Osservazioni sulla Legge Quadro
in materia di Riordino dei Cicli dell’Istruzione

di Pasquale Palmeri

 

Seguo, nel presente testo, la successione degli "Articoli" di cui è costituita la Legge Quadro n.30 del 10 / 2 / 2000, tenendo anche presente il "Programma quinquennale di progressiva attuazione - Bozza" della suddetta legge, ricco di considerazioni rivolte ad illustrare "le finalità, le ragioni, le condizioni e i soggetti della riforma".

Articoli 1 e 2.

Pari opportunità educative: richiamandosi a quanto stabilito dalla Costituzione - che la Repubblica è tenuta a garantire "il pieno sviluppo della persona umana" e a "rimuovere gli ostacoli" che impediscano la partecipazione alla vita del Paese, che tutti i cittadini hanno "pari dignità sociale" e che "la scuola è aperta a tutti" ("Programma di attuazione, I), - la "Legge Quadro" ricorda che la Repubblica assicura "a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le conoscenze, le capacità e le competenze, generali e di settore, coerenti con le attitudini e le scelte personali, adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro anche con riguardo alle specifiche realtà territoriali" (Art. 1.1); garantisce, inoltre,uadro "a tutti i bambini e le bambine in età compresa tra i 3 e i 6 anni, la possibilità di frequentare la scuola dell’infanzia", generalizzandone l’offerta formativa, proprio in quanto idonea a promuovere "una effettiva eguaglianza delle opportunità educative" (Art. 2.1 e 2). Siamo, certo, ancora lontani dal veder realizzati questi obiettivi, soprattutto nelle zone più svantaggiate, ma è certamente positivo averne individuato e riaffermato l’importanza. Ritengo, però, altrettanto necessario che la medesima esigenza venga rivendicata anche per la funzione educativa (e non meramente assistenziale) che gli Asili Nido possono e, in molti casi, dovrebbero svolgere per i bambini e le bambine tra il 1° e il 3° anno di età.

Il riferimento ai "bambini" e alle "bambine" e, nel "Programma di attuazione", alla "centralità delle allieve e degli allievi", allo "Statuto delle studentesse e degli studenti", non è casuale, ma positivamente significativo in quanto rivolto a porre l’accento, oltre che sulla necessità di un’effettiva eguaglianza delle "opportunità educative", anche sul principio della "centralità delle persone" da riconoscere, "in ogni momento della vita scolastica", come "diverse per genere, età, ritmi e modalità di sviluppo, classi sociali, religioni, culture, paesi d’origine ed esperienze di vita", ("Programma di attuazione", I).

Obbligo scolastico di 9 anni, tra il 6° e il 15° anno di età (Art. 1. 3):

sarebbe meglio, ritengo, anticipare al 5° anno di età l’inizio dell’obbligo scolastico (portandolo così a 10 anni), facendo dell’attuale 3° anno della "Scuola per l’infanzia" un anno di passaggio alla "Scuola elementare", col concorso degli educatori di entrambe le scuole.

Obbligo di frequenza di attività formative fino al compimento del 18° anno: certamente positivo (cfr. la legge del 17 / 5 / 99, n. 144, art. 68) (Art. 1.4).

Articolo 3.

"Scuola di base" : positiva la caratterizzazione del "Ciclo primario" come percorso "unitario e articolato", venendo così ad essere eliminata l’attuale cesura fra il 10° e l’11° anno e favorendo la continuità e la gradualità dello sviluppo dal 6° al 13° anno, con un primo esame di Stato a sua conclusione.

L’articolazione interna alla "Scuola di base" della durata complessiva di 7 anni, proposta opportunamente dal "Programma di attuazione" (III, 2), prevede che la designazione di insegnanti con adeguata preparazione sia realizzata tenendo conto che il "primo biennio comporta un raccordo con le modalità operative della scuola dell’infanzia", l’ultimo biennio, invece, implica "un’attenzione specifica allo sviluppo di esperienze di continuità con i primi due anni della scuola secondaria", mentre nei tre anni centrali "si sviluppa la rete curricolare che accompagna via via l’emergere dei nuclei disciplinari dagli ambiti iniziali più generali", comportando "in modo più incisivo, "un intreccio tra le professionalità docenti", che potrà diventare "se coerentemente gestita",, una vera e propria risorsa per la costituzione di una "docenza integrata" (Programma di attuazione, III, 2).

Il ricordo nostalgico che alcune illustri personalità conservano del loro maestro o della loro maestra elementare, e il giusto apprezzamento della nostra Scuola Elementare in genere, quando si traducono in spinta alla sua immodificabilità, non tengono conto che la sua efficacia educativa è dovuta proprio al suo frequente rinnovarsi e adeguarsi al mutare dei tempi, attraverso successive riforme dell’impostazione programmatica e la costante attenzione al "metodo" e alla "didattica", sin dall’avvio della riforma Gentile, entro la quale la Scuola Elementare fu debitrice assai più che a Giovanni Gentile, a Giuseppe Lombardo Radice e alle sue "Lezioni di didattica".

Articolo 4.

Scuola Secondaria (i "Licei") : ritengo ancora positivo, in questo caso, l’aver mantenuto la struttura della Scuola Secondaria articolata in un Biennio e un successivo Triennio, rinnovandola però nella direzione suggerita dalle molteplici sperimentazioni effettuate a partire dal 1974 - ‘75.

Positiva l’articolazione della Scuola Secondaria in "aree" (classico-umanistica, scientifica, tecnica e tecnologica, artistica, musicale) e di ciascuna "area" in "indirizzi", ridotti di numero rispetto a quelli attualmente esistenti e tutti di "pari dignità, in termini di valenza formativa" ("Programma di attuazione",III, 3).

Positivo, che a conclusione del periodo dell’obbligo scolastico al termine del 15° anno di età (nella norma, quindi, al termine del Biennio), venga rilasciata una "certificazione attestante il percorso didattico svolto e le competenze acquisite" (Art. 4.5); e che, al termine della Scuola Secondaria, gli studenti debbano sostenere l’esame di Stato, che "assume la denominazione dell’area e dell’indirizzo " (Art. 4.8).

Il problema più complesso e delicato è quello del Biennio (13 - 15 anni): non si può ignorare, infatti, che dalle sperimentazioni effettuate fosse emersa l’opportunità di non esigere che una scelta spesso decisiva per la vita come quella di un indirizzo definito di studi e quindi - in prospettiva e in una certa misura - di un ambito di lavoro, avvenisse subito dopo il termine dell’attuale Scuola Media. Tra le innovazioni che - avendo coordinato per i primi undici anni la sperimentazione presso l’attuale "Liceo - Polo Luigi Stefanini" di Venezia-Mestre - mi risultavano più opportune e più gradite agli studenti e alle loro famiglie - era il carattere orientativo (orientante, quindi, e non pre-orientato) del Biennio. Ora, con il nuovo progetto di Riordino dei Cicli d’Istruzione, l’inizio del Biennio verrebbe anticipato a 13 anni invece che a 14 e, a 15 anni invece che a 16 il termine dell’obbligo, integrato però con altri 3 anni di "obbligo di frequenza di attività formative".

A mio parere e sulla base dell’esperienza mia e di altri colleghi che si sono cimentati nelle sperimentazioni didattico - strutturali, credo che si possano affermare non senza fondamento due cose:

1°) l’orientamento degli studenti non può, se non eccezionalmente e genericamente, essere definito a 13 anni, al termine della Scuola di Base; e "una indicazione orientativa non vincolante per la successiva scelta dell’area e dell’indirizzo" non può efficacemente "emergere" dall’esame di Stato con cui si conclude la stessa Scuola di base (Art. 3.4).

2°) non è sufficiente prevedere come fa l’Art. 4.3, che "nei primi due anni" della Scuola Secondaria sia "garantita la possibilità di passare da un modulo all’altro anche di aree e di indirizzi diversi, mediante l’attivazione di apposite iniziative didattiche finalizzate all’acquisizione di una preparazione adeguata alla nuova scelta", se questi "primi due anni" dovessero implicare già pienamente "la caratterizzazione specifica dell’indirizzo e l’obbligo di un rigoroso svolgimento del relativo curricolo".

L’inizio della Scuola Secondaria a 13 invece che a 14 anni e il termine dell’Obbligo a 15 invece che a 16, mi sembrano rafforzare due esigenze che non possono venire ignorate:

1°) i primi due anni (Biennio) della Scuola Secondaria (13 - 15 anni) dovrebbero essere centrati per tutti gli studenti sulla contemporaneità (conoscenza ed esperienza dell’ambiente naturale e sociale e dei caratteri della cultura contemporanea). La "centralità dello studente", nella sua accezione più autentica, non va intesa - come a volte si legge - come "centralità delle risorse umane" viste prevalentemente se non esclusivamente come "fattore strategico per lo sviluppo e il mantenimento dei livelli produttivi e occupazionali", va intesa invece come centralità dell’esistere, dell’esperienza del crescere e dell’apprendere e quindi del presente cui correlare il passato e il futuro (cfr., in proposito, il n. 4 degli scritti elencati in coda);

2°) la caratterizzazione dell’area e dell’indirizzo dovrebbe essere gradualmente introdotta, cominciando a determinare, a mio parere, nel primo anno, l’area prescelta con le possibilità che essa offre, e introducendo solo nel secondo anno un curricolo di Indirizzo, con le possibilità già previste dalla legge in oggetto per entrambi gli anni, di correggere le scelte fatte inizialmente.

Per favorire l’orientamento degli studenti è, inoltre, opportuno "promuovere il sorgere di Istituti che attivino più aree e più indirizzi" in modo da favorire "il carattere unitario della Scuola Secondaria, lo scambio di esperienze, le co-progettazioni, le osmosi fra i relativi percorsi, oltre ovviamente i già ricordati passaggi da parte degli allievi" ("Programma di attuazione", (III, 3).

Il "Programma di attuazione" (III, 3) non ignora il problema più sopra evidenziato, mettendo giustamente in evidenza anche il duplice carattere del primo biennio della Scuola Secondaria; che da un lato - come ciclo terminale dell’obbligo scolastico - non può rinunciare alla "coerenza in qualche misura conclusiva del progetto formativo dei primi due anni, e dall’altro deve promuovere "l’avvio seppur graduale ma qualificato" del percorso formativo dell’area e dell’indirizzo prescelti

Positivo, infine, mi pare quanto si stabilisce per gli ultimi tre anni: triennio post-obbligo conclusivo degli studi dai 15 ai 18 anni (Art. 4.6) e dell’acquisizione di "crediti formativi" (Art. 4.7).

Naturalmente, ogni valutazione della produttività del "Riordino dei cicli d’istruzione" è condizionata non solo dalle modalità di applicazione, ma anche dall’interdipendenza tra: riordino dei cicli d’istruzione - definizione di obiettivi, impostazione culturale, contenuti e standard - organizzazione scolastica - modalità dei processi di insegnamento-apprendimento - orientamento di fondo e attuazione dell’autonomia d’Istituto - definizione della professionalità docente nel diversificarsi progressivo dei cicli - formazione e retribuzione dei docenti.

Normativa e propositi dell’Art. 5 (Istruzione e formazione tecnica superiore, educazione degli adulti e formazione continua) e dell’Art. 6 (Attuazione progressiva dei nuovi cicli) andranno verificati in fieri.

Gli aspetti che ho più sopra ricordati come interagenti nella vita scolastica non possono certo essere trattati in questa sede. Chi vuole può trovare spunti di riflessione negli scritti dell’autore di queste pagine, elencati in coda. Alcune considerazioni tuttavia mi sembra necessario fare qui, prima di chiudere, sul tema dell’autonomia d’Istituto, la professionalità docente e l’organizzazione scolastica

L’introduzione dell’ "autonomia delle istituzioni scolastiche" (Decreto del Presidente della Repubblica, n.275, marzo ‘99), favorisce certamente varie "forme di flessibilità" (II, 4). Sono le singole scuole che "concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi": "il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal Collegio dei docenti", "reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie" (II, 3-4).

Questo e molto altro ancora esige certamente una nuova professionalità docente, che si esplichi in una "dimensione collegiale cooperativa di lavoro", in cui si integrino anche funzioni, compiti e responsabilità diverse ("Programma di attuazione", IV)

Ritengo, tuttavia, che le norme emanate in tema di organizzazione scolastica e, in particolare, da una parte il nesso fra "autonomia d’Istituto" e qualifica dirigenziale conferita ai capi d’Istituto, "in funzione dell’effettivo esercizio dell’autonomia" (vedi il parere del Consiglio di Stato del 26/ 7/ 2000, richiesto dal M. P. I.), e dall’altro le modalità con cui possono venire attribuite ad alcuni insegnanti le cosiddette "funzioni obiettivo", invece di favorire lo sviluppo di una vita democratica nelle scuole, possa far correre il rischio (proprio delle strutture costruite secondo la cosiddetta "linea staff") di contrapporre due fronti, costituiti in modo anomalo rispetto ai veri interessi della scuola: la base di docenti prevalentemente esecutori, e un vertice costituito dal preside-dirigente scolastico e da uno "staff dirigenziale, équipe di docenti da lui "individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti" (Circolare Ministeriale del 3/ 8/ 2000, n.193, a seguito del parere espresso dal Consiglio di Stato il 26/ 7/ 2000).

Un ordinamento democratico della scuola, invece, esigerebbe che fossero tutti gli insegnanti - coordinati in gruppi di classe, o classi parallele, o corso, o indirizzo, o disciplina, o area culturale, o altri obiettivi emergenti nel cammino dell’Istituto (come per i "tutor", iniziative culturali, lavori pluridisciplinari di ricerca, ecc.) - ad eleggere annualmente i coordinatori delle attività che implicano collaborazione e collegialità, chiamati a svolgere funzioni da retribuire volta per volta a seconda dell’impegno di lavoro, dei contributi forniti, dei risultati conseguiti, senza per questo venire a costituire un grado separato e meglio retribuito nella "carriera" dei docenti. Tali coordinatori dei diversi gruppi dovrebbero costituire il team dei collaborati del preside, a sua volta, più che "dirigente", "coordinatore generale" delle attività scolastiche in tutte le loro manifestazioni.

Quello che veramente conta, infatti, è la consapevolezza dei docenti di essere, come persone e come membri di uno o più gruppi di colleghi, parte attivamente promotrice della vita scolastica insieme con gli studenti e non esecutrice, in posizione subordinata, di progetti da altri costruiti; conta inoltre l’instaurarsi di un clima educativo e collaborativo che faccia sentire - come spesso mi è capitato di ripetere - a studenti e insegnanti la scuola come "propria".

La problematica che la riforma della scuola deve ancora affrontare in tutti gli ambiti sopra elencati è estremamente complessa; ed è certo che solo al termine del processo legislativo potrà rafforzarsi la speranza che sia in atto quel necessario rinnovamento organicamente complessivo che la scuola italiana attende dal primo dopoguerra. Ricordo ancora il primo avvio di un’indagine rivolta a promuovere una riforma della nostra scuola, che sin da allora, al tempo del ministro Gonella - come era naturale, a guerra finita e dittatura crollata - appariva necessaria: io mi ero da alcuni anni laureato, a Padova, in filosofia, mentre ora sono in pensione da più di dieci anni! Un governo sembrava cadere, perché un progetto di riforma era al dibattito parlamentare; o un nuovo progetto cadeva, perché un’altra (anche se non diversa) maggioranza si era sostituita alla precedente: è un rischio che i cittadini e, ancor più consapevolmente gli insegnanti, non dovrebbero far correre ancora alla scuola, tenendo ben presente che sono sempre state le forze più retrive e passivamente conservatrici ad opporsi con tutti gli strumenti della demagogia e la forza di interessi e poteri costituiti, ad una organica riforma della nostra scuola.

Venezia-Mestre, 9. 11. 2000

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L’autore indica alcuni titoli di articoli o relazioni, in cui ha formulato un po’ più sistematicamente il suo pensiero su temi qui solo accennati.

1 - Quale scuola al termine degli anni ‘80?, "Sensate Esperienze", n. 7, ottobre 1989.

2 - Sperimentazioni: prospettive di una scuola rinnovata, Relazione tenuta al Convegno promosso dalla CGIL Scuola, Venezia, 5-7 maggio 1994, pubblicata in "Valore Scuola", 1994 (supplemento).

3 - H. Gardner e i valori della Costituzione in un nuovo modello formativo, in "Sensate Esperienze", n. 26, aprile 1995.

4 - Il "Riordino dei cicli scolastici" nel quadro di un "approccio globale" ai problemi della scuola, Relazione tenuta al Convegno su "La riforma possibile", promosso da "Sensate Esperienze" e svoltosi a Lerici- La Spezia, il 23-24 aprile 1997,e pubblicata in "Sensate Esperienze", n.37, gennaio 1998.

5 - Quale cultura per l’azione formativa?, in "Sensate Esperienze", n. 29, marzo 1998.

6 - Maestro di scuola e maestro di strada, in "Sensate Esperienze", n.46, marzo 2000.