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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Come interrompere le trame con l’eccesso di competenze

di STEFANO STEFANEL

 

La nostra scuola sta assistendo con sempre maggiore frequenza al corto circuito tra l’eccesso di competenze dei docenti e la percezione della realtà attraverso trame multiple (spesso esperienziali e per nulla esperte) da parte degli alunni. Tutto ciò sta aumentando l’incomprensione tra le parti, come da decenni non avveniva, e sta portando il mondo esterno alla scuola a interrogarsi sul perché permanga forte la trasmissione di saperi desueti o non trasferibili nelle normali attività sociali.

 

Eccesso di competenze. Una definizione molto interessante di “eccesso di competenza” l’ha data Ruggero Toni in Il dirigente scolastico: “ Non è facile, del resto, da parte degli attori coinvolti, rinunciare a quella condizione che Argyris e Schon definiscono ‘eccesso di competenza’ e che si esprime attraverso percorsi collaudati, abituali e rassicuranti, vissuti come fonte positiva di successo e di sicurezza. Questo modo di interpretare se stessi e di agire, di fatto induce a una specie di incapacità, a uno stato di incompetenza che si traduce in serie difficoltà nell’affrontare situazioni di incertezza e variazioni programmate o impreviste all’interno dell’organizzazione”[1]. In questi anni si è spesso descritta la classe insegnante come una categoria conservatrice ed ostile all’innovazione e con questa definizione si è ritenuto di poter risolvere tutta la problematica relativa alle riforme non attuabili, alla formazione sempre carente, al difficile adeguamento della didattica alla realtà. Ci si sta accorgendo oggi che forse in futuro si dovrà tener conto del concetto di “competenza eccessiva”: la classe docente è nel complesso molto competente, ma in riferimento a parametri personali e non modificabili, per cui diventa ostile ad ogni valutazione esterna e quindi ad ogni cambiamento non autogenerato.

        La Riforma Moratti si sta frangendo contro le competenze eccessive dei docenti, disinteressati al complesso della teoria sottesa alla Riforma stessa, perché raccolti attorno al proprio vissuto professionale, ritenuto emendabile ma non modificabile. L’eccesso di competenza pone il docente al di sopra della teoria, rende gli strumenti programmatori delle semplici descrizioni delle prassi adottate sino ad ora (spesso peraltro molto utili e ben organizzate), non ritiene condizionabile questa “prassi consolidata” da innovazioni, mutamenti, né dall’irrompere della realtà. Le competenze eccessive fanno alzare le spalle su tutto ciò che è nuovo o meno nuovo, anche se non lo si conosce, nella certezza che la propria metodologia didattica sia insostituibile, collaudata e vincente. Tutta la problematica sulla valutazione si conclude nell’idea del docente italiano secondo cui la situazione ottimale è quello che permette al docente di valutare il “suo” alunno al di sopra di ogni oggettività.

 

Trame multiple[2]. I ragazzi di oggi sviluppano le proprie competenze all’interno di trame multiple. La televisione, che per mestiere segue l’evoluzione del costume sia quando questo prende strade positive che quando prende strade negative, ne è l’esempio più significativo, con i suoi telefilm che oggi naturalmente accompagnano la vita di sei/sette protagonisti, con interruzioni, flash back, ritorni, ricordi, simulazioni. Chi ricorda i vecchi telefilm delle serie “Bonanza”, “Ai confini della realtà”, “L’ora di Alfred Hitrchcok”, “Perry Mason” fino a “Star Treck” non faticherà a comprendere cosa si intenda per trama unitaria, dato che quei telefilm avevano un unico punto di vista e un unico spettro interpretativo. Oggi invece i telefilm si muovono su piani divergenti e complessi ed ogni serie contempla al suo interno altre possibili serie. Un caso molto interessante, in questo senso, è quello di C.S.I. (“Criminal Scene Investigation”) ambientato a Las Vegas e che poi ha “clonato” le serie di Miami e New York e lo ha fatto attraverso un viaggio dei poliziotti della scientifica di Las Vegas a Miami e poi di questi a New York, cioè attraverso la complicazione delle trame multiple (che hanno moltiplicato i telefilm, non solo i personaggi). Ma anche altri filoni, come i popolari “Desperate Housewives”, “O.C.”, “Sex and the City”, “Ally McBeal” basano la loro struttura narrativa su trame multiple, che spesso interagiscono e che a volte sono distanti tra loro.

        I docenti di oggi sono nati con una Tv che produceva telefilm a trama unica, i ragazzi di oggi vivono immersi in telefilm a trama multipla. Così come multipla è la loro vita, più di quanto lo sia stata la nostra. Per noi il tempo era uno scorrere semplice e stagionale, per loro è una serie di trame che si intersecano nella loro vita, molto più complessa e strutturata della nostra. E’ una prospettiva diversa e non minimale, che produce a cascata mutamenti sostanziali sulle strutture di percezione, di rielaborazione, di sistemazione, di archiviazione e sui meccanismi ordinativi della mente. Le azioni dei computer, che archiviano tutto attraverso file, sono molto più simili a quelle della nostra mente di quanto lo siano i quaderni, compilati da appunti minuziosi, e quasi sempre  dimenticati su qualche scaffale polveroso.

 

Se gli insegnanti rompono lo specchio.  La difficoltà nel rapporto tra insegnamento e apprendimento lo si vede in modo molto semplice con l’ingresso dei nuovi saperi nel mondo, ma non nella scuola. Il mondo si sta attrezzando per Cina, India, Geopolitica, Internet, ecc., la scuola no: è lenta, statica, ancora legata al solo Risorgimento italiano che non viene collegato al medioevo giapponese o cinese, appassionata di equazioni ma titubante con gli algoritmi, in estrema difficoltà se deve avviare un ragionamento sugli ideogrammi, nel complesso tiepida verso Internet e i computer, appassionata di quaderni, penne, didattiche omogenee. Spesso si accetta di individualizzare, perché questo vuol dire situarsi sugli obiettivi minimi e non sui saperi essenziali (che richiedono personalizzazione per il loro reale apprendimento). Nel complesso mostra difficoltà ad occuparsi della realtà che ci circonda, attratta da poesie e favole, da buoni sentimenti e descrizioni rassicuranti di un pianeta pieno di mari monti, bauxite e tungsteno. La scuola non è attratta dall’analisi dell’Iraq, ma dall’ingresso nello Specchio di Alice in cui la realtà si modella con forme sue proprie e non necessariamente attuali. Ma se lo specchio si rompe la scuola da quella fantasia non sa più uscire e quando affronta la realtà (dell’Iraq) lo fa con strumenti non efficaci, che convincono gli studenti di trovarsi di fronte all’ennesima favola.

I docenti spesso interrompono le trame multiple dei ragazzi cercando di costringerli alla trama unitaria. Ma, in questo, non sono seguiti e non sono capiti: stanno rompendo lo specchio del riconoscimento, per cui i ragazzi vivono la scuola come una delle tante trame e neppure la più essenziale. Nella scuola penetra poca realtà e – paradossalmente – questo la sta facendo diventare una sorta di reality, con un vissuto suo, procedure particolari e una giuria che predispone regole spesso inconsulte. D’altronde come si può attirare l’attenzione di chi vive dentro trame multiple con un’unica trama? Le competenze eccessive stanno diventando la tomba dell’innovazione e della ricerca e questo significa che lo specchio si è rotto. Quando i ragazzi al mattino lasciano la realtà entrano nella scuola come se questa fosse un reality e come dentro un reality finiscono per comportarsi.

 

Ricerca e innovazione. Se la competenza è eccessiva non hanno alcun senso la ricerca e l’innovazione.[3] La scuola che ha cercato di riformarsi si è scontrata contro il conservatorismo dei docenti e così si è assistito ad un inatteso regresso nell’innovazione e nella ricerca didattica.[4] Chi ha provato a fare ricerca didattica nella scuola sa le difficoltà cui si è trovato davanti.[5] L’eccesso di competenza nega la possibilità di ricercare e innovare perché la propria concezione di scuola sopravanza qualsiasi ricerca, innovazione, teoria. Gli insegnanti ancora oggi insegnano seguendo i programmi riformati negli Anni Settanta e Ottanta e che, quindi, non potevano tener conto di Internet, di Microsoft, della Cina, dell’India, di Gazprom, del Federalismo italiano, ecc. Questo attaccamento al passato non è acritico, ma è motivato e profondo: una volta acquisita una competenza quando questa diventa eccessiva non può più venir smontata. I programmi scolastici italiani sono il miglior esempio dello “spirito” gentiliano divenuto realtà: sono stati aboliti dalla legge, ma rimangono saldi nella prassi e nella mente, anche se credo quasi nessuna scuola italiana li abbia inseriti nel proprio Pof o li tenga a portata di mano. La scuola italiana troppo spesso insegna a memoria e progetta o programma riferendosi a ricordi.

L’eccesso di competenza non ha bisogno di trame ulteriori: basta a se stesso. Non interagire con le nuove generazioni comporta però solo un aumento di incomprensione: da un lato ci può essere l’insegnante che spiega ad alunni e genitori che lui ha insegnato correttamente, dall’altro lato ci possono essere genitori e alunni che constatano come mancano l’apprendimento, la motivazione, l’interesse. La competenza ha ecceduto: la nostra società oggi non ha bisogno di buoni insegnanti, ma di insegnanti i cui alunni apprendano. Con la possibilità che questo apprendimento venga anche verificato e certificato in forma oggettiva da qualcuno che non è l’insegnante stesso.


 

[1] Ruggero Toni, Il dirigente scolastico, Bruno Mondatori, Milano 2005, pag. 122. Toni cita Chris Argyris e Donald Schon, Organizational Learning. A Theory of Action Perspective, Addison Wesley, Massachusset 1978.

[2] Stece Johnson, Tutto quello che fa male ti fa bene, Mondatori, Milano 2005. Il libro parla di televisione e non di scuola, ma chiarisce nei dettagli il concetto di trama multipla e del suo sviluppo in questi anni.

[3] Il D.P.R. 275/99 ha introdotto in forma sostanziale nell’ordinamento scolastico il concetto di “Autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo” e pertanto ha aperto enormi possibilità anche strutturali. Finché l’innovazione, la  ricerca e lo sviluppo non implicavano possibilità di modifiche strutturali al sistema scolastico le scuole parevano interessate e possibiliste. Quando si è capito che con il DPR 275/99 si andavano a toccare anche classi di concorso, ordinamenti, materie, disciplini, allora tutto si è rallentato.

[4] Il Rapporto sulla scuola dell’autonomia 2004 ha impietosamente evidenziato che l’avvento dell’autonomia ha bloccato la ricerca e l’innovazione, chiudendo le scuole in un conservatorismo non immaginabile. Nel Rapporto, pubblicato da Armando e Luiss University Press, Roma 2004 si precisa: “L’epoca di maggiore avvio dell’attività di ricerca è precedente all’entrata in vigore del Regolamento dell’autonomia”, pag. 20. Il Rapporto certifica questa osservazione con un rendiconto quantitativo molto puntuale.

[5] Il Centro Interdipartimentale di Ricerca Didattica dell’Università di Udine, diretto per anni dalla prof. Marisa Michelini ed ora dalla prof. Nidia Batic ha sviluppato attraverso Borse di Ricerca Insegnanti e Progetti Collaborativi tra Scuola e Università percorsi di ricerca molto significativi, che hanno messo in luce elementi estremamente interessati, ma anche difficoltà oggettive delle scuole a svolgere attività di ricerca. Si veda, a cura di Marisa Michelini, Ricerche nella pratica della didattica per la formazione degli insegnanti, Forum, Udine 2003.


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