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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Rallentare la corsa:
ridare la parola alle bambine e ai bambini

In tutto il bailamme di consigli per l’uso che stiamo subendo in questo periodo di riforma della nostra povera scuola, è seriamente necessario tenere la barra del timone al centro sulle nostre buone pratiche accentuando, se possibile, il nostro lavoro artigiano di stimolatori di pensiero e parole.

Resistiamo alla tentazione di abbatterci, di perdere il senso del nostro lavoro e della nostra competenza, senso conquistato sul campo, con esperienza, studio, aggiornamento, confronto con la realtà, con la società e  con le difficoltà delle nuove generazioni di bambine e bambini “concreti”.

Raccomandazioni  (rivolte a me stessa, maestra, e a tutte le maestre e i maestri che, come me, desiderano fortemente una scuola seria, meditata, non urlata, senza spot e improvvisazioni ) per un antisbandamento professionale :

     1) si tenga bene a mente che si possono “leggere” i bisogni di bambine e bambini soltanto  accanto a loro in situazione costantemente: bastano due anni, forse anche meno, lontano dalla scuola, dalla “classe”, e già si perde il polso dei cambiamenti in atto nella vita sociale dell’infanzia: chi ne parla per sentito dire e  legifera, mostra di non rendersi conto né dei ritmi di apprendimento e di attenzione in costante trasformazione e mutamento, né del desiderio di socialità e condivisione di percorsi

2)     si entri in classe, tra bambine e bambini, come se non si dovesse più uscirne (il tempo può diventare una dimensione tiranna: non lasciamoci schiavizzare dallo “spezzatino di attimi”); ci si sieda in mezzo a loro e si conversi; si ascoltino le loro “voci”; si dia tempo al tempo della loro infanzia che chiede di trovare le parole per esprimere paure, gioie, dolore... per fermare almeno a scuola le lancette dell’orologio su esperienza e sogno, i quali poi necessitano di lenta rielaborazione

3)     si cerchino alleate/i tra colleghe e colleghi per superare la tirannia delle ore (magari di quelle da 50 minuti tanto in voga!) e si stipulino accordi per non tenerne conto

4)     nelle prime classi della scuola di base si ricordi a ogni respiro che le fondamenta della lingua italiana devono divenire patrimonio di tutte/i le bambine e i bambini, quindi si stringa un accordo con la specialista di lingua straniera, con quella di religione, con eventuali laboratoristi, affinché si adoperino per sostenere, insieme con le colleghe e i colleghi, lo sforzo immane di un’ alfabetizzazione sicura

5)     si raccontino in tempi distesi storie, fiabe, racconti, poesie…non ci si lasci fuorviare per un solo attimo dalla frenesia dei ritmi della divisione in gruppi “di compito, livello, elettivi”, non si lasci uscire una sola bambina o un solo bambino dalla classe che vive il momento magico dell’incontro fra parole e pensieri

6)     si lascino liberi le bambine e i bambini di fare uso della lingua orale per esprimersi  anche in modo  creativo e divergente

7)     si butti via la “scaletta” della programmazione di eventuali “unità di apprendimento”…

8)     si conversi su qualsiasi argomento d’interesse di bambine e bambini per poi fermare idee e sensazioni con la scrittura di pagine significative

9)     si punti su giochi per l’arricchimento lessicale (le/i nostre/i bambine/i faticano a trovare le parole per dirci ciò che sentono e pensano, perché sovente non hanno gli strumenti per farlo: chi insegna oggi lo sa e sa che il tempo per stimolare la crescita del linguaggio è prezioso e infinito!)

10) si rammenti che non esiste  programmino (nell’uso del computer) divertente che favorisca lo scambio di parole ricercate, vissute, raffinate… nell’uso quotidiano dell’espressione del sé, quindi rafforzare, incentivare, promuovere la consuetudine dell’argomentazione, della denotazione e connotazione nell’uso 

11) letteralmente si “inglobino” alunne/i stranieri e diversamente abili nella classe- fucina di relazioni, rapporti, cooperazione, apprendimento cooperativo, senza farsi incantare da chi propone “distacchi” anche soltanto momentanei: lo “stare dentro” dovrebbe essere il nostro motto, oggi più di ieri (per arginare l’estranea pedagogia della personalizzazione, dei gruppi di livello, di compito ed elettivi)

12) si facciano proposte alternative di valutazione del lavoro di bambine e bambini, proposte che per la scuola di base siano lontane da qualsiasi forma di orientamento, che sappiano evitare una precoce rilevazione degli stili di apprendimento (finora abbiamo studiato la materia delicatissima degli stili di apprendimento e ne abbiamo tenuto conto per cercare strategie di intervento, ora però si potrebbe correre il pericolosissimo rischio  di voler tutto definire e tener sotto controllo per orientare precocemente, per escludere da percorsi che un tempo erano uguali per tutte/i

13) si rammenti che per innalzare la possibilità di crescita culturale e umana di bambine e bambini, vanno offerte a tutte/i le stesse opportunità, gli stessi stimoli, le stesse proposte pur se con strategie differenziate d’approccio (è con l’innumerevole quantità di strategie che la scuola elementare si è fatta grande e forte nonostante il nulla che ha ricevuto in termini di strutture, risorse e materiali!), quindi si creda nella classe, nel valore estremo della uguaglianza nella diversità che deve “stare dentro”, dentro l’offerta, dentro la creazione di un linguaggio costruito, cercato, vissuto, condiviso con i pari

14) si dia modo e tempo a bambine e bambini di ragionare dando il “nome” alle cose e alle idee affinché possano avere il tempo mentale di non confondere “vispi” con “vespe”, “regoli” con “regole”: il nominare correttamente dà modo di mettere ordine nel pensiero, ma ci vogliono tempo e pazienza per farlo, soprattutto nella fascia di età della scuola di base

    15) al momento giusto, si insegni storia antica, moderna e contemporanea senza timore della ripetitività nei cicli successivi di istruzione.

 [Prof. Rolando   Dondarini in http://xoomer.virgilio.it/festastoria/Appello.html, Università di Bologna:”non affrontando i suddetti periodi prima della scuola media (che "media"   continua ad essere non solo perché così generalmente   percepita da scolari e genitori, ma per le ricordate persistenti distinzioni di formazione dei relativi   insegnanti) diviene estremamente difficile trattare i temi che  l'attualità continuamente ci impone, col rischio di mantenere i nostri scolari in uno stato di totale  inconsapevolezza”].

I bambini  amano la storia: sarebbe un grave errore non “cogliere” l’attimo della loro spiccata sensibilità- curiosità. Essi sono capaci di porre domande  profonde e non si stancano mai di indagare sulle loro radici

   16) si insista con il rigore, soprattutto nel pretendere da adulti e bambine/i il rispetto delle regole della convivenza civile, della  comunità scolastica e dell’adempimento degli impegni che la scuola prevede (studio, compiti, collaborazione, ecc…): non temere di richiedere da se stessi e dagli altri sforzo e fatica per affrontare le eventuali difficoltà…non si abbandoni mai la speranza della riuscita nell’impresa apprendimento-insegnamento magari in favore di attività “facili” e avulse dal contesto della classe e dei percorsi condivisi da tutte/i

   17) non si rinunci mai al ruolo di educatrici/educatori sia nel rapporto di insegnamento-apprendimento, sia in quello dialogico con le  famiglie: è vero che la famiglia educa, ma è altrettanto vero che l’ insegnante è l’adulto più vicino alle bambine e ai bambini dopo i genitori e insieme con essi

   18) ci si senta sicure/i del ruolo importante dell’essere maestre e maestri ancor più oggi che si rischia di venire spinti a improbabili carriere e differenziazioni di trattamento economico: molte/i hanno creduto nel lavoro di insegnanti al servizio di bambine e  bambini e vogliono credere ancora e, ancor più, che  sia il lavoro più delicato e affascinante che esiste perché si fonda sulla costruzione di un futuro di giustizia e uguaglianza

     19) soprattutto, non si dimentichi che la scuola avrebbe dovuto avere e dovrebbe avere il diritto  di  essere trattata con rispetto e di essere ascoltata per ciò che ha saputo pensare,  creare, dare e realizzare.

2 ottobre 2004

Claudia Fanti


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