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QUALCOSA SI MUOVE SULLA “CONTINUITA’ DIDATTICA”

di Pasquale D’Avolio

Sembra strano, eppure, nessuno ha commentato le importanti novità contenute nel ddl 2272-ter (impropriamente detto Bersani-ter), e precisamente nel nuovo art. 28, in corso di approvazione al Parlamento, e che riporto integralmente:

14. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze sono definite le condizioni per assicurare la massima stabilità dell'organico anche attraverso nuovi parametri che ne individuino la consistenza funzionale all'ottimale e stabile funzionamento delle istituzioni scolastiche. Il predetto decreto determina i criteri e le modalità per la permanenza pluriennale dei docenti nella sede assegnata, prioritariamente riferito, in particolare, a quelli di sostegno, a quelli impegnati nelle scuole delle aree a rischio e nelle classi funzionanti negli ospedali. Con il medesimo decreto sono definite forme appropriate per favorire l'incontro tra competenze ed aspirazioni dei singoli docenti e le specifiche esigenze formative delle singole istituzioni scolastiche.

Si tratta di tre questioni in parte legate tra di loro, di cui almeno le ultime due rischiano ancora una volta di confliggere con le posizioni sindacali, che già con la Moratti erano riusciti a sbarrare il passo a ogni possibile intervento legislativo sulla mobilità e sulle modalità di assegnazione alle scuole dei docenti

In sostanza il primo punto (assicurare la massima stabilità dell’organico) è una vecchia rivendicazione non solo delle OOSS ma di tutti gli operatori della Scuola. Solo con una pluriennalità garantita degli organici, i cui parametri individuino la “consistenza funzionale all'ottimale e stabile funzionamento delle istituzioni scolastiche” si può programmare seriamente nel medio periodo senza dover rivedere quanto deciso ogni anno sulla base delle variazioni di organico nel frattempo intervenute.

Era questa una delle condizioni poste dalle OOSS per accettare ogni altro discorso sulla mobilità annuale, che attualmente rappresenta uno dei limiti più seri alla “continuità didattica”.

E infatti la seconda questione riprende l’impegno previsto dalla L.53 all’art. 3 laddove si parlava di una “congrua permanenza” dei docenti nella stessa sede anche per garantire una valutazione non più annuale degli alunni, ma alla fine dei cicli (biennali o triennali). Si sa che l’articolo non si è mai concretizzato in specifiche misure amministrative anche per l’opposizione dei sindacati che ritenevano la questione soggetta ad accordi contrattuali e non di competenza legislativa unilaterale del Governo (ex L 165/2001). Si sa anche che l’ARAN nell’estate del 2006 condivise tale interpretazione, accettando la disapplicazione di tale norma. Ora il Decreto di cui si parla dovrebbe determinare “i criteri e le modalità per la permanenza pluriennale dei docenti nella sede assegnata”. E’ indubbio che il Ministro dovrà consultare le OOSS, ma riuscirà a fissare autonomamente tali criteri senza lasciarsi condizionare da interessi di categoria? La “permanenza pluriennale”, come gli organici “pluriennali” di cui si parlava prima, sono innanzitutto un interesse pubblico, che potrebbe conciliarsi con l’interesse dei docenti, ma in certi casi potrebbe anche confliggere, in quanto è comunque una limitazione alla mobilità volontaria. E’ vero che già da qualche anno sono state introdotte delle limitazioni alla mobilità annuale, ad esempio una volta ottenuta la sede definitiva per i neo-immessi in ruolo (2 anni di permanenza all’interno della provincia e 3 fuori provincia) oppure a seguito di un “trasferimento” sulla sede richiesta. Ma a parte che poi con le “assegnazioni provvisorie” si riusciva a vanificare il vincolo, comunque tali norme erano stati introdotte nel CCNL e quindi con l’accordo delle OOSS. Ora il Governo dovrebbe agire da solo e guardando soprattutto all’interesse degli utenti più che dei docenti. Il valzer delle cattedre è un fatto assolutamente negativo e non si vede perché nelle altre amministrazioni occorra rimanere almeno 5 anni (in alcune 7) nella stessa sede, mentre i docenti possono cambiare ogni anno. Si arriva all’assurdo di un docente di mia conoscenza che in 18 anni aveva cambiato 16 scuole in varie regioni. Non sono riuscito a capire le ragioni di tale “vagabondare”, anche perché l’anno dopo chiese di essere trasferito altrove. Un caso eccezionale certo, ma quanti docenti chiedono il trasferimento nella stessa città, non per ricongiungersi alla famiglia, bensì per dissapori con i colleghi o con il Preside o perché magari si lavora meno? Occorrerà porre un freno a tale mobilità che danneggia la qualità della scuola, e credo che con organici più stabili la cosa sia fattibile. Io aggiungo che occorrerà prevedere anche per i supplenti una maggiore stabilità e se il Ministro lo riterrà opportuno credo possa estendere il principio della “permanenza pluriennale” anche ai supplenti annuali su posti vacanti e disponibili, così come avviene da anni in Trentino.

E’ comunque importante che il principio della “continuità” cominci ad essere preso in seria considerazione da parte del legislatore. Sappiamo che la cosa non è facile, ed è giusto sottolineare la precedenza per quelle situazioni enunciate nell’articolo (handicap, aree a rischio, scuola in ospedale), a cui sarebbero da aggiungere le scuole di montagna e delle piccole isole, dove il problema del turnover è più grave. Ma su questo ho avuto già modo di intervenire.

L’ultima parte del nuovo art. 28 riprende a sua volta un altro dei “tentativi abortiti” nella scorsa legislatura: la possibilità da parte delle scuole di “chiamare” una percentuale di docenti da altre scuole (10%), i quali avrebbero mantenuto la titolarità nella scuola di provenienza. C’era addirittura un articolo del contratto che lo prevedeva. Non se ne è fatto niente come non si è fatto niente per premiare il merito o per introdurre forme di valutazione dei docenti, nonostante se ne parlasse già nel contratto del 1995. Perché non basta scriverlo nei contratti: bisogna tradurre tali principi in norme vincolanti per l’Amministrazione, indipendentemente dalla volontà delle OOSS, le quali sono in genere disponibili ad accettare il principio, tanto sanno che passare all’applicazione pratica è molto difficile. Ora l’art. 28 parla di “favorire l'incontro tra competenze ed aspirazioni dei singoli docenti e le specifiche esigenze formative delle singole istituzioni scolastiche”

Tradotto in termini semplici vorrebbe dire che una Scuola che prevede nel POF delle “specifiche” esigenze formative per le quali sono richieste specifiche “competenze” (o magari “aspirazioni”, ma qui il termine è più vago) potrebbe richiedere a un docente di altra scuola di trasferirsi, magari temporaneamente, in quella scuola. Ho parlato di “trasferimento” e non di “assunzione”, perché questo aprirebbe una strada oggi ritenuta molto pericolosa e cioè la “chiamata diretta” al di fuori delle graduatorie. In Italia la semplice proposta è ritenuta “scandalosa”, laddove è pratica corrente in molti paesi. In sostanza anche qui è ora di superare la rigidità delle graduatorie che non tengono in alcun conto le effettive esigenze della scuole o degli alunni, per cui si arriva all’assurdo in un Liceo classico in cui a un alunno non vedente si assegna l’insegnante di sostegno che non conosce il greco.

Ho parlato all’inizio di importanti novità dell’art. 28 del ddl 2272 ter; occorrerà ora vedere se esso verrà approvato così come proposto o ci saranno cambiamenti o arretramenti (magari su spinta sindacale) ma soprattutto occorrerà verificare il Decreto conseguente e infine come lo stesso verrà applicato, se si riuscirà ad applicarlo.

Le esperienze passate non inducono all’ottimismo.


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