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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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In Italia c’è l’obbligo scolastico a 16 anni

Incredibile, ma vero. E perché realmente accada quello che abbiamo sempre voluto, occorre che tutti sappiano, capiscano e reagiscano a prevenzione di un’evoluzione diversa.

di Paola Blondi

 

Il 21 maggio 2004 il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare il decreto sul diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, in attuazione della legge 53/03. Da qui alla deliberazione definitiva il passo potrebbe essere breve: occorre acquisire i pareri della Conferenza unificata e delle competenti Commissioni del Senato e della Camera. Da questi organismi c’è da aspettarsi forse qualche modifica (una fondamentale di cui parleremo più avanti), ma la premessa è eccellente come lo stesso ministero, nel comunicato apparso nel suo web, annuncia: “aumenta di tre anni (da nove a dodici) l'obbligo scolastico, tutti dovranno conseguire un diploma o una qualifica, il decreto sul diritto all’istruzione e alla formazione obbligatoria per tutti fino a 18 anni costituisce una tappa storica nel processo educativo del Paese dopo l'innalzamento dell'età dell'obbligo a 14 anni, stabilito nel 1962, e a 15 in seguito alla riforma Berlinguer”.

 

L’improvvisa saggezza del ministero

Leggiamo dal comunicato web del ministero quelli che si ritengono i punti cardine del decreto:

§       diritto/dovere all'istruzione per dodici anni, o almeno fino al conseguimento di una qualifica entro il 18° anno di età. L'innalzamento dagli attuali nove a dodici anni sarà graduale. Già dal prossimo anno scolastico 2004-2005 partirà il primo innalzamento della scolarità obbligatoria di un anno;

§       responsabilità dei genitori o di "coloro che a qualsiasi titolo ne facciano le veci" per l'adempimento del dovere di istruzione e formazione dei minori;

§       vigilanza dei Comuni sull'adempimento da parte dei genitori del dovere di mandare i figli a scuola fino ai 18 anni;

§       raccolta dei dati da parte dell'Anagrafe nazionale degli studenti istituita presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. L'Anagrafe evidenzierà l'elenco nominativo degli eventuali abbandoni, scuola per scuola, in modo da assistere gli alunni e le famiglie perché i ragazzi che hanno lasciato la scuola possano rientrare nel sistema e raggiungere il pieno successo formativo;

§       servizi di orientamento delle scuole secondarie di primo grado sulla base dei percorsi personalizzati di ciascun allievo, con il coinvolgimento delle famiglie e delle istituzioni scolastiche;

§       sanzioni ai genitori inadempienti, come previsto dalle norme attualmente in vigore;

§       pari valori di credito alla frequenza positiva di qualsiasi segmento del secondo ciclo (licei, istruzione/formazione professionale, alternanza scuola-lavoro, apprendistato);

§       passaggi assistiti e assicurati tra i sistemi formativi e possibilità di cambio di indirizzo all'interno del sistema dei licei e dell'istruzione e formazione professionale;

§       monitoraggio congiunto del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sull'attuazione del decreto con conseguente relazione triennale al Parlamento;

§       esenzione da qualsiasi tassa di frequenza per le scuole statali. Già dal prossimo anno scolastico 2004/2005 partirà la gratuità dalle tasse per i primi due anni degli istituti secondari superiori e dei percorsi sperimentali di istruzione/formazione professionale realizzati a norma dell'Accordo-quadro della Conferenza unificata del 19 giugno 2003. La gratuità verrà estesa gradualmente a tutti i 12 anni della scolarità obbligatoria.

E c’è di più, che forse ci aiuta a comprendere quel che sta accadendo. Il comunicato ministeriale propone in allegato un quadro sintetico dell’evoluzione del sistema scolastico italiano dalla legge Casati (1859) a oggi.

 

Legge Casati

1859

Gratuità e obbligatorietà della scuole pubbliche elementari del grado inferiore. La legge è estesa gradualmente alle nuove annessioni dello Stato unitario

Il tasso di analfabetismo scende dal 78% del 1861 al 74% nel 1866

Legge Coppino

1877

Obbligo scolastico fino a 9 anni di età

Nel 1881 il tasso scende al 62%

Legge Orlando

1904

Obbligo scolastico fino a 12 anni d'età

Il tasso scende al 56%

Legge Credaro

1911

La legge dà un forte impulso al processo di scolarizzazione e stabilisce il passaggio allo Stato di gran parte delle scuole elementari

Il tasso di analfabetismo scende dal 37% del 1911 al 27,3% del 1921

Riforma Gentile

1923

 

Il tasso di analfabetismo scende nel 1931 al 21%

Legge n. 1859

1962

La legge istituisce la scuola media unica, che diventa gratuita e obbligatoria per tutti i ragazzi dagli 11 ai 14 anni

Nel 1961 il tasso scende all'8,3%

Legge n. 9

1999

Obbligo scolastico innalzato a 15 anni

 

Legge n. 53

2003

La legge istituisce il principio del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione fino ai 18 anni d'età

Nel 2001 il tasso di analfabetismo scende dal 2,1 del 1991 all'1,2%

D. Lgs. attuativo della legge 53

2004

Avvio progressivo dell'innalzamento dell'obbligo scolastico a 18 anni

 

 

Dall’Unità d’Italia a oggi il ministero mette in fila i provvedimenti legislativi inerenti l’obbligo scolastico, al fine di dimostrare che nel 2001 (per malizia si noti che i risultati andrebbero storicamente accreditati alla legge 9/99) il tasso di analfabetismo nel nostro Paese è sceso all’1,2%.

Sta qui (forse) la spia per comprendere la svolta di rotta del ministero. La citazione del dato statistico sull’analfabetismo richiama gli obiettivi cui l’Europa impegna gli Stati membri entro il 2010. La Strategia di Lisbona del 2000, cui l’Italia ha aderito, chiede tra l’altro di contenere l’abbandono precoce degli studi al di sotto del 10% e a portare almeno l’85% dei giovani al conseguimento di un diploma di scuola secondaria superiore. La recente ricerca PISA ha inoltre dimostrato che i Paesi con i risultati formativi migliori sono quelli dove la durata dell’obbligo scolastico è più elevata. L’Italia è decisamente in posizioni di retroguardia nelle statistiche internazionali.

 

Il tabù di una parola

Mentre nei comunicati web e stampa il ministero parla esplicitamente di “obbligo scolastico”, nel decreto la parola non c’è. Essa è sostituita dalla moderna dicitura “diritto-dovere”. In televisione il ministro ha spiegato che si tratta di una scelta di buon gusto e di civiltà: l’obbligo è un concetto imperioso, non democratico, vecchio, che potrebbe infastidire le famiglie; meglio parlare di diritto-dovere. Sulle sensibilità sociali e culturali è inutile discutere, semmai viene da chiedersi perché il tabù di una parola sia praticato in una legge (che difficilmente i cittadini italiani leggono in versione integrale) mentre nella comunicazione mediatica l’uso dell’espressione “obbligo scolastico” sia ampiamente diffuso.

C’è però un punto cui dovrà provvedere il nostro Parlamento e potrà dire la sua anche la Conferenza unificata. Nel decreto si legge che “l'obbligo scolastico di cui all'articolo 34 della Costituzione, nonché l'obbligo formativo, introdotto dalla legge 17 maggio 1999, n. 144, articolo 68 e successive modificazioni, sono ridefiniti ed ampliati, secondo quanto previsto dal presente articolo, come diritto all'istruzione e formazione e correlativo dovere”.

Perché si possa “ridefinire e ampliare” un dettato costituzionale occorre una legge di rango costituzionale: l’attuale decreto è dunque incostituzionale laddove va a toccare l’obbligo scolastico negli otto anni di primo ciclo previsto dall’articolo 34 della Costituzione (L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita). Urge pertanto un cambiamento nel testo del decreto. Si potrà parlare di diritto-dovere a proposito del prolungamento dell’obbligo, ma non si può affermare che “tale diritto si realizza nel primo ciclo del sistema dell'istruzione”. E’ questo un principio importante, per presidiare il corretto rapporto tra le competenze del governo e la Costituzione italiana; ciò premesso, nella sostanza il decreto va ben oltre le più rosee aspettative.

Qualche problema costituzionale emerge anche in merito alla “gratuità”: essa è ribadita dal decreto in relazione alle tasse scolastiche (Nelle istituzioni scolastiche statali la fruizione del diritto non è soggetta a tasse di iscrizione e di frequenza) ma non è affermata una gratuità totale, ad esempio per i libri di testo. Né a nostro parere è costituzionalmente legittimo che la gratuità, come sembra, riguardi le istituzioni scolastiche statali e non quelle paritarie.

 

Il mistero di un’abrogazione

Il 28 marzo 2003 la legge 53 ha abrogato la legge 9/99 di prolungamento dell’obbligo che, all’articolo 1 comma 1, recitava: “A decorrere dall'anno scolastico 1999-2000 l'obbligo di istruzione è elevato da otto a dieci anni. L'istruzione obbligatoria è gratuita. In sede di prima applicazione, fino all'approvazione di un generale riordino del sistema scolastico e formativo, l'obbligo di istruzione ha durata novennale. Mediante programmazione da definire nel quadro del suddetto riordino, sarà introdotto l'obbligo di istruzione e formazione fino al diciottesimo anno di età, a conclusione del quale tutti i giovani possano acquisire un diploma di scuola secondaria superiore o una qualifica professionale”.

Allo stato dei fatti l’atto di abrogazione risulta a dir poco misterioso. Vorremmo dire irresponsabile, dato che per due anni ha messo in crisi il sistema scolastico e quello della formazione professionale, oltre a ingenerare confusione e (oggi possiamo dirlo anche con l’avallo legislativo del governo) eventuali cattive scelte nelle famiglie.

Perché allora si è abrogato? Un atto di arroganza del nuovo governo, che voleva spazzare via l’eredità del ministro Berlinguer? Una scelta politica che nel corso degli anni è mutata? Una cattiva valutazione della pressione reale che l’Europa poteva esercitare rispetto agli obiettivi di Lisbona?

A noi pare di non peccare di eccessiva malizia interpretando i fatti in altro modo e riconoscendo all’attuale governo una linea strategica ben precisa. Solo l’abrogazione della legge 9/99 ha potuto permettere, generando un vuoto legislativo nelle more dell’attuazione della riforma, l’Accordo in Conferenza unificata del 19 giugno 2003 e i successivi Protocolli, sottoscritti entro l’ottobre da tutte le Regioni. Si è così determinata nei fatti una sperimentazione che ha messo in essere il sistema dell’istruzione e della formazione professionale. A esso si riferisce l’attuale decreto sul diritto-dovere come opportunità che in alcune Regioni è allocata nelle istituzioni scolastiche (spesso in forma di biennio integrato), ma in altre è allocata nel sistema della formazione professionale.

 

Le sperimentazioni si chiudono

Nel momento della massima contentezza per il ripristino del prolungamento dell’obbligo scolastico, alias diritto-dovere, ragione per cui è fuor di luogo ogni pretestuosa polemica contro il decreto, la coerenza legislativa richiede che le attuali sperimentazioni regionali si chiudano.

Lo impone senza ombra di ambiguità l’Accordo del 19 giugno che, in premessa, recita: “a seguito dell’abrogazione della legge n. 9/99 disposta dalla citata legge n. 53/03 e nelle more dell’emanazione dei decreti delegati previsti per l’attuazione del diritto-dovere di istruzione e formazione, si rileva l’esigenza di predisporre, in via sperimentale, a partire dall’anno scolastico 2003/2004 e fino all’entrata in vigore delle norme attuative previste dalla legge medesima, un’offerta formativa in grado di soddisfare le esigenze delle ragazze, dei ragazzi e delle loro famiglie nel rispetto delle aspettative personali. La realizzazione di tale offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale non predetermina l’assetto a regime dei percorsi del sistema dell’istruzione e della formazione professionale, da definirsi attraverso l’adozione delle norme attuative sopra richiamate. Le Regioni sono titolari della programmazione delle attività inerenti l’attuazione del presente Accordo, secondo le norme vigenti e nel rispetto delle competenze delle autonomie locali”.

Le sperimentazioni regionali sono legate al decreto di attuazione del diritto-dovere di istruzione e formazione. Nel momento in cui esso è approvato in via definitiva, l’Accordo e i correlati Protocolli decadono. Sono addirittura in forse i corsi previsti per il prossimo settembre 2004, dato che il decreto prevede l’avvio graduale del diritto-dovere per quella data. Ne va data immediata informazione alle istituzioni scolastiche, alle famiglie, ai ragazzi iscritti.

Stabilito che l’Accordo del 19 giugno decade automaticamente all’approvazione definitiva del decreto, esso potrebbe essere rinnovato, magari in forme diverse. Alla Conferenza unificata e alle Regioni lanciamo un invito alla riflessione: nel momento in cui un decreto legislativo stabilisce che, dopo il conseguimento del titolo di primo ciclo, gli studenti “sono iscritti” nei primi due anni delle istituzioni scolastiche dell’ordinamento vigente, ovvero è applicato nei fatti l’obbligo scolastico fino a 16 anni, per quale motivo una Regione dovrebbe offrire una via sperimentale diversa?

Si è detto che, non potendo intervenire sulle norme generali in materia di istruzione, presumendo una riduzione dell’obbligo scolastico, l’unica possibilità era quella del cosiddetto biennio integrato. Era, non è più.

Alle Regioni che sempre hanno capito l’importanza di mantenere gli studenti all’interno del sistema scolastico non dovrebbe essere difficile capire il dovere politico/sociale e l’obbligo legislativo di chiudere le sperimentazioni in atto. Le Regioni che hanno allocato le iniziative sperimentali nel sistema della formazione professionale potrebbero non essere politicamente d’accordo, ma vanno lasciate sole in una illegittimità legislativa. Queste Regioni dovranno rispondere, alle famiglie e ai giovani, di scelte sperimentali che non determinano pari opportunità per tutti. C’è infatti una notevole diversità formale e sostanziale di percorsi e crediti formativi tra ciò che stabilisce il decreto legislativo e ciò che garantisce la sperimentazione regionale.

Alle Regioni che credono nel cosiddetto biennio integrato, non solo come escamotage contro quel che pareva l’intendimento riformatore, va ricordato che si può garantire integrazione in un biennio scolastico attraverso le norme vigenti e il decreto sull’alternanza scuola-lavoro di prossima approvazione.

Ciò che non si deve fare è mantenere in vita una sperimentazione che, nei fatti, non risponde più a un vuoto legislativo, ma anticipa i percorsi del sistema di istruzione e formazione professionale.

 

Il decreto e un breve commento

Riportiamo qui di seguito, in versione integrale, il testo dello Schema di decreto legislativo concernente il “Diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c) della legge 28 marzo 2003, n. 53”, accompagnandolo con brevi commenti, il più significativo all’articolo 8.

Il decreto è entrato in Consiglio dei ministri in una versione che è risultata lievemente modificata - indichiamo le aggiunte (in grassetto) e le cancellazioni – nella deliberazione in via preliminare del 21 maggio 2004.

 

L’articolo 1 prende le mosse all’europea, promuovendo l’apprendimento in tutto l’arco della vita: in questo contesto “ridefinisce e amplia” l’obbligo scolastico di cui all’articolo 34 della Costituzione e l’obbligo formativo introdotto dalla legge 144/99. Già si è detto del problema costituzionale in relazione all’obbligo scolastico di primo ciclo.

Nella sostanza il diritto/obbligo è istituito per almeno 12 anni o comunque sino al conseguimento di una qualifica entro il 18° anno di età, per tutti i minori residenti anche stranieri. Dopo il primo ciclo di istruzione, il diritto si realizza nel sistema dei licei, nel sistema dell’istruzione e della formazione professionale, nel sistema dell’apprendistato: questo a regime, quando saranno deliberati i decreti attuativi inerenti il secondo ciclo riformato.

Il comma 4 è in sospetto di incostituzionalità giacché la gratuità non parrebbe totale, riferendosi alle tasse scolastiche (e non ad esempio ai libri di testo) e alle sole istituzioni scolastiche statali (non alle paritarie).

 

Articolo 1

Diritto-dovere all'istruzione e alla formazione

 

1. La Repubblica promuove l'apprendimento in tutto l'arco della vita e assicura a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, anche con riguardo alle dimensioni locali, nazionale ed europea.

2. L'obbligo scolastico di cui all'articolo 34 della Costituzione, nonché l'obbligo formativo, introdotto dalla legge 17 maggio 1999, n. 144, articolo 68 e successive modificazioni, sono ridefiniti ed ampliati, secondo quanto previsto dal presente articolo, come diritto all'istruzione e formazione e correlativo dovere.

3. La Repubblica assicura a tutti il diritto all'istruzione e alla formazione, per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica entro il diciottesimo anno di età. Tale diritto si realizza nel primo ciclo del sistema dell'istruzione, che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e nel secondo ciclo che comprende il sistema dei licei e il sistema dell'istruzione e della formazione professionale, nonché nel sistema dell'apprendistato di cui all'articolo 48 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, secondo livelli essenziali di prestazione cui tutte le istituzioni formative di cui all'articolo 2 comma 4 sono tenute per garantire il diritto personale, sociale e civile all'istruzione e ad una formazione di qualità. Tali livelli sono definiti su base nazionale a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e mediante regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettere c) e h) e articolo 7, commi 1, lettera c) e comma 2, della legge 28 marzo 2003, n. 53.

4. Nelle istituzioni scolastiche statali la fruizione del diritto di cui al comma 3 non è soggetta a tasse di iscrizione e di frequenza.

5. La fruizione dell'offerta. di istruzione e di formazione come previsto dal presente decreto costituisce per tutti, ivi compresi, ai sensi dell'art. 38 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, i minori stranieri presenti nel territorio dello Stato, oltre che un diritto soggettivo, un dovete sociale ai sensi dell'articolo 4, secondo commá dei Costituzione, sanzionato a norma, dell'articolo 7 del presente decreto.

6. La Repubblica garantisce, attraverso adeguati interventi, l'integrazione nel sistema educativo di istruzione e formazione delle persone in situazione di handicap, a norma della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e successive modificazioni.

7. L’attuazione del diritto e del correlativo dovere di cui al presente articolo si realizza con le gradualità e modalità previste dall'articolo 8.

L’articolo 2 precisa le modalità di realizzazione del diritto/obbligo: esso ha inizio dalla prima classe della scuola primaria e ha termine al conseguimento di un diploma liceale o di un titolo o qualifica professionale di durata almeno triennale entro il 18° anno di età. Questo a regime, se e come saranno deliberati i decreti attuativi per il secondo ciclo; e, per inciso, a nostro parere non ha alcun senso criticare questo decreto sulla base di un giudizio sull’impianto del sistema di istruzione e formazione di secondo ciclo.

Sono previste iniziative di orientamento “scolastico”, ma anche in raccordo con i competenti servizi territoriali; è esplicita la finalità di un pieno successo formativo.

 

Articolo 2

Realizzazione del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione

 

1. Il diritto-dovere ha inizio con l'iscrizione alla prima classe della scuola primaria, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59.

2. Le scuole secondarie di primo grado organizzano, in raccordo con le istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione del secondo ciclo ed i competenti servizi territoriali, iniziative di orientamento ai fini della scelta dei percorsi educativi del secondo ciclo, sulla base dei percorsi di ciascun allievo, personalizzati e documentati.

3. I giovani che hanno conseguito il titolo conclusivo del primo ciclo sono iscritti ad un istituto del sistema. dei licei o del sistema di istruzione e formazione professionale di cui all'articolo 1, comma 3, fino al conseguimento del diploma liceale o di un titolo o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età, fatto salvo il limite di frequentabilità delle singole classi ai sensi dell'articolo 192, comma. 4 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 nonché quello derivante dalla contrazione di una ferma volontaria nelle carriere iniziali delle forze armate, compresa l'Arma dei Carabinieri.

4. Ai fini di cui al comma 3, l'iscrizione è effettuata presso le istituzioni del sistema dei licei o presso quelle del sistema di istruzione e formazione professionale che realizzano profili educativi, culturali e professionali, ai quali conseguono titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale e spendibili nell'Unione europea, se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione definiti ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c) della legge 28 marzo 2003, n. 53, e secondo le norme regolamentari di cui all' articolo 7, comma 1, lettera c) della legge medesima. I predetti livelli comprendono anche gli standard minimi per l'accreditamento dei soggetti che offrono percorsi di istruzione e formazione professionale.

5. All'attuazione del diritto-dovere concorrono gli alunni, le loro famiglie e le istituzioni scolastiche e formative, condividendo l'obiettivo della crescita e valorizzazione della persona umana secondo percorsi formativi rispondenti alle attitudini di ciascuno e finalizzati al pieno successo formativo.

 

 

L’articolo 3 è stato opportunamente oggetto di modifiche. Come previsto anche dalla legge 144/99, è istituita l’anagrafe “per soggetti” degli studenti: non vi altro modo di monitorare l’obbligo/diritto se non attraverso la carriera scolastica e formativa dei singoli individui. L’anagrafe è nazionale, ma mentre nella precedente versione pareva a diretta gestione ministeriale (tecnicamente impraticabile), nell’attuale versione il ministero sembra assumere il ruolo di collettore di dati opportunamente raccolti in sede locale. Il comma 2 assicura il coordinamento istituzionale, demandando (forse con non sufficiente chiarezza) alla Conferenza unificata l’assetto del giusto equilibrio tra le competenze statali, regionali e locali.

 

Articolo 3

Anagrafe nazionale degli studenti

 

1. Ai fini di cui agli articoli 1 e 2, l'anagrafe nazionale degli studenti presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca raccoglie i dati sui percorsi scolastici, formativi e in apprendistato dei singoli studenti a partire dal primo anno della scuola primaria.

è istituita, presso il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'anagrafe nazionale degli studenti, che contiene i dati sui percorsi scolastici e formativi dei singoli studenti a partire dal primo anno della scuola primaria.

2. Con apposite intese, tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in sede di Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è assicurata l'integrazione dell'Anagrafe nazionale con quelle territoriali della popolazione, anche in relazione a quanto disposto dagli articoli 4 e 7, nonché il coordinamento con le funzioni svolte dai servizi per l'impiego in materia di orientamento, informazione e tutorato.

 

 

L’articolo 4 dispone piani di intervento per l’orientamento e la prevenzione/recupero degli abbandoni, sulla base di linee guida adottate dai ministeri dell’istruzione e del lavoro, previa intesa con la Conferenza unificata.

 

Articolo 4

Azioni per il successo formativo e la prevenzione degli abbandoni

 

1. Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, adotta, previa intesa con la Conferenza unificata a norma del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, linee guida per la realizzazione di piani di intervento per l'orientamento, la prevenzione ed il recupero degli abbandoni, al fine di assicurare la piena realizzazione del diritto-dovere di istruzione e formazione.

 

 

L’articolo 5 entra nel merito del riconoscimento dei crediti e della relativa certificazione. E’ innanzi tutto previsto che la frequenza positiva di qualsiasi segmento del secondo ciclo comporti crediti certificati, validi per la ripresa degli studi o nei passaggi tra sistemi. Sono inoltre riconosciuti e certificati (dalle istituzioni scolastiche o formative) i crediti di esercitazioni pratiche, esperienze formative, stage – è un buon riconoscimento formale dell’integrazione – cui si aggiungono gli stage in esercizio di alternanza scuola-lavoro e i percorsi in apprendistato.

 

Articolo 5

Riconoscimento dei crediti e certificazione

 

1. La frequenza positiva di qualsiasi segmento del secondo ciclo comporta l'acquisizione di crediti certificati che possono essere fatti valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, nei passaggi tra i diversi percorsi del sistema dei licei, del sistema dell'istruzione e della formazione professionale nonché dell'apprendistato.

2. Agli stessi fini di cui al comma 1, nel secondo ciclo sono riconosciuti, secondo quanto previsto dalle norme regolamentari di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c) della legge 28 marzo 2003, n. 53, con specifiche certificazioni di competenza rilasciate dalle istituzioni scolastiche o formative, esercitazioni pratiche, esperienze formative e stage realizzati in Italia o all'estero anche con periodi di inserimento nelle realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi, ivi compresi quelli nell'esercizio dell'alternanza scuola-lavoro di cui all'articolo 4 della predetta legge.

3. I percorsi formativi svolti in apprendistato per l'espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione costituiscono credito formativo per il proseguimento nei percorsi di istruzione e di istruzione e formazione professionale secondo quanto previsto dall'articolo 51 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276.

 

 

L’articolo 6 entra nel merito delle cosiddette passerelle. I passaggi all’interno dei sistemi e tra sistemi sono assicurati, assistiti da apposite iniziative didattiche anche in modalità di integrazione.

Articolo 6

Passaggi tra i percorsi del sistema educativo di istruzione e di formazione

 

1. Le istituzioni del sistema educativo di istruzione e formazione di cui all'articolo 1, comma 3, anche associandosi tra di loro, assicurano ed assistono gli studenti nella possibilità di cambiare indirizzo all'interno del sistema dei licei nonché di passare dal sistema dei licei al sistema. dell'istruzione e formazione professionale e all'apprendistato, e viceversa, mediante apposite iniziative didattiche, anche con modalità di integrazione dei percorsi, finalizzate all'acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta.

2. Le modalità di valutazione dei crediti di cui all'articolo 5 ai fini dei passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici e a quelli in apprendistato, e viceversa, sono definite, con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa con la Conferenza Unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con apposito regolamento da emanarsi a norma della legge 28 marzo 2003, n. 53, articolo 7, lettere b) e c).

L’articolo 7 dispone in materia di vigilanza sull’assolvimento dell’obbligo/diritto e relative sanzioni. La prima responsabilità, a norma di Costituzione, è dei genitori. Sono addetti alla vigilanza i Comuni, i dirigenti scolastici, i servizi per l’impiego. Ci pare erroneamente non contemplata una responsabilità a carico delle Province per l’istruzione e formazione di secondo ciclo. Le sanzioni sono quelle previste dalle norme vigenti.

 

Articolo 7

Vigilanza sull'assolvimento del diritto-dovere e sanzioni

 

1. Responsabili dell'adempimento del dovere di istruzione e formazione sono i genitori dei minori o coloro che a qualsiasi titolo ne facciano le veci, che sono tenuti ad iscriverli alle istituzioni scolastiche o formative.

2. Alla vigilanza sull'adempimento del dovere di istruzione e formazione, anche sulla base dei dati forniti dall’anagrafe nazionale degli studenti di cui all'articolo 3, così come previsto dal presente decreto, provvedono:

a) il Comune, il sindaco del comune, o un suo delegato ove hanno la residenza i giovani che sono soggetti al predetto dovere;

b) i dirigenti scolastici o i responsabili, rispettivamente, delle istituzioni del sistema di istruzione o del sistema di istruzione e formazione professionale presso le quali sono iscritti ovvero abbiano fatto richiesta di iscrizione gli studenti tenuti ad assolvere al predetto dovere;

c) i servizi per l'impiego in relazione alle funzioni di loro competenza a livello territoriale.

3. In caso di mancato adempimento del dovere di istruzione e formazione si applicano a carico dei responsabili le sanzioni previste dalle norme vigenti.

 

 

L’articolo 8 determina la gradualità dell’attuazione del diritto-dovere. Esso entra in vigore dall’anno scolastico 2004/05, ovvero dal prossimo settembre. Non ci sono però i decreti attuativi inerenti il secondo ciclo riformato. L'iscrizione “obbligatoria” è dunque da effettuarsi nei primi due anni degli istituti secondari superiori dell’ordinamento vigente.

La disposizione è da interpretarsi con attenzione: poiché il diritto-dovere è istituito per almeno 12 anni, qual è il motivo per cui la gradualità dell’attuazione sceglie non un regime a scorrimento (prima classe della secondaria superiore nel 2004/05 e a seguire le altre classi) ma seccamente il primo biennio? Le spiegazioni possono essere di varia natura:

§       è individuato un primo ciclo biennale che nella scuola ha un suo significato compiuto e in cui le istituzioni scolastiche (ivi compresi gli istituti professionali che nella maggior parte dei casi hanno adottato una struttura 2+1+2), attraverso l’autonomia e il Pof, possono realizzare percorsi significativi nei crediti; per inciso, uguale garanzia non è offerta dalle sperimentazioni regionali con percorsi triennali (come risulta in tutti i Protocolli);

§       è dal ministero prevista un’attuazione di riforma del secondo ciclo a partire dall’anno scolastico 2006/07 (per inciso, in nuova legislatura); cosicché è preferibile un impegno di attuazione nei prossimi due anni, poi si vedrà anche in relazione ai nuovi decreti;

§       è così realizzato (in questa legislatura) l’obbligo scolastico a 16 anni, come nella maggior parte dei Paesi europei e in buon avvicinamento agli obiettivi di Lisbona, che l’Europa monitora progressivamente;

§       è per il momento compatibile con il bilancio dello Stato un minor introito (dovuto alla gratuità delle tasse scolastiche) solo in relazione a due classi di scuola secondaria superiore.

Sia come sia, siamo oggi storicamente di fronte a un prolungamento dell’obbligo/diritto nel primo biennio della scuola secondaria superiore, fino a 16 anni, come si è reclamato in ogni sede dopo l’abrogazione della legge 9/99.

E’ pur vero che il decreto prevede la realizzazione dell’obbligo/diritto anche nei percorsi sperimentali regionali di istruzione e formazione professionale. Abbiamo già dimostrato che l’Accordo del 19 giugno 2003 decade all’approvazione del decreto sul diritto/dovere. E possiamo anche aggiungere che la sperimentazione non ha un valore ordinamentale, può esserci e non esserci, è soggetta a una conferma istitutiva annuale. Il riferimento presente nel decreto non può avere dunque alcun valore prescrittivo.

Le ragioni – legislativamente infondate – per cui l’attuale decreto contempla anche le sperimentazioni regionali sono chiare: è così garantito (a carico politico e istituzionale delle Regioni) un anticipo del sistema di istruzione e formazione professionale. Vorremmo ricordare che nell’Accordo e in quasi tutti i Protocolli è scritto che tali sperimentazioni non vanno intese nel senso di un anticipo di riforma.

Resta da chiarire un’ultima questione: poiché in gradualità di attuazione è garantito solo un primo biennio di obbligo/diritto nel secondo ciclo di istruzione, quale credito finale è assicurato agli studenti? Al quesito risponde il comma 3 dell’articolo 8: fino alla completa attuazione del diritto-dovere continua ad applicarsi la legge 144/99 relativa all’obbligo formativo. Ciò significa che dopo il primo biennio i giovani sono obbligati, entro il compimento del 18° anno di età, a conseguire un diploma o almeno una qualifica triennale. Per ironia della sorte, dopo i patimenti per l’abrogazione della legge 9/99, tutto come prima e meglio di prima. Purché decada la sperimentazione regionale e non si dia corpo a un “secondo canale”.

 

Articolo 8

Gradualità dell'attuazione del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione

 

1. In attesa dell'emanazione dei decreti legislativi inerenti il secondo ciclo di istruzione e di istruzione e formazione professionale, dall'anno scolastico 2004-2005, l'iscrizione e la frequenza gratuite di cui all'articolo 1, comma 4, ricomprendono i primi due anni degli istituti secondari superiori e dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale realizzati sulla base dell'accordo in sede di Conferenza unificata del 19 giugno 2003.

2. Alla completa attuazione del diritto-dovere all'istruzione e formazione, come previsto dall'articolo 1, si provvede attraverso i decreti attuativi dell'articolo 2, comma 1, lettere g), h) e i) della legge 28 marzo 2003, n. 53, adottati ai sensi dell'articolo 1 della stessa legge, nel rispetto delle modalità di copertura finanziaria definite dall'articolo 7, comma 8 della predetta legge.

3. Fino alla completa attuazione del diritto-dovere come previsto al comma 2 continua ad applicarsi l'articolo resta fermo quanto previsto dall'articolo 68 comma 4 della legge 17 maggio 1999, n. 144 e successive modificazioni, che si intende riferito all'obbligo formativo come ridefinito dall'articolo 1 del presente decreto.

 

 

L’articolo 9 dispone il monitoraggio, avvalendosi dell’Isfol e di altri organismi tecnici. L’articolo 10 indica la copertura finanziaria.

 

Articolo 9

Monitoraggio

 

1. Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, avvalendosi dell'Istituto per lo Sviluppo della Formazione professionale dei Lavoratori (ISFOL) e di altri organismi tecnici di riferimento, effettuano annualmente il monitoraggio sullo stato di attuazione della presente legge, a partire dall'anno successivo a quello della sua entrata in vigore, comunicandone i risultati alla Conferenza Unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

2. A norma della legge 28 marzo 2003, articolo 7, comma 3, anche con riferimento ai risultati del monitoraggio di cui al comma 1 il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca presenta ogni tre anni al Parlamento una relazione sul sistema educativo di istruzione e formazione professionale.

 

Articolo 10

Norma di copertura finanziaria

 

1. All'onere derivante dall'articolo 8, comma 1 del presente decreto, quantificato in 11,888 11,618 milioni di euro per l'anno 2004 e in 15,815 milioni di euro a decorrere dall'anno 2005, si provvede con quota parte della spesa autorizzata dall'articolo 3, comma 92 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

 

 


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