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Le badanti

Questa è la lettera che Katia ha scritto per il nostro giornale. Katia è una mia alunna di terza media. Attraverso le sue parole la sua storia e quella di tante altre donne ucraine, romene e polacche, che si occupano dei nostri anziani.

Molte sono le testimonianze dell’amore e della dedizione che esse mettono nel loro impegno per accudire alle persone a noi care che, per mancanza di tempo o per necessità, affidiamo loro. Fare la badante è un’occupazione molto particolare, bisogna avere un’innata disponibilità e tanto amore, altrimenti è un mestiere difficile.

Quando l’anziano che esse accudiscono muore, le badanti non perdono solo il lavoro, ma anche una persona che è divenuta loro cara nel tempo.

Alcune di queste donne sono vedove o divorziate ed hanno investito tutto il loro futuro venendo in Italia, il ritorno è la peggiore delle sconfitte. Se non riescono a trovare un nuovo lavoro, dopo sei mesi, devono tornarsene in patria dai loro figli che, grazie alla stupida e crudele legge Bossi- Fini, non avevano potuto portare con sé.

e. b.

"E’ passato un anno da quando sono arrivata in Italia. La mia storia è particolare, sono qui perché mia madre ha sposato un italiano. In questo periodo il mio modo di vivere, i miei pensieri sono cambiati: tutta la mia vita è cambiata. Quello che penso adesso è diverso da quello che pensavo un anno fa.

Vivendo in Italia so che devo accettare i pro e i contro. Cambiare nazione è stato difficile e credo che anche per le altre donne ucraine sia stato difficile. Cambiare nazione serve ad arricchirsi in tanti modi, non solo per i soldi, che sono duri da guadagnare ovunque.

Le donne che lavorano come colf e badanti, dopo il lavoro sono stanche. Il lavoro è duro, tornano a casa, siedono a guardare la TV e scrivono lettere a parenti ed amici. Esse sperano che, passati pochi mesi, torneranno in Ucraina, mentre invece non succede. Forse gli anni passano, i figli crescono lontano, affidati a parenti o in un istituto, e dimenticano cosa significhi un genitore, perché vedono soltanto i soldi che le madri mandano loro per vivere.

In Italia ci sono trentamila ucraini, per la maggior parte donne che lavorano come badanti, collaboratrici domestiche o cameriere nei ristoranti. Alcune di esse svolgevano nel loro paese una professione di prestigio o erano madri di famiglia e mogli. Qui in Italia si sono dovute adattare a lavori diversi. Io so che anche gli italiani hanno dovuto emigrare e solo loro possono capire la sofferenza degli immigrati.

Le donne ucraine si riuniscono a Roma, tutte le domeniche, ai mercati della Garbatella,, quello è l’unico momento in cui possono incontrare le proprie amiche.

Dicevo che tutta a mia vita è cambiata, dopo un anno parlo e capisco meglio la lingua italiana, capisco quello che pensano gli altri di me. Ora ho amici ed amiche e posso dire di stare bene qui."

Katia Tìtina


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