Per una scuola "trasparente"

di Anna Paola Sabatini

 

La tematica della valutazione è sempre di assoluta attualità nella scuola. Tuttavia la più recente cultura della "rendicontazione" che mira alla ricerca della qualità nei servizi pubblici, insieme all’avvio sperimentale dell’autonomia tende a spostarne l’ambito specifico e tradizionale dalla sola valutazione degli apprendimenti anche alla valutazione degli insegnamenti e dei processi che si realizzano all’interno della scuola.

Troppo spesso si sente ripetere che il sistema scolastico è, quasi per definizione, "autoreferenziale", ossia che non si lascia osservare, misurare e controllare. Il Censis stesso ha recentemente addebitato alla scuola italiana la mancanza di una vera e propria «etica del render conto», dovuta all’assenza di una cultura autovalutativa che porti a "misurare" quanto ogni singola scuola realmente produce. La recente evoluzione in campo amministrativo, contrassegnata da leggi quali la L. 142/’90 e la L. 241/’90 che introducono il principio della trasparenza, può quindi essere letta come tentativo di soddisfare queste domande di "trasparenza" e di buon rendimento delle attività pubbliche produttrici di beni e servizi il cui contenuto intrinseco è la "prestazione" e di cui anche la suola oggi fa parte.

Prima dell’emanazione della Carta dei Servizi non si avevano dubbi: l’utenza vantava un diritto alla prestazione, ma gli standard qualitativi di quest’ultima venivano definiti da norme interne, secondo criteri di discrezionalità stabiliti dall’amministrazione. In tal situazione la valutazione interna era quindi determinata dall’autoreferenzialità. In una società complessa, tecnologicamente avanzata, fortemente terziarizzata e sempre più esigente in ordine ai diritti delle persone e ad un ampliamento reale delle garanzie democratiche, un pubblico servizio deve però far fronte anche e soprattutto alla domanda sempre più mirata e qualificata degli utenti a cui è rivolto. Da questa esigenza di "rendere conto" attraverso il D.P.C.M. del 7 giugno 1995 viene quindi introdotta anche nella scuola la «Carta dei Servizi».

I punti cardine di questa evoluzione normativa possono essere ben riassunti in questo modo:

il primo è costituito da una maggiore attenzione alla domanda dell’utenza; il secondo dalla conseguente introduzione del concetto di soddisfazione del fruitore nell’ottica della "qualità totale"; il terzo dalla richiesta di capacità di proiezione esterna; il quarto dall’emergere dei concetti di efficacia ed efficienza, e quindi dall’impegno di realizzare la qualità del servizio di cui si diventa "responsabili" in prima persona; e infine dalla richiesta alle singole istituzioni scolastiche di mettere in pratica un’"etica dell’autovalutazione".

Tra gli elementi rilevati, in particolare, l’autovalutazione di Istituto rappresenta oggi uno strumento professionale prezioso per gli operatori scolastici, utile ad affrontare le sfide poste dalla radicale revisione del nostro sistema scolastico. Mentre, infatti, prima dell’emanazione del «Regolamento per l’autonomia delle istituzioni scolastiche» c’era comunque un certo limite di garanzia delle prestazioni dato dal curricolo stabilito in maniera identica per tutti a livello nazionale, oggi, invece, ogni scuola avendo guadagnato, seppure ancora in via sperimentale, ampi spazi di decisionalità sia sotto il profilo organizzativo che didattico, deve farsi essa stessa garante del diritto dell’utenza ad una prestazione di qualità. Il nuovo spazio decisionale delle scuole comporta, dunque, la capacità da parte dei suoi operatori di dotarsi di strumenti di controllo del proprio operato sul piano educativo e organizzativo, fortemente centrato sulla responsabilità dei servizi offerti, prima ancora che sugli esiti formativi ottenuti da tali servizi.

In questa direzione l’assunzione di responsabilità da parte di ogni singola scuola in merito alla qualità dei processi formativi erogati e dei risultati ottenuti, concretizzata nella messa in atto di un percorso autovalutativo e nell’elaborazione di un rapporto di valutazione, rappresenta un nuovo fattore di forte legittimazione nei confronti dell’utenza e degli interlocutori esterni. In questo modo, la scuola si fa carico del proprio lavoro e ne "rende conto" ai soggetti interni ed esterni, potenziando così la sua natura professionale e la propria autonomia decisionale.

In questo contesto è bene osservare come dall’esperienza ministeriale del «Progetto Qualità», che aveva tra gli altri obiettivi proprio quello di «diffondere la cultura del "controllo"» dei servizi erogati, sia già nato, attraverso la C.M. 403/’97, uno specifico «Servizio Nazionale per la qualità dell’istruzione», al quale tra i diversi compiti è stato assegnato proprio quello di fornire alle scuole «strumenti metodologici adeguati per promuovere la capacità di autovalutazione».

La necessità di progettare interventi di controllo, autoanalisi e autovalutazione nasce dalla constatazione che, nella realizzazione del servizio progettato, a determinare la qualità prodotta intervengono molte variabili mai pienamente rispondenti a quanto previsto. Anche se la progettazione è stata particolarmente puntuale e ha tenuto in debito conto sia le condizioni operative concrete che la possibilità dell’insorgere di imprevisti, la produzione/erogazione del servizio deve essere attentamente verificata. Ecco perché diventa necessario estendere l’attenzione dalla sola analisi e valutazione degli esiti in termini di apprendimento degli alunni, a quella del processo negli elementi dei diversi fattori, attività e interazioni che concorrono alla produzione/erogazione del servizio scuola. Il conseguimento dell’obiettivo di un ipotetica commissione per la qualità , che è quello di produrre un miglioramento del servizio offerto, dovrà quindi prendere le mosse da una ricognizione di massima di tutti gli aspetti delle attività della scuola per individuare quelli su cui focalizzare l’analisi e, quindi, orientare quest’ultima alla comprensione dei fenomeni indagati, per disporre di un punto di partenza adeguato su cui innestare l’azione migliorativa. Il progetto di autoanalisi, anzitutto, dovrà perciò selezionale gli "indicatori" di qualità più rilevanti sui quali procedere con la raccolta e l’organizzazione delle informazioni, che potrebbero ad esempio essere concretamente rappresentati dai criteri usati per la formazione delle classi; dal rapporto in ogni classe tra alunni in situazione di handicap o appartenenti a culture diverse e i normodotati; dalla strutturazione degli spazi; dagli eventuali accordi di integrazione tra scuola e territorio; dal clima del rapporto tra gli insegnanti; dai criteri di formazione dei "gruppi di insegnamento"….. Ad ogni modo, malgrado gli esempi fatti, il campo delle variabili che possono essere considerate è molto ampio. Si tratta per questo di scegliere e, soprattutto, di imparare a mettere in relazione le misure tra loro e con i fenomeni che si vogliono indagare.

Terminata l’analisi si disporrà di una serie di informazioni organizzate che misurano o descrivono le prestazioni della scuola: i risultati degli allievi, il servizio offerto, le attività realizzate…….; e misurano o descrivono altresì le risorse esistenti e il loro utilizzo: personale, strutture, strumenti….. Bisognerà a questo punto usare le informazioni raccolte per capire se effettivamente il servizio scolastico offerto risponde ai requisiti di qualità precedentemente stabiliti, e resi noti all’utenza attraverso la Carta dei Servizi e il Piano dell’Offerta Formativa,; se funziona più o meno bene; se è possibile migliorarlo. Per quanto riguarda i criteri in base a cui valutare l’efficacia dei risultati ottenuti o l’efficienza del modo in cui sono state organizzate e realizzate le attività, le scuole italiane possono oggi disporre di adeguati standard di riferimento, stabiliti a livello nazionale dall’ «Istituto Nazionale per la valutazione del sistema di istruzione» nato dalla trasformazione del CEDE con il recentissimo D.L. 20/’99. Questa nuova istituzione fornirà dunque i criteri generali di qualità del servizio in base ai quali ogni scuola potrà definire i propri specifici; fornirà, poi, l’indicazione di finalità e obiettivi e anche qualche indicazione su quale grado di avvicinamento ad essi debba essere ritenuto soddisfacente. Tutto questo nel rispetto delle indicazioni offerte dal "Regolamento per l’autonomia delle istituzioni scolastiche".

Un primo punto di partenza per l’autovalutazione delle singole istituzioni scolastiche è quindi dato dal fatto che l’autoanalisi permette di costruire una rappresentazione della scuola e del suo operato che, proprio perché fondata sulla rilevazione di dati obiettivi, non coincide o coincide solo parzialmente con la percezione che gli operatori interni ne hanno. Questo accorgersi da parte del corpo docente che esiste un divario tra gli obiettivi prefigurati e la realtà effettiva delle cose costituisce già una prima forma di valutazione. Dal momento che gli operatori avranno precedentemente declinato la "qualità attesa" in obiettivi cui l’erogazione del servizio avrebbe dovuto rispondere, il confronto tra la realtà effettiva e questi ultimi potrà quindi essere sviluppato in modo puntuale, pertinente e produttivo.

È pur vero che questa prima forma di autovalutazione è ancora "autoreferenziale", poiché sono gli stessi elementi che erogano il servizio a valutarlo; malgrado ciò se questi conducono la valutazione con metodo, al fine di stabilire cosa funziona e cosa no per migliorarlo, e non invece con lo scopo di "scovare il colpevole", questa operazione potrà sfuggire al rischio di trasformarsi in una frettolosa autogiustificazione. Oltre a ciò, l’autoanalisi, attraverso gli strumenti offerti dalla Carta dei Servizi quali questionari, interviste e sondaggi da proporre all’esterno, dovrebbe poi essere riuscita ad indagare anche quali valutazioni esprimono sul servizio i suoi referenti esterni. Queste ultime, infatti, rappresenterebbero il necessario punto di vista esterno che integrato agli elementi rilevati dall’analisi dei fattori dall’interno della scuola e agli elementi rilevati dal Servizio Nazionale di Valutazione, conduce ad una valutazione maggiormente attendibile. È chiaro che in un’ottica di autovalutazione il più possibile obiettiva i contributi "esterni" non dovranno certamente essere percepiti nella logica della sanzione o della rivalsa, ma in quella della corresponsabilità, della collaborazione, dell’intesa tra coloro che hanno stipulato un «Contratto formativo». L’autovalutazione dell’efficacia e dell’efficienza della scuola non ha, tra l’altro, lo scopo di assolverla o di condannarla, ma di aiutarla a conoscersi e offrire così un quadro di riferimento all’azione.

La valutazione dell’efficacia e dell’efficienza dell’operato della scuola condotta a partire dai risultati dell’autoanalisi consente così di giungere ad una descrizione dei "punti di forza" della scuola, degli elementi che ne sostengono la qualità, e dei suoi "punti di debolezza", ossia di quei fattori che ne limitano la qualità o non le consentono di produrla. Una chiara consapevolezza dei punti forza consentirà di capire su cosa è possibile far leva per migliorare la qualità del servizio o per farla percepire più adeguatamente. La conoscenza dei "difetti" indicherà, invece, su che cosa occorre intervenire. Lavorando sulla lista dei difetti occorrerà individuare quelli che rappresentano un reale ostacolo per la qualità del servizio e costituiscono per questo un problema che deve essere risolto. Una volta individuati i difetti da eliminare e averli contestualizzati è poi importante capire perché si verificano. L’individuazione di quei particolari tipi di relazione che sono i rapporti di causa-effetto consentirà, infatti, intervenendo sulle cause, non solo di rimediare alle effetti indesiderati, ma di evitare che esse si ripresentino.

Possiamo dunque concludere il nostro discorso osservando come procedere all’autovalutazione dell’Istituto significhi anzitutto esaminare attentamente processi e dati che misurano i risultati reali e gli scostamenti rispetto a quelli attesi e quindi acquisire gli elementi per confermare le scelte fatte o per costringere a rivederle. Inoltre, la valutazione dei risultati serve a stabilire se l’intervento realizzato ha davvero risposto adeguatamente ai bisogni che si intendeva affrontare e risolvere; suggerisce spunti per integrare l’azione con altri interventi che ne rafforzino l’efficacia complessiva o per mettere a fuoco altri problemi che interferiscono con essa ostacolandone la realizzazione o limitandone l’efficacia. Ancora, l’autovalutazione di Istituto è essenziale per stabilire se le soluzioni adottate funzionano e possono perciò essere applicate stabilmente o su larga scala; per riconoscere le condizioni alle quali sono realmente efficaci o anche di quali adattamenti hanno bisogno per essere traslate in diversi contesti.

Tutto ciò invita però a tenere conto sia del fatto che il mancato raggiungimento di un unico obiettivo non debba decretare l’inefficacia assoluta del programma, sia della possibilità di aver raggiunto a tal punto i risultati previsti da evidenziare un’eccessiva modestia degli obiettivi, che devono conseguentemente essere spostati più in alto.

Il punto di partenza della qualità nella scuola dell’autonomia è dunque costituito dall’autoanalisi e dall’autovalutazione dell’efficacia e dell’efficienza del servizio erogato da ciascuna scuola, e quindi delle scelte decisionali "autonomamente" effettuate. Le strategie autovalutative divengono così lo strumento con cui ogni scuola interrogando se stessa, il proprio funzionamento e i propri referenti esterni può riconoscere la sua peculiarità e i suoi difetti, ponendovi conseguentemente rimedio.



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