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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

LA FORMAZIONE DEI DOCENTI DI MATERIE LETTERARIE IN TECNOLOGIE INFORMATICHE DELLA COMUNICAZIONE EDUCATIVA

Come condurre i docenti di Materie Letterarie all’uso regolare delle T.I.C.E in classe? Come spiegare loro che quest’uso è pedagogicamente redditizio?

 

Premessa

Tutti coloro che si sono occupati di formazione sanno che, nonostante le campagne incitatrici o ingiuntive la porta delle Aule di Informatica resta, per un numero significativo di docenti di lettere, una sorta di Rubicone in cui passaggio sembra talvolta inutile, talvolta troppo ansiogeno per essere effettuato con un reggimento di alunni. Queste reticenze sono senza dubbio parzialmente legittime; in ogni caso se tanti colleghi hanno difficoltà a percepire l’interesse reale delle T.I.C.E, è forse perché si ha difficoltà a dir loro chiaramente in che cosa il computer può essere redditizio nelle lezioni di Lettere. In effetti, ciò che costituisce ostacolo ad un utilizzo più largamente diffuso dell’informatica in classe, è il timore che l’investimento in tempo sia molto pesante, in preparazione come durante la lezione, e che alla fine, gli alunni non imparano a leggere o a scrivere meglio.

Quando si chiede ai colleghi di render conto delle loro pratiche con le T.I.C.E, si ritrova sempre qualche risposta generica o vaga. Raramente vengono citati lavori su immagini fisse o animate e, ancor più raramente, su delle trasmissioni radiofoniche o televisive.

Nell’ambito della formazione continua, gli apporti di idee o di prassi nuove, se pur sono accolti positivamente, non sono sempre reinvestiti in classe. Ed anche se i docenti imparano a realizzare essi stessi degli esercizi interattivi, se scoprono la varietà delle risorse multimediali per le materie letterarie, oppure ancora che si accostino all’arte del montaggio sonoro o visivo, rimane il fatto che, ritrovandosi con gli impegni quotidiani in classe, non avrebbero né il tempo né l’energia necessari ad un durevole passaggio alla pratica delle T.I.C.E. Giungere a condurre delle lezioni efficaci in Aula di Informatica richiede, certamente, molte regolazioni successive e soltanto coloro che pervengono a percepirne molto nettamente l’interesse per i loro alunni proseguono nelle loro sperimentazioni. D’altronde, statisticamente, le domande iniziali dei corsisti riguardano prevalentemente la conoscenza di pratiche didattiche atte a motivare gli alunni.

 

Un postulato, due ipotesi

In uno stage di formazione la didattica deve precedere la tecnica o la tecnologia. La ristrettezza di orario con cui il formatore deve fare i conti, la diversità del suo pubblico, sovente anonimo, lo costringono talvolta ad omettere questo principio di fondamentale buon senso. Ma per andare più avanti in questa ricerca di efficacia della formazione, dobbiamo partire da un postulato che può essere formulato così: allorquando si progetta una formazione che integra il computer alle lezioni di materie letterarie, la riflessione preliminare deve definire se le T.I.C.E apportano delle possibilità diverse rispetto a quelle offerte dai supporti tradizionali che sono il libro, il foglio e la penna, la lavagna ed il gesso, o ancora la voce. I problemi materiali, il tempo di accensione dei PC o la ricerca disperata degli identificatori di connessione ne hanno già scoraggiato più d’uno. Questo punto di partenza è già giustificativo per quei colleghi che amerebbero trovare delle attività senza poi veramente sapere come utilizzarle. Ma questo punto di partenza non è sufficiente, perché esso non permette da solo di formare dei docenti autonomi nella riflessione sull’uso delle Tecnologie Informatiche della Comunicazione Educativa.

Noi proponiamo, quindi, di aggiungere a questa riflessione due assi che rendono la coerenza e la coesione delle nostre proposte di attività più esplicite. Queste piste di lavoro sono legate alla natura stessa del computer che, in sé, non è mai soltanto uno strumento di calcolo che può immagazzinare, smistare e diffondere delle informazioni. Alla domanda se sia possibile fare con una macchina delle cose impossibili, o difficili, da realizzare con i supporti più legittimi delle lezioni di lingua italiana (la carta, la penna, il gesso o la parola), noi possiamo rispondere secondo le due ipotesi seguenti: ciò che il computer consente è, da una parte, condividere e diffondere delle informazioni, e dall’altra smistare  e classificare queste informazioni, cioè prendere in considerazione degli apprendimenti che non si basano unicamente su di  una prassi o su di una trasmissione lineare.

I punti seguenti tentano di mostrare come delle prassi tutto sommato correnti possono riallacciarsi all’una o all’altra di queste ipotesi, e così rinforzare, nei momenti di formazione dei docenti, l’idea che il computer faciliti o alleggerisca la progettazione e la realizzazione di prassi centrate sui bisogni dell’alunno.

 

Immagazzinare, diffondere, condividere: per una pedagogia collaborativa

I computer formano fra loro delle reti: è il primo aspetto che può, a nostro avviso, contribuire a rinnovare la pedagogia dell’italiano. La proliferazione delle riflessioni sui blog che, per il fatto dell’estrema semplicità della loro manipolazione e della rapidità della loro posa in opera, giungono a toccare un numero sempre maggiore di docenti è un esempio interessante. Che cos’è un blog se non uno strumento di pubblicazione altra, grazie al quale l’atto di scrivere diviene, d’un colpo, un obiettivo interessante? Scrivere realmente per un altro  è finalmente, e paradossalmente, un’attività … così poco scolastica! La lettera è senza dubbio presente: si corrisponde con una classe, si scrive ad un autore, o nell’ambito di un concorso. Si concepiscono dei manifesti per un’esposizione. Ma l’interesse del computer, in questi casi, alleggerendo considerevolmente le costrizioni materiali (particolarmente di duplicazione dei documenti), è che esso permette di concentrasi sulla qualità della scrittura stessa, pur assicurando la permanenza di ciò che è stato fatto: ciò che è stato scritto è durevolmente immagazzinato, accessibile a tutti ed in qualsiasi  momento, ciò dà tutto un altro valore alle produzioni scritte. Un altro esempio di attività permetterà, forse, di chiarire le nostre idee. Molti docenti incontrano difficoltà a far trasporre in situazione di scrittura un saper fare linguistico apparentemente acquisito dopo degli esercizi puntuali. Per lavorare diversamente, possono esser fatti dei tentativi che condurranno la classe a produrre essa stessa una banca di esercizi. Ci sono, infatti, più possibilità che la competenza acquisita rimanga se gli alunni sono gli autori degli esercizi e non i semplici consumatori di esercizi inventati da altri. Materialmente, queste produzioni sono abbastanza pesanti, perché se si vuole che la classe, o l’intera sezione o, meglio ancora, la scuola tutta produca realmente un manuale di grammatica, che sia consultabile da tutti, quanti esemplari bisognerà produrre ed aggiornare senza posa? Senza dubbio il computer consente di alleggerire tutta questa mole di problemi. In altri termini, se invece di insegnare nei corsi di formazione per docenti l’uso di un programma di creazione di esercizi interattivi del tipo Hot Potatoes o Jclic, si trasmettesse un atteggiamento mentale tendente a far produrre agli stessi alunni il loro eserciziario collaborativo, si aprirebbe una prospettiva didattica che allarga l’orizzonte delle prassi tradizionali e che avrebbe il vantaggio di essere poco costosa in termini di tempo, potendosi realizzare in classe a poco a poco.

 

Il computer è anche uno strumento di smistamento e di classificazione

Per far comprendere in che cosa, come strumento di classificazione di informazioni, il computer può essere un aiuto pedagogico particolarmente prezioso, prendiamo l’esempio di un lemma sul Dizionario della Lingua Italiana di Devoto-Oli. Un approccio lineare farà incespicare molti alunni di scuola secondaria. La lettura di un lemma di un dizionario richiede una competenza da esperti. Tuttavia, la prima di queste competenze è individuare dapprima la struttura del documento, per sapere dove si trova l’informazione interessante. Durante la lezione il docente guiderà l’alunno in questo lavoro su dei lemmi precisi, puntuali, avendo come obiettivo fargli trovare l’informazione aderente alle necessità del momento. Questo lavoro, per necessario che sia, resta molto dispendioso in termini di tempo e non può essere fruito da un gran  numero di alunni. Il Vocabolario Treccani della Lingua Italiana nella sua forma digitale, consente di smistare le informazioni utili: esso fa sparire in un clic tutte quelle che sono momentaneamente  parassite (i documentalisti le chiamano rumore documentario, un ostacolo per le ricerche che non si deve eludere ma con il quale bisogna insegnare agli alunni a selezionare l’informazione corretta che ad essi occorre). Si ottiene così soltanto il piano del lemma, i soli esempi, l’etimologia o i rinvii analogici. Per intersezioni, l’alunno impara in  maniera autonoma a reperire le zone di senso che corrispondono alle sue ipotesi iniziali. Un tale strumento è capace di smistare le informazioni pertinenti in maniera istantanea. Facilitando il tentativo rapido nella ricerca del significato, esso consente al docente di far lavorare la sua classe spesso, per ipotesi ipotetico - deduttive, su di un numero importante di occorrenze e, in poco tempo, di giungere più velocemente all’autonomia nella manipolazione della versione a stampa.

La funzione di smistamento del computer apre delle prospettive pedagogiche nuove, o piuttosto, pensiamo che faciliterà l’esplorazione di piste già antiche ma che si rivelano troppo laboriose per essere messe in opera singolarmente da ciascun allievo.

Una pedagogia di scrittura in cantiere è molto diversa allorché l’alunno utilizza un programma di trattamento testi, non fosse altro perché, prima di procedere alla correzione, si può senza alcuno sforzo duplicare la produzione e smistare i commenti per dare loro leggibilità e coerenza: su di un primo testo, ciò che riguarda i tempi dei verbi, su di un secondo testo la credibilità dei dialoghi fra i personaggi. Gli si può proporre di provare, attraverso il copia-incolla, un’altra strutturazione delle sue sequenze narrative o argomentative.

Quanto all’alunno, il suo lavoro di ri-scrittura è del tutto diverso poiché l’azione di cancellare, così essenziale per i suoi apprendimenti e così difficile da mettere materialmente (e psicologicamente) in opera fra una brutta copia su carta ed un ultimo lancio, diventerà fisicamente inevitabile: gli sarà necessario cliccare là dove troverà delle disfunzioni. Fra il riscrivere accanto (su due fogli) ed all’interno di ciò che è stato scritto, c’è evidentemente uno spazio riflessivo, cognitivo e posturale considerevole, che dovrebbe essere studiato molto meglio.

In materia di lettura, il programma di trattamento testi favorisce le entrate trasversali nelle opere, già largamente esplorate, ma che fanno tutte appello alle funzioni di localizzazione e di smistamento (consentendo di trovare le occorrenze di una parola in un’opera lunga, oppure facilitando la colorazione di un documento, ad esempio).

La prospettiva più importante nell’ambito della classificazione delle idee resta probabilmente quella offerta dai programmi di creazione di carte euristiche. Queste piste sono veramente innovative, ed esse possono suscitare una reale infatuazione, se tuttavia lo sconvolgimento didattico che esse favoriscono è sufficientemente esplicitato ai colleghi in formazione.

Le poche proposte che sono state fatte non hanno altro scopo che di contribuire al dialogo attorno alla questione di sapere come facilitare l’appropriazione di strumenti tecnologici da parte dei docenti di lettere. Si tratta anche di approfittare dello sviluppo delle T.I.C.E per approfondire le riflessioni pedagogiche di base aprendole modestamente alle scienze cognitive, molto spesso di difficile accesso.

Andrea Torrente


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