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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

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NO AI DISSERVIZI
SI' ALLA QUALITA’ DELL’INTEGRAZIONE

 

- I numerosi disservizi verificatesi da tempo nella scuola e da parte di enti locali ed ASL, si sono ripetuti anche quest’anno e sono stati segnalati dalla FISH con numerose lettere al Ministero dell’Istruzione (All. n. 1).

Alle nomine tardive di insegnanti per il sostegno, il Ministero ha provveduto con la C.M. n. 146/2001.

La formulazione di tale circolare però ha suscitato errate interpretazioni di molti dirigenti scolastici che pertanto non hanno provveduto alle nomine.Su ciò è dovuta ritornare la FISH (All. n. 2).

- I disservizi conseguenti alla carenza di assistenza materiale ed igienica da parte dei bidelli sembrano finalmente avviati a soluzione con l’emanazione, dopo numerose insistenze della FISH della nota prot. 3390 del 30 novembre 2001 a firma del Dr. Silvana Riccio Dir. Gen. del Ministero dell’Istruzione  per l’organizzazione dei servizi nel territorio.

Con tale nota vengono assegnati numerosi miliardi per corsi di formazione ai bidelli sull’integrazione scolastica.

Inoltre i dirigenti scolastici potranno richiedere ai dirigenti regionali la nomina di un maggior numero di collaboratori scolastici per questi compiti, dal momento che il Ministero dell’Istruzione ha autorizzato quanti l’hanno richiesta (cfr nota 140/VM del 29 ottobre 2001 inviata dalla Dir. Gen. del personale del Ministero dell’Istruzione al Direttore generale scolastico per la Sardegna).

- Alla carenza di formazione sull’integrazione scolastica degli insegnanti curriculari si deve la delega di fatto che essi effettuano agli insegnanti per il sostegno. Ciò contraddice alle normativa e alle buone prassi d’integrazione scolastica.

Il Ministero dell’Istruzione deve destinare, come richiesto insistentemente da più parti, ingenti finanziamenti di cui alla direttiva 143/2001 per la formazione, anche a distanza, degli insegnanti curriculari.

- All’insufficiente collaborazione delle unità multidisciplinari delle ASL nella formulazione e verifica dei singoli piani educativi individualizzati, va posto urgente rimedio dagli assessori regionali alla sanità su richiesta delle conferenze e dei comitati dei sindaci responsabili del “progetto globale di vita” delle persone con handicap di cui all’art. 14 della l. n. 328/2000 legge di riforma dei servizi sociali.

- Ai disservizi di corretta accoglienza a scuola degli alunni che debbono assumere farmaci a seguito di terapie, si deve provvedere con delle normative specifiche richieste da associazioni aderenti alla FISH come “AICE” (Associazione Italiana Contro l’Epilessia) (All. n. 3).

- I conflitti di competenza fra comuni, province  ed amministrazione scolastica che da troppo tempo intralciano la qualità dell’integrazione di alunni con handicap, recentemente riaperti dalle divergenti interpretazioni dell’art 139 del decreto Bassanini n. 112/98, debbono essere superati tramite gli accordi di programma ed i piani  di zona di cui all’art 19 l. 328/2000.

- I rischi di ritorno alle scuole speciali sembrano emergere non solo dall’intervento del sottosegretario Sestini del 19 novembre 2001, ma anche dalla stessa commissione “Bertagna” sulla riforma della scuola voluta dal Ministro Moratti. (All. n. 4)

Le argomentazioni dei sostenitori del ritorno alle scuole speciali riguardano gli alunni cosiddetti “gravi o gravissimi”. Esse si basano sul preconcetto,che si ritiene dettato dal buonsenso, secondo il quale gli alunni “gravi” non trarrebbero alcun vantaggio dal frequentare la scuola di tutti, mentre starebbero meglio in strutture specializzate con coetanei anch’essi “gravi”.

Una variante, sostenuta anche dal vecchio consiglio scolastico nazionale, propone la concentrazione di alunni con la stessa tipologia di minorazione in differenti scuole comuni, nelle quali l’integrazione sarebbe favorita dalla presenza stabile di personale specializzato, scolastico, sociale ed anche sanitario, e da sussidi ed ausili tecnologici.

La FISH obietta che l’integrazione scolastica per gli alunni con handicap in situazione di gravità deve realizzare i livelli qualitativi più alti, attraverso la predisposizione di piani educativi personalizzati molto articolati, in cui debbono puntualmente coordinarsi i servizi della scuola di residenza dell’alunno con quelli di territorio; in tali progetti occorre graduare gli interventi didattici in classe, anche secondo il principio delle classi aperte, con quelli fuori della classe e con interventi educativi anche al di fuori della scuola, specie presso associazioni di disabili, di volontariato e cooperative sociali, quali soggetti attivi del progetto.

Questi progetti sono sostenuti da personale specializzato e da sussidi ed ausili che di volta in volta vengono spostati nelle scuole di competenza territoriale degli alunni, seguendo gli stessi e non invece costringendo gli alunni con handicap grave a concentrarsi dove queste risorse sarebbero stabilmente allocate.

Queste soluzioni non sono frutto di “ideologia”, ma di numerose esperienze; a meno che non si considerino “ideologia” i pronunciamenti della Corte Costituzionale sull’integrazione scolastica degli alunni con handicap grave contenuti nella sentenza n. 215/87, come diramati dal Ministero della P.I. con la C.M. 262/88 (all.5)

E che l’integrazione scolastica sia ormai un principio di rilevanza costituzionale, anche per i “gravi”, è dimostrato dalla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 226/2001 che ha dichiarato non valido ai fini dell’adempimento dell’obbligo scolastico per gli alunni con handicap, un anno in cui il giovane con handicap era stato secolarizzato nella propria casa.

Si allegano alcune esperienze significative pubblicate da “Handicap e scuola” rivista torinese (All. n. 5).

- La qualità dell’integrazione scolastica deve costituire parte essenziale della qualità del servizio scolastico che dovrà essere valutato sia dall’apposito istituto specializzato di Frascati, sia da “soggetto esterno”, come giustamente ha detto il Ministro Moratti nel suo intervento alla Camera nel luglio 2001.

Se però si utilizzano solo gli indicatori di qualità delle regole “ISO 9000”, attualmente in uso, la presenza degli alunni con handicap farà abbassare il livello medio della qualità nelle scuole che attuano l’integrazione, a causa dei maggiori tempi, dei maggiori cisti e dei più bassi profitti.

Occorre invece individuare degli indicatori specifici di qualità dell’integrazione con riguardo agli aspetti strutturali a quelli di processo, ed a quelli di risultato, per ciascuna tipologia di minorazione.

Per gli indicatori di risultato non si può tener conto solo del profitto, ma come stabilisce l’art. 12 comma 3 della l. 104/92 ,  “della crescita nell’autonomia nel campo degli apprendimenti, della comunicazione, della socializzazione e degli  scambi relazionali”.

Solo in tal modo l’integrazione scolastica potrà non ridurre il livello di qualità delle scuole ove si realizza, ma potrebbe anche contribuire ad innalzarlo, se essa è svolta con interventi di eccellenza.

Occorre pertanto integrare la normativa in tal senso.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Documento Bertagna
(All.4)

 

Handicap e diversità per tutti.

Va inserito nel contesto del profilo professionale terminale anche la preparazione di tutti gli insegnanti per il trattamento dei soggetti portatori di handicap e delle diversità culturali (migranti, stranieri ecc.). L’idea che questa preparazione si possa ridurre ad una serie di conoscenze e di abilità aggiuntive alla professionalità docente ordinaria è lesiva della stessa identità deontologica dell’insegnante. Occorrerà tarare le conoscenze e le abilità richieste sia sulla formazione iniziale universitaria sia su quella relativa al biennio di straordinariato, ma nell’uno e nell’altro caso deve trattarsi di una preparazione professionale trasversale che tematizza la presenza ordinaria dei soggetti portatori di handicap e delle diversità culturali nelle comuni classi scolastiche, e riesce a gestirla in maniera educativa.

Tutti i docenti, perciò, devono essere capaci di interloquire in maniera proficua con gli specialisti di territorio (terapisti della riabilitazione, neuropsichiatri, psicologi; animatori, mediatori culturali, assistenti sociali) e, al contempo, possedere gli strumenti metodologici e didattici che consentono di trasformare l’handicap e la diversità in una risorsa per la qualità dell’insegnamento, delle relazioni interpersonali degli allievi e dell’organizzazione della classe e della scuola.

Se è ragionevole prevedere che questa formazione dei docenti si possa acquisire nei piani di studio per l’abilitazione all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e primaria con 300 crediti a tempo pieno e 60 crediti a tempo parziale durante i primi due anni straordinariato, si può prevedere l’acquisizione della stessa formazione per i docenti delle scuole secondarie con 300 crediti a tempo pieno e 90 crediti a tempo parziale durante i primi due anni di straordinariato.

Questo non esclude, comunque, l’ipotesi di definire, dopo la laurea specialistica per l’insegnamento, anche corsi universitari intensivi di alta specializzazione per particolari tipologie e trattamenti dell’handicap, destinati sia a docenti che devono diventare figure di sistema nelle istituzioni scolastiche ordinarie, sia a docenti che operano in strutture educative speciali o potenziate. Si può dire, anzi, che ne sia la condizione.


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