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Quer pasticciaccio brutto de Viale Trastevere
ovvero natura e fini degli Obiettivi Specifici di Apprendimento

 Su “Azienda Scuola” di martedì 5 ottobre c. a., a pag. 35, nella tabella relativa al Glossario delle Indicazioni nazionali che accompagna l’articolo di Giorgio Sciotto, Nuovi programmi solo indicativi, leggo che gli Obiettivi Specifici di Apprendimento afferiscono a Conoscenze o abilità di una disciplina che lo studente deve possedere al termine della classe o del biennio.

Si tratta di una definizione non corretta, che rischia di aggravare ulteriormente lo stato di confusione che la legge 53 ed il primo decreto applicativo hanno già creato nelle scuole.

Lungi da me una difesa d’ufficio della riforma, ma è doveroso ricordare quanto segue.

L’epigrafe della legge 53/03 recita testualmente: Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.Si tratta di una definizione indotta dalla applicazione del nuovo assetto costituzionale di cui alla legge costituzionale 3/01. Com’è noto, l’articolo 117 (attualmente oggetto di riforma nell’attuale Parlamento) recita testualmente che “lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie”; e, tra queste, ai punti n) ed m) ritroviamo le “norme generali sull’istruzione” e la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Si tratta dei due punti recepiti dalla legge 53/03: pertanto la legge detta le norme sull’istruzione nel suo complesso, e detta quali sono i livelli essenziali delle prestazioni che i servizi scolastici e formativi devono garantire su tutto il territorio nazionale.

Le Indicazioni nazionali che sono allegate in via transitoria al dlgs 59/04, applicativo della legge per quanto concerne la scuola che lato sensu possiamo chiamare di base, non possono non richiamarsi ad uno dei suoi fondamentali principi ispiratori: il fatto, cioè che le istituzioni scolastiche autonome (e l’autonomia è oggi anche precetto costituzionale) devono garantire ai fruitori del servizio livelli tali di prestazioni al di sotto dei quali non possono scendere.

Entriamo nello specifico delle Indicazioni nazionali.

Per la scuola dell’infanzia testualmente leggiamo: “L’ordinamento degli obiettivi specifici di apprendimento… ha soltanto lo scopo di indicare i livelli essenziali di prestazione (intesi qui nel senso di standard di prestazione del servizio) che le scuole pubbliche della Repubblica sono tenute in generale ad assicurare ai cittadini per mantenere l’unità del sistema educativo nazionale di istruzione e di formazione…”.

Per la scuola primaria testualmente leggiamo: “Le tabelle degli obiettivi specifici di apprendimento hanno lo scopo di indicare con la maggiore chiarezza e precisione possibile i livelli essenziali di prestazione (intesi qui nel senso di standard di prestazione del servizio) che le scuole pubbliche della Repubblica sono tenute in generale ad assicurare ai cittadini per mantenere l’unità del sistema educativo nazionale di istruzione e di formazione…”.

Per la scuola secondaria di primo grado testualmente leggiamo: “Le tabelle degli obiettivi specifici di apprendimento hanno lo scopo di indicare con la maggiore chiarezza e precisione possibile i livelli essenziali di prestazione (intesi qui nel senso di standard di prestazione del servizio) che le scuole pubbliche della Repubblica sono tenute in generale ad assicurare ai cittadini per mantenere l’unità del sistema educativo nazionale di istruzione e di formazione…”.

Repetita iuvant! Le pedisseque iterazioni non sono mie, ma sembrano essere la divisa dei “nostri” virtuosi… Indicatori!!!

Quando poi andiamo alle tabelle degli obiettivi specifici di apprendimento relativi alla scuola primaria ed alla scuola secondaria di primo grado, le epigrafi che introducono le singolo tabelle affermano, con un ritornello ad adiuvandum: “Al termine della classe (o del biennio), la scuola ha organizzato per lo studente attività educative e didattiche unitarie che hanno avuto lo scopo di aiutarlo a trasformare in competenze personali le seguenti conoscenze e abilità disciplinari”.

In questo passaggio non c’è traccia di obiettivi specifici di apprendimento! Nelle Indicazioni, infatti, viene ripetuto pedissequamente che gli obiettivi specifici di apprendimento costituiscono i livelli essenziali delle prestazioni che le istituzioni scolastiche sono tenute ad offrire ai fruitori e non si dice affatto che questi costituiscono gli obiettivi che gli alunni – ciascun alunno – deve perseguire e raggiungere. Il che, del resto, sarebbe in contraddizione con il principio della personalizzazione che – com’è noto – costituisce uno dei leitmotif di tutta la macchina riformatrice avviata con la legge 53. Se a ciascun alunno deve essere proposta una offerta educativa in ordine ed in funzione delle sue personali capacità (in quanto potenzialità), attitudini, inclinazioni, anche in ordine alla prevalente scelta delle famiglie – questa è la diretta conseguenza del principio della personalizzazione, come intesa dalla legge 53 – gli obiettivi specifici di apprendimento non possono e non debbono essere perseguiti da tutti.

E qui ci soccorrono ancora le Indicazioni. “E’ compito esclusivo di ogni scuola autonoma e dei docenti, infatti, nel concreto della propria storia e del proprio territorio, assumersi la libertà di mediarli (gli OSA, ndr), interpretarli, ordinarli, distribuirli ed organizzarli negli obiettivi formativi, nei contenuti, nei metodi e nelle verifiche delle diverse Unità di apprendimento” che “danno origine al Piano di studio personalizzato”.

E tale formula – perché altro non è – viene pedissequamente ripetuta per i tre gradi di scuola. Quindi, gli alunni sono chiamati a raggiungere gli obiettivi formativi che costituiscono, dopo gli obiettivi generali e dopo gli obiettivi specifici di apprendimento, di competenza del Miur (e ciò è esplicitamente detto nel Dpr 275/99 sull’autonomia delle istituzioni scolastiche, art. 8, c. 1), un terzo livello di obiettivi, di competenza esclusiva delle scuole e dei docenti: gli obiettivi formativi, appunto.

E gli obiettivi formativi costituiscono così una sorta di quid medium che i docenti desumono dagli obiettivi generali e dagli obiettivi specifici di apprendimento e che vanno a collocarsi tra le capacità pregresse dell’alunno e le competenze personali da lui raggiunte. Il tutto, comunque, sembra in contraddizione con quanto si afferma in un altro passo delle Indicazioni a proposito del portfolio, in cui devono essere selezionate, tra gli altri materiali, anche “prove scolastiche significative relative alla padronanza degli obiettivi specifici di apprendimento e contestualizzate alle circostanze”. Il che indubbiamente costituisce un ulteriore elemento di confusione!

Tornando all’articolo di Sciotto, anche lui mi sembra perdersi nei difficili meandri delle Indicazioni. Ma seguiamo attentamente i suoi passaggi. Ora afferma che “gli Osa sono definiti livelli esenziali di prestazioni cui le scuole sono tenute per garantire il diritto all’istruzione”. E subito dopo afferma: “Un modo improprio per dire che sono obbligatori”. E questa è l’argomentazione: “I livelli essenziali di prestazione infatti potrebbero riguardare i servizi che ogni scuola autonoma deve assicurare, per esempio il numero massimo e minimo di alunni per classe, i servizi per gli handicappati, il numero minimo di ore di lezione, la durata minima dell’anno scolastico e così via”.

Sono assolutamente d’accordo. Nel mio pezzo sulla necessità di una Riscrittura delle Indicazioni (nella Bacheca di Edscuola.it, 3 luglio c. a.) affermavo quanto segue: “Le Indicazioni dovrebbero esprimersi con chiarezza su due versanti, fortemente interrelati: 1) quello culturale, educativo e pedagogico didattico, dei macroobiettivi, cioè degli obiettivi generali del processo formativo e degli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni – come si esprime il dpr 275 – proposti come traguardi per gli studenti; 2) quello delle risorse di cui le istituzioni scolastiche devono disporre per garantire i livelli essenziali del servizio – per adempiere a quanto prescrive l’articolo Cos. 117, c. 2, lettera n. Com’è noto, nelle Indicazioni il punto 2 è totalmente assente! Quando, invece, avrebbe dovuto costituire l’elemento forte, caratterizzante, innovatore, proprio in relazione al nuovo ordine che deriva dal Titolo V”.

Subito dopo Sciotto afferma che “gli obiettivi di apprendimento riguardano gli studenti”. Ma è una sua deduzione, una sua estrapolazione. Si tratta di una affermazione che non compare mai nelle Indicazioni! Se fosse come dice Sciotto, le Indicazioni indicherebbero con chiarezza la loro obbligatorietà per gli studenti. Ma in tutti i passaggi da me precedentemente citati tale affermazione non c’è! DI fatto, e di diritto, l’obbligatorietà riguarda non gli studenti ma solo i livelli essenziali delle prestazioni educative e didattiche – stracitati fino allo spasmo nelle Indicazioni – a cui le scuole debbono attenersi.

Che il tutto sia un gran pasticcio non dipende da me né da Sciotto, che, come tanti altri, con tanta buona volontà cerchiamo di leggere e comprendere le fumisterie, i gliommeri e le farse di queste tediose Indicazioni, anche perché le scuole chiedono lumi in questo gran bailamme! E lo spirito di servizio a volte è più forte dello spirito critico! Er pasticciaccio, detto alla romana, l’ha combinato Viale Trastevere. Sarebbe ora che gli anonimi del fantomatico GdL venissero allo scoperto e, come i servi dell’antica Roma, da veri ministri, ci facessero luce in questi angiportus transtiberini!!! E se lo facessero pedissequamente, alla lettera, sarebbe l’optimum!

Roma, 7 ottobre 2004

Maurizio Tiriticco

 


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