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Dell’istruzione e dell’obbligo

ragionando con Domenico Chiesa ed Antonio Valentino

 

Caro Domenico!

Ho letto il tuo pezzo molto articolato, analitico, argomentato, propositivo. Sono d'accordo con tutto quanto dici e mi limito ad alcune sottolineature che potrebbero aiutarci a rendere più incisiva la battaglia per...

Ecco le mie considerazioni!

1.        Corretto il richiamo al dibattito che dagli anni sessanta in poi ci ha spinti alla costruzione di bienni largamente unitari, sfociati sia in iniziative interessanti, sperimentazioni più o meno assistite, aree di progetto, ecc. sia nei programmi Brocca. Personalmente non rimasi molto convinto quando, con l'amministrazione Berlinguer, si optò per il settennio e per l'obbligo "limitato" a 15 anni! Si disse: intanto procediamo, poi... con tempi migliori… ma il pressappochismo non è mai una moneta vincente, per cui… avviare quel monoennio impasticciato e... "passerellato"... quando poi restava in piedi l'esame di terza media, percepito pur sempre come conclusivo di qualcosa, non è stata, forse, la più felice delle soluzioni. Tant'è vero che il monoennio è stato spazzato via un po’ per la sua gracilità (nonostante il recupero dei 40mila!) nonché dalla iniziativa morattiana!. Pertanto, voler riannodare quelle fila, anche se non molto vicine nel tempo, penso che sia riaprire una strada dignitosa, percorribile e scarsamente attaccabile!

2.        Interessante la tua analisi cultural-pedagogico-didattica sulla inconsistenza della separazione, di cui alle tesi della maggioranza, secondo le quali le finalità del secondo ciclo sarebbero comuni in quanto i giovani giungerebbero alle stesse competenze con questa "sooolaaaa" differenza, che… nel sistema dei licei si studia partendo dai concetti e giungendo al fare, in quello dell'IPFR si parte dal fare e si giunge ai concetti!!! Tu sai, io so, noi sappiamo che non è così! Tutti gli studi sull'apprendimento e sulla costruzione dei processi cognitivi (e di tutti gli altri, perché il nostro impasto umano natural/culturale ne prevede tanti altri ancora!) dimostrano che separazioni gerarchiche di questo tipo sono tutte artificiose e, cosa ben più grave, mistificanti!

3.        Ne consegue – e tu lo dici – che un forte impianto culturale (che non ignora e non dovrebbe mai ignorare le "mani") deve caratterizzare un processo di istruzione all'altezza di una società complessa come la nostra e di un mondo del lavoro che non può fare a meno di addetti (dal cuoco al chirurgo! dal parrucchiere al magistrato!) i quali, se non avessero un bagaglio culturale di tutto rispetto (sul quale bisogna ragionare, in termini di saperi essenziali, di nuclei fondanti, di standard), non sarebbero mai all'altezza delle sempre nuove competenze e capacità che il mondo del lavoro loro richiede! Basti pensare anche alla legge Biagi e al dlgs 276 (a prescindere dai giudizi di merito)… mi limito solo a sottolinearti i segnali che ne emergono!, al 3+2, oggi diventato 1+2 e 1+2+2, all’IFTS, ecc… E, perché no? Occorre anche guardare un pochino all’Europa! C’è tutto un sommovimento in fatto di istruzione e formazione continua e ricorrente – in cui il raccordo costante con un lavoro così variegato e complesso diventa sempre più imprescindibile – che mette in gioco tutte le belle pensate del passato, tutte incentrate sulla formazione iniziale e… a quei tempi… anche conclusiva, valida per una attività lavorativa per tutta la vita!

4.        Fondamentale il tuo prendere atto che la FP “attraverso una sua profonda riforma, sia messa in grado di poter sviluppare pienamente la sua vocazione istituzionale di diventare l'anello di raccordo con il tempo del lavoro...”. Ne sono convinto anch'io e credo di averlo detto in quella riflessione di qualche tempo fa (a proposito della difesa degli IT e degli IP) che ti ha creato tanto disappunto! E' una grande battaglia quella che ci aspetta, far sì che le Regioni prendano atto che la IFPR a cui devono dar vita non è quella fpr con la quale fino ad ora hanno sonnecchiato – ma potevano anche dormire della grossa, essendo universalmente accettato il fatto che la fpr era pur sempre un qualcosa di risulta, il dio minore della Istruzione con la I maiuscola!

5.        Interessante, fondata, indispensabile, vincente la tua osservazione sul fatto che il nuovo 117 non indica – né una norma costituzionale potrebbe farlo! – l'età della scelta tra i due percorsi! Il 117 riscrive il vecchio 117, ripercorrendo gli spazi che spettano allo Stato e ridefinendo quelli che spettano alle Regioni in materia di istruzione e formazione. Il "cascame" – se si può dir così, ma erano altri tempi! – dell'istruzione professionale e artigiana del vecchio 117 si è trasformato, con il nuovo 117, in una “pari dignità”, anche perché dal '47 allo '01 la formazione professionale è diventata un qualcosa con la F maiuscola! E le Regioni, nate nei lontani anni Settanta, ormai sono cresciute! Come ho detto prima, io sono per una IFP Regionale forte che, ovviamente, è ancora tutta, forse, da costruire! E' la scelta morattiana che si è adagiata comodamente sulla situazione di fatto dell'obbligo di istruzione inteso dal '47 in poi solo fino ai 14 anni! E’ la legge 53 che si esprime in questo senso, ma si tratta di una formulazione che non costituisce una lettura fedele del 117, bensì una sua soggettivissima e, a nostro avviso, riduttiva interpretazione!!! Il 117 non dice cha la IFPR comincia a 14 anni compiuti né poteva dir nulla in proposito! E, se lo avesse detto, essendo vigente la legge 9/99, avrebbe indicato il 15° anno! Mo non lo ha fatto perché non è compito di una norma costituzionale quello di fissare un vincolo di questo tipo! Ne consegue che occorrerebbe soltanto riaprire il discorso con la 53, non con il 117!

Queste le mie riflessioni, rapide e – spero – condivisibili! Un abbraccio!

Roma, 20 giugno 2004

Maurizio Tiriticco


Caro Valentino,

non ho reagito subito allo schema di dlgs sul diritto/dovere perché non vi ho trovato quei “mali estremi” a cui la decretazione morattiana, purtroppo, ci ha abituati.

Comunque, la mia riflessione è la seguente:

a)        in primo luogo non confondiamo l’obbligo scolastico che non esiste e non è mai esistito – con l’obbligo di istruzione, sul quale si esprime puntualmente l’articolo 34 della Costituzione che, come sai, istituisce una istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, obbligatoria e gratuita; so che lo stesso legislatore – sia berlingueriano che morattiano – cade in questo errore, ma… pazienza… NB. Se la Costituzione si fosse espressa per l’OS, non sarebbe stato concesso ai genitori di provvedere essi stessi all’obbligo con la cosiddetta istruzione paterna: pertanto, i bambini non sono obbligati a frequentare la scuola ma ad assolvere, con successo o senza, un adempimento costituzionale;

b)        il concetto di diritto/dovere non mi disturba, non è una definizione extra legem; di fatto, riconoscere anche e soprattutto il diritto all’istruzione e alla formazione è conseguente a quanto noi stessi abbiamo sempre detto con l’espressione “diritto allo studio” (bypassando l’espressione costituzionale di assistenza scolastica che trovi nel vecchio articolo 117!): è l’espressione che poi nel dpr 275 è diventata diritto all’apprendimento (io aggiungo sempre l’aggettivo efficace!) ed al successo formativo; poi, il dovere legislativamente sanzionato, di cui alla legge 53 che, non dimentichiamolo, è una legge delega, trova spazio nello schema di dlgs, esattamente nell’articolo 7: è chiaro che in via amministrativa si dovrà, o si dovrebbe, procedere per rivedere la natura delle sanzioni, ma questo è un altro discorso! Chiunque legiferasse in materia, Moratti o chi per lei, si troverebbe di fronte al medesimo nodo;

c)        ho timori per l’obbligo formativo: la norma recita che la Repubblica assicura a tutti il diritto all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il 18° anno di età (ricalca esattamente la legge delega)! E’ vero che al comma 2 dell’articolo 68 della legge 144/99 leggiamo testualmente: “L'obbligo di cui al comma 1 si intende comunque assolto con il conseguimento di un diploma di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale…”. Ma insistere nello schema di dlgs sul fatto che si può uscire prima dei 18 anni dall’obbligo mi sembra un incoraggiamento alla attivazioni di corsi professionali brevi brevi e facili facili, più o meno truffaldini… tanto… la legge lo consente!!!

d)        mi sembra, invece, di ritrovare uno spazio interessante e praticabile laddove al comma 1 dell’articolo 8 testualmente si afferma: “In attesa dei decreti legislativi inerenti il secondo ciclo di istruzione e di istruzione e formazione professionale, dall’anno scolastico 2004-2005 l’iscrizione e la frequenza gratuite di cui all’articolo 1, c. 4, ricomprendono i primi due anni degli istituti secondari superiori e dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale realizzati sulla base dell’accordo in sede di Conferenza unificata del 19 giugno 2003”. Come sai, ho visto con favore l’accordo quadro di giugno – e ci ho scritto pure un libro – però… so anche che le Regioni – non tutte – hanno nicchiato, molte scuole idem, quando, invece, con questo governo, tutti gli spazi vanno occupati, anche e soprattutto perché si dà vita a situazioni di fatto dalle quali poi non è facile che qualcuno ci faccia tornare indietro. Coma sai, qui a Roma, con Emanuele Barbieri et al stiamo dando vita ad un progetto di biennio unitario tra istituti secondari di secondo grado e istituzioni (ora amano chiamarsi così!) di formazione professionale regionale. Secondo me, è questa una strada da percorrere se si vogliono superare le “due gambe” o i catamarani – come le chiama Brocca – o i trimarani a cui pensa Confindustria (licei, istituti tecnici, formazione regionale). Come sai, io sono per il millepiedi! Di fatto, si dovrebbe dar vita – ed esempi in tal senso già ce ne sono nel Paese – ad istituti secondari superiori comprensivi orizzontali con ampie opzioni al loro interno, anche nell’ottica di rete, aperti alle istituzioni formative regionali – sarebbe la logica del campus – attivi anche con formule di alternanza e con snodi modulari che dovrebbero garantire i passaggi in-out, che non siano degli “scivoli” unidirezionali;

e)        infine, non perderei troppo tempo a battaglie di piccolo cabotaggio (tutte le possibili chiose allo schema di dlgs) perché l’innalzamento effettivo dell’obbligo fino ai 18 anni ed oltre (pensa anche alle implicazioni con i corsi IFTS, con il 3+2 universitario, con il quinto anno integrativo tutto da costruire, alle ricadute che la legge Biagi e il dlgs 276 e successive modiche impongono alla istruzione/formazione, tutte cose che, al di là di giudizi di merito, creano movimento, mobilità, alternanze effettive!) non dipende tanto dalla chiarezza – o dalla vischiosità – della norma, ma dalla qualità delle offerte formative in termini sia di competenze reali acquisibili sia di sbocchi concreti sul mercato del lavoro, delle professioni (anche e soprattutto quelle emergenti!), delle competenze! Ed è un mercato che si apre all’Europa!

 PS!!!    Dato che ci sono, ti allego una riflessione su ciò che comincia a bollire sulla “riforma” dell’esame di Stato! Temo molto i colpi di mano! Le questioni brucianti che sono sul tappeto e su cui bisogna riflettere su tavoli ampi e non nelle conventicole, a mio avviso, sono le seguenti: a) titoli di studio: vogliamo abolire il valore legale? D’accordo perché il mondo del lavoro è cambiato, c’è l’Europa, le competenze non hanno più un valore per tutta la vita e via dicendo, però… quali sono le garanzie che offriamo ai giovani? Quali ammortizzatori mettiamo in opera? Oppure, si creeranno nuove attese ed illusioni? b) la questione di una effettiva certificazione delle competenze: continuiamo con le commissioni interne? E le prove chi le confeziona? L’Invalsi (questo strano Invalsi falsamente riveduto e corretto? I prof? Le commissioni? Chi le corregge? Come si correggono? Occorre promuovere una cultura reale della valutazione, soprattutto quella effettuata con le prove oggettive e con i punteggi, “mostruosità” tanto odiate dagli uomini – o dall’uomo? – del Miur! E che molti prof ancora vedono come strumenti del demonio, come la milizia dell’anticultura!!! c) rapporto tra curricolo ed esame: ora è 20 ad 80! Occorre rivederlo, in forza del fatto che si introdurrà il portfolio? Ma che cosa sarà questo portfolio? Implicherà veramente il superamento del voto decimale – come dovrebbe essere – oppure ci si barcamenerà tra vecchio e nuovo, come stiamo facendo, purtroppo, da quando è stata vara la 425?!? Sono nodi grossi, almeno i più macroscopici! Non permettiamo che su queste cose ci scippino di quello che potremmo pensare e di quello che possiamo e dobbiamo proporre! Ma, per ora, è già molto se riusciamo ad incatenare gli anonimi (sic?) pifferai della Moratti!

Maurizio Tiriticco

Roma, 16 giugno 2004

 


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