Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Cerini, il merito e la scuola italiana

di Stefano Stefanel

 

Un interessante intervento di Giancarlo Cerini intitolato: “E se a “scattare” fosse il merito? pubblicato su www.edscuola.it il 21 agosto 2010 ha tentato di riaprire il discorso sulla possibile premialità della retribuzione dei docenti (e sarebbe il caso che iniziasse almeno quella dei dirigenti). Cerini tratta alla stregua di “proposte” sia quella della Aprea (che è una vera e propria proposta) sia quella di Brunetta, che invece è una legge dello Stato. La “proposta Aprea” vuole introdurre tre rigide fasce di livello retributivo per i docenti basate sul merito e non sull’anzianità. La “legge Brunetta” introduce una sorta di “campionato della performance” in quanto stabilisce tre fasce di retribuzione dei fondi incentivanti per i pubblici dipendenti: il 25% dei dipendenti si divide il 50% del fondo, il 50% dei dipendenti si divide il 50% del fondo, il 25% dei dipendenti non prende niente. Rozze e brutali entrambe, le due opzioni dell’attuale maggioranza al Governo cercano di entrare nel problema della retribuzione dei docenti senza la speranza di poter cambiare le cose, ma solo cercando di dare qualche colpo ben assestato e introdurre nella scuola quella competitività che non piace a lavoratori che si sentono sì discriminati, ma anche protetti, dall’appiattimento attuale. Cerini argomenta in modo molto interessante, ma rimane troppo interno al sistema di cui fa parte e introduce palliativi che non modificano gli atteggiamenti, ma si limitano a certificare una sorta di collegialità inamovibile. Poiché è proprio la collegialità che ostacola la premialità selettiva diventa difficile non prefigurare un ennesimo immobilismo, laddove tutti sono per premiare il merito, ma intanto che discutono il “come”, i meritevoli vanno tutti in pensione.

Se vogliamo premiare i risultati quei risultati dobbiamo prenderli sul serio, come fanno tutti coloro che li premiano. Il merito non coincide con l’impegno, il lavoro aggiuntivo, gli esperimenti: il merito, per sua natura, coincide nelle professioni ad alta specializzazione con i risultati. E la professione docente (così come quella dirigente) è un’alta specializzazione. Per premiare il merito bisogna slegare la scuola dall’attuale rigidità e portarla verso la vera progettualità, quella invano pretesa dal Regolamento per l’autonomia. Credo Cerini sappia bene come la progettazione in molte scuole sia diventata una sorta di piccolo mercatino delle ore e che l’efficacia dei progetti non la valuta nessuno, mentre tutti quelli che si autovalutano si danno voti altissimi. Cerini inoltre sa che il Fis premia la flessibilità, cioè uno dei compiti istituzionali dell’autonomia scolastica, previsti dalle delega 57/97 non come un indirizzo, ma come un compito elettivo. Inoltre Cerini sa che i contratti limitano la mente delle persone, perché scambiano il progetto con il dovere.

Un docente dovrebbe lavorare 45 settimane l’anno (52 meno 7 di ferie) per le ore previste dal proprio profilo (25 per la scuola dell’infanzia, 22 + 2 per la scuola primaria, 18 per la scuola secondaria) a cui poi deve aggiungere 80 ore funzionali e il tempo per scrutini ed esami. Facendo una rapida media e perametrandoci sulle scuole dell’infanzia (che non hanno scrutini ed esami) andiamo a circa 1200 ore l’anno. Pensiamo ad un modello in cui ogni ordine di scuola deve fare il tempo annuale previsto e ogni docente il suo tempo contrattuale. Poi libertà di progetto: a questo punto i fondi aggiuntivi andrebbero destinati a progettazioni curricolari o extracurricolari valutati e non pagate “a ore”, ma a risultato. Le scuole potrebbero fare riunioni, progetti., compresenze, ecc., ma la funzionalità del monte ore andrebbe gestito a livello di istituto e non di contratto. Attuando la flessibilità su cui è nata lì’autonomia. Così si retribuirebbe veramente il merito, senza bisogno di inventarsi complicate retribuzioni che premiano senza creare differenze. In questo modo una parte dei fondi aggiuntivi potrebbe andare all’Innovazione e alla Ricerca, certificata da Report e Formazione.

La scuola italiana non può più permettersi la distinzione tra ore funzionali e ore di insegnamento, tra ore settimanali, orari e altre scemenze. Deve migliorare la sua progettualità e dunque la sua incisività e imparare a usare le risorse. Con la gestione che propongo anche i dirigenti scolastici dovrebbero mostrare cosa sono capaci di fare, come impegnano il personale, se fanno trentadue inutili collegi docenti, se accettano che si progettino stupidaggini e le retribuiscono, se autorizzano corsi di recupero perché così i doventi arrotondano, ma non si preoccupano dell’efficacia di quei corsi. Tutte cose risapute, che non si possono affrontare in modo ordinario. Bisogna “liberare” il monte ore e pagare i risultati dei progetti, solo così si affronta l’emergenza e il cambiamento. Il resto sono aggiustamenti contabili.


La pagina
- Educazione&Scuola©