di incontro e comuni modalità di osservazione del comportamento dei bambini;

-la continuità verticale trova i suoi aspetti e fasi pregnanti,comunque,allorché viene a congiungere in concordata e raccordata continua attività educativa e didattica la scuola materna e la scuola elementare;   laddove ogni raccordo e concertazione in questo senso si pongono sempre finalizzati al coordinamento dei curricoli degli anni ponte,alla comunicazione di informazioni utili sull’anamnesi,sulla scolarizzazione contestuale ed,in particolare, sui risultati educativi/formativi dei bambini frequentanti; alla continua ricerca di percorsi d’insegnamento e di funzione docente comuni o comunque in stretta correlazione di gradualità,sulla base di una produttiva connessione tra i rispettivi impianti didattico/metodologici e didattico/organizzativo/gestionali;

-uno strumento essenziale per realizzare queste prospettive di continuità,è la progettazione/programmazione coordinata di obiettivi,itinerari didattico/metodologici e curricolari,sequenze minime d’insegnamento/apprendimento,strumenti di rilevazione/osservazione/verifica e valutazioni sincronizzate interfunzionali; sia in riferimento alle suddette attività educative con gli alunni che per quanto concerne iniziative condivise di comune formazione/aggiornamento di docenti di scuola materna e scuola elementare.

 

 

 

 

VI°:   Diversità individuali  e valorizzazione dell’identità  personale di ogni alunno:

 

 

La scuola materna di ogni istituzione deve porsi quale spazio pedagogico metanaturale/metaculturale di educazione  pedagogica che presuppone l’accoglienza formativa delle  diversità degli alunni ed  ogni conseguente integrazione  di scolarizzazione,nella prospettiva della massima valorizzazione possibile (attraverso le prestazioni didattiche e le funzioni docenti) del potenziale umano di ciascuno.

   I criteri pedagogico/educativi e  strategico/didattici che vengono accolti quali nuclei ispiratori di tutta l’attività scolastica in riferimento al  principio ultimo citato,si possono riassumere nei seguenti punti:

-la scuola materna deve accogliere tutti i bambini,anche quelli che presentano difficoltà di apprendimento,disadattamento,svantaggio e deprivazione socio/culturale,stato di handicap e problematicità di scolarizzazione;

-ogni bambino deve potersi integrare in modo pieno e compiuto in tutte le attività didattico/educative e così deve poter riconoscersi ed essere riconosciuto quale membro attivo della comunità  scolastica;

-la presenza nella scuola dei bambini in difficoltà è fonte di una preziosa dinamica di rapporti e di interazioni,che è,a sua volta,occasione di maturazione per tutti,dalla quale si impara a considerare ed a vivere la diversità come una dimensione esistenziale e non come una connotazione emarginante e discriminatoria;

-la scuola offre ai bambini con handicap adeguate opportunità educative,realizzandone l’effettiva integrazione secondo un articolato progetto educativo e didattico,che costituisce parte integrante della programmazione  didattica,sulla base di opportune/funzionali articolazioni di piano didattico individualizzato per ciascun alunno necessitante di approcci d’insegnamento/apprendimento fortemente differenziati/individualizzati e personalizzati;

-nella scuola materna sono presenti anche bambini le cui difficoltà e i cui svantaggi possono risalire a condizionamenti di natura socio/culturale ed ambientale/familiare;

-la tempestività degli interventi educativi di integrazione costituisce una delle forme più efficaci di prevenzione dei disagi e degli insuccessi che ancora si verificano lungo gli itinerari scolastici ed educativi.

 

 

VII°:    Progettazioni,programmazioni e razionalizzazioni curricolari d’insegnamento/apprendimento:

 

 

La scuola materna persegue standard di qualità e conseguenti obiettivi formativi e di apprendimento dei bambini attraverso la ricerca della scientificità massimamente applicabile della programmazione didattico/educativa e  la sperimentalità più compiuta della funzione docente ; e grazie quindi alle progettazioni curricolari più rispondenti alle necessità modulari didattico/metodologiche di  individualizzazione/differenziazione e potenziamento dei processi di insegnamento/apprendimento.

   Le caratterizzazioni più pregnanti dell’impianto curricolare delle diverse progettazioni/programmazioni,si possono riassumere  nei   seguenti punti di sintesi:

-le linee programmatiche di un progetto curricolare e di una conseguente pianificazione minima di unità didattiche si fondano sul  concetto e sulla realizzazione di un ambiente educativo foriero di processi di  apprendimento/insegnamento metaculturali (strutturati,intenzionali,programmati,anticipati,accelerati,  rinforzati,strutturati,finalizzati;individualizzati,differenziati;ecc.);

-il testo degli Orientamenti esplicita e motiva le finalità della scuola materna,richiama le modalità e le dimensioni dello sviluppo infantile,evidenzia gli apprendimenti congruenti con l’età e con il contesto culturale,propone i criteri metodologici e didattici dell’attività educativa; mentre le programmazioni a carattere curricolare ne contestualizzano e ne concretizzano le indicazioni in riferimento alle specifiche esigenze di educazione e di apprendimento dei bambini ed alle domande formative delle diverse comunità;

-l’integrazione dei criteri assunti,delle procedure impiegate,delle scelte responsabilmente effettuate,delle azioni intraprese, determinano il curricolo,le cui caratteristiche sono pertanto costituite dalla specificità degli obiettivi,dei contenuti e dei metodi,dalla molteplicità delle sollecitazioni educative e dei particolari definiti compiti di apprendimento (dunque dalla contestualità articolata e differenziata/individualizzata delle situazioni d’insegnamento/apprendimento); nonché dalla flessibilità didattico/organizzativa e di funzione docente (in particolare,di “comportamento insegnante”);

-gli elementi essenziali pedagogico/educativi del progetto d’insieme didattico/educativo della scuola materna,si vengono ad articolare,a pianificare ed a configurarsi/strutturarsi curricolarmente sulla base  degli specifici impianti  didattico/metodologici adottati,delle finalità educative perseguite,degli standard di apprendimento raggiungibili,degli obiettivi di apprendimento/formazione preposti alle diverse fasi  d’insegnamento/apprendimento,delle specifiche/integrali dimensioni dello sviluppo; e dei sistemi simbolico/culturali prospettati in ogni relazionalità didattica comunicazionale/socializzante d’istruzione e d’insegnamento (di contestuale funzione docente);

-la struttura curricolare si basa sulla stretta interrelazione fra queste variabili e questi elementi costitutivi che,assunti in una coerente concezione educativa,concorrono ad articolare una serie ordinata di campi di esperienza educativa verso i quali vanno orientate ed indirizzate le attività educative,di formazione e d’insegnamento/apprendimento della scuola.

 

 

 

 

 

VIII°: natura pedagogica,valenze formative e prospettive didattiche dei campi d’esperienza:

 

I campi d’esperienza configurabili attraverso la programmazione curricolare e la progettazione didattica della scuola materna, sono i diversi ambiti del fare e dell’agire del bambino e quindi i settori specifici ed individuabili di competenza nei quali il bambino conferisce significato alle sue molteplici attività; sviluppa il suo apprendimento,acquisendo anche le strumentazioni/alfabetizzazioni linguistiche e strategico/cognitive procedurali; e così persegue i suoi obiettivi formativi attraverso la storicità di esperienze con l’ambiente e per mezzo di vissuti di relazione,entro definite prospettive confinanti aree di significato (che si pongono,per questo,quali prima genesi delle aree disciplinari e,poi,delle discipline già organicamente configurate,nella scuola di base).

   I campi d’esperienza sono:-il corpo e il movimento;-i discorsi e le parole;-lo spazio,l’ordine e la misura;-le cose,il tempo e la natura;-messaggi,forme e media;-il sè e l’altro.

 

 

 

 

IX°:   Presupposti didattico/metodologici e  strategie di gestione didattico/organizzativa:

 

La traduzione in didassi ed in prassi d’insegnamento/apprendimento delle pianificazione e delle progettazioni curricolari, richiama la costanza di principi,indirizzi e criteri didattico/metodologici,didattico/organizzativi e pedagogico/educativi.

   In questo senso,l’approccio intenzionale e programmatico alle finalità ed allo sviluppo dei campi d’esperienza educativa propria della scuola materna richiede un’organizzazione didattica intesa come predisposizione di un accogliente e motivante ambiente di vita,di relazioni e di apprendimenti che,escludendo impostazioni precocemente disciplinaristiche e trasmissive,favorisca una pratica basata sull’articolazione di attività,sia strutturate che libere,differenziate,progressive e mediate.

   In questo senso,la metodologia generale delle progettazioni didattiche  della scuola materna,evidenzia le seguenti essenziali connotazioni:

   a)la valorizzazione del gioco;-b)l’esplorazione e la ricerca;-la vita di relazione;la mediazione didattica;-l’osservazione,la progettazione e la verifica.

  Riguardo la valorizzazione del gioco, si consideri che il gioco stesso costituisce,nell’età degli alunni della scuola dell’infanzia.una risorsa privilegiata di apprendimento e di relazioni; favorisce rapporti attivi e creativi sul terreno sia cognitivo che relazionale; consente al bambino di trasformare la realtà secondo le sue esigenze interiori,di realizzare le sue potenzialità e di rivelarsi a se stesso e agli altri in una molteplicità di aspetti,di desideri e funzioni; si pone,attraverso le varie offerte e proposte,quale attività grazie a cui l’insegnante può far acquisire all’alunno messaggi e stimolazioni,e,quindi,attraverso cui l’attività didattica può porsi nei diversi campi d’esperienza attraverso una strutturazione ludica.

 Riguardo l’esplorazione e la ricerca, le esperienze di apprendimento e di attività educative dovranno tendere a:

  - inserire l’originaria curiosità del bambino in un positivo clima di esplorazione e di ricerca,nel quale si attivino   (confrontando situazioni,ponendo problemi,costruendo ipotesi,elaborando e confrontando schemi di spiegazione)   adeguate strategie di pensiero;

   -guidare il bambino,anche attraverso la valorizzazione degli “errori” guidati e delle interpretazioni plurime,a prendere coscienza di sé e delle proprie risorse;ad adattarsi creativamente alla realtà ed a conoscerla,controllarla e modificarla per iniziare a costruire,così,la propria storia personale all’interno del contesto in cui vive;

-sollecitare il bambino,lungi da didatticismi e da sterili artificiosità,al fare ed alle dirette esperienze di contatto con la natura,le cose,i materiali e l’ambiente sociale e culturale,valorizzando le sue proposte e le sue iniziative.

 Riguardo la vita di relazione,le esperienze di apprendimento e di attività educative dovranno:

-promuovere e suscitare il ricorso a varie modalità di relazione interpersonale e di linguaggio comunicazionale del bambino (nella coppia,nel piccolo gruppo,nel gruppo più allargato,con o senza l’intervento dell’insegnante);

-favorire ogni tipo di scambio comunicazionale e linguistico/interpersonale/intrapersonale; e,dunque,ogni possibile interazione umana;attraverso cui facilitare e sperimentare la risoluzione di situazioni problemiche,il gioco simbolico e lo svolgimento di attività complesse  (laddove questo  sollecitare si pone quale promozione dei primi approcci,anche se rigidamente realistici e per lo più egocentrici,di pensiero ipotetico/deduttivo);

-sollecitare alla problematizzazione dei dati esperenziali;

-promuovere il dare e ricevere spiegazioni,interpretazioni e comprensione del vissuto di relazione e dell’universo storico/ambientale circostante;

-favorire un clima sociale positivo nel contesto della vita di gruppo e di aggregazione;

-stimolare la ricerca di rapporti interpersonali e collettivi sempre più condivisibili e qualitativamente apprezzabili sul piano socio/etico,tra bambini ed adulti,tra adulti ed adulti,e tra bambini tra di loro;

-promuovere l’attenzione costante e competente ai segnali comportamentali e linguistici inviati dai bambini; ed all’emergere dei loro bisogni di sicurezza,gratificazione ed autostima;

-attivare forme flessibili,interattive e circolari di comunicazione didattica;

-suscitare la dimensione affettiva quale componente emozionale di pregnante influenza e componente essenziale dei diversi processi di relazione e di comunicazione del bambino.

 Riguardo la mediazione didattica della funzione docente e degli approcci d’insegnamento e di attività educativa,la scuola materna deve realizzarsi e progettarsi sulla base di queste consapevolezze  di fondo:

-ogni attività didattico/educativa e progettuale/curricolare deve avvalersi di tutte le strategie e le strumentazioni che consentono di orientare,sostenere e guidare proceduralmente lo sviluppo,la maturazione e l’apprendimento del bambino nella costante prospettiva assiologico/finalistica della formazione armonica ed integrale dei diversi aspetti costitutivi della sua personalità;

-l’attivazione di abilità generali di assimilazione,accomodamento ed elaborazione delle informazioni (di cui alle funzioni cognitive del memorizzare,rappresentare,comprendere relazioni spaziali e causali) ed il ricorso a materiali sia informali che strutturati da manipolare,esplorare ed ordinare innescano specifici procedimenti di natura logica ed avviano una sequenza  graduata di occasioni,suggestioni e situazioni che consentono la conquista di una maggiore sicurezza e di una prima organizzazione delle conoscenze.

 

Riguardo l’osservazione,la progettazione e la verifica,dell’insegnante,risultano criteri e strategie di metodologia didattica :

-l’osservazione occasionale e sistematica,all’interno della funzione docente e nel contesto dei diversi comportamenti insegnanti; appresa ed esercitata attraverso  specifici itinerari formativi;

-il valutare le esigenze del bambino ed il riequilibrare via via le proposte educative e le unità didattiche d’insegnamento in base alla qualità degli apprendimento e delle risposte di linguaggio/comportamento del bambino; dato che la progettazione curricolare degli interventi dell’insegnante si regola e si modifica continuamente sulla base dei modi d’essere,sui ritmi di sviluppo e sugli stili di apprendimento di ogni alunno stesso;

-una progettazione aperta,flessibile,da costruirsi in progressione e lontana da schematismi,risultante per questo coerente con la plasticità ed il dinamismo dello sviluppo infantile e,conseguentemente,capace di sollecitare sinergicamente tutte le potenzialità,i linguaggi e le forme d’intelligenza;

-la valutazione dei livelli di sviluppo che prevede:-§un momento iniziale,volto a delineare un quadro delle capacità e delle diverse caratterizzazione del quadro psico/evolutivo e socio/relazionale con cui si accede alla scuola materna;-§momenti in itinere alle varie sequenze d’insegnamento/apprendimento,che consentono di regolare e di adeguare continuamente le proposte educative ed i percorsi di apprendimento nella prospettiva della sempre più efficace individualizzazione/differenziazione degli interventi di funzione docente;-§momenti finali per la verifica degli esiti formativi e dei risultati educativi di apprendimento;della qualità dell’attività didattico/educativa; e del significato contestuale della funzione docente e dell’esperienza di scolarizzazione dell’alunno.

 

 Riguardo la documentazione della funzione docente  e dei diversi passaggi educativi e di scolarizzazione del bambino,si pongono di rilievo le seguenti ragioni e finalizzazioni di approccio operativo/produttivo:

-necessità di assicurare la significatività delle diverse sequenze di progettazione didattico/curricolare e di realizzazione educativa,per alunni,famiglie e docenti,attraverso la produzione di rappresentazioni rievocative,di sintesi,di analisi,di socializzazione comunicazionale e di conseguente riprospettazione;

-necessità di assicurare,così,visibilità,trasparenza e descrittività  curricolare,attraverso un’attenta documentazione ed una produttiva comunicazione dei dati di  osservazione e verifica delle diverse attività educative e dei vari comportamenti docenti e discenti  (attraverso strumenti e metodi di documentazione affidati alla più ampia gamma di linguaggi e strategie di ricognizione);

-necessità di offrire la possibilità al bambino,così come al docente,di informarsi,di riflettere,di confrontarsi,di rendersi conto delle proprie conquiste,delle proprie riflessioni ,dei propri  rendimenti,delle proprie performancès e di ogni altra risultanza delle proprie prestazioni apprenditivo/formative; con rafforzamento delle prospettive di continuità valida tra le esperienze educative e scolastiche verticali ed orizzontali;  

-necessità di assicurare validi supporti di ricognizione,di consapevolezza,di analisi e di verifica/valutazione ai fini di modulare in modo sempre più rispondente ai bisogni formativi ed ai ritmi di apprendimento degli alunni ,le diverse offerte didattiche,sulla traccia di proficue pianificazioni curricolari di insegnamento differenziato/individualizzato.

 

 

 

 

 

X°:        CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE DI SINTESI:

 

   Proponiamo ora i seguenti nuclei di discorso grazie a cui avviare e promuovere una discussione di sintesi:

 

La situazione odierna:

Nel nostro territorio  la scuola dell’infanzia si connota per un largo riconoscimento e una diffusa adesione sociale.

 Pur non essendo obbligatoria, questa scuola ha raggiunto una capillare diffusione quantitativa sul territorio.

 Le finalità della scuola materna sono le stesse finalità tracciate dagli "Orientamenti ’91" che attribuiscono alla scuola dell’infanzia una interazione coerente tra le valenze dell’accoglienza e della cura e le dimensioni cognitive, affettive e relazionali della bambina e del bambino.

Il riferimento dell’art. 1 della legge 30/2000 alla centralità della persona, considerata nella concretezza delle sue dimensioni, quale punto privilegiato e generativo del curricolo, fa emergere il ruolo fondativo della scuola dell’infanzia.

   È infatti al suo interno che viene avviata la prima rielaborazione concettuale delle esperienze e dei vissuti attraverso i quali si costruisce l’incontro con i saperi formalizzati.

 All’interno di questa scuola si colloca l’opportunità di potenziare i processi di simbolizzazione, di perseguire l’acquisizione di competenze sociali, interpretative, creative, motorie e, infine, di favorire la progressiva conquista dell’autonomia.

 

L’obiettivo della generalizzazione:

   Obiettivo primario di ogni istituzione e della politica scolastica dell’Ente Locale,è quello di assicurare la generalizzazione dell’offerta formativa della scuola materna.                

 

La rilettura degli "Orientamenti":

Pur riconoscendo che gli "Orientamenti ’91" mantengono una grande validità nella nuova stagione scolastica e che addirittura possono costituire fonte fondamentale per l’individuazione e la  formulazione  di criteri di impianto curricolare per l’intero percorso scolastico, non vi è dubbio che anche questo testo programmatico dovrà sempre essere considerato alla luce dei nuovi assetti e delle nuove istanze formative della presente stagione storica.

 Da recuperare e rafforzare nel clima didattico/educativo e pedagogico/gestionale delle sezioni di  scuola materna,risultano le seguenti  proposizioni  fondamentali di caratterizzazione pedagogico/didattica:

-il curricolo non è solo un insieme di procedure e percorsi di apprendimento, ma un costante e totalizzante interagire fra soggetto discente,docente,cultura pedagogica intrinseca alla realizzazione curricolare d’insegnamento/apprendimento, e contesto scolastico e socio/culturale ;

-le competenze non possono configurarsi e rinvenirsi in settori d’esperienza e di ambito contenutistico separati, ma vanno invece definite in ragione di una logica pedagogico/finalistica  di  trasversalità  antropologica ed esistenziale (di campo d’esperienza e di sistema simbolico/concettuale);

-i campi di esperienza introducono le bambine e i bambini lungo i sentieri della conoscenza, con un forte radicamento nel loro vissuto, da cui poi si indirizzeranno progressivamente verso le configurazioni organistiche e disciplinari del sapere.

 

 

I raccordi con famiglia, servizi all’infanzia e scuola di base:

Se si tiene conto dei criteri di progressività e di gradualità ispiratori del curricolo dai 3 ai 18 anni, risulta irrinunciabile la ricerca di diffuse ed organiche forme di raccordo/continuità organizzative,pedagogico/istituzionali e metodologico-didattiche della scuola dell’infanzia con il ciclo della scuola primaria.

   Se la scuola dell’infanzia è il primo segmento del percorso scolastico e, quindi, è chiamata a realizzare una profonda interazione con i successivi itinerari formativi di scolarizzazione,ponendosi e caratterizzandosi come fondamentale “iniziazione” degli alunni all’ ”educazione pedagogica” (come direbbe Mario Manno)   ed agli approcci d’insegnamento/apprendimento   “metaculturali”  (come li definirebbe Bruner).

Tra i compiti della scuola materna non può non esserci allora quello della ricerca di un significativo dialogo e di sempre feconde modalità interattive con la famiglia,con gli asili nido e con i servizi sociali del territorio, anche alla luce delle istanze e delle prospettive indicate della Legge 285/97.

 In questo senso,si capisce bene che la scuola dell’infanzia si inserisce ed integra nella pienezza della sua funzionalità didattico/pedagogica nel più ampio sistema formativo.

 

 

 

 

 

 

I tempi della scuola dell’infanzia:

L’orario obbligatorio annuale deve rispondere essenzialmente a esigenze di ordine educativo-formativo, tenendo conto del benessere psicofisico delle bambine e dei bambini e della qualità dell’offerta educativa della scuola.

 Un orario scolastico di 35-40 ore settimanali distribuito su 5 giornate è un’ipotesi rispondente ai criteri sopraindicati.

 La distinzione fra quota di curricolo nazionale e quota riservata alle istituzioni scolastiche può costituire una possibilità ulteriore per le scuole dell’infanzia di adeguare la propria specifica offerta formativa alle necessità psico/fisiche ed alle connotazioni evolutive di sviluppo/maturazione/apprendimento degli alunni.

 Nella scuola dell’infanzia, infatti, alla definizione del curricolo concorrono saperi espliciti e formali, ma anche situazioni educative legate all’ordinaria vita scolastica: non è pertanto proponibile una rigida suddivisione oraria scandita per singoli campi di esperienza. La proposta più realistica pare quella di esplicitare il panorama delle attività che la scuola è tenuta a curare e a sviluppare;  sollecitando le docenti di sezione a reperire un equilibrio temporale all’interno di in un progetto articolato ed  attento a tutte le dimensioni della personalità della bambina e del bambino.

 Sarebbe auspicabile,per quanto riguarda le quote,che possa essere prevista una quota nazionale pari al 70% del monte ore riservata alle indicazioni di carattere nazionale - peraltro già presenti negli "Orientamenti ’91" - garantendo a ogni istituzione scolastica la possibilità di caratterizzare meglio le proprie identità culturali ed educativo-didattiche, assicurando una più forte interazione/integrazione con i contesti territoriali.

 

 

La valutazione:

La valutazione centrata sull’analisi delle prestazioni dei bambini e non correlata alle variabili di contesto, non ricondotta alla processualità del rapporto potenzialità/competenze/traguardi/sviluppo, non è attendibile per la scuola dell’infanzia. Se lo sviluppo va interpretato sempre in relazione ai luoghi in cui si svolge, è opportuno non assumere, per la valutazione, rigidi criteri di tipo quantitativo. I traguardi di sviluppo vanno formulati in termini di capacità da affinare, aspetti di crescita da promuovere e non in termini di prestazioni verificabili mediante le abituali procedure di controllo valutativo. Ciò non esime la scuola dell’infanzia da un dovere di verifica della qualità, ma comporta una riflessione accurata sul peculiare tipo di valutazione e sugli strumenti da adottare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

1:5:  Ipotesi di innovazione riguardo l’organizzazione didattico/strategica,la razionalizzazione curricolare e la  regolamentazione istituzionale della scuola dell’infanzia:

 

 

Cerchiamo di sondare,a questo punto del discorso,quali possibili scenari futuri di organizzazione didattico/strategica,di identità ordinamentale e di regolamentazione istituzionale della scuola dell’infanzia si possano inverare nel prossimo futuro.

 

   La futura fisionomia ordinamentale e gestionale della scuola materna la possiamo senz’altro ricavare individuandone le architravi attraverso la  Lettera Circolare ministeriale 21 maggio 2001 che introduceva le linee istituzionali del “””Progetto nazionale triennale di innovazione degli ordinamenti della scuola dell'infanzia, ai sensi dell'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275”””; e,quindi, attraverso  il Decreto Ministeriale 21 maggio 2001, n. 91 riportante la definizione integrale di tale progetto.

   Ciò,considerato che tale decreto,anche se possibilmente corretto o integrato dal nuovo governo,potrebbe risultare esecutivo in tempi non molti lontani.

   Possiamo riassumere i significati più pregnanti queste linee istituzionali di futuro progetto nei seguenti punti di descrizione essenziale:

 

(dal testo dela lettera circolare ministeriale del 21/05/2001,cit.):

-§:   “””Il progetto - predisposto ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 8 marzo 1999, n.275 - definisce un insieme di obiettivi, strumenti e interventi per favorire un graduale e qualificato processo di sviluppo della scuola dell'infanzia, in relazione alla prima applicazione della legge di riordino dei cicli e nella prospettiva della definizione dell'art. 8 del citato D.P.R. 275/99. Con esso inoltre si intende perseguire l'obiettivo prioritario inerente l'espansione dell'offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione lungo tutto l'arco della vita.

Il progetto ha la durata di un triennio, e in ogni caso fino alla completa attuazione dell'articolo 8 del D.P.R. 275/99. Gli esiti di tali iniziative costituiranno elementi di riferimento per la definizione del già citato art. 8 e per la verifica triennale sullo stato di attuazione della legge 10 febbraio 2000, n. 30 affidata al Parlamento.

Tale progetto costituisce un ulteriore passaggio di quel processo di qualificazione che ha caratterizzato l'evoluzione della scuola dell'infanzia e che ha i suoi più significativi punti di riferimento negli Orientamenti del 1991, nell'attuazione di nuovi modelli didattico-organizzativi scaturiti dalla sperimentazione Ascanio, nelle pratiche riflessive promosse dal progetto di formazione in servizio Alice. Esso rappresenta inoltre un'ulteriore tappa del processo di integrazione del sistema formativo, culminato nella legge 10 marzo 2000, n.62 e caratterizzato in questo settore scolastico dalla pluralità e dalla ricchezza degli apporti dei diversi soggetti istituzionali””” (lettera circolare ministeriale 21/05/2001).

 

-§:   Riguardo le    “””finalità del progetto e quadro di riferimento”””; si premette che   “””Il progetto è volto a sostenere l'elaborazione di curricoli ispirati a criteri e standard di qualità, alla flessibilità organizzativa e didattica, alla continuità del processo educativo, attraverso un insieme articolato di percorsi di ricerca e riflessione negoziati, condivisi, diffusi, tra soggetti che a vario titolo sono coinvolti nella qualificazione di questa scuola. In tale ottica, il progetto si inserisce nelle iniziative che, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 275/99, il Ministro può promuovere per esplorare innovazioni concernenti gli ordinamenti degli studi, la loro articolazione e durata, l'integrazione tra sistemi formativi, i processi di continuità e di orientamento.   Il quadro di riferimento delle iniziative innovative è quello riportato all'art.2 del decreto allegato”””   21/05/2001.

 

-§:   “””In particolare, l'elaborazione degli standard di qualità, oggetto dell'innovazione, si riferisce ai seguenti aspetti:

- attuazione del curricolo e relativa articolazione delle attività costituenti la quota nazionale e locale;
- realizzazione di forme di continuità con la scuola di base, i servizi educativi prescolastici, le famiglie, le istituzioni del territorio e la più ampia comunità;
- tempi di funzionamento del servizio, scansione annuale, settimanale e giornaliera;
- organizzazione del lavoro didattico e progettuale dei docenti (tempi, flessibilità, collegialità ecc.);
- iniziative di formazione in servizio;
- per le scuole dell'infanzia statali, organico funzionale del personale docente e dei collaboratori scolastici, forme di coordinamento pedagogico;
- organizzazione delle sezioni e di altre forme di raggruppamento, rapporti numerici adulti-bambini, periodi di contemporanea presenza dei docenti;
- spazi e arredi, servizi per la cura della persona, aree esterne, attrezzature.

All'interno della progettualità di ogni scuola, gli elementi di cui sopra vanno considerati e realizzati in una visione integrata e unitaria del curricolo e dell'organizzazione; pertanto, aspetti quali ad esempio il calendario scolastico, il tempo di funzionamento, la distribuzione delle attività tra quota nazionale e quota locale ecc., non sono da considerare isolatamente, ma vanno interpretati in funzione della qualità del progetto educativo”””.

 

-§:   Riguardo   “””soggetti e condizioni”””    in questione, risulta chiaro che    “””possono aderire al progetto nazionale di innovazione le istituzioni scolastiche dell'infanzia statali e paritarie del sistema nazionale di istruzione che, muovendo dal quadro di riferimento comune delineato sopra, concretizzano i principi sanciti dalla L.62/2000. A tale riguardo le scuole coinvolte nel progetto attivano un percorso teso alla costruzione condivisa di standard di qualità, come contributo alla generalizzazione di un sistema di garanzie educative e formative per una qualificata formazione dei bambini e delle bambine dai tre ai sei anni”””.

 

-§:   Per quanto concerne gli adempimenti e gli approcci di funzione che sono correlati alla realizzazione del progetto in questione, si consideri che   “””le istituzioni scolastiche che intendono aderire al progetto, nel perseguire gli obiettivi generali del processo formativo indicati dalla legge n. 30 del 10 febbraio 2000:

- adottano gli indirizzi curricolari della scuola dell'infanzia (Orientamenti delle attività educative di cui al DM 3/6/91) alla luce dell'art. 2 della L. 30/2000 e delle indicazioni curricolari definite per la scuola di base;
- realizzano, secondo una gestione unitaria, l'orario scolastico obbligatorio di cui all'art. 6 del decreto allegato;
- organizzano il tempo scuola settimanale in non meno di 5 giorni e con una media non inferiore alle 35 ore settimanali;
- realizzano forme di continuità con la scuola di base, i servizi educativi prescolastici, le famiglie, le istituzioni del territorio e la più ampia comunità;
- organizzano l'orario di servizio dei docenti, nel rispetto delle prescrizioni definite in sede contrattuale, in base a caratteri di massima flessibilità, in funzione dell'attuazione ottimale del progetto educativo.

 

-§:   Per quanto concerne gli   “””organismi di supporto e sviluppo dell'innovazione”””,si tenga conto che    “””al fine di supportare le iniziative di innovazione e di dare sviluppo al processo di qualificazione delle scuole dell'infanzia, il decreto prevede, all'art. 12, l'istituzione di appositi organismi”””   come l'Osservatorio nazionale per lo sviluppo del sistema integrato della scuola dell'infanzia, di cui al comma 2 dell'art. 12, in relazione ai compiti attribuiti”””.

 

-§:   “””In particolare, nell'ambito delle risorse disponibili, alle scuole dell'infanzia statali inserite nel progetto di innovazione si tenderà ad assicurare un tempo medio di contemporanea presenza dei docenti di almeno 10 ore settimanali, con un incremento per le istituzioni scolastiche che adottano il prolungamento d'orario di cui all'art. 6, comma 3 del decreto”””.

 

-§:   “””Per le scuole dell'infanzia statali non partecipanti al progetto di innovazione si rimanda a quanto previsto dall'art.1, comma 6 del decreto e alle ulteriori disposizioni che dovessero intervenire in applicazione della legge n.30/2000, con particolare riferimento all'art.9 del regolamento in corso di emanazione per la definizione dei curricula della scuola di base”””.

(dal testo del Decreto Ministeriale 21 maggio 2001, n. 91,cit.):

 

-§:   Le iniziative del progetto di innovazione in questione  sono   “””…(…)…volte a sostenere lo sviluppo di curricoli ispirati a criteri e standard di qualità, alla flessibilità organizzativa e didattica, alla continuità del processo educativo, sono finalizzate all'elaborazione di modelli per la successiva attuazione dell'art. 8 del D.P.R. 275/99 e dell'art. 2 della L. 30/2000”””.

-§:   “””Gli esiti delle iniziative di innovazione, rilevati mediante le verifiche di cui al comma 3 dell'art. 3 e all'art. 11 del presente decreto, costituiscono elementi di riferimento per la definizione dei curricoli della scuola dell'infanzia ai sensi dell'art. 8 del D.P.R. 275/99 e per la verifica triennale sullo stato di attuazione della legge 10 febbraio 2000, n. 30 affidata al Parlamento”””.

-§:   “””Le istituzioni scolastiche che adottano le iniziative di cui ai precedenti commi elaborano il progetto specifico di attuazione del presente progetto di innovazione nell'ambito del Piano dell'offerta formativa ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 275/99, sulla base delle condizioni definite nei successivi articoli del presente decreto”””.

 -§:   “””Le scuole dell'infanzia statali non inserite nel progetto nazionale di cui al presente decreto, sono tenute a rispettare gli ordinamenti vigenti, con le integrazioni di cui ai commi 1,2,3 dell'art. 4 del Decreto ministeriale 26 giugno 2000, n. 234”””.

-§:   “””Il quadro di riferimento dell'iniziativa è costituito dai seguenti elementi desunti dall'art. 8 del Dpr 275/99 e dagli artt. 2 e 6 della L. 30/2000 e specificati nei successivi articoli del presente decreto:

  1. obiettivi generali del processo formativo;

  2. obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni;

  3. indirizzi curricolari nazionali per la scuola dell'infanzia;

  4. attività costituenti la quota nazionale dei curricoli delle singole scuole e relativo monte ore annuale;

  5. orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo della quota nazionale obbligatoria e della quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche,

  6. forme di collegamento e raccordi per la continuità orizzontale e verticale;

  7. standard relativi alla qualità del servizi;

  8. formazione del personale e coordinamento pedagogico”””.

-§:   “””Per assicurare la continuità e la coerenza tra la scuola dell'infanzia e la scuola di base, gli Orientamenti vigenti andranno riletti alla luce delle indicazioni curricolari definite per la scuola di base”””.

-§:   “”” Nel triennio considerato al comma 1 dell'art. 1 viene attuato un piano di monitoraggio dell'attuazione degli Orientamenti educativi di cui al D.M. 3 giugno 1991, al fine di verificare la rispondenza alle finalità educative generali del sistema nazionale di istruzione. Il rapporto nazionale di monitoraggio si conclude con una motivata proposta al Ministro della Pubblica Istruzione di revisione degli Orientamenti educativi da sottoporre al parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione”””.

 

-§:   Per quanto riguarda    “””Quota nazionale e quota riservata alle istituzioni scolastiche”””, si consideri che:    “””1. La quota oraria nazionale obbligatoria del curricolo di cui all'art. 3 è pari al 70 % del monte ore annuale previsto dal successivo art. 6, comma 2. 2. La quota oraria obbligatoria del predetto curricolo riservata alle singole istituzioni scolastiche è costituita dal restante 30% del monte ore annuale. Tale quota potrà essere utilizzata per: * potenziare l'identità della scuola in relazione a determinate dominanze culturali; * introdurre attività educative e didattiche non previste dagli Orientamenti vigenti. 3. Le due quote, data la specificità della scuola dell'infanzia, vanno gestite unitariamente nel quadro di un'articolata ed armonica organizzazione della giornata educativa e del complessivo tempo scuola”””.

-§:   “””Per quanto concerne    “””Continuità educativa e raccordi con la scuola di base ed i servizi all'infanzia”””:

“””1. Ogni scuola dell'infanzia si impegna ad attivare forme di raccordo pedagogico, curricolare ed organizzativo con la scuola di base. I progetti di continuità, che descrivono anche le modalità di rapporto con i genitori degli alunni nonché le forme di valorizzazione della cultura e della comunità di appartenenza dei bambini, trovano esplicita formulazione nei piani dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica. Tali progetti possono prevedere la costituzione di team integrati tra docenti dei due cicli.

2.Il raccordo con la scuola di base prevede una esplicita definizione delle competenze e dei traguardi di sviluppo attesi al termine della scuola dell'infanzia, tale da costituire l'indispensabile punto di avvio dell'esperienza formativa nella scuola di base. Tali traguardi - desumibili dagli Orientamenti educativi di cui al D. M. 3 giugno 1991 - sono correlati alle caratteristiche di ogni bambino ed alle condizioni (opportunità, luoghi, tempi, strumenti, ecc.) offerte a ciascuno per sviluppare le proprie potenzialità di apprendimento.

3.Sono altresì attivate forme di raccordo con i servizi educativi prescolastici e, laddove sussistano le condizioni, con l'asilo nido”””.

 

-§:   Riguardo   “””Orario scolastico obbligatorio e calendario”””, si consideri che

“””1. La scansione dei tempi nel corso dell'anno scolastico, della settimana e della giornata deve assicurare una equilibrata successione di opportunità formative, qualificandosi per i caratteri di serenità e distensione, ricorsività e progressività delle situazioni di apprendimento, con una spiccata attenzione al benessere psicofisico ed affettivo dei bambini.

2. L'orario obbligatorio annuale comprensivo della quota nazionale e della quota locale del curricolo dell'infanzia si articola in un monte ore compreso tra le 1.150 e le 1.300 ore.

3. Eventuali fabbisogni di tempo scuola aggiuntivo oltre le 1300 ore annue, previo accertamento dell'esistenza di motivate richieste delle famiglie per un numero di bambini pari almeno a un numero minimo per costituire una sezione, si soddisfano mediante l'ampliamento del monte ore annuo obbligatorio. Tale ampliamento, che oggi raggiunge anche quote consistenti, dovrà, nell'arco del triennio, essere opportunamente monitorato al fine di verificare le condizioni per attestare tale incremento in un monte ore annuo aggiuntivo non superiore alle 430. L'ampliamento dell'offerta formativa può essere realizzata anche mediante intese con gli enti locali e avvalendosi di forme organizzative flessibili ma qualificate. L'eventuale estensione del servizio, erogata sulla base di puntuali ricognizioni da parte dei responsabili della gestione delle scuole dell'infanzia, non deve, in ogni caso, comportare una contrazione degli standard di qualità previsti in relazione alla contemporanea presenza dei docenti.

4. La concreta articolazione del calendario annuale delle attività educative, nell'ambito delle 1.150-1.300 ore previste dal curricolo obbligatorio, deve interpretare con coerenza le finalità educative della scuola dell'infanzia, dedicando uno spazio adeguato alle attività di prima accoglienza dei bambini, che possono essere opportunamente scaglionate e concordate con i genitori.

5. Nelle scuole dell'infanzia aderenti al progetto di innovazione di cui al presente decreto , le attività educative, completato il monte ore annuale obbligatorio, possono concludersi alla stessa data fissata per gli altri cicli scolastici. Nel periodo intercorrente tra il termine delle attività educative ed il 30 giugno, può essere previsto il funzionamento delle sole sezioni necessarie a soddisfare, con interventi educativi specifici previsti dal POF, le effettive esigenze di frequenza rappresentate dalle famiglie”””.

 

-§:   Inerentemente  l’ “””Organizzazione del tempo scuola”””,si tenga conto che:

“””1. Nell'ambito dell'autonomia didattica e organizzativa riconosciuta ad ogni istituzione scolastica, ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, le scuole adottano soluzioni flessibili nella definizione degli orari settimanali e giornalieri, in modo da contemperare esigenze sociali e di qualità del servizio.

2. La scelta del modello orario più adeguato è di competenza degli organi collegiali della scuola e viene motivata da una specifica valutazione dell'impatto della scelta sulla qualità del contesto educativo, delle dinamiche di insegnamento e apprendimento e delle esigenze rappresentate dalle famiglie.

3. L'organizzazione del tempo scuola settimanale va articolata in non meno di 5 giorni e con una media non inferiore alle 35 ore, tale da consentire comunque un'adeguata attenzione alle diverse esigenze di accoglienza, di cura, di relazione e di apprendimento in sintonia con le indicazioni curricolari previste dagli Orientamenti educativi.

4. L'organizzazione della giornata educativa del bambino nella scuola dell'infanzia, compresa di massima tra le 7 e le 8 ore giornaliere, deve assicurare un'articolazione varia ed equilibrata di attività: libere e guidate, individuali, in piccolo e grande gruppo, di gioco, esplorazione, ricerca, anche all'aperto e attività ricorrenti di vita quotidiana”””.

 

-§:  Per quanto concerne  l’   “””Organizzazione delle sezioni”””,si prevede che

“””1. Nell'arco del triennio, il rapporto numerico tra alunni e sezione non dovrà superare il tetto massimo di 25 per sezione. 2. Nel caso di presenza nella sezione di un alunno in situazione di handicap il numero di alunni viene ridotto, fino a non superare di norma i 20 alunni, e comunque in correlazione con la possibilità di assicurare adeguati interventi di sostegno o assistenza, in relazione alla tipologia di deficit”””.

 

-§:   Riguardo l’   “””Organico funzionale della scuola dell'infanzia”””, viene disposto che

“””1. Nell'ambito delle disponibilità complessive, l'assegnazione dell'organico degli insegnanti di scuola dell'infanzia dovrà tener conto in via prioritaria delle esigenze connesse alle condizioni di svolgimento delle innovazioni di cui al presente decreto e delle eventuali operazioni di adeguamento delle sezioni funzionanti a tempo ridotto all'orario di cui al comma 2 dell'art. 6.

2. Sono oggetto di apprezzamento in sede di definizione dell'organico funzionale:

  • il numero di bambini frequentanti le sezioni e la scuola;

  • la consistenza numerica delle sezioni del plesso e dell'istituzione scolastica;

  • il monte ore annuale garantito dalla scuola e la sua articolazione;

  • la presenza di situazioni di disagio, di handicap, di difficoltà relazionale;

  • la distribuzione delle sedi scolastiche nel territorio;

  • i contesti sociali caratterizzati da forti processi immigratori.

3. Nell'assegnazione dell'organico funzionale va garantita la disponibilità di un tempo medio di contemporanea presenza docente di almeno 10 ore settimanali per sezione, con un adeguato incremento per le istituzioni scolastiche impegnate nell'estensione del servizio secondo quanto previsto dal comma 3 dell'art. 6.

4. L'organizzazione dell'orario di servizio dei docenti, nel rispetto delle prescrizioni definite in sede contrattuale, è improntato ai caratteri della massima flessibilità (turnazioni, orari differenziati, orari plurisettimanali) al fine di migliorare la qualità del progetto educativo.

5. La determinazione degli organici dei collaboratori scolastici dovrà considerare la specificità delle funzioni da svolgere all'interno delle scuole dell'infanzia, tendente nell'arco del triennio ad un rapporto numerico di una unità di personale per ogni sezione funzionante ad orario normale”””.

 

-§:   Inerentemente alla formazione del personale e al coordinamento pedagogico,

“””1. Agli insegnanti e ai dirigenti coinvolti nel progetto di innovazione vengono garantite opportunità di formazione continua, con metodologie qualificate ed interattive, da realizzare all'interno della scuola, anche in forma di gruppi di ricerca-azione e di miglioramento, in collegamento con i servizi territoriali, le reti di scuole e gli istituti di ricerca ed universitari.

2. La partecipazione ad attività di formazione deve essere certificata e costituisce un port-folio delle competenze del docente, da utilizzare per la valorizzazione della professionalità e per la attribuzione di nuovi compiti e ruoli all'interno ed all'esterno dell'unità scolastica.

3. Nell'ambito delle risorse assegnate, sono assicurate forme di coordinamento pedagogico ed organizzativo attraverso il conferimento di appositi incarichi a docenti esperti e qualificati nell'ambito dell'istituzione scolastica, anche facendo ricorso a esoneri parziali dall'attività di insegnamento.

4. Nell'ambito del progetto di innovazione le scuole dovranno prevedere tempi adeguati per attività collegiali di progettazione, documentazione, preparazione dei materiali, valutazione”””.

 

-§:Per quanto riguarda la Verifica delle innovazioni e degli standard di qualità,

“””1. Nell'arco del triennio di durata del progetto di innovazione, le scuole elaborano, realizzano e verificano ipotesi di standards relativi alla qualità del servizio in vista della definizione di quelli che dovranno essere adottati ai sensi dell'art. 8, comma 1, lett. f del D.P.R. 275/99.

2. L'attuazione e la progressiva messa a punto degli standard di qualità del servizio rappresentano, ai diversi livelli di responsabilità, un impegno prioritario per gli organi preposti alla gestione delle scuole dell'infanzia.

3. Il Piano dell'offerta formativa di ogni scuola dà conto del livello di realizzazione e di adeguamento di tali standard, degli strumenti valutativi utilizzati per l'apprezzamento dell'offerta e del contesto educativo, nonché delle misure intraprese e dei tempi necessari per realizzare compiutamente gli standard identificati.

4. Nell'arco del triennio considerato, verrà condotta un'azione di verifica a cura dell'istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione, in collaborazione con la dirigenza tecnica ispettiva e con gli Osservatori nazionale e regionali di cui al successivo articolo 12.

5. Saranno oggetto di indagine gli elementi che costituiscono il quadro di riferimento di cui all'articolo 2 del presente decreto, con particolare riferimento ai livelli di qualità del servizio relativi ai seguenti indicatori:

  • tempi di funzionamento del servizio, scansione annuale, settimanale e giornaliera;

  • organico funzionale del personale docente e dei collaboratori scolastici, forme di coordinamento pedagogico;

  • tempi per il lavoro di progettazione dei docenti ed iniziative permanenti di formazione in servizio;

  • organizzazione delle sezioni e di altre forme di raggruppamento, rapporti numerici adulti-bambini, periodi di contemporanea presenza dei docenti;

  • spazi e arredi, servizi per la cura della persona, aree esterne, attrezzature.

6. Le modalità delle azioni di monitoraggio, anche in riferimento a quanto indicato al comma 3, art.3 del presente decreto, saranno concretamente definite nell'ambito della annuale Direttiva ministeriale.

7. Gli esiti di tali iniziative costituiscono elementi di riferimento per la definizione dell'art. 8 del D.P.R. 275/99 e per la verifica triennale sullo stato di attuazione della legge 10 febbraio 2000, n. 30 affidata al Parlamento”””.

 

-§:   Riguardo gli Organismi di supporto e sviluppo dell'innovazione,si tenga conto che

“””1. Al fine di supportare le iniziative di innovazione e di dare sviluppo al processo di qualificazione delle scuole dell'infanzia, vengono istituiti gli organismi di cui ai successivi commi.

2. Presso il Dipartimento per lo sviluppo dell'istruzione del MPI è istituito un Osservatorio Nazionale con il compito di definire criteri per la progettazione, l'attuazione ed il monitoraggio del progetto nazionale di innovazione e di acquisire altresì elementi informativi sulla congruenza tra domanda ed offerta formativa, sugli andamenti e fenomeni relativi alla progressiva generalizzazione e qualificazione del servizio educativo per i bambini dai tre ai sei anni, anche in vista della successiva definizione dell'art. 8 del D.P.R. 275/99 e della piena attuazione della L. 30/2000.

3. Presso ogni Direzione generale regionale è istituito un Osservatorio per lo svolgimento, a livello regionale, dei compiti indicati al comma 2 del presente articolo…(…)…”””.

 

 

 

 

  

 

2:        NATURA E FINALITA’  DELLA SCUOLA ELEMENTARE  CHE  SI AVVIA ALLA CONFIGURAZIONE DELLA SCUOLA DI BASE: PROSPETTIVE  PEDAGOGICO/ISTITUZIONALI E DIDATTICO/EDUCATIVE   FONDAMENTALI:

 

 

 

 

2:0:   Premettiamo che tutti gli stralci virgolettati riportati in questo sottopunto sono ricavati dal testo dei Programmi scolastici elementari dell’85 (D.P.R.104/85).

 

 

2:1: Prospettive pedagogico/educative, didattico‑metodologiche  e  psico/pedagogiche del modello di scuola primaria auspicabile:

 

Il  modello di scuola che crediamo debba connotare la scuola primaria,lo possiamo senz'altro sintetizzare nei  seguenti nuclei di discorso:

a)    possibilità di orientare in direzione apprenditivo‑istruzionale ogni necessità di decondizionamento e di recupero scolastico, attraverso una tensione alla formazione integrale della personalità e sulla  base di una pluralità di linguaggi integrativi;

b) integrazione delle diverse competenze professionali e dei diversi contenuti d'insegnamento in cui, sul piano della funzione docente, si concretizza la definizione del rapporto pedagogico/didattico ed educativo/relazionale;

c) necessità che le diverse progettazioni didattico‑educative vengano determinate attraverso strategie di razionalizzazione curricolare delle diverse sequenze d'insegnamento‑apprendimento e delle correlate risorse‑opportunità di formazione.

 

I concreti significati didattico‑metodologici di tale strategia di progetto e le correlate istanze di presupposto pedagogico/istituzionale che ne permettono  l'attuazione, si possono riconoscere nei seguenti punti di indicazione normativa:

a) La determinazione effettiva dei progetti didattico‑educativi coinvolge tutti gli operatori scolastici preposti alla funzione docente e  sembra contrappor­si ad ogni antinomia che collochi il rapporto teoria‑prassi in chiave di insanabile dualismo.

b) Il processo di razionalizzazione curricolare comporta inevitabilmente il rifiuto di assetti istituzionali gerarchico‑centralistici e burocratico‑verticistici, ancorché profili di ruolo dei diversi operatori scolastici determinati sul piano dell'«esecutivi­tà» dei comportamenti deontologico‑professionali.

c) I processi curricolari implicano, necessariamente, la più produttiva progettazione dei diversi interventi d'insegnamento e, quindi, non possono non ipotizzare situazioni d'apprendimento fortemente connotate sul piano della razionalizzazione tecnologica.

d) I diversi approcci docimologici di verifica‑valutazione si pongono quale momento‑aspetto «centrale» di ogni approccio di funzione docente e di ogni correlata strategia didattico‑metodologica, mentre le diverse sequenze curricolari d'insegnamento/apprendimento  rinvengono proprio nella centralità  dei dati di “feedback” gli elementi per la scientifica confutazione o legittimazione della validità dei propri significati pedagogico/educativi.

 

 

   Il motivo conduttore strategico di questo nostro modello di scuola viene a risultare la programmazione curricolare dei diversi fattori e delle diverse  risorse/opportunità agenti (vale a dire di tutte le variabili) che concorrono a progettare e realizzare la relazione educativa scolare in quanto sistema di relazioni tra variabili.

   Cerchiamo, ora, di individuare i modelli educativi a cui i  Programmi Scolastici elementari dell’85 e le criteriologie istituzionali della scuola di base  si sono accostati nel delineare il concetto di scuola emergente dalle diverse indicazioni normative dell’ordinamento giuridico finora acquisito.

Il campo del dibattito pedagogico più recente riguardo i contributi in fatto di «teoria‑della‑scuola» ha avuto modo di evidenziare tre fondamentali orientamenti di proposta :

1) Necessità di descolarizzare la società o di limitare sensibilmente il ruolo e la funzione della scuola nel contesto degli istituti formativi della Società Civile.

2) Necessità di legittimare forme di iperscolasticismo alla luce di una visione dell'istituto scolare che teorizza la funzione docente in esso esplicata quale processo d'insegnamento che provoca apprendimenti metanaturali/metaculturali  e che, di conseguenza, potenzia‑accelera ogni forma di sviluppo/formazione/maturazione e di apprendimento personale; con la  scuola medesima, in questo senso, che si viene a porre quale istituto fondamentale di trasmissione alle giovani generazioni degli strumenti di crescita e di integrazione‑partecipazione alla produzione dei « beni» (culturali e materiali) della polis, pretendendo di informare/formare con la sua funzione docente ogni agenzia socio‑educativa del «pubblico» ed ogni momento‑aspetto di educazione familiare, sul piano della scolarizzazione collettivizzante, o totalitaria,ovvero culturalmente omologante della società civile.

3) Necessità di considerare il sistema educativo di una società in quanto «sistema policentrico» costituito da diverse agenzie di formazione correlate da rapporto di «reciprocità» ed interdipendenza; con  l'istituto scolare che, al suo interno, si viene a porre quale agenzia che (pur rilevando la denotazione strutturale del concetto di scuola a cui si è appena accennato, nel punto precedente) propone ai diversi ambiti socio‑culturali della società civile e della società politica (dunque, del contestuale « pubblico istituzionale», ecc.) i modelli etico‑antropologici e finalistico/assiologici di formazione pedagogica: in questo senso, la scuola si propone di indicare alle diverse fonti dell'educazione le comuni finalità teleologiche di un progetto pedagogico contestuale all'universo antropologico di ciascuna persona, che viene a coinvolgere ogni ambito antropologico e politico/culturale/formativo della società in quanto «società educante»   (che  prevede, per I'appunto, l’integrazione di tutti i «messaggi pedagogici»;determinati alla luce delle specifiche peculiari funzioni docenti, ovviamente, in ragione del «sottosistema» di agenzia educativa di provenienza).

   Ogni istituzione scolastica deve cercare di inverare i lineamenti del concetto di scuola peculiare a questo ultimo orientamento di dibattito, anche se i motivi pedagogici degli altri due modelli non sono certo del tutto assenti dall’ attività progettuale/formativa,didattico/educativa e gestionale/organizzativa ricorrente.

   Siamo, comunque, convinti che emerge, in ogni caso, la necessità di una funzione docente scolare che si venga a porre quale elemento costitutivamente «strutturale» e « generativo» dei diversi itinerari di formazione della persona, e che si riconosca nella funzione fondamentale di trasmissione all'educando degli «alfabeti culturali» della conoscenza (e, dunque, della produzione di quei simboli culturali di coesione e di crescita grazie a cui può inverarsi il metodo democratico nel vivo del Pubblico istituzionale).

 

Le specifiche finalità didattiche di funzione docente e di progettualità pedagogico/formativa (e,quindi,l'intrinseco spessore psico-pedagogico),a cui si finalizza l’attività scolastica e gestionale della scuola elementare,si possono individuare strutturalmente:

- nella acquisizione di «capacità di pensiero riflessivo e critico» e nella «autonomia ed indipendenza di giudizio»;

- nella «prima alfabetizzazione culturale»   (alla luce di quel nesso inscindibile che lega indissolubilmente e dimensionalmente i diversi significati dei termini «istruzione» e «formazione» e che caratterizza inequivocabilmente ogni aspetto/momento del processo educativo scolare);

-nella «acquisizione di tutti i fondamentali tipi di linguaggio» e, dunque, in un «primo livello di padronanza dei quadri concettuali, delle abilità e delle tecniche di indagine essenziali», ancorché nella « comprensione del mondo naturale, artificiale, umano».

 

II processo di «alfabetizzazione culturale» che persegue la funzione docente della scuola ,lungi dal risultare curricolo prescrittivo di passiva ricezione, coinvolge I'educando in una ricerca‑scoperta dei fondamentali codici epistemologici d'indagine, e lo impegna in una progressiva costruzione di significati della realtà, allo stesso tempo, sempre più differenziati (sul piano della congruenza logico‑scientifica con le diverse aree disciplinari del sapere); e,peraltro,anche  interdisciplinari (per quanto concerne il processo di conoscenza, iniziale e finale, che non può non risultare sintesi unificante dei diverse oggetti formali di conoscenza, ancorché ovviamente affiorante a livelli diversi «analogici» di connotazione logico‑epistemologica).

   In questo senso,è il caso di chiarire che ogni strategia didattica peculiare ai processi di alfabetizzazione culturale deve risolversi in un «passaggio continuo che va da un'impostazione predisciplinare ed integrata all'emergere di quadri disciplinari sempre più integrate e sistematici».

   È evidente, dunque, quanto risulti importante rispondere positivamente alle istanze di «progressione naturale» dei diverse processi d'apprendimento e quanta sensibilità metodologica occorra al fine.di avviare il fanciullo all'acquisizione di analogici modelli di pensiero scientifico‑sperimentale in cui la criticità di analisi e di ricerca è lo stesso processo genetico‑generativo di ogni approccio ipotetico‑deduttivo di pensiero.

   Ogni proposta didattico‑metodologica deve promuovere, in questo senso, I'impiego attivo del potenziale euristico‑epistemico dell'intelligenza: la riappropriazione in direzione educativa della funzionalità cognitiva deve sempre avvenire sulla base di due peculiarità apprenditive: la « creatività» e l'esplicazione del «pensiero critico».

 

 

 

La funzione docente viene, soprattutto, intesa in quanto «attenzione alle virtualità profonde ed al potenziale educativo»  che la  personalità del bambino custodisce e che «urgono di realizzarsi», mentre il raggiungimento di forme di pensiero critico viene a coincidere con l'esplicazione di prospetti etico‑comportamentali e linguistico/cognitivi di identità in cui «la mediazione fra l'aver conoscenza e l'aver consapevolezza» determina processi di «ricerca della validità delle conoscenze» ed « autonoma valutazione della loro utilizzazione» .

I processi di apprendimento vengono, ovviamente, riferiti a prospettive modulari olistico‑organismiche ed olodinamiche, e, dunque, ad orientamenti interpretativi che mutuano rilevanti motivi di descrizione dagli indirizzi di «psicologia umanistica» e  dai filoni psicopedagogici dello strutturalisino particolarmente vicini alle ricerche di Bruner e Piaget .

In questo senso, ci sembra che la prospettiva cognitivistica  di descrivere ed interpretare i processi di apprendimento non debba risultare mai messa in discussione nell'ermeneutica degli enunciati normativi e curricolari delle diverse progettualità.

 

   Per ogni istituzione scolastica,la scuola si pone essenzialmente in quanto «ambiente educativo di apprendimento» foriero di « clima sociale positivo» , ed accoglie il principio pedagogico di «apprendimento significativo» quale nucleo centrale di un discorso che ricerca costantemente, nella definizione scientifica delle variabili didattico‑metodologiche, la congruenza psicologica e l'aderenza sociologica quali connotazioni costanti di ogni rapporto d'insegnamento‑istruzione.

La declinazione didattico‑metodologica di tale discorso strategico evidenzia tre motivi centrali di approccio docente:

1) privilegiamento del problema sul sistema: fuori da ogni  chiusura di determinismo associazionistico o di cognitivismo passivamente recettivo, l'apprendimento scaturisce da una continua problematizzazione dei « dati» esperenziali e si pone quale risposta di linguaggi‑comportamenti sempre eccedenti il contenuto della nozione‑istruzione di partenza.

2) Dominanza del significato sul dato: ogni apprendimento diventa significativo allorché si pone quale sintesi di processi d'integrazione‑strutturazione delle diverse nozioni acquisite, e di correlata differenziazione epistemologica dei sistemi logico-rappresentativi che presiedono alle stesse funzioni d'approccio apprenditivo con i dati esperenziali.

3) Necessità di sistemazione logico‑formale dei contenuti di esperienza in chiave di economicità simbolica e di astrazione sistematico‑concettuale dei diversi linguaggi «produttivi»: ogni processo di apprendimento deve sempre procedere al trascendimento del dato ed alla correlata produzione di strumenti epistemici (criteri di fondo, codici, metodi, idee centrali, strutture cognitive ecc. di un determinato campo della conoscenza o di una particolare area disciplinare).

Ogni spontaneismo (e casualismo) cognitivo non può essere accolto nel contesto degli «apprendimenti significativi» e non deve trovare, di conseguenza, posto  nell’ «ambiente educativo di apprendimento» e nelle offerte formative della scuola.

 

   Cerchiamo,ora,di prospettare un primo profilo di valutazione del « taglio» psicopedagogico emergente dal discorso pedagogico‑programmatico e progettuale che viene a caratterizzare il funzionamento della  scuola elementare orientata istituzionalmente e didatticamente nella prospettiva della nuova scuola di base.

   Per comodità di esposizione sintetizziamo tale profilo nei seguenti segmenti di enunciazione:

1) Per quanto riguarda il rapporto tra apprendimento e sistema scolastico, c'è da rilevare che la scuola primaria si pone quale organismo istituzionale che promuove processi di formazione attraverso la contestualità sistemica delle variabili che ne costituiscono la sua stessa struttura di funzione: variabili «formali/culturali/istituzionali», «personali/umane» e  «materiali/strumentali/tecnologiche» .

2) Per quanto riguarda il rapporto tra apprendimento ed insegnanti, c'è da dire che la funzione docente scolare deve sempre porsi sul piano della intenzionalità e della sistematicità razionalizzante delle diverse sequenze curricolari: il docente  sollecita  e promuove apprendimento in virtù dei progetti curricolari che predispone, dei contenuti d'istruzione che propone, dei compiti d'apprendimento che definisce, dei modelli d'identificazione etico/affettivi e sociologicamente di «valore» che offre, della « qualità» relazionale che la comunicazione didattico‑informazionale viene ad esprimere, della «significatività» didattico‑metodologica che, in definitiva, rivela il contesto di suoi « comportamenti d'insegnamento»: in ogni caso, attraverso una enunciazione di obiettivi didattici che vengono correlati ad una scientifica descrizione avalutativa delle variabili di partenza ed ad una correlata continua verifica degli elementi processuali di tali variabili (che si vengono a porre quale «dato» di feedback che confuta o convalida la bontà delle progettazioni curricolari).

   Risulta evidente, dunque, come la positività di una determinata formazione culturale‑professionale e di una correlata competenza didattico‑metodologica da parte del docente si pongano quale vera e propria «variabile indipendente» (e, per ciò stesso, premessa strutturale generativa) di ogni progetto pedagogico e di ogni produttività di un istituto scolare.

3) Per quanto riguarda il rapporto che si stabilisce tra apprendimento e discorso didattico‑metodologico, c'è da dire che la prospettiva olo‑dinamica d'interpretare e progettare i processi d'apprendimento richiede strategie rigorose fondate sulfa ricerca e sulla soluzione dei problemi, ancorché presupponenti il preliminare momento‑aspetto istruzionale della funzione docente ed il correlato approccio comunicazionale che introduce I'alunno alle strutture epistemologiche del sapere (vale a dire, agli «alfabeti culturali» delle diverse aree disciplinari).

4) Per quanto riguarda il rapporto tra apprendimento e programmazione, c'è da dire che una didattica dell'apprendimento così prefigurata esige un approccio ai Nuovi Programmi assolutamente contestualizzato alla luce delle diverse realtà scolastiche territoriali e dei sempre peculiari rapporti pedagogici che ci si trova a determinare: il contesto progettuale del piano dell’offerta formativa,anche per quanto riguarda la scuola primaria di base, deve porsi in chiave prescrittiva per quanto attiene il raggiungimento di terminali educativi generali e di strutturali standard di apprendimento riferiti alle finalità di formazione degli aspetti costitutivi dell'Umano;   mentre gli obiettivi educativo/formativi e specifici di apprendimento (e,dunque, le strategie didattico/metodologiche) indicati/prescritti nelle formulazioni di Programma debbono essere intesi quali strumenti regolativi di progettazione curricolare attraverso cui l'approccio professionale del docente alle diverse variabili di una situazione scolastica contingente viene a prospettare la specifica determinazione/contestualizzazione storicistica delle sequenze d'insegnamento‑apprendimento (unità didattiche minime) effettivamente pianificate e realizzate progressivamente.

 

    Sulla base dei quadri di analisi precedenti, possiamo approfondire ulteriormente il nostro discorso espositivo relativo al progetto educativo generale della scuola primaria di base; e,quindi, possiamo  procedere verso un ulteriore ciclico/concentrico approccio di esplicitazione della contestuale offerta formativa e dei conseguenti processi d’insegnamento/apprendimento che dovrebbe assicurare tale scuola.

   Sintetizziamo questa ulteriore analisi prospettando nei seguenti punti di descrizione i significati pregnanti dei diversi aspetti dimensionali formativi e delle necessità educative che ne vengono a legittimare la loro configurazione di progetto di “educazione pedagogica”:

- Si consideri la necessità che i processi cognitivi risultino strutturali : la proposta delle nozioni organizzatrici di pensiero deve « realizzare la prima alfabetizzazione culturale» e caratterizzarsi, di conseguenza, per la selettività e l'essenzialità‑elementarità dei contenuti d'istruzione offerti;

-Si consideri che  «l'acquisizione di tutti i fondamentali tipi di linguaggio» ed il «primo livello di padronanza dei quadri concettuali, delle abilità e delle tecniche d'indagine essenziali» può verificarsi soltanto se, di pari passo ai momenti di ricerca e di scoperta, vengano proposte le strutture disciplinari, ai diversi livelli di congruenza psicologica con le caratteristiche di apprendimento e di funzionalità intellettivo‑cognitiva presenti nelle diversi fasi evolutive;

 -Si consideri che  «il passaggio continuo che va da un'impostazione predisciplinare ed integrata all'emergere di quadri sempre più differenziati e sistematici» può avvenire nella misura in cui vengano proposti dal docente strumenti‑di‑ricerca (idee centrali, codici, metodi di indagine, nozioni organizzatrici, ecc.) che permettano all'alunno di costruire in modo personalizzato e personalizzante gli itinerari fondamentali delle diverse discipline e di coglierne, a sua volta, le nozioni strutturali loro costitutive.

-Si consideri la necessità che i processi cognitivi risultino integrati: per un verso ogni forma di cognitività deve porsi quale momento/aspetto di crescita integrale dell'alunno, mentre per altro verso ha necessità di riferirsi continuamente alla «identità culturale del bambino» (ancorché alla stessa «tradizione culturale» del sapere scientifico) poiché «la scuola riconosce di non esaurire tutte le funzioni educative».

   (in questo senso, propendiamo per un'intenzionalità pedagogica che prospetti una formazione cognitiva integrale che possa risultare funzionale al raggiungimento di una «formazione integrale» della personalità e, correlatamente, riconnettersi alle seguenti finalità educative di meta:

a) «progressiva costruzione delle capacità di pensiero riflessivo e critico»;

b) «autonomia e indipendenza del giudizio» ;

c) «adeguato equilibrio affettivo e sociale» e «positiva immagine di sé»);

- Si consideri la necessità che i processi cognitivi risultino significativi: la significatività degli apprendimenti deve scaturire da una scuola che, in definitiva, si realizzi in quanto «ambiente educativo di apprendimento» e «spazio pedagogico» che,in un «clima sociale positivo»,tenda a «costruire un momento di riflessione aperta» ed a far «superare i punti di vista egocentrici e soggettivi» in modo tale da «aiutare gli alunni a divenire consapevoli delle proprie idee e responsabili delle proprie azioni»;   in questo senso,ci sembra, a ragione, che la meta educativa strutturale ed assiologia di ogni apprendimento significativo venga, così, a porsi quale «progressiva conquista di un'autonomia di giudizio».

- Si consideri la necessità che i processi cognitivi risultino deliberativi: il succedersi delle situazioni di apprendimento‑insegnamento e la loro consistenza curricolare viene rimessa alla decisionalità delle competenze professionali dei docenti ed alla correlata collegialità della loro funzione pedagogica.

- Si consideri la necessità che i processi cognitivi risultino individualizzati: a prescindere dall'inserimento‑integrazione dei soggetti handicappati, ogni processo educativo si viene a svolgere all'insegna delta differenziazione‑individualizzazione delle diverse sequenze d'insegnamento‑apprendimento e nel continuo riferimento alle diverse variabili storico/esistenziali,socio‑culturali e psico‑evolutive peculiari alla persona dell'alunno.

 

 

 

 

2:2:  Le finalità di formazione e d'insegnamento della scuola primaria di base nel Progetto Pedagogico dei Programmi scolastici elementari dell’85 : verso la definizione conseguente della funzione docente e della funzione discente che  un piano dell’offerta formativa deve prefigurare:

 

   I presupposti antropologici ed etici sottesi alla contestuale progettualità didattico/educativa e formativa della scuola primaria di base formulata dai Programmi dell’85,sono senz'altro riferibili ai termini ideali additati dalla Carta Costituzionale e dalle Dichiarazioni Internazionali sui diritti dell'uomo e del bambino: si propone, in questo senso, un umanesimo totale, integrale e onnilaterale allo stesso tempo, che rivendica ed accoglie l'uomo nel suo valore assoluto di persona e nell'esigenza di formazione integrale della sua personalità .

   In questo contesto di proposta pedagogica, che esclude ogni visione riduttiva o unilaterale d'intendere il potenziale umano, si rinviene il principio fondante di persona in quanto «valore sussistente» ed in quanto dignità assoluta: si vengono a prospettare i lineamenti teoretici di una filosofia personalistica dell'educazione strettamente collegata ai presupposti ideali della tradizione cristiana e del razionalismo laico/umanistico occidentale di carattere critico/criticistico.

   Le asserzioni di fondo del personalismo critico cristiano e del conseguente razionalismo laico/criticistico , ci sembra, si vengono a porre quale punto di riferimento costante delle diverse prospettive didattico‑metodologiche emergenti e dei vari obiettivi educativi e di apprendimento enunciati: in ogni costrutto normativo si rinviene il primato dell'autocoscienza umana e della libertà quale risultato della consapevole,critica,etica e responsabile presenza dell'uomo nella storia.

   In questo senso, l'educazione si viene a porre quale opera assiologica e teleologica finalizzata alla  formazione integrate delta personalità umana ed alla  piena  attuazione del suo diritto alto studio: i fini perseguiti risultano essenzialisticamente dei valori e non tendono affatto alla realizzazione di modelli educativi deterministicamente prefissati e riferiti a prescrittive istanze sociologiche di potere.

   Le finalità educative del progetto pedagogico di scuola primaria di base in questione, si riconoscono, quindi, nella piena valorizzazione delle diverse potenzialità umane e nella correlata realizzazione di quei percorsi di formazione che si pongono in chiave di congruenza con le istanze di valore dei concetti di persona,di ragione etico/critica e  di bene comune.

   In questo senso,coerentemente,risalta nitido e perentorio il principio pedagogico che  «la scuola deve costituire un momento di riflessione aperta ove s'incontrano esperienze diverse», mentre il suo ruolo e la sua funzione si risolvono, in primo luogo, nell'aiutare gli alunni a divenire consapevoli delle proprie idee e responsabili delle proprie azioni», rinviando a modelli etico‑comportamentali sempre ispirati a « criteri di condotta chiari e coerenti, che attuino valori riconosciuti» .

   In definitiva , il modello antropologico ed etico‑filosofico di Umano a cui tendere viene ad emergere  quale «uomo della ragione e delta libertà», prospettando e presupponendo l'esatta dimensione assiologica del personalismo cristiano nella laicità di un «personalismo critico» che elabora il concetto stesso di persona in chiave deontologico‑funzionalista e ne recupera in tutta la loro portata esistenzialistica i motivi storici dei rapporti d'interazione con «natura» e « cultura».

   In altre parole, il nostro contestuale progetto pedagogico/istituzionale dell’offerta formativa della scuola primaria, accoglie  i lineamenti filosofici di un «personalismo laico» che cerca di superare talune chiusure dogmatiche di una tradizione spiritualista‑tomista che fondava il concetto di persona su presupposti metafisico‑ontologici ed a cui, ovviamente, non poteva non  sfuggire il senso della vita come continuo processo sempre problematico,rischioso e fallibile (ancorché autoverificabile ed autorettificabile; sperimentabile continuamente ed autoriproponibile) attraverso cui l'individuo può come non può farsi persona.

   Il soggetto umano di questa filosofia conquista progressivamente la sua dignità di persona e la sua perfezione di «animale razionale»: come detto, l'individuo possiede in nuce soltanto la possibilità di raggiungere tali traguardi e non, ontologisticamente, l'«essenza innata» di una spiritualità che si viene a porre in chiave di insanabile dualità con la materialità del reale.

   In definitiva, il concetto di Umano presupposto strutturalmente al contesto progettuale dei Programmi dell’85 pone la centralità del suo senso finalistico ed assiologico, ancorché di ogni deduttività pedagogica e strategico/didattica, proprio nel realizzare la sua consistenza ontologica attraverso un processo educativo di formazione integrale ed in costante riferimento scientifico ai continui rapporti d'interazione che l'individuo, sin dalle nascita, stabilisce con gli universi socio/culturali (e, dunque, politici, economici,storico/esistenziali; ecc.) circostanti di relazione.

   Strettamente legato al concetto di persona ed ai suoi assunti assiologico‑teleologici di fondo (che, a nostro avviso, vengono pienamente a riconoscersi nell'«uomo delta ragione e delta libertà») appare, in questo senso, il principio pedagogico dell'«educazione alla convivenza democratica».

   Ci sembra che il concetto di democrazia a cui ci si richiama si venga a porre, più che come modello di convivenza già pienamente attuato e sperimentato, quale principio normativo ed ideale‑valore da realizzare nella sempre consapevole, responsabile, partecipazione dell'uomo alle vicende della polis ed all'organizzazione razionale etico/politica del «pubblico».

   Tale concetto di democrazia prefigurato finalisticamente nei modelli educativi della scuola primaria,rinviene il fuoco delta semantica nell'idea di metodo di convivenza fondato sulla mobilità socio/culturale e sulla possibilità da parte dei membri di una comunità di poter fruire di tutti i beni culturali, ancorché materiali, e comunque economico/produttivi e di potere politico,della società civile.

   Le finalità educative e formative del modello di scuola primaria di base  tracciato dai Programmi dell’85,richiamano un concetto di «democrazia» che è sempre contestualità di significati socio‑culturali ed economico‑politici (comunque,storico/esistenziali) che eleggono l'etica della comprensione e della solidarietà quale antropologia fondante di ogni discorso sull'Umano; e finalizzano,così, la loro intrinseca valenza pedagogica al raggiungimento del bene comune garante dei valori di persona.

   La scuola si deve porre, in questo senso, quale tirocinio alla democrazia e deve connotare ogni suo vissuto di relazione istituzionale (dal rapporto bipolare d'insegnamento‑apprendimento alla sistemicità dei suoi significati sociologici d'interazione con la comunità socio‑civica) sul piano della dialogicità solidale/tollerante e dell’uso sociale della conoscenza il più allargato/allargabile/partecipabile/trasmissibile/condivisibile tra tutti i soggetti umani d’interazione interpersonale.

   Il punto di partenza ineludibile per un progetto di educazione alla convivenza democratica sembra, dunque, essere quella promozione della prima alfabetizzazione culturale»  grazie a cui la scuola elementare di base viene a fornire «un sostanziale contributo a rìmuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo delta persona umana» .

   In questo senso, il documento programmatico ordinamentale viene ad invocare una scuola primaria che   “””ponga le premesse all'esercizio effettivo del diritto‑dovere di partecipare alla vita sociale e di svolgere secondo le proprie possibilità e le proprie svelte un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale delta società”””.

   A nostro avviso, il concetto di «convivenza democratica» da promuovere/perseguire pedagogicamente e didatticamente, non è affatto da intendersi soltanto come una specie di necessità esistenziale che informi di sé tutti gli istituti delta Società Civile e della  Società Politica,ancorché della scuola ovviamente, quasi a guisa di «contratto sociale» che si ponga il problema delle regole di convivenza comunitaria tollerante, ma che, al contrario, venga ad ignorare il senso dei diversi progetti esistenziali dell'uomo.

   Per ogni istituzione scolastica il pluralismo democratico non si riduce a sintesi di interessi o filosofie tra taro contrapposte che rinvengono la loro  intesa unitaria soltanto in relazione ad obiettivi storico-esistenziali ed istituzionali che, in ogni caso, prescinderebbero dal senso della vita dell'uomo e dai suoi destini antropologici: in questo caso, si verrebbe a collocare la persona umana (ed il suo potenziale educativo) su di un piano di mera considerazione strumentale, ancorché preda dei miti di una razionalizzazione tecnologica della propria esistenza a cui non potrebbe non sfuggire ogni ideale educativo di formazione integrale dell'Umano.

   Per noi,non esiste, dunque, già dato a priori un modello di scuola che si ponga quale modello stesso di convivenza democratica (così come non esiste a priori un modello ideale di stato democratico o di Società Politica democratica ecc.): viene proposto dal testo dei Programmi dell’85’ uno stile di continua ricerca di «ipotesi» di progetto educativo, da sperimentare-realizzare, ancorché da autoverificare-autorettificare, che venga condiviso  democraticamente da utenti,territorio,attori scolastici,istituzioni e committenza governativa, e che tenda finalisticamente agli ideali educativi di formazione integrale della persona umana.

    La fondazione democratica del modello di scuola proposto sembra, in definitiva, assurgere a nuovo fondamento e coronamento del contestuale progetto pedagogico in questione e si viene a porre quale presupposto finalistico strutturale sulla cui base soltanto si può ben determinare il significato della funzione docente scolare.

    La scuola primaria, in questo senso, educa alla democrazia nella misura in cui si propone di formare nel discente gli aspetti costitutivi del cittadino che può godere di tutte quelle libertà civili e di tutti quei diritti personali inviolabili (costituzionalmente riconosciuti e da affermare attraverso norme di diritto positivo) grazie a cui potersi integrare criticamente nel contesto socio- culturale-politico della polis.

   Il principio educativo dell'uguaglianza scolastica si viene a riferire ai diritti essenziali nell'ambito della norma giuridica riconosciuti potenzialmente ad ogni discente, rinvenendo il suo vero prospetto semantico nella più autentica concezione cristiana e laico/umanistica della vita; così    «il fanciullo sarà portato a rendersi conto che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge».

  In questo senso,è necessario che il principio dell' ””uguaglianza”” , in quanto fondamentale principio di convivenza democratica, «non venga inteso come passiva indifferenza» ma solleciti «gli alunni a divenire consapevoli delle proprie idee e responsabili delle proprie azioni, alla luce di criteri di condotta chiari e coerenti che attuino valori riconosciuti».

   Quest'ultimo stralcio ci sembra il vero e proprio manifesto teleologico del progetto pedagogico in questione sul cui tracciato soltanto può prendere profilo finalistico una scuola primaria di base a cui, appunto, si assegna il «compito di sostenere l'alunno nella progressiva conquista della sua autonomia di giudizio, di scelte e di assunzione di impegni e nel suo inserimento attivo nel mondo delle relazioni interpersonali, sulla base dell'accettazione e del rispetto dell'altro, del dialogo, della partecipazione al bene comune».

    Risulta evidente che, alla luce di queste premesse finalistiche, l'azione educativa della scuola primaria di base non può non porsi sempre e comunque intrinsecamente morale:    infatti,si consideri che  «i criteri di condotta» che dovrà auto-formarsi l'alunno sono essenzialmente dei «costrutti morali» che si richiamano ad una maturità cognitivo-intellettiva,critico/razionalistica ed etico-sociale, tutta tracciata nel segno della continua responsabilizzazione dell'alunno stesso e della sua progressiva iniziazione a quei valori riconosciuti proprio perché configurati attraverso  la razionalizzazione universalizzante che ricerca la ragione etica dell’erga omnes attraverso l'uso sociale della conoscenza-linguaggio personale (id est, attraverso forme sempre più originali,dialogiche e partecipate/allargate di convivenza democratica e di uso/gestione dei saperi ,delle conoscenze e di ogni bene culturale/materiale).

   In questo senso, i «valori riconosciuti» (sulla cui base l'alunno verrà definendo criticamente i suoi «criteri di condotta chiari e coerenti»  vengono determinati e ricavati nel vivo delle relazioni interpersonali e nel correlato processo di continua partecipazione dialogica alla comunità d'appartenenza (dal gruppo-classe … alla contestualità degli istituti di una polis), sulla base di un continuo rispetto della persona altrui e di una personale tensione ad integrare i propri linguaggi-comportamenti nella comune sintonia di un cum-scire,ma anche di un cum/sentire,cum/agere e cum/venure,sempre acquisiti e definiti sulla traccia dell'autoverifica-autorettifica dei propri modelli culturali.

    In questo senso, l'alunno deve essere iniziato, sin dai diversi momenti della sua frequenza alla scuola primaria di base, ancorché dalle prime vitali esperienze di socializzazione scolare della scuola materna, alla continua ricerca ed al confronto con i consociati suoi compagni di quei significati etico-sociali di convivenza su cui tutti-sono-d’accordo-qui-e-ora; in relazione (e correlatamente) a sempre più proficui tentativi di superare l’egocentrismo relazionale e di integrare il proprio io con la cultura di gruppo ambientale (che, appunto, scaturisce dal continuo dialogo partecipativo alla definizione dei simboli di coesione e di crescita che esigenzializza e sollecita la vita scolastica).

   L'alunno verrà, così, sollecitato a fondare razionalmente i cosiddetti «valori riconosciuti» ed a riferirli sempre al principio della condivisibilità dei punti di vista altrui quale fattore di sperimentazione continua grazie a cui soltanto poter determinare e far valere la propria «autonomia di giudizio» e la correlata «assunzione di impegni» .

   Tali “valori riconosciuti” sono, dunque, costrutti morali che l'alunno dovrà verificare alla luce dei concreti referenti d'esperienza e dei significati esistenziali che richiamano, mentre la loro validità viene sempre rimessa al senso di «bene comune» che riescono a far filtrare allorché vengono ad indicare itinerari etici di linguaggio e di partecipazione sociologica.

   L'educazione alla convivenza democratica che prospetta la scuola,si gioca proprio attraverso il continuo tirocinio all'affermazione, da parte dell'alunno, dei linguaggi-comportamenti di un'etica-della-comprensione che costruisce i suoi itinerari di vita comunitaria sui principi della solidarierà cristiana,della razionalità etica universalizzante, della tolleranza empatica e del coinvolgimento dialogico partecitativo nei diversi vissuti di relazione.

   In questo senso,l'educazione alla convivenza democratica, a nostro avviso, si deve evolvere su di una linea di laicità e di pluralismo culturale, e, pur rilevando a fondamento teoretico il concetto cristiano di persona, ne deve prospettare continuamente il  senso critico e razionalistico/laicistico attraverso una continua ricerca del suo significato deontologico e di tutte quelle sue dimensioni inalienabili cosiddette «naturali» (attraverso, in definitiva, la condivisibilità di “valori riconosciuti” che prescindono, anche se non la negano, dalla radice ontologico-metafisica della sua essenza, e che ne ripropongono i termini in chiave di coinvolgimento critico/esistenziale e storico del suo dover essere, ecc.).

   Le pietre miliari di tali valori risultano pur sempre,secondo noi,la solidarietà,la ragionevolezza umanistica  e la libertà della persona: gli stessi presupposti finalistici che il cristianesimo ha proposto attraverso un costante riferimento ad una realtà trascendente che fonda ogni altro essere e valore, attraverso una concezione che colloca l'Essere in quanto tale (in quanto assoluta differenza dal nulla), in posizione assoluta rispetto a qualsiasi dato-storico-di-riferimento-al-reale.

  In quanto scuola di Stato e Pubblica,ogni istituzione non può accedere a tali presupposti valoriali se non in chiave di approccio culturale razionalistico e laicicistico-criticistico, ricercando, per ciò stesso, le ragioni della legittimazione del concetto di persona nella antropologia dei diritti naturali e nella determinazione storica del correlato approccio deontologico della persona agli universi di relazione dell'esistente: la proposta religiosa, in questo prospetto interpretativo, si viene a porre quale complementare conquista teoretica (sempre rischiosa e fallibile, ancorché autoverificabile e autorettificabile, ecc.) di un autentico e personalizzante approccio dell'alunno all'assunzione critica della sua stessa realtà personale e di quella dei suoi simili in quanto testimonianza della presenza di Dio nella storia.

   In questo senso, il documento programmatico si preoccupa di avvertire che la scuola primaria deve fare «corretto uso del suo spazio educativo», rispettando «quello della famiglia e delle altre possibilità di esperienze educative» .

   Considerato che ogni dìffusivo momento educativo-didattico di educazione-alla-convivenza-democratica si pone quale pervasivo e contestuale discorso di educazione morale, peculiare ad ogni sequenza d'insegnamento-apprendimento, ci sembra che gli assunti pedagogici stessi correlati di tale educazione si pongano quale principio dell'intero progetto proposto dal testo programmatico che unifica ed offre carattere di organicità alla complessiva serie di contenuti didattico-metodologici e disciplinari individuati e prefigurati per la programmazione dei diversi curricoli da realizzare sul campo.

   In altre parole, ogni razionalizzazione curricolare di «ambiente educativo di apprendimento» deve sempre riferire e verificare la valorialità dei suoi significati didattico-pedagogici agli ideali educativi della convivenza democratica e della persona etico/razionale sopra considerati; ed a tutte quelle finalità di formazione emergenti dalla tensione assiologica dei valori conseguenti.

 Ci sembra,così,che i motivi conduttori strategici di tutto l'impianto pedagogico della scuola primaria si possano riconoscere nei seguenti costrutti normativi:

-Necessità che tutti gli obiettivi didattico-educativi avviino l'alunno a tener sempre conto dei diritti e delle valorialità delle persone con cui entra in vissuto di relazione (sia a scuola che fuori di essa);

 -Necessità che dal contestuale processo d'insegnamento- apprendimento l'alunno conquisti progressivamente autonomia di linguaggi-comportamenti e di pensiero, e, dunque, capacità di razionalizzazione delle diverse forme di dipendenza che connotano il sistema di relazioni antropologiche entro cui, esistenzialmente, risulta collocato;

-Necessità che ogni momento-aspetto dei processo didattico-educativo si venga, in definitiva, a riconoscere in quanto «formazione alla responsabilità»  ed in quanto strutturazione del carattere eticamente rivolta all'autoconsapevolezza di tutti gli aspetti del proprio io.

 

     In questo senso, il contestuale progetto pedagogico/didattico ed educativo/formativo della  scuola primaria di base, si preoccupa di sollecitare i docenti a rivolgere un «aiuto educativo» al fine di «sostenere l'alunno nella progressiva conquista della sua autonomia di giudizio, di scelte, di assunzione di impegni e nel suo inserimento attivo nel mondo delle relazioni interpersonali» , sempre tenendo conto che la persona dello stesso discente è singolare ed originale, e che, alla luce delle sue caratterizzazioni storico-esistenziali, «quando inizia la sua esperienza scolastica, ha già cumulato un patrimonio di valori e di esperienze relativi a comportamenti familiari, civici, religiosi e morali».

 

    I lineamenti di funzione docente emergenti dal discorso finalistico sopra articolato si possono senz'altro riconoscere,allora,nei seguenti fuochi di profilo:

1) Richiamo alla proposta ideale che trascende sempre i termini situazionali in cui si trova integrato l'alunno: «la scuola deve operare perché il fanciullo prenda consapevolezza della coerenza tra l'ideale assunto e la sua realizzazione in un impegno anche personale»;

2) Richiamo alla vita di gruppo quale naturale contesto di relazioni entro cui l'alunno, sia a scuola che negli universi socio-educativi extrascolastici, realizza ogni processo di formazione e procede verso la definizione di ogni apprendimento di «alfabetizzazione culturale»: «la scuola deve operare perché il fanciullo abbia più ampie occasioni di iniziative, decisioni, responsabilità ed autonomia e possa sperimentare progressivamente forme di lavoro di gruppo e di vicendevole aiuto e sostegno, anche per prendere chiara coscienza della differenza tra «solidarietà attiva» con il gruppo e «cedimento passivo» alla pressione di gruppo, tra la capacità di conservare indipendenza di giudizio ed il conformismo, tra il chiedere giustizia ed il farsi giustizia da sé».

3) Richiamo al superamento critico di asserzioni stereotipate e di pregiudizi di approccio critico verso la realtà socio-culturale che circonda l'alunno: «la scuola deve operare perché l'alunno abbia basilare consapevolezza delle varie forme di diversità e di emarginazione allo scopo di prevenire e contrastare la formazione di stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone e culture».

4) Richiamo alla continua ricerca di ipotesi di linguaggi-comportamenti congrui con le necessità di relazione ecologica verso la realtà naturale circostante: «la scuola deve operare perché il fanciullo sia sensibile ai problemi della salute e dell'igiene personale, del rispetto dell'ambiente naturale e del corretto atteggiamento verso gli esseri viventi, della conservazione di strutture e servizi di pubblica utilità,…(…)…del comportamento stradale, del risparmio energetico».

5) Richiamo ad ideali di cooperazione e comprensione etico-sociale che trascendano la particolarità nazionale dei popoli e gli orizzonti culturali provincialistici: «la scuola deve operare perché il fanciullo sia progressivamente guidato ad ampliare l'orizzonte culturale e sociale, oltre la realtà ambientale più prossima, per riflettere, anche attingendo agli strumenti della comunicazione sociale, sulla realtà culturale e sociale più vasta, in uno spirito di comprensione e cooperazione internazionale, con particolare riferimento alla realtà europea ed al suo processo di integrazione».

  

   Quella che emerge dalle superiori indicazioni normative e dalle connotazioni pedagogico/didattiche del contestuale progetto pedagogico di una scuola primaria di base, ci sembra, in definitiva, una funzione docente che debba cercare l'interfunzionale ed integrale comporsi dei processi di alfabetizzazione culturale, di formazione  etico-sociale e politica, ancorché di salda maturazione emotivo-affettiva, quale presupposto irrinunciabile di autenticità personale dell'alunno all'approccio con il suo profilo di formazione.

   In questo senso, tale profilo di formazione lo possiamo senz'altro cogliere laddove il testo programmatico viene, in sintesi, ad auspicare per l'alunno la strutturazione delle «basi cognitive e socio-emotive necessarie per la partecipazione sempre più consapevole alla cultura ed alla vita sociale, basi che si articolano oltre che nelle conoscenze e nelle competenze prima indicate, anche nella motivazione a capire ed a operare costruttivamente, nella progressiva responsabilità individuale e sociale, nel rispetto delle regole di convivenza, nella capacità di pensare il futuro per prevedere, prevenire, progettare, cambiare, verificare».

  

   In sintesi,svolgendo un ulteriore cerchio di sintesi e di comprensione fondamentale astraente, si può affermare che il compito specifico della scuola primaria di base si viene a riconoscere nella realizzazione della «prima alfabetizzazione culturale», intesa come «acquisizione di tutti i fondamentali tipi di linguaggio, ad un primo livello di padronanza», mediante un «intervento intenzionale e sistematico» che si configura come «organizzazione e arricchimento di un ambiente per l'apprendimento» (N.P.).

   Il profilo di questa identità pedagogica, ovviamente, si presta ad una pluralità di interpretazioni, le cui posizioni vengono a richiamare i seguenti interrogativi:

1) interrogativo circa la possibilità che il contestuale curricolo di studi di formazione rispecchi i caratteri unilateralmente cognitivistici, a tutto scapito delle urgenze della persona umana alla educazione integrale del suo potenziale costitutivo;

2) interrogativo circa la possibilità che il principio educativo-didattico di alfabetizzazione culturale venga a sancire un latente primato del formalismo pedagogico e delle istanze istruzionali, di contro alle primarie necessità di formazione integrale della personalità dell'alunno.

   Nel contesto istituzionale e pedagogico/didattico della scuola primaria di base,emerge in modo inequivocabile un modello di scuola istituzionale non totalizzante, non fosse altro perché essa   «riconosce di non esaurire tutte le funzioni educative» e, dunque, ha piena consapevolezza di operare «nel corretto uso del suo spazio educativo e nel rispetto di quello della famiglia e delle altre possibilità di esperienza diretta ed indiretta del bambino».

   In questo senso, la scuola non può non assumersi il compito educativo fondamentale di iniziazione dell'alunno agli  strutturali-epistemici linguaggi della cultura in quanto, in ogni caso, è nella stessa ragion d'essere di ogni istituto scolare di porsi quale spazio di insegnamento-apprendimento intenzionale e razionalizzato, il cui «specifico» si rinviene nella trasmissione di tutte quelle conoscenze-istruzioni grazie a cui potrà esplicarsi in modo metanaturale e metaculturale ogni conseguente processo di maturazione-formazione e d’insegnamento/apprendimento.

   Alla luce di quanto è stato delineato nelle precedenti pagine, risulta evidente che ogni processo di alfabetizzazione è sempre visto in funzione delle finalità educative della persona,della ragione critica e del correlato modello etico-politico di convivenza democratica.

   Gli alfabeti non sono né contenuti né nozioni a sé stanti, ma vere e proprie strutture concettuali del sapere e della conoscenza che prospettano i paradigmi epistemologici (criteri di fondo che definiscono oggetti formali e materiali,idee generative,codici e linguaggi, metodi di ricerca ed itinerari euristici correlati, ecc.) di una disciplina o, comunque, di un'area/ambito disciplinare, ai diversi livelli analogici (ancorché psicologici) di compiutezza scientifica.

Non a caso,in questo senso,si richiede finalisticamente alla formazione dell’alunno nella scuola primaria di base, il raggiungimento di un  «primo livello di padronanza», di abilità e di tecniche essenziali che l'alunno stesso verrebbe ad acquisire in quanto strumenti di sempre ulteriore ed eccedente conoscenza-linguaggio, sempre da verificare ed autorettificare sperimentalmente nel segno di una progressiva acquisizione cognitiva disciplinarmente differenziantesi.

   L'apprendimento non si rivolge a costrutti disciplinari defìniti e trasmessi nella loro determinazione logico-sistematica, ma viene orientato verso «l'emergere di quadri disciplinari» proprio attraverso un approccio iniziale predisciplinare riferito alla problematicità dei momenti di ricerca-scoperta: l'acquisizione progressiva degli itinerari logico-razionali ed euristici della conoscenza avviene in chiave di graduale conquista cognitiva e di correlata definizione operativa dei significati delle diverse discipline da ri-costruire.

   Ogni intervento d'insegnamento-istruzione indirizzato a tale strategia di fondo si viene, quindi, a porre quale funzione docente che tiene sempre nel debito conto «l'intreccio profondo che esiste tra istruzione ed educazione», ponendosi sempre il fine didattico strutturale della gestione,dell'organizzazione e dell'«arricchimento di un ambiente educativo per l'apprendimento»; ed avendo sempre chiara consapevolezza del fatto che «la scuola primaria, mentre si pone come scuola di alfabetizzazione culturale, si pone anche come scuola educativa».

   Viene previsto,dunque, quale processo essenziale che denota il rapporto didattico/educativo,in questa prospettiva pedagogica di fondo, il poter suscitare «un clima sociale positivo nella vita quotidiana della classe»; mentre i terminali educativi di tale processo vengono chiaramente riferiti alle seguenti finalità di formazione:

-progressiva costruzione delle capacità di pensiero riflessivo e critico»;

-«potenziamento della creatività e della divergenza»;

-«autonomia e indipendenza di giudizio».

   L'assoluta interdipendenza tra momento istruzionale e momento formativo viene testimoniata in modo inequivocabile, in ogni caso, laddove «il tessuto di relazioni e scambi che si stabilisce nell'ambiente scolastico» viene ritenuto condizione indispensabile (dunque, prerequisito!) al fine di «offrire al bambino le sollecitazioni necessarie sia ad acquisire conoscenze che a precisare e sviluppare attegiamenti e comportamenti, interiorizzare norme di condotta e valori».

   In questo senso, il principio dell'unità educativa dei diversi momenti-aspetti di funzione docente va cercato nel fuoco della praxis didattico-educativa, al di là di ogni asettica antinomia tra istanze di analiticità cognitiva e necessità di sintesi formativa da ricercare nella stesura di un progetto pedagogico.

   La vecchia scuola elementare dei Programmi del 55’  poneva a fondamento dell'unità educativa i seguenti principi strategici: 1) deduzione trascendentale di ogni assunto didattico-metodologico e di ogni spessore etico-antropologico da una determinata filosofia dell'educazione; 2) approcci d’insegnamento/istruzione peculiari alla funzione docente assegnata a “docente unico” per classe; 3) uniformità di caratterizzazione didattico-metodologica e relazionale nel contesto del rapporto pedagogico.

   La nuova scuola primaria di base promana da tutt'altra cultura pedagogica e rispecchia temi e prospettive di dibattito assolutamente diversi da quelli che hanno ispirato la scuola elementare del passato lontano.

   La mappa pedagogica della scuola,così, attinge da una pluralità di orientamenti di filosofia dell'educazione e di correlati indirizzi di ricerca pedagogica, ispirandosi a modelli strategici di organizzazione della funzione docente che superano l'impostazione bipolare del rapporto scolare didattico/educativo ed i conseguenti connotati di isolazionismo didattico.

   La programmazione e la realizzazione di ogni sequenza d'insegnamento-apprendimento sono costantemente ascritte all'intervento di una pluralità di docenti che si trovano sempre ad operare nello spirito della collegialità di approccio e della polivalenza dei modelli relazionali d’identificazione, mentre sempre più emergenti si vengono a porre le logiche di razionalizzazione/progettualità  curricolare della prassi didattico/educativa centrata sui principi di individualizzazione-differenziazione-personalizzazione  dei diversi compiti di apprendimento proposti e dei correlati interventi d'insegnamento rivolti all'alunno.

   Ogni discorso didattico-metodologico della scuola di oggi,relativo alla funzione docente della modularità e delle classi aperte,si viene ad imperniare su principi strategici che non garantiscono a priori l’”unità educativa” del progetto pedagogico, ma che la sollecitano quale prodotto itinerante e conclusivo di un processo realizzato all'insegna del continuo approccio sperimentale alle diverse variabili educative,didattico/metodologiche ed organizzative; e del costante momento dell'autoverifica-autorettifica quale centrale aspetto pregnante di tutta l'opera di scolarizzazione.

  In altre parole, questa “unità educativa” è sempre la scommessa rischiosa e fallibile (ancorché autoverificabile e autoriproponibile, ecc.) di una funzione docente che si qualifica sul piano della continua ricerca sperimentale di etiche professionali e di percorsi didattico-metodologici attraverso cui dar vita a programmazioni di sequenze curricolari d'insegnamento-apprendimento fortemente connotate in quanto ad integrazione di intenti pedagogici e di risorse-opportunità di formazione.

   Prende corpo, in questo senso, l'impalcatura istituzionale di un modello di scuola primaria di base che, in definitiva, elegge i seguenti principi educativi quali caratterizzazioni fondamentali della sua identità culturale/pedagogica ed  istituzionale:

1) Affermazione della dignità contenutistica rivolta alla formazione integrale e razionale della persona dell'alunno, sulla base di una competenza epistemologica (logica e psicologica allo stesso tempo) all'approccio dialettico con le diverse entità naturali e culturali della realtà, ancorché con le sue evidenziali fonti della conoscenza.

 2) Necessità di assoluta congruenza psicologica e di fedele aderenza sociologica nella definizione-realizzazione della relazione educativa scolare e nella preliminare sua prospettazione pedagogico-didattica.

3)  Razionalizzazione della relazione pedagogica in questione sul piano dell'approccio strutturalistico-cognitivistico alle diverse variabili educative.

 

 

 

 

2:3:   I principi pedagogici e di filosofia dell’educazione che presuppongono i Programmi dell’85:                                       per una discussione di sintesi sulle finalità educative ed etico-politiche della scuola primaria di base:

 

   In definitiva,il complessivo progetto pedagogico della  scuola primaria di base,si pone   -nello stesso tempo e per lo stesso motivo-   quale contestuale e sistemica opera di educazione etico-politica in riferimento a cui ogni obiettivo didattico indicato trova senso e significato formativo.

   A tale progetto ed al contestuale  Piano dell’offerta formativa è sotteso un concetto di Stato che, lungi dal risultare entità astratta o metafisica (incarnazione storica di qualche logos, ecc.), si pone quale «una» tra le tante possibili organizzazioni sociali e razionali del «pubblico», vale a dire produttiva di coesione e di crescita.

   Lo Stato che il progetto pedagogico della scuola primaria presuppone ed a cui teleologicamente finalizza ogni sua attività istituzionale,deve sempre risultare l'organizzazione etico/politica del «pubblico» in quanto la razionalità (peculiare a tale organizzazione) esige, nella condizioni storicamente determinate dell'esistenza, tutte quelle garanzie e valorialità di sopravvivenza tra i membri dello Stato stesso (cioé, tutte quelle tecniche di convivenza e tutti quei simboli culturali di coesione e di crescita, ecc.) che si pongano, per ciò stesso, erga omnes (sia in senso diacronico che sincronico: a tutti i cittadini del presente ed a tutti quelli possibili del futuro; idealmente,a tutte le persone di una società che auspichiamo sempre ecumenica ed a misura d’uomo;ecc.).

   In questo senso,è evidente che la funzione politica di uno Stato deve implicare,comunque sia, una correlata e complementare funzione pedagogica: anzi, la forza razionale di una determinata organizzazione politica del «pubblico», id est dello Stato, viene a coincidere con la sua stessa forza politica di risultare Stato educatore.

   E’,così,che la forza politica dello Stato si risolve nella sua forza pedagogica, vale a dire nella funzione pubblica dell' “educazione pedagogica” che riesce ad esplicare verso tutti i cittadini, assicurando a tutti quei processi di coesione e di crescita, di convivenza civile/democratica e di sopravvivenza “dignitosa”,grazie a cui inverare la loro più autentica ed universalmente razionalizzante (id est,etica…) partecipazione democratica alla vita della polis.

   Lo Stato auspicato da questo  progetto pedagogico di scuola primaria di base, non si  identifica, quindi, con tutta la società effettualmente determinata e composita, né con un privilegiato gruppo di potere che esercita un controllo totalizzante sulle risorse ed i servizi del Sociale: esso sempre implica ed esprime le due dimensioni del «pubblico» e del «privato».

   Così, nella misura in cui Pubblico e Privato sono due prospettive dimensionali complementari e compresenti nell'individuo (nell'individuo in quanto integralità di persona), lo Stato viene a risultare quella istituzione sociale e politica (di governo,di legislazione/amministrazione e di giustizia) grazie a cui ogni persona della Società Civile e della Società Politica possa produrre e gestire, nei termini sperimentali dell'autoverifica e dell'autocontrollo, le tecniche della convivenza ed i progetti universali, per ciò stesso etici: erga omnes, della sopravvivenza materiale e culturale.

   Il concetto di convivenza democratica è, dunque, lo stesso concetto di Stato sopra enucleato, e si risolve nella esigenza di tutti e di ciascuno di risultare attore (partecipatore e fruitore, allo stesso tempo) di ogni esperienza intersoggettiva e, per ciò stesso,nell'amministrazione di ogni aspetto o istituto della vita pubblica,sia pur in ragione della specificità del proprio profilo di ruolo lavorativo,e,quindi,attraverso la sua identità esistenziale socio/culturale e personalizzante).

   In questo senso, risultando tutti i cittadini e  ciascuno di essi, produttori ed amministratori di criteri amministrativi (come si ripete,a prescindere dalla specificità e competenza dei loro diversi profili professionali e delle conseguenti loro attività lavorative)  , la scuola primaria di base (in special modo) non può non porsi in quanto fondamentale apparato idelogico e di formazione culturale/professionale statuale (sia pur connotato da “espressione di autonomia funzionale”); e, di conseguenza, non può non evidenziarsi in quanto democratica, politica ed etico-sociale: i presupposti educativo-formativi di organizzazione politica del «pubblico», vale a dire del costituirsi di uno Stato in quanto tale, ancorché del determinarsi di tutte quelle condizioni di crescita civile del «sociale» e delle “cittadinanze”, sono strettamente dipendenti anche dai comportamenti di partecipazione  e di impegno decisionale (id est, di convivenza democratica) che la scuola stessa di base  saprà promuovere nei suoi alunni.

   L'attività cognitiva è sempre mezzo per il raggiungimento di tali finalità educative di fondo: il  fine è lo sviluppo della persona e la sua formazione integrale grazie a cui potersi acquisire la più piena (democratica,eticamente razionalizzante,critico/laicistica;ecc.) effettiva partecipazione di tutti i cittadini all'organizzazione politica, economica e sociale dello Stato.

   Risulta quindi evidente come i fini della scuola primaria di base,nel progetto pedagogico dell’offerta formativa,risultino i medesimi di quelli del dettato costituzionale dello Stato democratico, ovverosia del «contratto costituente» attraverso cui si viene ad esplicare l'organizzazione razionale etico- politica del «pubblico statuale».

   Nella misura in cui si riconosce che lo Stato deve, tra gli altri, razionalmente determinare e legiferare gli statuti dell'amministrazione della sua scuola, si viene a legittimare il principio che tutti gli operatori scolastici sono responsabilizzati a configurare collegialmente/partecipativamente/dialogicamente  tale “amministrazione scolastica”  (e, dunque, ogni correlata determinazione pedagogico-didattica ed ogni identità culturale che ne scaturisce sul piano della funzionalità istituzionale e gestionale/organizzativa  di un dato istituto scolare).

 Tale “amministrazione” dell’istituto scolare comporterà sempre,di conseguenza, un momento istituente ed un momento esecutivo/riproduttivo quali momenti interfunzionali,sinergici e complementari: il primo momento viene a riguardare la stesura delle “carte pedagogico/giuridiche”, o programmi,o curricoli di studio, che dir si voglia; il secondo momento viene a comportare l'incontro dialettico (ancorché compossibile ed integrativo) tra tali  “curricoli” nazionali e le variabili di una situazionalità scolastica; e per ciò stesso si risolverà nell’attività progettuale/programmatica della razionalizzazione di propri specifici curricoli d’istituto (quindi, nella  didattica/didassi quotidiana sempre definita/realizzata alla luce delle diverse identità gestionali locali,delle specifiche condizioni territoriali,dei bisogni formativi concreti emergenti,delle domande di educazione affioranti,delle risorse/opportunità pedagogiche a disposizione (sia interne che esterne alla scuola); e,peraltro,in ragione degli obiettivi educativi generali e specifici di apprendimento patrimonio comune dell’intero sistema nazionale dell’istruzione (della “committenza” statuale e della politica scolastica governativa).

   Alla luce di quanto sopra delineato, possiamo cercare di cogliere ancora meglio la logica pedagogica generativa del contestuale progetto pedagogica di scuola primaria di base,dei suoi processi educativo/formativi e delle sue definizioni curricolari d’insegnamento/apprendimento attraverso i seguenti punti di sintesi:

    1) I fini educativi e le mete pedagogiche della scuola primaria di base sono i medesimi di ogni istituto scolare dell'obbligo formativo: ogni processo educativo  è finalizzato alla formazione integrale della persona dell'alunno ed alla valenza democratica di ogni suo  comportamento di partecipazione sociale, responsabilizzante.

2) Le finalità etico/sociali di formazione sono gli stessi valori di generativi e di fondazione/legittimazione dello Stato sociale in quanto Stato esso stesso di cultura,e,dunque,peculiari ad ogni sua funzione pedagogica (che,come premesso,è la sua forza politica razionalizzante l’organizzazione del “Pubblico” con cui viene a coincidere ogni suo stato d’essere).

3) I Programmi e gli indirizzi dei curricoli (gli standard di apprendimento e gli obiettivi di formazione generali e specifici di apprendimento) a carattere nazionale, prescrivono i traguardi formativi essenziali e fondamentali da raggiungere.

4) Il rapporto tra curricolo nazionale di Programma e situazionalità scolastica

(in quanto rapporto tra l'oggettività della “carta giuridica” e la soggettività dell'approccio  deontologico/professionale del docente) si articola in modo diverso e opposto rispetto al passato: il curricolo programmatico fondamentale e le diverse progettazioni e programmazioni didattico/educative di ciascuna istituzione scolastica si pongono quali aspetti distinti in rapporto dialettico e di “compenetrazione” didatticamente funzionale di una stessa  gestione amministrativa,didattico/organizzativa e didattico/educativa.

4)Viene esigenzializzato un profilo professionale del docente fortemente connotato sul piano della capacità autoreferenziale alle operazioni di progettualità didattico/organizzativa e didattico/educativa; nonché connotato da formazione culturale/professionale rispecchiante padronanza,abilità,competenza  e preparazione fondate sulla consapevolezza di tutti i più rilevanti contributi che la ricerca delle scienze dell’educazione è andata prospettando nel corso degli ultimi decenni.

 

   In definitiva, nel progetto educativo dei Programmi dell’85’ emergono due modelli pedagogici di fondo così riassumibili:

1) la scuola primaria deve offrire tutto-a-tutti, in cui quel tutto non è mai somma più o meno cospicua di informazioni, ma quella nozione organizzatrice o quel dato strutturale della “nomenclatura storico/dinamica”  epistemologica di discipline ed ambiti disciplinari (dunque,di connessioni interdisciplinari/multidisciplinari e transdisciplinari), che si vengano a porre quale funzione generativa di apprendimento e di transfert (vale a dire, attività cognitiva metanaturale,metaculturale,anticipata, accelerata, rinforzata, controllata,intenzionale,sistematica e sistematizzante,programmata e strutturata,sempre pedagogicamente fondata,scientificamente scriteriata e sperimentalmente condotta,… rispetto a quella attività cognitiva che il soggetto riuscirebbe a produrre per- natura, con suoi propri ritmi,anche in un contesto di agenzie e spazi educativo/socializzanti non precisamente professionalizzati nell’indirizzare quella “educazione pedagogica” che è lo specifico dell’istituto scolare in quanto tale).

   In questo progetto pedagogico, viene proposto un impianto metodologico generale di netto stampo neo-strutturalistico, saldamente ancorato alle sempre feconde tracce indicate dallo strumentalismo deweyano ed al correlato orientamento cognitivistico-costruzionista emblematicamente facente capo a Bruner e Piaget.

   Lungi dalle paure di moda sulla ragione cognitiva, qui si viene a sollecitare una corretta lettura di tale prospettiva psicopedagogica, e la demistificazione di talune credenze che hanno alimentato per troppo tempo nocivi equivoci laddove si veniva ad invocare quel fanciullo «tutto intuizione, fantasia e seri-

timento» (Programmi del '55) che non è mai esistito e mai sussisterà (…se non nella fantasia o … nella mistificazione volutamente alienante di gente che amava la funzione docente ignaramente o che…faceva finta di amarla “diabolicamente” …per fini che non sarebbe difficile cogliere!).

   In questo senso,contrappositivamente,i Programmi dell’85’ ed il loro contestuale progetto pedagogico presuppongono,dietro le righe,la “verità filosofica” che il conoscere, al di là di vecchi schemi epistemologici medioevali, non è una facoltà dell'anima accanto ad altre facoltà (per cui si pone il problema della gerarchia da riferire a tale serie di facoltà e della conseguente armonia da stabilire per evitare unilaterali concezioni della spiritualità umana).

   Il conoscere ed ogni conseguente consapevolezza esperenziale,per l’alunno come per il docente,è la struttura costitutiva dell'Umano in quanto funzione generatrice, ancorché intrascendibile, che produce simboli linguistici di diverso spessore economico e di altrettanto varia consistenza semiologia.

   E’ grazie al conoscere che il soggetto risponde ai condizionamenti del mondo (esercitando previsione e controllo dell'esperienza, interpretazione e trasformazione dei suoi dati di riferimento al reale, ecc.) ed esprime linguaggi-comportamenti sempre ulteriori-eccedenti i condizionamenti di partenza stessi.

   Risulta evidente, quindi, che è grazie a questa struttura costitutiva dell'Umano che (per l’alunno come per il docente) si possono esprimere i contenuti del sentimento e della volontà etica proprio in quanto tali contenuti medesimi si pongono inequivocabilmente quali linguaggi-comportamenti che si configurano sempre sulla base di un presupposto approccio cognitivo di simbolizzazione di un soggetto all’indirizzo dei dati storico/culturali e naturali di riferimento al  reale (ancorché dell’interiorità umana della propria realtà personale e di quella degli altri soggetti con cui entra in relazione).

  Soltanto sulla base di una “potente” attività cognitiva e razionalizzante; e di un sapiente processo di alfabetizzazione culturale (che permetta di acquisire le strutture epistemologiche del sapere);  l'alunno potrà indirizzarsi alle finalità formative della propria persona (cognitivo/intellettive,emotivo/affettive,etico-sociali,ancorché politiche) proprio in quanto avrà modo di acquisire le competenze linguistiche astraenti e logico/razionali a configurare e tradurre nella comunicazione intersoggettiva con “gli altri” (oltrechè,nella “comunicazione intersoggettiva” con il suo proprio io; vale a dire,nel suo “campo” di coscienza e nella consapevolezza dei propri prospetti d’identità; ecc.) ogni suo contenuto appartenente alla stessa sfera etico-volitiva e, comunque, emotivo-affettiva.

2) Gli obiettivi e le finalità che vengono proposti e riferiti a docenti ed alunni, ancorché a tutti gli amministratori ed attori della  scuola, non sono significati che si possano rinvenire in qualche settore privilegiato dell'esperienza e nemmeno traguardi che si possano raggiungere una volta per sempre (al vertice di una scala), bensì valori e conseguenti  “beni comuni” di cultura che debbono ispirare senso e significato dei diversi processi educativi sempre e comunque (ovviamente, a livelli e forme diverse in relazione ai ritmi di maturazione dell'alunno,al tipo di scolarizzazione,ai bisogni peculiari di formazione ed al curricolo specifico di studi propostogli di anno in anno, ecc.).

   Gli obiettivi e le finalità che la scuola primaria deve perseguire, si vengono a riconoscere nello «stile» dei percorsi didattico-metodologici programmati e realizzati, e nella specifica valenza formativa che le correlate sequenze d'insegnamento- apprendimento rivelano nel fuoco della relazione educativa scolare e nel vivo della loro  “educazione pedagogica”.

   In questo senso, si può dire che il progetto pedagogico complessivo della scuola primaria viene a proporre ai docenti ed agli alunni (a ciascuno in relazione al proprio approccio deontologico e di funzione) il primato della «metodologia» sull' ”ontologia”; vale a dire la «doverosità» del “metodologico” tanto nei processi di apprendimento e di relazionalità educativo/formativa quanto nella contestuale attività didattico-progettuale e gestionale/organizzativa.

   Il “metodo” che contestualmente rivela l’esplicazione della funzione docente e la progettualità didattica, non si pone quale “strumento neutro” ed indifferente, strettamente correlato a verità già date e garantite a-priori (nel senso che ogni metodo è buono se ci permette di raggiungere certi risultati, il cui senso e destino ci è già noto, e della cui riuscita non dubitiamo nemmeno, ecc.): al contrario, la dimensione metodologica è quell'unica realtà processuale grazie a cui ha senso ogni esperienza esistenziale scolare (dunque docente, ancorché discente) e,quindi,grazie a cui acquista significato autentico e dignità razionalizzante la nostra stessa persona.

   In altre parole, il “metodo” è sempre stile e dover essere (mai dato-di-fatto o strumento manipolabile a guisa di informe mezzo comunicazionale o semiologico, o strategico o procedurale irrilevante nei confronti delle finalità), e coincide costitutivamente con il «deontologico» del progetto pedagogico in questione (apprenditivo-formativo per gli alunni e didattico-metodologico-curricolare e gestionale/progettuale per quanto concerne l'approccio d'insegnamento-istruzione del docente).

 

 

 

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          Riferimenti bibliografici:

-§:Gianfranco Purpi,     Per una discussione sui lineamenti di una pedagogia finalizzata alla legalità di una Società Democratica,alla eticità della politica del Bene Comune ed al valore autentico di Persona,            ”Educazione e scuola”  ( dicembre 2000); pubblicato in:

http://www.edscuola.com/archivio/ped/autonomia/etica.html;

 

-§:Gianfranco Purpi,Sui presupposti epistemologici del discorso pedagogico:
temi e pretesti per una discussione sulle necessità teoretiche della scuola dell’autonomia e sugli itinerari fondamentali della sua filosofia dell’educazione,

”Educazione e scuola”  (gennaio 2001); pubblicato in:

http://www.edscuola.com/archivio/ped/autonomia/prepi.html;

 

-§:Gianfranco Purpi,I nuovi programmi scolastici elementari nella crisi educativa del Post-Moderno,Ila Palma,Palermo 1988.

-Mario Manno,La persona come metafora,La Scuola,Brescia  1998.

-Id.,Nuove ricerche sul personalismo,Ibidem,1982.

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-Id.,Contributi per una riforma della scuola,Ibidem,1987.

-Id.,Tre saggi sull’educazione pedagogica,Ibidem,1985.

-Giancarlo Cerini (a cura di),Conoscere e sperimentare l’autonomia,Tecnodid,Napoli 2000.

-Id.,Dalla scuola primaria alla scuola di base,Ibidem,2000.

-A.Pajno,G.Chiosso e G.Bertagna,L’autonomia delle scuole,La Scuola,Brescia 1997.

-C.Scurati,Elementare,oltre,La Scuola,Brescia 1993.

-Id.,Dai Programmi alla scuola,Ibidem,1997.

-C.Scurati e I.Fiorin,Pedagogia della scuola,Ibidem,1997.

-N.Paparella,Progetto scuola materna,La Scuola,Brescia 1991.

-Franco Frabboni e Giancarlo Cerini (a cura di),Verso i nuovi curricoli della scuola di base,Tecnodid,Napoli 2001.

-Giancarlo Cerini e Italo Fiorin (a cura di),I curricoli della scuola di base,Tecnodid,Napoli 2001.

-Giancarlo Cerini e Dino Cristanini (a cura di),A scuola di autonomia,Ibidem,2000.

 

-si vedano anche i saggi del Prof.re Giancarlo Cerini in: http://www.edscuola.com/cerini.html:

pubblicati sulla rivista “Educazione e scuola”,sul sito www.edscuola.com ; e riportati,precisamente,nella rubrica: “Riforma-on-line”.

 

-Rimandiamo anche ai saggi dell’Ispettore T.C. Prof.re Umberto Tenuta,che sono rinvenibili sul sito www.edscuola.com e,specificatamente,nella rubrica : “Metodologia e Didattica” , contrassegnata da questa sigla: http://www.edscuola.com/dida.html.


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