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IL SENSO DEL RIDICOLO

 

Un inizio d’anno così inconcludente non si era mai vissuto.

Si brancola quasi nel buio. Dico “quasi” soltanto perché le abbiamo viste tutte e, a parte qualche insegnante di primo pelo, siamo in grado di far buon viso sempre e comunque. Armate della nostra professionalità e del nostro saperci fare affrontiamo il pubblico (le famiglie, per intenderci) con qualche rossore e imbarazzo di stomaco: lo introduciamo nel “sapiente” teatro delle novità ministeriali.

La grande Riforma parte per informatica e inglese in prima e seconda elementare. Il resto della scuola italiana osserva sperando che accada qualcosa che fermi tutto!

Del testo delle Indicazioni (programmi ministeriali, per intenderci) non abbiamo avuto neanche una copia: le abbiamo lette su internet e basta, tanto che, come per tutte le cose virtuali, ci siamo domandate se non fosse stato tutto inventato e se i nuovi programmi fossero soltanto uno di quei sogni che si scordano senza alcuna possibilità di venire ripescati!

Ma noi maestre, “tuttoapplica e sperimenta” ciò che qualcun altro ha escogitato per far audience,  in questi giorni dobbiamo affrontare, come ad ogni settembre, prima dell’ incontro con le alunne e gli alunni, programmazioni annuali e bimestrali,  ora però dovremo sbatterci dentro le “richieste ministeriali”.

Qualcuno dei colleghi vorrebbe imbellettarle di parole un po’ “aristocratiche” per celare ai poveri genitori il nulla che ci prepariamo a gestire nelle prime classi: nulla di fondi, di materiali, nulla di contenuti, orari groviera in cui bambine e bambini dovranno imparare ad accendere e spegnere la “macchina”, a muovere il mouse per accedere a giochini didattici…(così ci chiedono di insegnare le Indicazioni ministeriali!)

Qualcuno degli stessi colleghi avrebbe voluto provare nella prossima assemblea con i “nuovi” genitori a fornire spiegazioni sulle reali motivazioni che hanno spinto “il legislatore” a far nascere le due ore di inglese e di informatica (1+1), ma poi, non raccapezzandosi nel mare di ridicolo in cui stava navigando nell’imbastire un discorsino, ci ha rinunciato ed è arrivato alla conclusione che vale la pena tacere: ogni parola perderebbe di senso e scadrebbe nel banale.

Invece le altre maestre più prosaiche, aggrappate al tempo prezioso che le dovrebbe vedere intente a organizzare lezioni distensive, creative, impreviste…eccole a fare i conti della spesa per ritagliarsi il tempo per conversare di anima ed esperienze da cui partire per gli apprendimenti…Conclusione? Nelle programmazioni annuali, appena scritte per classi parallele, non compare ancora la voce “informatica” e neppure “inglese”. Anzi, ci si è “trastullate” a sognare beatamente di scienze, poesia, numeri, accoglienza, musica, arte, teatro, gite, uscite, motoria…Così toccherà incontrarsi di nuovo per tornare alla cruda realtà, ma non fa niente, si è voluto volare sognando bambine  e bambini di prima elementare, ancora sconosciuti, sereni nell’incontrare con calma i nuovi compagni soltanto immaginati nei momenti di libertà estiva.

Allora siamo insieme a chiederci dove sia finito il buon senso, dove siano andati i continui richiami di psicologi e pedagogisti a costruire relazioni e reti di conoscenza reciproca, a far lavorare quella parte del cervello che si va atrofizzando nelle giovani generazioni, quella dell’emisfero deputato al dialogo, al linguaggio, alla critica e via dicendo…

Strana società schizzata la nostra che da una parte conosce i pericoli delle immagini sullo schermo, del virtuale, e ne disquisisce convinta sui media, dall’altra ci caccia dentro a capofitto la “tenera” mente plasmabile dei bambini costringendo le maestre a spingerla sempre più giù! Che da un lato sa come sia importante la costruzione del linguaggio e dall’ altro convoglia le piccole inconsapevoli persone verso i messaggini e gli amenicoli tecnologici ammantandoli di una luce abbagliante…di stupidità!

Illusione anche che la lingua straniera si possa amare e avvicinare con un’ora o due… illusione, specchietto per le allodole. Si sa molto bene che per produrre qualcosa di significativo occorrono tempo…tempo…tempo e competenza che si dispiega in conduzione di dialogo e conversazioni, gioco e applicazione. La scuola dell’ autonomia potrebbe far molto in tal senso, purché la si lasciasse libera di costruire percorsi oltre gli orari curricolari già stretti, se le aule diventassero centri di sapere nell’arco della giornata tutta, non macchine ruba tempo all’italiano, alla matematica, alle scienze, alla storia, alla geografia, alla ginnastica, all’espressione del sé in senso creativo e “artigianale”… E pensare che le famiglie non ci chiederebbero altro se non di aprire le porte gratuitamente ai figli in orari aggiuntivi offrendo loro proposte di alto profilo culturale: sia artistico, sia linguistico, sia informatico…Ma così no, non è possibile fare ragionamenti che non cadano nel ridicolo!

Non parliamo poi di handicap: in alto si affannano a dirci che nulla è stato tagliato, anzi! Ma noi tocchiamo con mano la scure sulle ore per i bambini portatori di qualche “svantaggio”! Comunque si deve credere ai numeri forniti da chi più sa e vede, quindi zitte! Non è niente, tutte storie le nostre!

I numeri parlano per voce di chi sa contare con maggiore esperienza. Punto e basta. Che fare? Arrangiarsi come sempre. Diminuiti i fondi per gli esperti? Pazienza, ci arrangeremo, perché tanto tutto parte, viaggia sui binari  della nostra disponibilità sia professionale, sia economica di far fronte ai disagi. E’ così, non si discute.

8 settembre 2003

Claudia Fanti


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