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LA RIFORMA NEL GUADO

di Pasquale D'Avolio

Avevo scritto qualche tempo fa un intervento dal titolo significativo: IL FATIDICO 2006. E DOPO? Mi soffermavo sui pericoli di un “galleggiamento” della Riforma per tutto l’anno scolastico venturo, con evidente logoramento del tessuto scolastico, al cui centro collocavo i DS.

Dopo un anno (ma potrei dire anche due) sostanzialmente perso a discutere sulla validità e sulla “cogenza” delle norme previste dalla L. 53 e dal D.Leg. 59, dopo i tanti ricorsi di sindacati, Regioni e di famiglie (emblematica la sentenza del TAR di Lecce, su cui ho espresso le mie riserve, soprattutto nel metodo) lo sforzo immane di noi DS, quelli critici nei confronti della Riforma ma convinti del nostro ruolo di garanti del rispetto delle leggi, è stato quello di non lasciarci trascinare da pressioni più o meno forti, provenienti dall’alto, che avrebbero voluto “forzare” l’applicazione comunque delle norme, né da contestazioni al limite della “disobbedienza civile”, assolutamente inaccettabili in casi come questi. Il diritto al dissenso può esercitarsi in molti luoghi e in molteplici forme ma non in organismi tecnici chiamati ad applicare le norme, come i Collegi Docenti, ai quali tutt’al più compete mettere in evidenza le difficoltà e gli ostacoli “pratici” derivanti dalla applicazione delle stesse e non esprimere valutazioni politiche sulla legge 53.

Occorre dire con chiarezza che abbiamo avuto alle spalle una Amministrazione timida o “furba”, a seconda dei punti di vista, che da un lato sembrava voler imporre e poi si asteneva dal sanzionare l’inosservanza, conscia forse da un lato delle incongruenze dei vari dispositivi e dall’altra della incapacità di superare scogli normativi e sindacali, nonché pratico-organizzativi (vedi anticipo alle materne) dei quali forse non si era resa conto dall’inizio. Da una parte si è “brandita la 275 come una arma di difesa dalle Scuole, anche da quelle che mai si erano impegnate a “usare” l’autonomia per innovare modelli organizzativi e didattici; dall’altra la sindacalizzazione delle questioni si è spinta fino a coprire, grazie anche alle leggi degli anni 90, tutti i campi del servizio scolastico, anche quello più strettamente didattico-professionale. Penso alla L. 29/93 in primo luogo con la privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego (ma la scuola è un servizio pubblico “per il cittadino” o una faccenda privata tra dipendenti sindacalizzati e Governo?) e la concertazione intesa come “diritto di veto” da parte di qualche sindacato. Per non parlare del defatigante iter per l’approvazione di ogni Decreto: mediazioni a non finire con Enti locali, Regioni, Commissioni parlamentari, forze interne alla maggioranza e singoli oppositori, pronti a mettere lo “sgambetto”.

Ma chi sta nelle stanze di Trastevere da tanti anni (non parlo del Ministro, povera, che si è trovata a gestire il più ingestibile dei Ministeri) non aveva presente questo dato? E perché ha voluto avventurarsi prima di aver sciolto alcuni nodi come, ad esempio, lo stato giuridico dei docenti, chiarendo quello che appartiene alla contrattazione e quello che discende come vincolo dalle norme? Così sul tutor siamo fermi, sulle Indicazioni aspettiamo, sugli anticipi siamo in attesa degli   “accordi” che non arrivano, sul Portfolio si dice che è obbligatorio .. ma non troppo. Non sarebbe stato più onesto dire (non attraverso giri oscuri di parole, nelle circolari, dove si parla di “gradualità”) che tutti questi nuovi istituti non sono immediatamente obbligatori, perché non esistono le condizioni giuridiche né pratiche per poterle imporre? I tutor infatti vanno preparati, come dice la legge, nelle materne occorre creare le nuove professionalità, i PSP, sconosciuti ai più fino al 2002 (ammesso che una legge possa imporre la didattica), e i portfoli non si inventano e non si improvvisano. Non sarebbe stato più serio continuare nella sperimentazione, come suggeriva già due anni fa ad esempio Cerini?

E’ toccato così a noi DS trovare la via giusta per non far scader il dibattito in rissa, per “spuntare” le punte estreme di rifiuto, ricercando gli strumenti più adatti a far “buona scuola” nonostante tutto.

E questo è stato l’anno scolastico che si sta chiudendo. Come sarà il prossimo, mi chiedevo? Ecco il senso del FATIDICO 2006!

A seguito degli eventi di questi ultimi giorni credo il titolo vada rivisto e non esiterei a dire che per la Scuola le elezioni anticipate, al massimo ad ottobre, sarebbero una necessità, se non vogliamo lasciar marcire i problemi descritti prima per un intero anno.

Qualora si andasse alle elezioni al prossimo anno, il quadro diventerebbe catastrofico. Se questo Ministero e questo Governo non hanno avuto la forza di far applicare le leggi da loro fatte in questi ultimi anni, come pensano di poterlo fare nei mesi che ci separano dalle elezioni, con un Ministro ormai “provvisorio” e “delegittimato”, almeno agli occhi dei più accaniti contestatori, e non solo, con la Conferenza Stato-Regioni diventata ingestibile da domani in poi?

La soluzione a questo punto  potrebbe essere una sola: si prende atto che il tutto va rivisto alla luce di quanto è successo in questi anni, si sospendono le Indicazioni e si nomina una Commissione pluralista che ridiscuta i decreti già emanati e anche quello in via di emanazione (?) sul secondo ciclo. L’alternativa è una “lotta continua” per mesi nelle scuole in cui a rimetterci ancora una volta sarebbero i DS per la intollerabilità della loro posizione e alla fine, come sempre, gli alunni.

Spero naturalmente in un atto di responsabilità del Ministro: elezioni subito o confronto con sospensione dell’applicazione dei Decreti.


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