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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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SCUOLA ELEMENTARE STATALE "AURELIO SAFFI" - FORLI’

Carta d’intenti fra i docenti dell’area antropologica
per l’approccio metodologico all’insegnamento della storia
negli anni scolastici 1999-2000, 2000-2001, 2001-2002

 

Con il presente documento si avvia la sperimentazione per il nuovo progetto dell’insegnamento della storia nelle cinque classi parallele dei plessi Saffi e Rivalti, partendo dalla classe terza, segnatamente, per l’anno scolastico 1999-2000. Nel progetto sono coinvolti 90 allievi, i tre docenti dell’area antropologica e, per la complessità dei collegamenti interdisciplinari, i tre team di docenti.

Il riferimento d’obbligo Ë l’esperienza condotta nel ciclo precedente (dal 1994 al 1997). Allora si trattò, anche per motivi d’ordine pratico, di procedere sulla strada di un’innovazione metodologica. Oggi si vuole invece dare l’avvio ad una vera e propria sperimentazione che faccia tesoro sia delle novità didattico-amministrative introdotte dalla legislazione per l’autonomia scolastica, sia delle linee guida che furono proposte con il documento dell’IRSAEE (26/03/1997) proprio sull’insegnamento della storia.

Ci sollecitano ad investire in questo progetto anche le nuove ipotesi di modificazione strutturale dei cicli scolastici che, indipendentemente da un giudizio di merito, di fatto obbligano a rivedere tutto l’impianto disciplinare della storia.

Sostanzialmente l’elemento che più ci preoccupa è il fornire gli strumenti per dotare i bambini delle prime stabili categorie spazio temporali, cicliche e d’approccio contemporaneo e multi-fattoriale ai problemi.

L’esperienza del ciclo precedente ci ha convinto che è impossibile mediare fra attese delle famiglie sulla presentazione di un corpus organico, lineare e sequenziale della storia e la concreta possibilità di far introiettare agli allievi tale complessa sequenzialità che spesso si riduce, anche non volendo, alla messa in opera di tanti “mattoncini", uno di seguito all’altro e allora qui poco importa che si proceda dal passato al presente o viceversa.

Rimaniamo convinti, concordemente in ciò con la linea di ricerca condotta dal prof. Mattozzi, che lo sguardo che parte dal bambino per allargarsi ai genitori, ai nonni e da lì ancora più indietro, sia coerente con lo sviluppo psicologico necessitato dall’età.

Quindi sì ad un percorso che proceda a ritroso, quasi come uno scavare negli strati, via via più profondi di un sito ancora sconosciuto, ma no ad una raccolta speciosa e smaniante d’ogni particolare.

Non si tratta di trasformare i bambini in catalogatori del passato o in formiche operaie che spazzolando la sabbia del tempo svelano arcani nascosti. Vogliamo solo che si raggiunga un onesto livello di comprensione di come si guarda al passato, in primo luogo il proprio stesso passato.

Per raggiungere questo che consideriamo l’obiettivo fondamentale del ciclo primario, particolarmente per la classe d’età cui facciamo riferimento, c’è parso necessario fornire un approccio ad un’indagine storica che, dipanandosi lungo i tre anni del secondo ciclo, colga elementi forti di giudizio partendo dall’orbita individuale e utilizzando l’ambiente locale come unica griglia d’osservazione e riferimento (vedi diagrammi delle linee d’approccio alla ricerca storica).

Dell’esperienza precedente rimarranno i quadri sensibili di riferimento: l’ambiente, il modo di vivere (cibo-moda-terapie mediche), gli edifici e la mentalità.

Tali quadri, proposti dai docenti, saranno il setaccio per le interviste, la lettura critica dei documenti, la predisposizione delle schede di sintesi.

Non vi sarà quindi alcun aggancio con un testo classico (il sussidiario), ma si darà corso alla preparazione di un manuale dove il primo attore è il bambino.

Solo nella quinta classe progettiamo di provare ad allargare l’orizzonte con ricerche sulle contestualità storiche d’accadimenti non legati alla città di Forlì che sarà il nostro ambiente principale di riferimento storico.

Con ciò vorremmo sperimentare occasioni di ricerca che muovano più su un piano di salto mentale al fine di verificare quanto possano stimolare curiosità, interesse, voglia di sapere, gruppi di lavoro all’interno delle classi, al fine di conseguire quelle prime capacità di collegamento e deduzione che un bambino di quinta elementare dovrebbe coerentemente possedere se il suo percorso scolastico Ë stato congruente con il processo di lavoro e di ricerca quale noi ci proponiamo e riteniamo realizzabile.

Si vuole con ciò rispondere alle necessità imposte dalle strutture categoriali delle menti dei bambini, in primo luogo quelle della nozione di DURATA.

La nozione di DURATA è l’ambito fondamentale e di primo intervento. Riteniamo di aver avviato le metodiche di sollecitazione a tale coscientizzazione sin dalle prime classi della scuola primaria, oggi scuola elementare. E’ la fase del cosiddetto primo ciclo, quello sino agli otto anni d’età dove vanno impostate tutte le iniziative didattiche volte a sedimentare nozioni di tempo omogeneo, il concetto di successione, la prospettiva temporale che, altrimenti può essere definita con il Fraisse “orizzonte temporale“, cioè quella rappresentazione di cambiamenti che non sono presenti e quindi necessitano dell’attivazione dei processi organizzativi della memoria.

E’ evidente che tale lavoro deve tener conto di una cesura che sembra sempre più emergere fra il vissuto dei bambini e quello delle loro radici. Chi racconta la storia di sé e del proprio mondo oggi ai bambini? Diversi fattori concorrono a ledere il continuum storico che lega ogni bambino al suo mondo parentale:

La negazione della morte vissuta attraverso la separazione istituzionale della medicalizzazione di massa e un buonismo facilone che punta a tenere lontani i bambini dalla constatazione fisica che il presente è una carne che muore, ed è spesso anche un amore che scompare.

L’influsso fortemente determinante dell’informazione televisiva, più spesso non selezionata, provoca confuse conoscenze che sembrano mantenersi su un livello d’esile sedimentazione.

Una perdita di senso collettivo sull’operare nella società, per questo la mancanza di progetti “forti” blocca il movimento “eroico” che favorirebbe l’inserirsi nel cammino di un popolo da parte di un ragazzo prossimo alla scuola media.

Sono queste dimensioni di costruzione della storia che paiono recidere le radici in quanto il tempo, come osservava acutamente Lando Landi, “…non è un gambero “.

A tutto ciò la scuola può porre rimedio con una costante opera di ritessitura dei vissuti emozionali dei bambini e dei ragazzi, offrendo nel frattempo strumenti, rigorosamente multidisciplinari.

Finché non ci sarà consapevolezza che la storia la s’insegna anche, ad esempio, con la musica, non nel senso di una fruizione, consumo o utilizzo, ma in quello di saper far proprie, come i propri capelli, il proprio naso, i propri piedi, le esperienze musicali che nel tempo e presso i diversi popoli, singolarmente e in modo collettivo, sono emerse e maturate, non si proietterà l’allievo in quell’orizzonte temporale che definisca l’avvenire come la rappresentazione di un intervallo temporale fra il presente e il futuro che egli si aspetta.

Nell’arco d’età che attualmente è compreso nelle classi terza e quarta elementare s’imporrà quindi un percorso teso più all’acquisizione di metodologie di ricerca che, in primo luogo, sollecitino la scoperta delle proprie radici, ne sperimentino il collegamento con altre dimensioni temporali, senza che i docenti abbiano la minima preoccupazione di impostare elementi di cronologia o di sviluppo di periodizzazioni.

Nell’arco del successivo quinto anno ci si avvarrà delle più mature consapevolezze degli allievi per cominciare a distinguere gli ordini convenzionali d’analisi cronologica e per impostare un lavoro di laboratorio storico che sappia imporsi metodi di ricerca atti a fornire quadri di riferimento complessi, multiculturali, e omogenei in una sorta d’ipertesto mentale che sappia cogliere differenze e valori temporali di riferimento. Evidentemente ciò costituirà solo un processo d’avvio, in quanto riteniamo che il percorso dovrà completarsi necessariamente nell’attuale scuola media. E’ appunto sulla scorta di tale preoccupazione che abbiamo investito anche nel progetto delle scuole–polo e del coordinamento fra tutors di storia per avviare un processo di interscambio anche applicativo di metodiche similari che coinvolga tutto l’arco della futura scuola primaria.

Non abbiamo sottovalutato l’ambito della VALUTAZIONE e, sulla scorta della precedente esperienza, abbiamo ritenuto opportuno rafforzare i momenti di progettazione comune delle verifiche di controllo da somministrare alle classi esaltando maggiormente gli approfondimenti e le strategie per omogeneizzare le metodiche d’osservazione e di analisi dei risultati.

Con ciò non si è voluto portare sull’altare una presupposta oggettivizzazione, a nostro parere solo perfettibile ma mai assoluta, quanto la convinzione che la valutazione deve servire ai docenti più per aggiustare il tiro dei loro interventi e delle loro proposte piuttosto che per sindacare sulla presunta competenza degli allievi.

Ovviamente tale offerta formativa necessita di un’intensa collegialità e interdisciplinarietà particolarmente con l’area linguistica in primo luogo.

Le discipline musicali e artistiche dovranno poi anche loro rafforzare gli strumenti d’analisi e di misurazione dei dati raccolti.

Il progetto di storia diventa cosÏ un progetto-aggregato su cui può veramente far perno tutto il lavoro dei team e anche divenire una seria proposta aggregativa e di scelta per l’utenza che può veder in questa offerta formativa un piano d’intervento educativo decisamente stimolante e coinvolgente.

Forlì 25 maggio 1999

I docenti dell’area antropologica
Maurizio Mazzari
Gabriele Attilio Turci
A. Maria Venditti

 


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