Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

Ricerca

FEBBRAIO 2003


Scuola Governo Parlamento

gennaio 2003
febbraio 2003
marzo 2003
aprile 2003
maggio 2003
giugno 2003
luglio 2003
agosto 2003
settembre 2003
ottobre 2003
novembre 2003
dicembre 2003


 

 

Parlamento

 

Camera

 

Aula 24 DdL AC 3461, Modifiche all'articolo 117 della Costituzione

(21.02.03) DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge costituzionale che giunge all'esame della Camera, nel testo già approvato in prima deliberazione dal Senato, rappresenta un importante momento di passaggio nell'evoluzione graduale del nostro sistema costituzionale verso un assetto di tipo federale cooperativo ed equilibrato.
Con tale provvedimento, infatti, in linea con gli impegni programmatici assunti dal Governo all'inizio della legislatura, si provvede a decentrare poteri e responsabilità effettivi di governo alle regioni, in un contesto di unità nazionale e di equilibrio territoriale tra le diverse parti del paese.
Il disegno di legge non contraddice radicalmente, come pur si è sostenuto nel corso dell'iter parlamentare, l'articolazione dei rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali, come delineata nel vigente titolo V della parte seconda della Costituzione, ma persegue lo scopo di devolvere alle regioni un nucleo effettivo di competenze in settori di particolare rilevanza. La riforma costituzionale approvata nella precedente legislatura, pur con i suoi numerosi limiti e le sue carenze, ha costituito certamente un primo passo in avanti nel processo di valorizzazione del ruolo delle autonomie territoriali. Tale processo, tuttavia, è ancora lungi dall'essere completato e richiede, pertanto, nuovi interventi volti a definire un assetto complessivo del sistema in cui il rafforzamento del ruolo delle regioni si coniughi con una più equilibrata definizione dei rapporti tra le diverse istituzioni rappresentative. Si tratta di un'esigenza condivisa da larga parte delle forze politiche ed evidenziata con chiarezza anche nel corso dell'indagine conoscitiva svolta sulla materia oggetto del provvedimento in esame dalla Commissione affari costituzionali.
Dal complesso delle audizioni svolte è emersa una sostanziale convergenza sulla necessità di completare il processo riformatore in atto, anche apportando al testo del titolo V della parte seconda della Costituzione i correttivi suggeriti dalla prima esperienza applicativa, mentre diverse sono state le valutazioni inerenti alla specifica materia oggetto del disegno di legge costituzionale in esame. In proposito gli orientamenti emersi sono riconducibili a tre diverse posizioni: una prima, sostanzialmente critica rispetto ai contenuti dell'intervento proposto; una seconda che, pur condividendo di massima l'obiettivo da esso perseguito - rafforzamento dell'autonomia regionale secondo un modello di federalismo differenziato -, ha espresso differenti valutazioni circa le modalità tecnicamente più idonee per il suo conseguimento; una terza, infine, sostanzialmente favorevole sia gli obiettivi sia ai contenuti del disegno di legge.
In particolare da parte di alcuni l'apprezzamento manifestato rispetto al disegno di legge costituzionale è stato argomentato sulla base della constatazione che la riforma del titolo V, approvata nella precedente legislatura, per l'ampiezza del novero delle materie nelle quali l'esercizio della potestà normativa regionale è subordinata al rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge dello Stato, la quale potrebbe in ipotesi assume un carattere particolarmente pervasivo, delinea nel complesso un sistema che può consentire l'affermarsi di interpretazioni più o meno accentuatamente centralistiche, capaci di rendere minima, se non del tutto irrilevante, la valenza politica delle nuove sfere di competenza normativa attribuite alle regioni.
Occorre inoltre riconoscere come la mera inversione del sistema di riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni, con l'attribuzione alle regioni di una competenza legislativa di tipo generale-residuale in tutte le materie non espressamente riservate allo Stato, non sia di per sé idonea a conferire effettivi spazi di autonomia alle istituzioni rappresentative delle realtà territoriali, qualora l'attribuzione di tale potestà legislativa alle regioni non abbia riguardo, come sottolineato dal ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione nel corso di un'audizione presso la Commissione affari costituzionali del Senato, alla qualità e al rilievo delle materie attribuite alla competenza legislativa esclusiva delle regioni.
La nuova articolazione territoriale delle potestà pubbliche, se si intende realmente perseguire una riforma di tipo federale, non può dunque prescindere dal conferimento, in positivo, alle regioni di una potestà legislativa di tipo esclusivo in un nucleo di materie particolarmente significativo. Il disegno di legge all'esame della Camera, nel perseguire questo obiettivo di un incremento reale, sia pure in una prospettiva graduale, delle autonomie regionali, conferisce alle regioni la potestà legislativa esclusiva nei settori della sanità, dell'istruzione e della polizia locale.
Per quanto riguarda il metodo prescelto per la devoluzione della potestà legislativa alle regioni nelle suddette materie, vale a dire la previsione di un potere generale di attivazione della competenza legislativa da parte di ciascuna regione, esso si distingue nettamente dalla procedura prevista dal terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione.
Tale ultima disposizione, come è noto, prevede che ciascuna regione possa assumere l'iniziativa per la conquista di spazi maggiori di autonomia, ma la decisione finale è rimessa al Parlamento che può conferire alla regione, sulla base di una previa intesa e sentiti gli enti locali, forme ulteriori di autonomia in tutte le materie di potestà ripartita indicate dal terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, nonché in un numero limitato di materie riservate dal secondo comma del medesimo articolo 117 alla potestà legislativa esclusiva dello Stato: organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull'istruzione, tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Una delle critiche che sono state avanzate al provvedimento nel corso dell'esame parlamentare ha riguardato la presunta inutilità dell'intervento riformatore proposto, atteso che le finalità da esso dichiaratamente perseguite, vale a dire l'attribuzione di potestà legislativa esclusiva alle regioni nelle materie indicate, sarebbero in larga parte realizzabili facendo ricorso alla procedura prevista dall'articolo 116, quantomeno per ciò che concerne le materie dell'istruzione e della sanità. Secondo tale impostazione, dunque, il provvedimento in esame, determinando una sovrapposizione di procedure diverse per l'attribuzione di potestà legislativa in materie analoghe, configurerebbe una differenziazione eccessiva delle tipologie di potestà legislativa attribuite alle regioni. Tali critiche, tuttavia, omettono di prendere in considerazione quello che rappresenta, viceversa, l'aspetto fondamentale della riforma. Il disegno di legge, infatti, ponendosi nella direzione di una decisa ed effettiva valorizzazione dell'autonomia regionale, rimette ogni decisione nella completa disponibilità delle regioni, che saranno libere di stabilire come e quando attivare la propria potestà legislativa esclusiva nelle tre materie indicate, senza dover attendere, come previsto dal terzo comma dell'articolo 116, una «concessione» da parte del Parlamento. Ciò consentirà dunque alle regioni di attivare le proprie competenze esclusive anche qualora a livello centrale dovessero prevalere atteggiamenti non favorevoli alle istanze autonomistiche. Al contempo, a tutte le regioni sarà riconosciuta e garantita una effettiva situazione di parità, in quanto esse non saranno vincolate ad una decisione del Governo e della maggioranza parlamentare che potrebbero, in ipotesi, avere interesse a concedere o a negare maggiori spazi di autonomia normativa ad alcune regioni piuttosto che ad altre e potrebbero, quindi, attraverso il meccanismo dell'intesa individualizzata, assumere comportamenti discriminatori nei confronti di regioni che intendano adottare, nelle materie oggetto di conferimento, indirizzi diversi da quelli stabiliti a livello centrale.
La procedura di attivazione definita dal disegno di legge garantisce, invece, a ciascuna regione un nucleo intangibile di potestà legislativa piena ed immediatamente esercitabile.
Per quanto concerne in modo specifico la formula «le regioni attivano» adottata nel testo in esame, occorre fare qualche precisazione, anche al fine di dare una risposta alle diverse perplessità espresse nel corso dell'iter parlamentare. L'utilizzo del verbo «attivare» rappresenta, infatti, un elemento inedito rispetto al testo vigente della Costituzione e come tale è meritevole di approfondimento. La dizione adottata indica che l'attribuzione alle regioni della competenza legislativa esclusiva nelle materie elencate non diviene immediatamente efficace al momento dell'entrata in vigore della novella costituzionale, ma lo diventerà nel momento in cui ciascuna regione assumerà una iniziativa specifica in questo senso. Con il ricorso al termine «attivare» si vuole dunque fare riferimento, sul piano concettuale, ad un fenomeno del tutto diverso da quello del conferimento in via generale di attribuzioni o potestà. Se si fosse voluto attribuire direttamente tale potestà legislativa esclusiva a tutte le regioni si sarebbe fatto ricorso alla formulazione «spetta alle regioni» utilizzata dal quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione, ma la ratio del provvedimento è un'altra ed è rinvenibile nell'intento di conferire a ciascuna regione la potestà di scegliere come e quando assumere un corredo più ampio di poteri e di responsabilità, secondo il modello di regionalismo differenziato.
Quanto ai rilievi critici formulati da chi ritiene che il meccanismo prescelto possa determinare una situazione di incertezza in ordine alla individuazione del momento a partire dal quale diviene efficace la competenza legislativa esclusiva della regione, non essendo nel testo espressamente previsto quale sia l'organo regionale titolare del relativo potere di attivazione, va rilevato che, trattandosi dell'attribuzione di una potestà legislativa, tale decisione appare spettante all'organo titolare della funzione stessa, vale a dire al Consiglio regionale.
Per quanto concerne l'ulteriore osservazione critica relativa alla presunta situazione di incertezza giuridica che si potrebbe configurare in una fase transitoria, più o meno lunga, nel corso della quale, in mancanza di attivazione delle nuove competenze esclusive da parte delle regioni, lo Stato potrà continuare ad emanare norme nelle materie devolute alle regioni, è da sottolineare che tale possibilità, lungi dal determinare situazioni di incertezza, consentirà di evitare pericolose stasi nel processo di governo di tali settori, essendo evidente che, in mancanza di attivazione delle regioni, lo Stato conserverà pienamente le proprie potestà legislative nelle materie elencate dal provvedimento, quali sono attualmente configurate nei commi 2 e 3 dell'articolo 117 della Costituzione.
Va notato, invece, come una situazione di incertezza normativa potrebbe all'opposto scaturire dall'applicazione del comma 4 dell'articolo 117, nell'ipotesi in cui le regioni non dovessero assumere iniziative legislative nelle materie assegnate alla loro competenza di tipo generale-residuale. In caso di mancato esercizio della potestà legislativa da parte della regione, nel vigente quadro costituzionale appare infatti difficilmente ipotizzabile un intervento legislativo del Parlamento, quand'anche esso dovesse, in ipotesi, ritenersi necessario a seguito di acclarata insostenibilità da parte di una regione del complesso delle competenze ad essa conferite. Diversamente il provvedimento in esame, consentendo a ciascuna regione di auto-attribuirsi la competenza legislativa in determinate materie solamente nel momento in cui la regione medesima sarà pronta ad assumersi - anche a seguito di un'inevitabile fase di trattativa con lo Stato per la definizione delle risorse concretamente disponibili - la connessa responsabilità di governo del settore, è idoneo a favorire un graduale sviluppo dell'autonomia regionale senza far venire meno, sino a quel momento, la potestà legislativa dello Stato.
Dunque, come rilevato in Commissione Affari costituzionali dal Sottosegretario alle riforme istituzionali e alla devoluzione, il meccanismo dell'attivazione sembra offrire maggiori garanzie, rispetto a quello dell'attribuzione diretta, per un più coordinato passaggio dal vecchio al nuovo sistema.
Da ultimo, una precisazione è dovuta in merito alla questione ulteriore, dibattuta nel corso dell'esame del provvedimento, se la formula «le regioni attivano» debba essere interpretata come recante un obbligo cui le regioni dovranno adempiere ovvero una facoltà rimessa alla volontà di ciascuna. In proposito, non si può non concordare con quanto affermato dal relatore sul provvedimento presso il Senato, secondo il quale tale espressione «non deve essere caricata di significati soverchi » in quanto con essa si intende, appunto, consentire a tutte le regioni, con tempi e con modalità che saranno necessariamente diversi, di pervenire ad un grado di autonomia maggiore di quello ad esse attualmente riconosciuto.
Passando dall'analisi delle procedure previste dal disegno di legge in esame a quella delle materie oggetto di devoluzione, va osservato prioritariamente che esse afferiscono a tre settori (sanità, scuola, polizia locale) di particolare rilevanza nell'ambito dell'assetto delle politiche pubbliche e dei rapporti tra i cittadini e lo Stato. Nell'ambito di questi tre settori, le materie devolute alla potestà legislativa esclusiva delle regioni sono individuate con una tecnica che è stata definita del «ritaglio», utilizzando delle definizioni che non coincidono con gli ambiti materiali di competenza fissati dai commi 2 e 3 dell'articolo 117. Per quanto riguarda la sanità, alle regioni è devoluta la potestà legislativa esclusiva nella materia relativa alla «assistenza e organizzazione sanitaria». Il conferimento di tale potestà consentirà alle regioni che intenderanno attivarla di determinare autonomamente i modelli di organizzazione sanitaria ritenuti più adeguati rispetto ai bisogni della popolazione e più coerenti con la responsabilità finanziaria della regione medesima. Resta, ovviamente, ferma la potestà legislativa esclusiva dello Stato di determinare i livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, che devono comunque essere garantite a tutti i cittadini, come previsto dalla lettera m) del comma 2 dell'articolo 117 della Costituzione, nonché la potestà dello Stato di fissare i principi fondamentali in materia di tutela della salute, per le parti in cui tale tutela non afferisca, appunto, all'assistenza e alla organizzazione sanitaria.
Per quanto riguarda l'istruzione, le materie devolute alle regioni sono quelle della organizzazione scolastica e della gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, nonché la definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di specifico interesse regionale. L'attribuzione di tali competenze alle regioni che le vorranno attivare non determinerà alcuna deroga alla potestà legislativa esclusiva riconosciuta allo Stato dalla lettera n) del comma 2 dell'articolo 117 della Costituzione di determinare, attraverso l'approvazione di norme generali, i principi cardine del sistema dell'istruzione, quali quelli relativi, ad esempio, alla disciplina dell'ordinamento didattico e dei titoli di studio.
Alle regioni sarà riconosciuta invece la possibilità di disciplinare in via esclusiva, e salva l'autonomia delle singole istituzioni scolastiche, la organizzazione complessiva degli istituti scolastici e l'articolazione delle rispettive risorse in ambito regionale, nonché la strutturazione dell'offerta dei programmi di specifico interesse regionale.
Per quanto concerne, in ultimo, la polizia locale, l'attribuzione di una competenza esclusiva alle regioni in tale materia deve essere interpretata in collegamento con la disposizione del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione che, alla lettera h), riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato l'ordine pubblico e la sicurezza, nonché con le altre disposizioni relative alla potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile e penale», «giurisdizione e norme processuali», nonché di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili». L'attivazione da parte delle regioni di tale competenza non potrà, dunque, ledere il principio dell'unitarietà della politica di sicurezza, come sottolineato in Commissione affari costituzionali dal Ministro dell'interno, on. Pisanu, in occasione della audizione sulle linee programmatiche del suo dicastero, ma potrà consentire di realizzare un migliore grado di efficacia delle politiche di sicurezza pubblica sul territorio, rispondendo così ad una domanda proveniente dalla cittadinanza e valorizzando, a tal fine, un livello territoriale, quello regionale, allo stato attuale non adeguatamente considerato.
La espressa elencazione delle materie devolute alla potestà legislativa delle regioni, dunque, collocandosi nel quadro dell'attuale articolo 117 della Costituzione, come è stato in più occasioni osservato nel corso dell'esame parlamentare e, da ultimo, chiaramente affermato in Commissione affari costituzionali dal Sottosegretario alle riforme istituzionali e alla devoluzione «non determina e non può determinare alcun effetto abrogativo rispetto alle altre disposizioni costituzionali vigenti»; non appare infatti sostenibile la tesi della abrogazione implicita, secondo la quale vi potrebbero essere norme della Costituzione la cui vigenza sia sostanzialmente rimessa alla valutazione dell'interprete. Tale principio interpretativo è tra l'altro accolto nell'ordine del giorno G. 1.500, approvato dal Senato nella seduta del 5 dicembre 2002. Non essendo configurabile un effetto abrogativo la novella costituzionale non determinerà, in particolare, alcun affievolimento della competenza legislativa statale prevista dal secondo comma dell'articolo 117, lettera m) relativamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Va ricordato inoltre che la riforma costituzionale, per la sua collocazione sistematica, non può certamente incidere sui principi costituzionali sanciti dalla parte prima della Costituzione, e in particolare sul principio di eguaglianza formale e sostanziale posto dall'articolo 3, nonché su quelli concernenti il diritto alla salute e allo studio di cui agli articoli 32 e 33 della Costituzione. Non vi è pertanto alcun motivo di temere una eventuale rottura del tessuto unitario dell'ordinamento, come da alcuni a più riprese è stato paventato.
Un'ultima precisazione appare opportuna, infine, in merito alla questione del carattere esclusivo delle competenze attribuite alle regioni.
La definizione in positivo della competenza assegnata alle regioni come «esclusiva» ha suscitato dubbi interpretativi da parte di chi si è interrogato se con tale definizione si sia inteso configurare la nuova potestà legislativa regionale come riconducibile a un genere diverso, e quindi sottoposto a differenti limitazioni o vincoli, rispetto a quella prevista dal quarto comma dell'articolo 117, che, in mancanza di definizioni puntuali da parte del legislatore costituzionale, è generalmente definita in dottrina come potestà di tipo «residuale». Tale interpretazione non appare, tuttavia, condivisibile né è condivisa dallo stesso Governo; giova in proposito ricordare che il Sottosegretario alle riforme istituzionali e alla devoluzione ha viceversa affermato, in Commissione Affari costituzionali, che la competenza esclusiva regionale è sostanzialmente assimilabile alla competenza regionale di tipo residuale e che solo ragioni di ordine sistematico hanno suggerito la positiva qualificazione di tale potestà come esclusiva.
Conclusivamente l'effetto complessivo cui la riforma mira è quello di attribuire un maggior grado di autonomia alla legislazione regionale in settori nei quali essa è stata storicamente compressa molto più di quanto non fosse giustificabile, senza determinare al contempo alcuna fase di stasi nell'azione dei pubblici poteri nel passaggio dal vecchio al nuovo sistema, né rischiose spinte in avanti nei confronti delle regioni che, al momento, non siano ancora pronte ad assumersi il relativo onere.
Per tutte queste ragioni la Commissione non ha ritenuto opportuno apportare modifiche al testo approvato dal Senato.

Aula 11, 12, 13, 18 Il 18 febbraio 2003 la Camera approva il DdL AC 3387, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

11.02.03 - Relazioni (Napoli, De Simone, Moratti)

Aula 13 Interpellanze urgenti

(13.02.03) Normativa relativa alle graduatorie permanenti per il personale docente - n. 2-00608
RENZO LUSETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, illustro brevemente la questione, dal momento che l'interpellanza a mio avviso risulta essere chiara ed esplicita. Chiedo e sollecito il Governo ad esaminare la normativa per adottare un criterio equo di valutazione che garantisca obiettività rispetto alle legittime aspettative dei precari abilitati nei concorsi ordinari e nei concorsi riservati.
A questo proposito, al di là anche dei toni che sono contenuti nella premessa di questa interpellanza urgente, vorrei chiedere al rappresentante del Governo onorevole Aprea cosa pensi della proposta di legge depositata di recente, forse non ne è a conoscenza, presentata dal collega De Laurentiis, - che ovviamente ho sottoscritto -, e che appartiene alla maggioranza, - ciò non significa nulla, dal momento che il problema non è inquadrabile in un'ottica di maggioranza e di opposizione, trattandosi di un problema politico di carattere generale, - la quale ha come obiettivo quello di sanare la delicatissima situazione dei docenti abilitati a seguito del concorso del 1999 e delle sessioni riservate di esami previste dalle ordinanze ministeriali del 1999 e del 2000.
Siccome, come lei sa, stiamo discutendo di un provvedimento di carattere generale - quale è quello che abbiamo discusso stamattina, anche se con qualche polemica tra maggioranza opposizione - e siccome la proposta di legge a firma De Laurentiis ha come obiettivo quello di regolamentare la fase di transizione verso il nuovo sistema, volevo capire - dalla risposta che lei vorrà dare a tutti coloro che hanno sottoscritto questa interpellanza - se vi possa essere un consenso, uno spazio o comunque l'idea, da parte del Governo, di sollecitare un atto normativo a sé stante o inserito in un altro provvedimento che eviti la cosiddetta via giudiziale, ma che si faccia carico, dal punto di vista normativo, di sanare la situazione di migliaia e migliaia di precari che ci sono oggi nella scuola italiana, senza demonizzare nessuno.
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Il problema sollevato dall'onorevole Lusetti e dagli altri colleghi concerne la tabella di valutazione dei titoli allegata al decreto direttoriale n. 12 del 12 febbraio 2002, approvata con decreto ministeriale n. 11 emanato nella stessa data, ai fini dell'inserimento nelle graduatorie permanenti per l'immissione in ruolo, di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 3 maggio 1999, n. 124; in particolare, il problema riguarda l'ulteriore punteggio di 30 punti previsto dalla suddetta tabella per l'abilitazione conseguita presso le scuole di specializzazione all'insegnamento secondario.
Sulla questione si è già avuto occasione di riferire in Senato, in data 26 settembre 2002, in relazione all'interpellanza urgente n. 3-00464, presentata dal senatore Castellani.
Come già fatto presente in quell'occasione, l'amministrazione aveva ritenuto congrua l'attribuzione del suddetto punteggio aggiuntivo di 30 punti per l'abilitazione conseguita presso le SISS, in considerazione del percorso seguito dagli specializzati (due anni di corso intensivo, verifiche intermedi, tirocinio, esami finali) nonché della preparazione di alto profilo, sia a livello teorico che pratico, che i corsisti acquisiscono.
Quanto alla decisione di consentire agli abilitati SISS il cumulo dei 30 punti predetti con il punteggio previsto per il servizio di insegnamento prestato durante la frequenza dei corsi, la stessa era motivata relazione al principio giuridico consolidato per cui i servizi effettivamente prestati, a prescindere dalle variabili legate alla natura, alle caratteristiche e alla durata del rapporto di lavoro, debbano essere valutabili.
Come è noto, la questione è stata poi oggetto di esame da parte degli organi di giurisdizione amministrativa. In particolare, il TAR del Lazio (sezione III bis) con sentenza del 28 maggio 2002, n. 4731, ha ritenuto del tutto legittima e congrua l'attribuzione del punteggio aggiuntivo di 30 punti, rispetto a quello dell'abilitazione, per gli specializzati.
Lo stesso TAR ha invece ritenuto illegittima la suddetta tabella di valutazione dei titoli nella parte in cui consente suddetto cumulo.
Va sottolineato che il TAR, con la sentenza sopra richiamata, ha esaminato l'intera materia dell'inserimento nelle graduatorie permanenti e degli specializzati SISS, affermando la piena legittimità di tutti i relativi provvedimenti del MIUR, con la sola eccezione dell'aspetto relativo alla cumulabilità del servizio prestato durante i corsi.
Pertanto, l'amministrazione non ha interposto appello avverso la suddetta sentenza n. 4731. Per l'esecuzione della stessa sono state fornite indicazioni agli uffici scolastici periferici con circolare n. 69 in data 14 giugno 2002.
Alcuni interessati hanno però presentato ricorso al TAR del Lazio avverso la citata circolare n. 69 del 14 giugno 2002. In particolare, i ricorrenti hanno contestato la circolare stessa, nella parte in cui la detrazione del punteggio precedentemente attribuito per i servizi di insegnamento prestati dagli specializzati presso le SISS durante il biennio di frequenza dei corsi di specializzazione, è stata limitata ai soli periodi di coincidenza del servizio con l'effettiva attivazione e frequenza dei corsi e non per l'intero biennio di durata legale dei corsi di specializzazione e solo per le graduatorie nelle quali gli specializzati SISS beneficiano dell'attribuzione del punteggio fisso aggiuntivo di 30 punti.
Il TAR del Lazio, con sentenza del 13 agosto 2002, n. 7121, ha accolto in parte il ricorso stesso. Il TAR ha infatti ritenuto che il servizio prestato in materia diversa da quella compresa nelle aree disciplinari che sono state oggetto del corso di specializzazione SISS non è produttivo di punti valutabili nella graduatoria nella quale si chiede l'iscrizione in forza dell'abilitazione conseguita presso la scuola di specializzazione.
Il medesimo organo giurisdizionale ha, di contro, ritenuto che al docente in formazione spetti il punteggio per il servizio prestato contemporaneamente alla frequenza del corso in una materia estranea al corso stesso; ciò si verifica esclusivamente nell'ipotesi di utilizzo in una diversa graduatoria nella quale il docente ha la possibilità di iscriversi in forza di abilitazione ordinaria e, quindi, a condizione che si tratti di servizio non valutato ai fini della graduatoria nella quale il docente ha beneficiato dei 30 punti come, peraltro, era stato indicato nella circolare contestata.
La delicatezza e l'opinabilità della materia che vede i diritti confliggenti dei docenti inseriti nelle graduatorie ha imposto il ricorso al Consiglio di Stato il quale, com'è noto, con sentenza n. 7460 del 2002, ha rigettato il ricorso dell'amministrazione, sancendo definitivamente il divieto di cumulo.
Pertanto, l'amministrazione, con lettera circolare del 4 febbraio 2003, ha fornito indicazioni agli uffici scolastici regionali per l'esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato ai fini dell'adeguamento dei punteggi e delle posizioni in graduatoria permanente e conseguentemente d'istituto spettanti agli interessati. Ciò salvaguardando, comunque, il principio della continuità didattica per esigenze di interesse pubblico.
Ai docenti aventi titolo all'assunzione in base alla graduatoria rettificata verrà riconosciuta la decorrenza giuridica della nomina con riferimento alla tipologia e durata che gli interessati avrebbero avuto diritto a conseguire a suo tempo per scorrimento delle suindicate graduatorie. Ai medesimi, ove non occupati ad altro titolo, sarà loro garantita la stipula di un contratto a tempo determinato. Detto contratto avrà decorrenza dalla data di pubblicazione delle graduatorie e termine alla data di conclusione della supplenza che sarebbe, a suo tempo, spettata, mentre gli effetti economici decorreranno dalla data di effettiva presa di servizio.
Sulla problematica in argomento sono stati anche approvati ordini del giorno, rispettivamente il 16 ottobre ed il 20 novembre al Senato e alla Camera dei deputati. Con riferimento a detti ordini del giorno, è stata già approvata una bozza di una nuova tabella di valutazione dei titoli per l'aggiornamento delle graduatorie permanenti in parola che è stata inviata al consiglio nazionale della pubblica istruzione per il prescritto parere.
La problematica, onorevole Lusetti, è veramente completata. Attiene alla fase di transizione del reclutamento degli insegnanti che inizialmente e fino alla legge n. 124 avevano più canali di reclutamento e che la legge n. 124 ha unificato. Inoltre, è determinata tanto dal reclutamento attraverso i vecchi concorsi, le vecchie abilitazioni ed i corsi abilitanti quanto dalla formazione universitaria.
Sappiamo che il Parlamento è molto sensibile. Lei stesso ha citato una proposta di legge di un deputato della maggioranza. Noi già siamo a conoscenza di ordini del giorno che verranno presentati anche durante la discussione del provvedimento di legge delega sugli ordinamenti.
Il ministro è sensibile a questo tema e, quindi, ancorché si tratti di diritti confliggenti, cercheremo di trovare una soluzione che non danneggi gli specializzati all'insegnamento ma tuteli adeguatamente gli insegnanti precari già inseriti nelle graduatorie permanenti affinché non ci sia lo scavalcamento di cui, purtroppo, troppo spesso si parla perché in troppi casi si è verificato a seguito dell'applicazione della legge n. 124 in una fase transitoria. Poiché essa durerà - temiamo - un bel po' di anni, richiederà effettivamente tutta una serie di interventi per limitare i danni a chi abbia già conseguito dei diritti ed oggi se li vede, non dico calpestati, ma, in qualche caso, sicuramente, messi in discussione.
RENZO LUSETTI. Non posso ritenermi soddisfatto (...) Non mi permetterei mai di alimentare una guerra tra poveri o di mettere in contrasto due situazioni che hanno, dal loro punto di vista, ragione. Dico solo che il problema del precariato esiste ed è molto forte, sia in termini numerici sia in termini di qualità professionale, e la mancanza di norme transitorie rischia di penalizzare chi, lavorando nella scuola da tanti anni, ha, non solo delle legittime aspettative, come i precari, ma anche molte qualità professionali.
Sebbene non sono un esperto del mondo della scuola tuttavia sono circondato da amici e parenti che vi lavorano e, pertanto, mi sforzo di capire e mi informo su tutto il sistema formativo che, a mio avviso, dev'essere la base per la crescita del nostro paese.
Non posso dichiararmi soddisfatto dalla risposta fornita dal sottosegretario Aprea perché pur comprendendo le molte buone intenzioni non vedo delle concretezze. Onorevole sottosegretario, circa un anno fa presentai un'interpellanza su un altro argomento - sulla sicurezza degli edifici scolastici - alla quale lei rispose dicendo che il Governo stava facendo il possibile. Anche in quel caso ho apprezzato le buone intenzioni però, al di là di un piccolo stanziamento effettuato in sede di legge finanziaria, non c'è stato più nulla. Non desidero con ciò fare dei paragoni però ho la sensazione che, se su questa materia non ci si mette concretamente mano, questo Governo rischia di aggravare la grande precarietà in cui vive oggi la scuola.
Onorevole sottosegretario, la scuola sta vivendo una sorta di eterna transizione nel senso che in questa materia siamo in transizione su tutto. A mio parere occorre, da parte del Governo, del Parlamento ed anche dell'opposizione, che farà la sua parte, adoperarsi al fine di sanare questo tipo di impostazione.
La risposta che il sottosegretario Aprea ha dato alla mia interpellanza urgente mi è parsa un po' burocratica - tranne nella parte finale dove giustamente il sottosegretario ha svolto delle valutazioni politiche - perché la stessa ha fatto un po' la storia di quello che è accaduto, cosa questa che anch'io ho cercato di mettere in luce in maniera sintetica nella premessa alla mia interpellanza sottoscritta, fra l'altro, oltre che dal sottoscritto anche da tanti altri colleghi del gruppo della Margherita. Mi preme, al riguardo, evidenziare che la posizione che traspare da questa mia interpellanza su questa problematica non rappresenta quella dell'intero gruppo della Margherita e, in questo senso, mi assumo la responsabilità di quello che dico.
Va bene il divieto di cumulo, però, non si tratta certo di una scelta politica ma di una scelta giudiziaria perché la giustizia amministrativa attraverso due sentenze ha condotto la politica a questa conclusione. Avremo modo di vedere come saranno predisposte le tabelle di valutazione dei titoli rispetto alle quali prendo atto che il Governo sta cercando di predisporre un'ordinanza. È vero inoltre che ci sono più canali di reclutamento, però, al di là della sensibilità mostrata non vedo, da parte del Governo, delle proposte concrete.
Signor Presidente, prima di essere rieletto in Parlamento ho fatto l'esperienza di assessore presso il comune di Roma. La delega che mi era stata data era un po' impegnativa perché ero assessore al personale. A quel tempo tra i trentamila dipendenti del comune di Roma vi erano anche 6 mila precari, tremila della scuola materna e tremila degli asili nido. Vi lascio, quindi, immaginare i cortei di protesta inscenati nei miei confronti dai precari sotto gli uffici del Campidoglio. All'epoca non si poneva, almeno al comune di Roma, il problema dei SSIS, comunque, con grande pazienza - a volte l'ho anche persa soprattutto quando, discutendo con le organizzazioni sindacali, alcuni precari si sono riuniti in organizzazioni non riconosciute secondo i classici criteri di rappresentanza sindacale - alla fine siamo riusciti a trovare una soluzione facendo ricorso anche ad un criterio di selezione che, in qualche modo, ci ha consentito di provare l'effettiva qualità o qualificazione degli insegnanti di scuola materna e delle educatrici degli asili nido. Pertanto, al termine della mia esperienza in giunta comunale, siamo riusciti a sanare la situazione relativa a quei seimila precari, sebbene dopo ne sono arrivati degli altri, fatto questo che testimonia come il problema del precariato non si possa risolvere dall'oggi al domani.
Però o si adottano norme transitorie che ci consentano di sanare senza svendere, quindi senza fare quelle sanatorie sic et simpliciter che risolvono forse il problema delle insegnanti ma non il problema didattico educativo di cui ha bisogno la scuola italiana, oppure, se non c'è una norma transitoria molto forte e concreta, il problema non si risolve .
Io le ho citato la proposta a firma De Laurentiis ed altri non per fare polemica con la maggioranza, anche se il collega De Laurentiis è un collega stimatissimo ed è evidente che egli, come il senatore Castellani al Senato e come tanti altri, è stato sollecitato (con questo sistema elettorale è chiaro che ognuno nel proprio collegio elettorale è sollecitato, magari da entrambi i fronti). (...) Diciamo allora che il giorno in cui arriveremo alla conclusione di questo provvedimento, che stamattina ha creato non pochi problemi, alla maggioranza in modo particolare (ma non ne gioisco per questo), è evidente che ci saranno tanti ordini del giorno, molti dei quali, onorevole Aprea, saranno della maggioranza e, quindi, lei si troverà ad affrontare questo tema in maniera forse molto più stringente di adesso. (...)
Lei si troverà a dover dare un parere, a dover accettare o meno, con raccomandazione o meno, questi ordini del giorno, che vengono preannunciati (uno firmato da me e da altri colleghi); saranno tantissimi. Vedrà che ci sarà tutto il Parlamento impegnato su questo tema. Quindi, mi dichiararo insoddisfatto davanti a questa risposta molto cortese, ma un po' troppo burocratica e, nella parte politica, poco di sostanza. Infatti, al di là delle buone intenzioni, al di là della sensibilità che il ministro può avere su questo tema, non ho intravisto azioni concrete. Mi auguro che ci sia un'azione forte del Governo su questo tema, mi auguro che la proposta di legge De Laurentiis possa essere messa all'ordine del giorno - il collega romano giustamente se ne farà carico anche lui, perché è qui presente in aula - ; potrebbe essere inserita in qualche provvedimento, magari in questo stesso che abbiamo trattato questa mattina oppure in altra sede. Però è fondamentale che il Parlamento si assuma questa forte responsabilità in questa fase di transizione verso un nuovo sistema per sanare, mi auguro una volta per tutte, una situazione che rischia di penalizzare fortemente decine di migliaia di precari che ci sono in questo nostro paese, che magari oggi insegnano e domani no, che magari hanno il problema del prossimo anno scolastico, non sapendo assolutamente dove andranno, cosa faranno (molti di loro hanno anche famiglia). Ecco, io! mi auguro che il Governo faccia tesoro di questa interpellanza mia e degli altri colleghi, di questa proposta di legge del collega De Laurentiis, degli ordini del giorno che saranno tantissimi alla fine del provvedimento di sistema, mi auguro che sia fatta chiarezza e giustizia e si risolva un problema che c'è da tempo, sanando fino in fondo il precariato della scuola.

Commissioni
5a 12 DdL AC 3387, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito si esprime PARERE FAVOREVOLE con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
all'articolo 7, comma 5, il primo periodo sia sostituito dal seguente:
«Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 2, comma 1, lettera f), e dal comma 4 del presente articolo, limitatamente alla scuola dell'infanzia statale e alla scuola primaria statale, determinati nella misura massima di 12.731 migliaia di euro per l'anno 2003, 45.829 migliaia di euro per l'anno 2004 e 66.198 migliaia di euro a decorrere dall'anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.»
all'articolo 7, il comma 7 è sostituito dai seguenti:
«7. Ciascuno dei decreti legislativi di cui agli articoli 1 e 4 deve essere corredato da relazione tecnica ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni.
7-bis. I decreti legislativi di cui al precedente comma la cui attuazione determini nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
7-ter. Il parere di cui all'articolo 1, comma 2, primo periodo, è espresso dalle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario».

7a 25, 26 Schema di decreto legislativo recante riordino del CNR
7a 20 Interrogazioni a risposta immediata
7a 18, 26 in sede referente, DdL AC nn. 3084 e 3525, Disposizioni per la promozione del libro e della lettura

Il 26 febbraio la Commissione approva la proposta di Indagine conoscitiva sulla promozione del libro e della lettura:

Domenico VOLPINI, presidente, sulla base di quanto convenuto nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, del 13 febbraio 2003 - ed essendo stata acquisita l'intesa con il Presidente della Camera, ai sensi dell'articolo 144, comma 1, del regolamento - propone lo svolgimento di un'indagine conoscitiva sulla promozione del libro e della lettura, ai sensi dell'articolo 79, comma 5, del regolamento, nell'ambito dell'esame in sede referente dei progetti di legge vertenti su tale materia.
Avverte che, nel corso dell'indagine conoscitiva, che dovrebbe concludersi entro il 31 maggio 2003, la Commissione intende procedere all'audizione dei seguenti soggetti : Associazione degli editori; rappresentanti di singole case editrici; associazioni dei commercianti operanti nel settore (librerie, edicole, grande distribuzione); organizzazioni sindacali dei lavoratori; soggetti organizzatori di mostre, fiere ed altri eventi di promozione del libro e della lettura; esperti del settore editoriale e scrittori; Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome; ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca; ministro per i beni e le attività culturali; sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per l'informazione e l'editoria.

7a 18, 19 Il 19 febbraio la 7a Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore per la 1a Commissione sul DdL AC 3461, Modifiche all'articolo 117 della Costituzione

(18.02.03) Giovanna BIANCHI CLERICI (LNP), relatore, sottolinea che il disegno di legge in esame, che è composto di due articoli, modifica l'articolo 117 della Costituzione, prevedendo, attraverso l'introduzione di un ulteriore comma, che le regioni attivino la competenza legislativa esclusiva per le seguenti materie: assistenza e organizzazione sanitaria, organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici di formazione, definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della regione, polizia locale. Osserva che secondo la formulazione costituzionale antecedente alla riforma del titolo V della Costituzione, le competenze delle regioni, nell'ambito del sistema scolastico, erano limitate alla materia della formazione professionale e dell'assistenza scolastica, rispetto alle quali veniva loro riconosciuta potestà legislativa concorrente.
Precisa che la riforma del titolo V, avvenuta con legge costituzionale n. 3 del 2001, ha modificato l'assetto costituzionale delle competenze legislative dello Stato e delle regioni, attribuendo a queste ultime potestà legislativa esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale» .
In base al descritto quadro costituzionale, spetta pertanto allo stato: la determinazione delle norme generali sull'istruzione, tra cui dovrebbero rientrare, in base a gli orientamenti interpretativi prevalenti, la garanzia dell'autonomia delle istituzioni scolastiche - espressamente sottratta alla competenza concorrente - e le regole essenziali di tali autonomie, la disciplina del personale, il quadro degli ordinamenti degli studi, la definizione dei relativi percorsi, la disciplina dell'obbligo scolastico, la garanzia della libertà d'insegnamento; la determinazione dei principi fondamentali della materia in ordine all'istruzione; l'attribuzione di forme ulteriori e particolari di autonomia alle regioni relativamente all'istruzione. In merito segnala che non risulta agevole la distinzione tra «norme generali» e «principi fondamentali» in materia d'istruzione, distinzione rilevante soprattutto al fine di verificare la spettanza rispettivamente allo Stato o alle regioni, della relativa potestà regolamentare. Ai sensi dell'articolo 117, sesto comma, infatti, la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di sua competenza esclusiva, mentre per il resto è rimessa alle regioni. Precisa che le regioni risultano, invece, titolari: della potestà legislativa concorrente in materia di istruzione, entro i limiti rappresentati dai principi fondamentali posti dallo Stato; della potestà legislativa esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale; di forme ulteriori e particolari di autonomia in materia, che lo Stato potrebbe attribuire loro.
Per quanto concerne la parte di competenza della VII Commissione, rileva che il disegno di legge costituzionale in esame interviene, nel settore dell'istruzione, su due campi: la lettera b) dell'articolo 1 relativa «all'organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni» e la lettera c) dello stesso articolo «definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione».
In base alla relazione governativa che lo accompagna, il disegno di legge costituzionale, persegue con riguardo all'istruzione statale lo scopo di demandare alla legislazione statale esclusivamente la definizione delle norme generali, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera n), della Costituzione, tra cui si fanno rientrare l'ordinamento degli Studi, gli standard di insegnamento, le condizioni per il conseguimento e la parificazione dei titoli di studio.
Alla potestà esclusiva delle regioni spetterà, invece, la disciplina degli assetti organizzativi e professionali, con particolare riguardo all'organizzazione scolastica, offerta dei programmi educativi di specifico interesse regionale, alla gestione degli istituti scolastici. A questo proposito, la relazione al disegno di legge recita: «una volta attribuita alle regioni la competenza esclusiva in materia di programmazione di loro specifico interesse, spetterà allo Stato assicurare l'omogeneità complessiva degli studi, in maniera da contemperare i «saperi» comuni a tutto il territorio con i «saperi» e le tradizioni «locali». In tal modo, si intende realizzare pienamente la libertà di insegnamento, dando un nuovo e maggiore impulso al processo di modernizzazione del paese. A tal fine, non si ritiene sufficiente una scelta uniforme su tutto il territorio nazionale, a causa degli ostacoli burocratici che potrebbero frapporsi al processo decisionale ed alla sua attuazione. La conseguenza sarebbe quella di assumere iniziative che, al momento della concreta realizzazione, risulterebbero già superate da nuove istanze sociali. Questa è, infatti, ritenuta la causa del fallimento dei tentativi di riforma del sistema scolastico compiuti in questi anni: «le soluzioni approntate, dopo un lunghissimo processo decisionale, erano già vecchie quando, finalmente, giungevano ad un passo dall'attuazione». Per superare tali inconvenienti, si ricorre pertanto allo strumento della sussidiarietà verticale, avvicinando i centri decisionali alla realtà su cui sono destinati ad incidere»
Nella relazione si sottolinea, inoltre, la differenza tra il sistema predisposto e quanto previsto dall'articolo 116, terzo comma della Costituzione, in ordine alle forme particolari di autonomia. Infatti, l'attuale disposizione costituzionale porterebbe ad un regionalismo differenziato «calato dall'alto», mentre il disegno di legge in esame segue una logica opposta (dal basso verso l'alto), legittimando direttamente a livello costituzionale le regioni in materie per le quali la necessità di autonomia è maggiormente avvertita.
Sottolinea inoltre il carattere «aperto» del processo di devoluzione e gli obiettivi di efficienza e di autogoverno, attraverso un modello che lascia alle singole regioni la scelta su tempi e modi delle competenze. Osserva che ciò, oltre a rispondere ad un criterio di buon senso, appare pienamente rispettoso delle stesse autonomie regionali.
Osserva inoltre che il ricorso al verbo «attivare» riferito alla potestà legislativa costituisce un elemento inedito in un testo costituzionale e, come tale, meritevole di approfondimento. Il significato letterale del termine adottato fa ritenere che l'attribuzione alle regioni della competenza legislativa esclusiva - e il corrispondente venir meno di quella statale - nelle materie indicate, benché indubitabilmente disposta dalla legge di revisione costituzionale, non risulti immediatamente efficace con l'entrata in vigore di questa, ma abbisogni appunto di un' «attivazione» da parte delle regioni, ovvero di una qualche loro iniziativa.
Sottolinea che la relazione governativa, puntualizza infatti: «La attivazione da parte delle regioni della propria competenza esclusiva per alcune materie essenziali espressamente indicate costituisce [...] lo snodo fondamentale del progetto, una sorta di rivoluzione copernicana che riconosce potestà legislativa esclusiva alle regioni che autonomamente - e non per determinazione imposta - eserciteranno il potere loro attribuito dalla Costituzione».
Sottolinea inoltre che in senso analogo si è espresso il ministro per le riforme istituzionali e la devoluzione Bossi nelle comunicazioni rese allo scorso ottobre alla Commissione bicamerale per le questioni regionali: «La competenza legislativa nelle tre importanti materie non può peraltro essere attribuita - proprio per la loro stessa rilevanza sostanziale - direttamente dalla Costituzione, ma si fa rinvio ad apposite leggi regionali che potranno tener conto delle peculiari e contingenti situazioni a livello locale». Ne conseguirebbe in ogni caso, sul versante della potestà legislativa statale, l'impossibilità di continuare a legiferare sulla medesima materia, ovvero - qualora l'attivazione avesse luogo in tempi diversi nelle diverse regioni - l'inefficacia della nuova legislazione statale nelle sole regioni che avessero attivato la propria competenza esclusiva.
Con ciò si giunge al principale più dibattuto nodo interpretativo tra quelli posti dalla norma: quello della sua natura facoltativa o, al contrario, obbligatoria per le regioni.
Secondo il Governo, la formulazione adottata nel disegno di legge costituzionale, ai sensi della quale le regioni «attivano» le competenze legislative esclusive in alcune materie, deve intendersi nel senso di un obbligo che le regioni devono adempiere e non nel senso di una facoltà - fatte salve al diversa tempistica e le modalità - rimessa alla volontà di ciascuna regione. Mettere le regioni nella condizione di agire in autonomia rispetto a talune competenze, sviluppando modelli che siano in grado di rispondere più puntualmente alle esigenze del territorio (esigenze e bisogni che spesso assumono differenti peculiarità nelle diverse regioni e talvolta nell'ambito degli stessi confini regionali), diventa quindi strumento per promuovere lo sviluppo del paese, attraverso lo stimolo che proviene da una reale concorrenza tra i modelli adottati dalle varie regioni, in settori strategici come la scuola, la sanità e la polizia.
Ad avviso del relatore, il disegno di legge si connota per il suo carattere di profonda innovatività, che vuole, da un lato, rispondere alle richieste di maggiori autonomia e dei conseguenti mezzi per esercitarla, dall'altro lato, incidere in settori fondamentali quali sanità, istruzioni e polizia, comparti tradizionalmente contrassegnati da un accentuato centralismo.
Osserva che la devolution, punto fondamentale su cui si basa l'equilibrio ed il programma politico della coalizione di maggioranza, è tra gli obbiettivi dei lavori parlamentari.
Ricorda infine, per quanto attiene alla materia dell'istruzione, che in parte la previsione della riforma costituzionale sul trasferimento dei poteri dallo Stato alle regioni è contenuta nel disegno di legge governativa o di riforma degli ordinamenti scolastici (Atto Camera 3387) in particolare per quanto riguarda l'individuazione di una quota di programmi d'interesse regionale.
Osserva che nel corso dell'esame al Senato è stato introdotto l'articolo 2 del testo all'esame della Camera che - sino all'adeguamento dei rispettivi statuti di autonomia - estende le disposizioni della legge che prevedono forme di autonomia più ampie alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano; la formulazione è identica a quella già adottata al medesimo fine della legge di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione (articolo 10 della legge costituzionale n.3 del 2001).

7a 04, 05, 12 Comitato dei nove

Il 5 febbraio La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame.

Il 4 febbraio la Commissione approva in sede referente, il DdL AC 3387, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, nel testo già approvato dal Senato il 13 novembre 2002

7a 03, 12 in sede referente, DdL AC 2128 e 2181, Promozione e sviluppo dello sport per le persone disabili

Il termine per la presentazione di emendamenti al testo unificato è fissato alle ore 18 del 3 febbraio 2003

7a 11 comitato ristretto, Disciplina delle attività musicali, DdL AC 587, 756, 835, 1184, 1213, 2065, 2129, 2434, 2246, 2623, 2672 e 3009
12a DdL AC 172, Asili nido
 

Senato

 

Aula 27 DdL AS 1306-B, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale
Commissioni
7a 25, 26, 27 in sede referente, DdL AS 1306-B, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale

Il termine per la presentazione di emendamenti è fissato per le ore 20 del 27 febbraio

(25.02.03) Riferisce alla Commissione il presidente relatore ASCIUTTI, il quale illustra le modifiche apportate dalla Camera dei deputati. In particolare, dopo aver brevemente accennato a quelle al comma 5 (in parte di aggiornamento del triennio finanziario di riferimento e in parte di mera natura lessicale), egli si sofferma su quelle ai commi 7, 8 e 9. A differenza del testo licenziato dal Senato, secondo cui i decreti attuativi che avessero comportato oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato avrebbero avuto attuazione nell'ambito dei finanziamenti previsti, la Camera dei deputati ha infatti disposto che ciascuno dei decreti legislativi sia corredato da relazione tecnica e che quelli che determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica potranno essere emanati solo dopo l'approvazione di un'apposita legge di spesa che stanzi le occorrenti risorse. La Camera dei deputati ha infine previsto che sui decreti legislativi sia espresso non solo il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia ma anche quello relativo alle conseguenze di carattere finanziario.

7a 05, 18, 26 Indagine conoscitiva sullo stato di attuazione del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204, recante norme sul coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica: audizione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca
7a 04, 12, 19 in sede referente, DdL 1877, Insegnanti di religione cattolica

Governo

28 Il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, alle ore 10,10 Palazzo Chigi.

Il Consiglio ha approvato i seguenti provvedimenti: (...)
su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Moratti:
- un decreto presidenziale che, colmando un vuoto normativo, definisce quali sono gli ambiti e le modalità che qualificano quali ONLUS, ai sensi della legge n.460 del 1997 (ammettendole altresì a beneficiare della relativa disciplina tributaria), le organizzazioni non lucrative che perseguano fini di ricerca scientifica in ambito sociale; (...)
Il Consiglio ha inoltre approvato, su proposta del Ministro della salute Sirchia, un decreto che recepisce l'accordo fra Governo e Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano che fissa i principi fondamentali per il benessere degli animali da compagnia per lo sviluppo della pet’therapy (stipulato il 6 febbraio 2003);
E' stata successivamente decisa dal Consiglio l'indizione della Giornata nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche (FIABA DAY), individuata nella prima domenica di ottobre di ogni anno, in occasione della quale verranno avviate iniziative concrete a sostegno dell'integrazione sociale di persone affette da disabilità e di anziani, nonchè campagne di sensibilizzazione civica sui temi connessi alla necessità di abbattere le barriere architettoniche esistenti.
Previa relazione del Ministro per la Funzione pubblica, il Consiglio ha espresso parere favorevole sulle tre ipotesi di accordo concernenti l'interpretazione autentica:
· dell'articolo 23 del CCNL-Scuola in materia di dispensa dal servizio;
· del CCNL-Scuola per confermare l'esclusione della categoria quadri dal Comparto;
· dell'articolo 17 del CCNL-Ministeri per escludere la possibilità di sviluppi economici “super” nelle posizioni B1 e B2.(...)
La seduta ha avuto termine alle ore 11.50.

21 Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 10,10 a Palazzo Chigi

(...) su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze:
- un decreto presidenziale che adegua le regole per l'amministrazione e la contabilità degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975, n.70 alle leggi sopravvenute negli ultimi anni in materia di organizzazione e funzionamento degli uffici delle amministrazioni dello Stato ed in materia di contabilità pubblica. Il provvedimento ha ricevuto il parere favorevole della Corte dei conti e del Consiglio di Stato; (...)
La seduta ha avuto termine alle ore 12.20.

14 Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 10,15 a Palazzo Chigi

Il Consiglio ha approvato i seguenti provvedimenti: (...)
su proposta del Ministro della giustizia, Castelli, e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maroni:
- un disegno di legge che istituisce l'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, delegando il Governo ad unificare l'Ordine dei dottori commercialisti e quello dei ragionieri e periti commerciali (nonché le rispettive Casse previdenziali). termina così una separazione ormai ingiustificata delle due professioni alla luce del contesto comunitario, della riforma universitaria, dell'identità di competenze professionali e si completa la riforma dell'accesso alle professioni per le quali è previsto l'esame di Stato; (...)
su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Moratti:
- un decreto presidenziale che individua i criteri generali per l'adozione degli statuti e per l'esercizio dell'autonomia delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati. Il provvedimento ha ricevuto il parere del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti; (...)
La seduta ha avuto termine alle ore 12,45.

07 Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 10,20 a Palazzo Chigi

Il Consiglio ha approvato i seguenti provvedimenti: (...)
su proposta del Presidente del Consiglio e del Ministro della giustizia, Castelli:
- un decreto-legge che sostituisce il secondo comma dell'articolo 113 del codice di procedura civile, fissando a 1100 euro la soglia sino alla quale il giudice di pace decide le cause secondo equità, ma al contempo escludendo dal novero di queste ultime quelle relative ai cosiddetti contratti di massa (cioè quelli conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari, predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali), che dovranno essere in ogni caso decise dallo stesso giudice di pace secondo diritto. Si evita, in tale modo, che controversie derivanti da una miriade di contratti assolutamente identici tra loro diano luogo, viceversa, a pronunce difformi per effetto del soggettivo apprezzamento del parametro equitativo da parte di singoli giudici di pace; (...)

Previa relazione del Ministro Tremonti, il Consiglio ha approvato un atto di indirizzo recante definizione di criteri di carattere generale per il coordinamento dell'azione amministrativa finalizzata al controllo ed al monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica per il 2003. Il provvedimento, adottato a norma dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n.194 del 2002, sarà ora trasmesso al parere delle competenti Commissioni parlamentari. (...)
La seduta ha avuto termine alle ore 13.00

04 Il Consiglio dei Ministri si è riunito alle ore 13,15 a Palazzo Chigi

Il Consiglio, appositamente convocato, ha condiviso l'iniziativa del Presidente Berlusconi, d'intesa con il Ministro Tremonti, di sottoporre al Capo dello Stato la nomina del sen.prof. Gianluigi MAGRI a Sottosegretario di Stato presso il Ministero dell'economia e delle finanze.
La seduta ha avuto termine alle ore 13.35.

 



La pagina
- Educazione&Scuola©