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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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I VALORI IN GIOCO:
il diritto di tutti alla cultura

di Giancarlo Cerini

La scuola vive il generale clima di incertezza che sembra avvolgere le vicende pubbliche e private di ciascuno di noi in questo autunno così lungo da "passare". Non è facile dar seguito alla impegnativa indicazione di Umberto Eco, dalle pagine di "Repubblica", quando richiama l’insostituibile ruolo della scuola nel "dare forza" alla "ragione": "E’ proprio nei momenti di smarrimento – afferma Eco – che bisogna saper usare l’arma dell’analisi e della critica, delle nostre superstizioni come di quelle altrui. Spero che di queste cose si discuta nelle scuole e non solo nelle conferenze stampa".

E’ da queste speranze che dobbiamo ripartire per dare un senso all’impegno quotidiano nella scuola ma anche alle prospettive di riforma e cambiamento. Agire localmente (nella propria classe), pensare globalmente (per la propria scuola, per il proprio paese e oltre) è un binomio che sta al centro dell’azione professionale degli insegnanti e che oggi appare sempre più indispensabile.

E’ quanto mai necessario riprendere il dibattito sul ruolo della scuola nel nostro paese, per capire in quale direzione si vuol fare evolvere il nostro sistema formativo. E’ pur vero che sono al lavoro commissioni di studio (dal gruppo dei 6 saggi coordinati da Bertagna, al gruppo "valutazione" presieduto da Elias, al recente mini-gruppo sulla deontologia professionale), ma l’elaborazione appare alquanto esoterica e comunque ristretta ad una cerchia troppo limitata di addetti ai lavori (ma non era questa una delle critiche più stringenti mosse al "metodo Berlinguer"?). Le prime indiscrezioni, poi, sembrano poco rassicuranti, Ma, soprattutto, manca la voce della scuola: quando sarà possibile intervenire in maniera chiara e aperta sulle nuove ipotesi?

Le preoccupazioni non mancano. Perché, di fronte alle dichiarazioni di principio del nuovo Ministro (che sembrano "volare alto", sul ruolo "strategico" della formazione, sull’efficienza e qualità della scuola, sulla valorizzazione del merito, per ragazzi ed insegnanti) sta la pesantezza degli atti concreti (il "blocco" di curricoli e riforme, la critica al "monopolio" (!?) dello Stato, il ridimensionamento delle risorse e l’appesantimento delle condizioni di lavoro degli insegnanti, nella legge "finanziaria").

E poi, anche sull’idea di scuola, le ipotesi che stanno affiorando non convincono. Il rischio è quello, ben visibile nelle anticipazioni della Commissione Bertagna (sui nuovi cicli), di una scuola che torna a dividere precocemente, che torna indietro a separare a 14 anni i destini sociali dei cittadini e imbocca la scorciatoia della canalizzazione precoce (mediante una "selezione orientativa" già negli ultimi anni delle medie). Avremo due modelli di scuola, e quindi, di società, di cittadino: da un lato, quelli con strumenti culturali, gli alfabetizzati che hanno frequentato una scuola seria (non più del 15-20 % che "decide"); dall’altro, i futuri consumatori inconsapevoli, i lavoratori a bassa professionalità, quelli che la scuola la frequenteranno –tutt’al più- per socializzare. Si dice che bisogna tenere insieme "eccellenza e solidarietà" : ottima idea, ma la solidarietà può tramutarsi facilmente in opera di contenimento e di socializzazione, quando non in "carità pelosa" per "chi è rimasto indietro". La solidarietà può nascondere un atteggiamento di disimpegno sul piano della proposta culturale e didattica della scuola, con riflessi deprimenti sul versante dell’apprendimento dei ragazzi. Tanto potranno bastare le 3 miracolose "i" per la "formazione del capitale umano", una formazione schiacciata sull’"utile", ma allora:

l’inglese potrebbe ridursi alla "educazione di futuri acquirenti on line …limitandosi…a impartire rudimenti di basic english illetterato";

l’informatica sarebbe vista come "capacità di utilizzare un computer e di navigare in rete tra una pubblicità e l’altra";

l’impresa come orizzonte, quasi con "la pretesa che la scuola possa e debba garantire competenze immediatamente e automaticamente spendibili sul mercato del lavoro".

Le frasi virgolettate di critica le abbiamo desunte dal documento (luglio 2001) di Nova Spes, un gruppo che pure si dichiara vicino alle posizioni del nuovo ministro. Possiamo condividere di quel documento l’idea di una formazione che assicuri "cultura generale, flessibilità dell’intelligenza e acume critico", lontana dalle assillanti pressioni del mercato, capace di "trasmettere il piacere della conoscenza disinteressata, la gioia profonda che una scoperta intellettuale offre nell’avventura dell’apprendere".

Ma queste erano, magari dette con altre parole, le medesime affermazioni più volte esposte nei documenti dei criticatissimi saggi "dell’Ulivo", quando essi ricordavano ai docenti "il gusto per l’insegnamento, il senso morale, il piacere che viene dal far conoscere, far discutere, far costruire sapere" e chiedevano che la scuola diventasse "un luogo di vita e di apprendimento per docenti e studenti" (Documento Maragliano,1997).

Questa idea di scuola ricca, come laboratorio di ricerca, come ambiente di benessere e di relazioni, è per noi il parametro su cui commisurare le scelte concrete su:

l’autonomia (che oggi rischia di fermarsi, per mancanza dei curricoli, dell’organico funzionale, della riforma degli organi collegiali);

la valorizzazione della professionalità (che è palesemente contraddetta dalla richiesta di un servizio sempre più "sociale" agli insegnanti e dalla assenza di ogni idea sulla loro crescita e promozione, se non la minaccia di una "valutazione" punitiva);

il federalismo, che deve tradursi in decentramento, in responsabilità, in trasparenza, e non in una "devoluzione" che assomiglia troppo al localismo, alla privatizzazione, all’impoverimento di risorse e di valore della scuola per tutti.

A ben vedere si tratta di rischi che contraddicono palesemente i principi fondamentali della nostra Costituzione, là ove si afferma (all'art. 3) l'impegno delle istituzioni a rimuovere gli ostacoli che si frappongono ad una piena uguaglianza tra i cittadini. Altro che monopolio dello Stato! E’ invece necessario richiamare la Repubblica (in tutte le sue articolazioni, a partire dal Ministro all’istruzione) ai compiti costituzionali di assicurare il più alto livello di formazione a tutti i cittadini, in tutti i contesti territoriali, con ampie garanzie di pluralismo culturale e di libertà.

Molti di questi temi sono stati ripresi in un documento di discussione sul futuro della scuola ("Il diritto di tutti alla cultura") diffuso dal CIDI (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti) il 15 ottobre 2001, che ci piace riportare integralmente.

 

IL DIRITTO DI TUTTI ALLA CULTURA

La scuola che vogliamo contribuire a costruire

Il difficile passaggio che oggi tutti noi, donne e uomini di questo Paese, dell’Europa, del mondo, stiamo percorrendo, impone a ciascuno di ripensare ai possibili sviluppi dei sistemi di istruzione cui è affidato il compito di educare le future generazioni.

È questo un pensare impegnativo - che non può risolversi in un discorso tra soli addetti ai lavori né soggiacere a logiche e a interessi di parte - chiamato a orientarsi a un disegno di alto respiro culturale e politico.

Non è impresa facile occuparsi con coerenza e competenza di uno dei nodi più complessi, complicati ed essenziali della moderna società.

È una impresa alla quale vogliamo portare anche il nostro contributo che nasce da una esperienza trentennale di lavoro individuale e collettivo, nella scuola e per la scuola, e che sottoponiamo al vaglio e al contributo degli insegnanti e di quanti, singoli cittadini, organismi, enti, associazioni, intendono occuparsi del futuro del sistema di istruzione e di formazione del nostro Paese; con nessun altro intento che di porre sul tappeto, nel rilievo che meritano, le questioni -certamente non tutte- e le possibili soluzioni, forti dei principi di democrazia quali sono espressi nella nostra Costituzione e nella Carta dei diritti universali.

Il documento che segue si rivolge a tutti coloro che ritengono che la scuola debba continuare a rappresentare un fattore attivo nel «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Vuole essere una base per un lavoro da costruire insieme

1. Per una scuola della cittadinanza e della democrazia

Non vi può essere democrazia senza donne e uomini che possiedano gli strumenti e la consapevolezza necessari per farla vivere e crescere

· Cresce il bisogno di scuola. In una società sempre più complessa e mondializzata, l’aumento straordinario delle conoscenze in ogni settore del sapere, lo sviluppo delle tecnologie, incrementano, per i singoli e per la comunità, il bisogno di istruzione e formazione e pongono la necessità di rafforzare quei valori su cui si fonda la convivenza democratica: libertà, uguaglianza, giustizia, solidarietà, diritti, partecipazione, condivisione, responsabilità.

Cresce dunque il bisogno di scuola: non vi può essere democrazia senza donne e uomini che possiedano gli strumenti e la consapevolezza necessari per farla vivere e crescere.

La scuola deve formare persone in grado di pensare criticamente, di conquistare una disciplina mentale che rifiuti le certezze affrettate e il pensiero semplificato

· La cultura è sempre più una risorsa indispensabile per il singolo e per la società. La scuola rappresenta l’istituzione a cui il patto costituzionale affida una rilevante responsabilità nel compito di elevare il livello culturale del Paese.

Nel diritto/dovere alla cultura di tutti e di ciascuno la scuola fonda il suo principio basilare: quello di formare persone in grado di pensare criticamente, di avere conoscenze e strumenti di interpretazione, di conquistare una disciplina mentale che rifiuti le certezze affrettate e il pensiero semplificato. Coerentemente con i principi che lo ispirano, tale progetto educativo dovrà porsi l’obiettivo di formare i "cittadini del mondo", vale a dire donne e uomini capaci di confrontarsi costantemente con gli altri, di mettere in comune i vari punti di vista, di valorizzare le differenze, nel dialogo e nel rapporto con altre storie e altre culture.

È fondamentale sostenere una scuola in cui le condizioni socio-culturali di partenza risultino sempre meno determinanti per il raggiungimento dei più alti livelli di istruzione: un sistema di istruzione non può essere assistenziale per alcuni ed elitario per altri

· Diventa fondamentale che al diritto/dovere all’istruzione possa corrispondere realmente, per tutti, il raggiungimento di quel livello di formazione culturale profonda e duratura, indispensabile oggi per vivere, lavorare, continuare ad apprendere nel corso della vita.

Affinché questo obiettivo risulti possibile è necessario che non si interrompa l’esperienza scolastica nell’età in cui il consolidamento culturale non sia ancora pienamente realizzato.

La formazione specialistica anticipata è caratteristica di profili professionali rigidi; ma nella società della conoscenza il lavoro tende a incorporare sempre più competenze culturali di base, senza le quali le professionalità raggiunte risultano deboli e sfavorevoli per i singoli e per lo stesso mondo produttivo.

Il differenziare precocemente i percorsi formativi, inoltre, metterebbe in discussione il ruolo della scuola come luogo di "decondizionamento sociale". Al contrario resta fondamentale che le istituzioni del nostro Paese si impegnino per sostenere una scuola pubblica in cui le condizioni socio-culturali di partenza risultino sempre meno determinanti per il raggiungimento dei più alti livelli di istruzione.

Così come è fondamentale garantire l’attendibilità della certificazione dei risultati raggiunti attraverso esami di stato svolti con modalità tali da renderli riconoscibili anche a livello europeo.

 

2. Al centro della scuola

La scuola guarda alla persona nella sua identità, con i suoi ritmi di apprendimento e le sue peculiarità cognitive e affettive

· La centralità del soggetto che apprende, il dare a tutti conoscenze durevoli sono aspetti decisivi su cui si misura la qualità e l'efficacia del sistema di istruzione.

La centralità del soggetto che apprende, con la sua individualità e con la rete di relazioni che lo legano alla famiglia e ai diversi ambienti sociali, culturali, territoriali è un principio educativo della scuola. La scuola guarda alla persona nella sua identità, con i suoi ritmi di apprendimento e le sue peculiarità cognitive e affettive, per farsi capace di portarla il più vicino possibile alla acquisizione piena delle competenze da raggiungere attraverso il percorso di istruzione.

 

e sviluppa l’acquisizione di cognizioni essenziali con effetti durevoli attraverso il coinvolgimento consapevole di chi apprende

 

E’ una sfida che ridisegna i confini del sapere della scuola

· La scuola è chiamata prioritariamente a sviluppare l’acquisizione di cognizioni essenziali che durino nel tempo e a far comprendere la loro importanza.

E’ una sfida che ridisegna i confini del sapere della scuola. Un sapere essenziale e scientificamente fondato che sappia essere "contemporaneo" senza perdere lo spessore della memoria. Un sapere capace di confrontarsi con nuove discipline e con le tecnologie dell’informazione; capace, al tempo stesso, di vivere della forza e della ricchezza della nostra tradizione culturale.

Un sapere, infine, che interpreti ogni dimensione della riflessività, creatività, espressività umana.

Saperi e conoscenze che diventano efficaci e persistenti proprio perché vengono proposti in modo che chi apprende ne sia coinvolto, ne percepisca la rilevanza in vista delle scelte e degli studi successivi, per costruire il proprio progetto di esistenza, per essere in grado di tornare al patrimonio consolidato di conoscenze utilizzandole e ampliandole nel corso della vita.

La scuola deve proporsi come luogo della consapevolezza in cui l’esperienza quotidiana, il senso comune, l'apprendimento spontaneo, televisivo, elettronico, si incontrino con la valenza formativa delle discipline: è questa una lunga, lenta e fondamentale esperienza conoscitiva che tutti devono poter incontrare e percorrere in modo compiuto, per consolidare gli alfabeti, i linguaggi e quelle competenze culturali che possono sorreggerli e renderli soggetti attivi della democrazia.

L’esperienza dell’apprendere rappresenta il fondamento dell’esperienza scolastica

· Apprendimento e socializzazione, conoscenza riflessiva ed emozioni non sono elementi da contrapporre: c’è uno specifico scolastico, significativo ma non totalizzante, che li fa dialogare in un equilibrio continuamente ricostruito.

L’esperienza conoscitiva, infatti, non è una delle tante funzioni della scuola da affiancare ad altre o, talmente forte, da escludere le altre: rappresenta il fondamento dell’esperienza scolastica attorno al quale si costruiscono e si intrecciano le altre dimensioni dello stare a scuola.

   
 

3. Dal programma al curricolo

Le discipline di studio vanno pensate come "campi di significato" per acquistare un senso personale e tradursi in operatività

· L’elemento cruciale per l'apprendimento e per la motivazione all'apprendimento è dato dalla qualità delle esperienze che insegnanti e studenti realizzano in relazione alle aree di studio. I saperi offrono i materiali dell'imparare, ma acquistano significato (e praticabilità, anche operativa) in rapporto al loro collocarsi dentro il tessuto delle diverse forme linguistiche e delle strutture teoriche: di qui la centralità dell'epistemologia propria di ogni area di sapere, che fornisce alcune delle coordinate di riferimento per l'approccio didattico.

Le discipline di studio vanno dunque pensate come "campi di significato" che debbono fornire un orizzonte intersoggettivo ma anche acquistare un senso personale e tradursi in operatività, diventando l’elemento portante dei curricoli. È un processo che cerca di mettere a sistema variabili e risorse dell’insegnare e dell’apprendere (da quelle umane a quelle culturali, a quelle materiali) cercando di leggere l'intreccio non lineare che le connette e rispettandone gli elementi distintivi e le qualità specifiche.

Al centro della scuola si pone il processo di insegnamento/ apprendimento per evitare che vengano privilegiati gli aspetti "aggiuntivi" dell’offerta formativa e per promuovere l’idea di una scuola che ricerca, sperimenta, lavora sui percorsi curricolari

· Al centro della scuola si pone il processo di insegnamento/ apprendimento per evitare che vengano privilegiati gli aspetti marginali e aggiuntivi dell’offerta formativa.

Per promuovere, in questa direzione, il rinnovamento della scuola e dei suoi contenuti, è importante sostenere l’idea di una scuola che ricerca, sperimenta, riflette, lavora sui percorsi curricolari.

La scuola del curricolo è una istituzione capace

-di costruire un ambiente didattico (con una adeguata combinazione di tempi, spazi, strumenti) che aiuti bambine e bambini, ragazze e ragazzi a incontrare gradualmente (passando dai campi di esperienza, agli ambiti, alle discipline), il sapere "adulto";

-di entrare nel merito delle scelte culturali e didattiche che connotano i compiti formativi essenziali per ogni scuola;

-di ricercare il percorso curricolare adeguato, di analizzare il rapporto fra i contenuti culturali e i ritmi e gli stili di apprendimento di bambini e ragazzi;

-di guardare i loro interessi e le loro esperienze, di scegliere le metodologie e gli strumenti più efficaci;

-di valutare i risultati, di riconoscere difficoltà e progressi.

È una scuola che matura competenze riflettendo e confrontandosi sul lavoro che svolge e che non perde di vista lo scopo per cui esiste: quello di promuovere il più alto livello di apprendimento per ciascun allievo.

Si devono definire le specificità e i traguardi che caratterizzano i diversi livelli di scuola e costruire gli elementi di raccordo che ne garantiscano l’unitarietà: il percorso scolastico come lungo viaggio-avventura "dai problemi ai problemi"

· La coerenza del curricolo progressivo è determinante per prefigurare un percorso di istruzione che, definendo le tappe relative allo sviluppo formativo, accompagni l’allievo dalla scuola dell’infanzia alla conclusione dell’intero ciclo scolastico.

I rischi della frantumazione e della non sufficiente significatività di tale percorso possono essere superati attraverso il potenziamento della dimensione unitaria del progetto di scuola dai tre ai diciotto anni.

Ciò comporta la definizione delle specificità e dei traguardi che caratterizzano i diversi ordini di scuola: i livelli di apprendimento relativi alle fasce di età e le "tappe" del curricolo verticale e progressivo (dall’arricchimento dell’esperienza del bambino fino alla conquista graduale del mondo organizzato dalle discipline); e comporta la definizione degli elementi di raccordo che ne garantiscano l’unitarietà: il percorso scolastico come lungo viaggio-avventura "dai problemi ai problemi", utilizzando come veicolo i saperi disciplinari. Un percorso che costruisca l’enciclopedia di ogni studente, e in cui la "scomposizione" del sapere venga continuamente "ricomposta" nella problematicità dell’esperienza stessa; in modo tale che la scoperta delle discipline avvenga contemporaneamente alla costruzione della consapevolezza della unitarietà del sapere.

Il percorso verticale dell’istruzione potrebbe essere anche riletto come il lento e lungo percorso dalla sicurezza del bambino, centrata sulla certezza semplificatrice, fino alla sicurezza dell’adulto, centrata sulla capacità di convivere e governare spazi di incertezza.

L’itinerario dell’istruzione come itinerario della consapevolezza.

È questo un lungo lavoro di mediazione culturale, avviato da decenni dal mondo della scuola e della ricerca, che ha bisogno di essere riconosciuto, valorizzato e sostenuto da un quadro di certezze istituzionali..

 

4. Gli insegnanti come risorsa fondamentale

Comportamenti professionali e trasformazioni dei sistemi di istruzione si influenzano vicendevolmente

· Non vi può essere rinnovamento della scuola senza coinvolgimento pieno dei docenti: comportamenti professionali e trasformazioni dei sistemi di istruzione si influenzano vicendevolmente. È fondamentale quindi che le riforme siano condivise dentro e fuori la scuola, così come è fondamentale investire nella professione docente attraverso scelte politiche coerenti con le riforme che si vogliono attuare.

La partecipazione dei docenti ai processi di riforma passa attraverso la valorizzazione della loro professione

 

Gli insegnanti sono i professionisti dell’insegnamento-apprendimento che operano per un progetto formativo condiviso, all’interno di un progetto generale, nazionale

 

La deontologia della professione docente si definisce nell’intreccio tra libertà, responsabilità e norme

· La partecipazione dei docenti ai processi di riforma passa in primo luogo attraverso la valorizzazione della loro professione.

Sul "mestiere" dell’insegnare va superata la contrapposizione tra una idea di «libera professione» e una opposta di "attività impiegatizia". Entrambi gli approcci non colgono la specificità di un lavoro, difficilmente confrontabile con altri.

Come in tutte le professioni, il lavoro degli insegnanti presenta forti tratti di autonomia decisionale e progettuale e un alto grado di responsabilità. Ma gli insegnanti esercitano la loro libertà all’interno di un progetto condiviso e sulla base di regole, indicazioni, finalità stabilite da leggi, regolamenti, ordinamenti, e dalla stessa Costituzione. È da questo insieme di norme che viene definito l’ambito della autonomia professionale e della libertà di insegnamento.

L’insegnante è un professionista libero (di manifestare il proprio pensiero, di fare scelte culturali, di decidere i percorsi di apprendimento più adeguati per gli allievi, di ricercare gli strumenti e le strategie di insegnamento più efficaci), ma deve tener conto, per la funzione che svolge, delle indicazioni, degli obiettivi e delle finalità stabilite, appunto, da leggi, ordinamenti, Costituzione.

È dunque nell’equilibrio, sempre da ricostruire, tra libertà, responsabilità e norme che va individuata la deontologia della professione docente.

L’idea che l’insegnante sia professionista all’interno di un progetto fa emergere, del lavoro, sia la dimensione intellettuale, legata alla qualità della prestazione, sia la dimensione collegiale: gli insegnanti sono i professionisti dell’insegnamento-apprendimento che operano insieme –individualmente e collegialmente - per un progetto formativo condiviso, all’interno di un progetto generale, nazionale.

I criteri e i meccanismi di selezione e di reclutamento degli insegnanti dovranno corrispondere ai principi generali cui si ispira il nostro sistema scolastico

· I criteri e i meccanismi di selezione e di reclutamento degli insegnanti dovranno corrispondere ai principi generali cui si ispira il nostro sistema scolastico: principi generali che garantiscono la tenuta democratica e unitaria del sistema stesso. Tali criteri e meccanismi non possono essere stabiliti dalle singole Regioni o da un principio di "affinità" o di "appartenenza" a un particolare progetto formativo: l’offerta formativa della scuola si costruisce, infatti, attraverso un delicato intreccio di interessi e motivazioni – per l’appunto di famiglie, studenti, territorio – ma sempre in coerenza con le finalità e gli obiettivi del sistema di istruzione e dentro paradigmi culturali definiti a livello nazionale.

Il profilo professionale si costruisce nell’incrocio di grandi aree di competenza

· Il profilo professionale così delineato si costruisce nell’incrocio di quattro grandi aree di competenza:

-competenze disciplinari aggiornate alla cultura del novecento: padronanza del proprio sapere disciplinare, consapevolezza dei nuclei centrali delle discipline e delle loro aree di confine;

-competenze relative alla mediazione culturale: capacità di utilizzare le discipline a seconda dei livelli di scolarità, capacità di progettazione educativa e metodologico-didattica;

-competenze psicopedagogiche e relazionali;

-competenze organizzative che si esprimono da un lato nelle attività relative al progetto educativo e dall’altro nel loro coordinamento.

Unicità della funzione docente significa che la specificità della professione è quella dell’insegnamento-apprendimento

· L’insieme di tali competenze identificano una figura professionale cui va riconosciuta l’unicità della funzione.

Ciò significa che la specificità della professione è quella dell’insegnamento-apprendimento. Specificità che, in rapporto ai diversi ordini di scuola, si arricchisce e si articola per corrispondere ai bisogni e alle caratteristiche delle diverse tappe di scolarità.

Nel quadro dell’unicità della funzione è importante riconoscere un aspetto dinamico della professione docente rappresentato dalle varie articolazioni del lavoro e dall’assunzione di responsabilità, determinanti per la qualità del "fare scuola", e finalizzate al miglioramento dell’attività di insegnamento/apprendimento.

Le istituzioni scolastiche come centri autonomi di ricerca, sperimentazione, progettazione

 

Alle scuole servono servizi e supporti sul territorio

· Il terreno da privilegiare per il lavoro individuale e collegiale è quello della ricerca e della sperimentazione metodologica, disciplinare e didattica, in funzione delle quali andrebbero pensati l’assetto organizzativo, gli spazi e i tempi della scuola: le istituzioni scolastiche come centri autonomi di ricerca, sperimentazione, progettazione.

Questo dovrebbe essere il criterio anche per ripensare la formazione in servizio. Agli insegnanti, per crescere professionalmente, non servono i grandi piani nazionali di aggiornamento costruiti con logiche che non rispondono ai loro bisogni. Servono servizi e supporti di vario tipo: centri di documentazione, biblioteche e laboratori, luoghi di coordinamento e raccordo della ricerca e della riflessione sulla didattica dove possano avvenire scambi, confronto tra scuole, dove si possano trovare consulenze qualificate.

5. L’integrazione dei sistemi dell’istruzione e della formazione professionale
per garantire un pieno diritto/dovere alla cultura

· Negli ultimi anni è cresciuta l’esigenza di garantire a tutti, "lungo l’arco della vita", il diritto/dovere alla istruzione e alla formazione.

È in corso un complesso dibattito sulla funzione dell’istruzione e della formazione professionale e sul loro rapporto.

Tra istruzione e formazione professionale esistono differenze tali da rendere non alternativi questi percorsi; essi rappresentano semmai esperienze formative complementari. Non quindi formazione alternativa ma formazione in alternanza (in copresenza/intreccio e/o in successione).

In questo senso va ribadita la centralità della scuola nella fascia del diritto/dovere all’istruzione, mentre il periodo appena successivo a tale età (16÷18 anni) costituisce il tempo del "confine", dell’intreccio e della contaminazione tra i sistemi formativi. In questi anni si aprono varie possibilità: alcuni ragazzi proseguono gli studi; altri possono interrompere o "sospendere" il percorso di istruzione (da riprendere magari in età successiva) per iniziare una esperienza lavorativa, completando il diritto/dovere formativo o attraverso la formazione professionale o nell’istituto dell’apprendistato; altri possono scegliere di intrecciare i percorsi.

Nella formazione per tutto l’arco della vita, nel "tempo del lavoro", occorre costruire un ruolo attivo della scuola rispetto alle esigenze di rialfabetizzazione e riqualificazione/riconversione professionali.

· Alla scuola spetta la responsabilità di garantire a tutti un’esperienza conoscitiva compiuta per costruire e consolidare le basi e le competenze culturali che, in quanto persistenti, consentono a tutti l’apprendimento lungo il corso della vita.

La scuola presuppone tempi lunghi, affinché vengano raggiunte quelle competenze culturali che solo secondariamente hanno finalità professionalizzanti; il concetto di studio disinteressato (nel senso di "non preventivamente finalizzato a una immediata spendibilità sul lavoro") definisce bene la cultura della scuola.

Per questo motivo la scuola rappresenta un'esperienza insostituibile.

È fondamentale che tutti i ragazzi raggiungano un livello di istruzione alto. Non ci sono scorciatoie.

È questa una difficile sfida per la scuola: ai ragazzi in difficoltà si deve proporre una scuola che, senza rinunciare alla propria funzione, sia in grado di intercettare la loro esperienza conoscitiva, evitando la suggestione di un percorso rinunciatario che "salti" alcune tappe formative, in nome del rispetto di ipotetiche e precoci "vocazioni" al lavoro.

· In questa prospettiva la formazione professionale non rappresenta più la scuola di serie "B", per "quelli che non sono in grado di seguire un corso scolastico".

La formazione professionale, attraverso una profonda riforma, deve essere messa in condizione di sviluppare la sua vocazione istituzionale di raccordo con il "tempo" del lavoro (senza supplire a compiti propri della scuola), per concentrarsi sugli interventi che le sono specifici: dalla qualificazione iniziale successiva all’obbligo, alle forme di professionalizzazione e di perfezionamento successive al diploma di maturità, al sistema di rientri nella scuola secondaria, alla riconversione e riqualificazione della forza-lavoro in mobilità.

La formazione professionale deve, insomma, far emergere la sua peculiarità: tempo "breve" che si integra/alterna con la scuola e con il lavoro.

Al percorso di formazione professionale va garantita, dalla scuola, una base adeguata di formazione culturale altrimenti esso stesso introdurrà, in modo fittizio e con difficoltà, elementi di istruzione, come di fatto succedeva nei corsi di formazione professionale rivolti ai ragazzi sotto i quindici anni. Non c’è quindi rivendicazione di una presunta "superiorità formativa" della scuola sulla formazione professionale, bensì il riconoscimento della vicendevole non sostituibilità nel percorso di formazione alla cittadinanza.

Diventa inoltre importante che il mondo del lavoro si proponga come luogo di formazione: l'impresa che oggi sta enfatizzando il ruolo strategico dei processi formativi come fonte primaria della qualità delle risorse umane deve risultare impegnata a investire nella formazione e a raccogliere e valorizzare lo sforzo educativo-formativo della scuola e della formazione professionale.

 

6. La scuola come "istituzione attiva" nel territorio

L’autonomia scolastica rappresenta un elemento fondamentale del sistema dell’istruzione e della formazione a livello sia nazionale sia territoriale

· L’autonomia scolastica rappresenta un tassello fondamentale nella ridefinizione del sistema dell’istruzione e nella prospettiva del più ampio sistema della formazione a livello sia nazionale sia territoriale; propone un quadro equilibrato tra le diverse istanze del governo della scuola:

- un centro "strategico" che definisce pochi ma solidi punti di riferimento e svolge funzioni di garanzia, di perequazione e di controllo;

- uno "snodo" regionale che orienta in termini qualitativi il governo e la gestione del sistema formativo, e che dialoga attivamente con il territorio e gli Enti locali;

- le singole unità scolastiche responsabili dell’offerta formativa per meglio adattarla alle esigenze degli allievi, nel confronto con le comunità locali, nel rispetto di indirizzi programmatici nazionali e di standard di funzionamento.

La scuola è una "istituzione attiva" nel territorio capace di costruire un’offerta formativa che tiene conto delle istanze nazionali, territoriali e locali

· La scuola dell'autonomia è il luogo in cui il progetto di formazione, delineato su scala nazionale, si traduce in concreto "fare scuola", e dove si misura la sua efficacia educativa.

Il carattere di "istituzione attiva" nel territorio consiste proprio nella capacità di ciascuna scuola di far maturare, al suo interno, convogliando istanze nazionali, territoriali e locali, una costante equilibrata azione di progettazione dell’offerta formativa, di ricerca didattica e di valutazione. Costruire un piano dell’offerta formativa, lavorare al curricolo di scuola, scommette in primo luogo sulla capacità degli insegnanti e dei dirigenti scolastici di essere autonomi nel progettare e responsabili nel costruire apprendimento.

In questa prospettiva, l’autonomia si pone come quell’insieme di innovazioni organizzative e di decentramento pensante in grado di rendere ciascuna scuola capace di utilizzare nel modo più efficace ed efficiente le risorse disponibili per poter corrispondere meglio ai propri compiti istituzionali.

Gestire e coordinare la complessità del sistema scuola, salvaguardando e indirizzando ogni fattore di dinamicità e di flessibilità verso obiettivi di qualità, è compito specifico del dirigente scolastico. Per la tenuta e lo sviluppo del sistema stesso è essenziale definire e rispettare ruoli e funzioni dei vari soggetti individuandone le responsabilità.

La scuola dell’autonomia scommette in primo luogo sulla capacità degli insegnanti e dei dirigenti scolastici di essere autonomi nel progettare e responsabili nel costruire apprendimento.

Servono strumenti di governo e di organizzazione (organi collegiali e servizi sul territorio) per promuovere la partecipazione dei soggetti, la collaborazione tra gli insegnanti e la cooperazione tra le scuole

· L’autonomia porta con sé l’esigenza della collaborazione e della cooperazione.

Per far crescere questa dimensione occorre innanzi tutto una riforma degli organi collegiali di istituto pensata e articolata in funzione di una organizzazione che veda al centro lo sviluppo formativo di ciascun soggetto. Ciò richiede strutture di governo a livello di istituto in grado di attivare la partecipazione di tutte le componenti e di tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nell’attività scolastica; una partecipazione che sia di arricchimento e di apertura ai bisogni espressi senza indurre a logiche autoreferenziali, localistiche o comunque estranee alle finalità istituzionali.

Occorrono, altresì, servizi in comune, consorzi, reti di scuole; ma tutto questo non nasce spontaneamente, come sembra invece emergere da un’idea "liberista" circa la riforma dell’amministrazione scolastica e il ruolo delle scuole autonome. Tale processo va sostenuto riqualificando l’intervento dell’Amministrazione scolastica che dovrà mettere a disposizione servizi di tipo tecnico: ricerca, formazione, documentazione, consulenze. Anche gli Enti locali sono chiamati a nuovi compiti, come attenti interpreti dei bisogni educativi della comunità e altrettanto solleciti verso i "bisogni professionali" espressi dalle scuole (in fatto di ambiente, servizi, strutture, condizioni materiali del fare scuola). La scuola si configura come istituzione attiva nel territorio anche per questa sua funzione di sollecitazione e di cooperazione con le altre autonomie e realtà territoriali, con gli Enti locali in primo luogo.

Il rapporto con gli Enti locali e il territorio non può configurare una posizione di sudditanza della scuola; il rapporto è positivo se è reciproco e forte: se la scuola ha una sua identità, un suo pensiero, un suo progetto disinteressato da offrire allo "sviluppo" (civile e sociale, e non solo produttivo) della comunità.

L’autonomia del "sistema" scuola è una garanzia costituzionale da valorizzare per evitare di soggiacere a logiche di parte.

L’autonomia delle singole scuole è finalizzata a tradurre gli obiettivi di carattere generale in un’offerta formativa che tenga conto dei contesti territoriali

· L’autonomia del "sistema" scuola è una garanzia costituzionale poiché esplicita l’idea di un sistema di istruzione capace di una sua vita interna e quindi di un suo autosviluppo, che non soggiace a logiche e interessi di parte: è a ciò estranea ogni visione riduttiva, corporativa e autoreferenziale.

L’autonomia del sistema scuola mira a sviluppare in modo unitario i fattori più dinamici di crescita del sistema stesso attivando al suo interno canali possibili di trasmissione della ricerca e della elaborazione didattica tra le singole scuole, tra le reti di scuole e tra le scuole e i luoghi della ricerca disciplinare e della produzione culturale.

L’autonomia delle "singole" unità scolastiche è il diritto delle oltre 10.000 scuole italiane, nella loro libertà e responsabilità, a tradurre gli obiettivi formativi di carattere generale in un’offerta formativa che tenga conto dei contesti territoriali.

Il processo di regionalizzazione non deve rompere l’equilibrio dei poteri tra centro e periferia, tra i vari soggetti istituzionali, grandi e piccoli, entro cui si situa l’autonomia scolastica

 

Solo il carattere pubblico della scuola (laico, pluralista, libero, accogliente) può garantire il diritto di tutti alla cultura

· Le nuove prospettive di federalismo e di consolidamento dei processi di autonomia e di decentramento, per affermarsi, non possono contrastare con un principio fondamentale della nostra democrazia, che la formazione è un bene unitario del nostro Paese, perché promuove il senso dell’identità e dell’appartenenza a uno spazio culturale e costituzionale comune.

Il processo di regionalizzazione non deve rompere l’equilibrio dei poteri tra centro e periferia, tra i vari soggetti istituzionali, grandi e piccoli, entro cui si situa l’autonomia scolastica.

Anche in un processo di regionalizzazione ogni singolo istituto scolastico dovrà poter operare in autonomia, con certezza istituzionale e progettuale, sia per quanto riguarda la sua collocazione giuridica all’interno del sistema statale sia la sua partecipazione attiva a un progetto nazionale di istruzione. L’esperienza regionale di questi anni in tema di diritto allo studio, ha suscitato non poche incertezze proprio per quanto riguarda la definizione di chiari confini istituzionali tra le varie istanze istituzionali della Repubblica e tra queste e le singole scuole: la natura a volte iniqua sul piano sociale, e strumentale per motivi ideologici o di potere, dei provvedimenti presi da alcune Regioni sul "buono scuola" richiede una rapida definizione di ruoli e funzioni di ciascun soggetto istituzionale. Certamente tale confusione e incertezza non possono essere una via per finanziare le scuole private -male interpretando sia il diritto allo studio, espresso senza alcuna possibilità di fraintendimento nella Costituzione, sia la legge di parità- né per dar luogo a una surrettizia privatizzazione della scuola statale, le cui caratteristiche di pluralismo, laicità, libertà, accoglienza esercitate in oltre cinquanta anni di storia repubblicana ne hanno fatto, e tuttora ne fanno, il principale motore del processo di alfabetizzazione e di crescita culturale del popolo italiano, un luogo insostituibile per costruire e far crescere la democrazia.

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Roma, 15 ottobre 2001


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